Esempi di manipolazione di massa online avvenuti nel recente passato ci mostrano che il potere del marketing ecosistemico non deve essere ignorato. In sostanza, il marketing dell’ecosistema riguarda la comprensione del mercato come una rete di partecipanti e la capacità di influenzare gli attori giusti al momento giusto.
Questa nuova visione consente di vedere quei segnali che gli approcci di marketing tradizionali potrebbero mancare del tutto, fino a quando non è troppo tardi, soprattutto per le aziende.
L’eCommerce come ecosistema: omnicanalità e sostenibilità le direttrici per il 2023
L’idea di un “ecosistema marketing”
Il marketing sta attraversando una fase di profondo cambiamento, spinto dall’avvento della digitalizzazione e dall’evoluzione delle esigenze dei consumatori. In particolare, due tendenze stanno emergendo con forza: l’omnicanalità e la mescolanza tra strategie onlife e glocal.
Così il marketing sebbene nasca per potenziare i risultati commerciali, in un’epoca in cui i prodotti e i servizi diventano relazioni, oggi si declina al plurale. Uno strumento che abbraccia mondo digitale e fisico, ripensandone interamente le dinamiche. Per le aziende il marketing non è più solo una strategia isolata in un ufficio, ma un ecosistema integrato e connesso che diventa elemento distintivo dell’azienda stessa e dei brand collegati.
L’idea di un “ecosistema marketing” è diventata un tema caldo solo nell’ultimo periodo e sempre più uffici marketing hanno iniziato ad analizzare le capacità interne ed esterne e le relazioni tra persone, partner, piattaforme e processi sviluppati a partire dal proprio hub centrale.
All’interno dell’ecosistema marketing devono essere collegate ed interconnesse tutte le parti interessate per diffondere il messaggio, ampliare la scelta dei consumatori e proporre nuove esperienze.
Un ecosistema marketing deve essere in cambiamento continuo, saper implementare iniziative di change management è fondamentale in un mondo in costante mutamento. L’ecosistema di marketing deve essere in grado di adattarsi continuamente, garantendo che il potenziale di cambiamento rimanga “always-on”, non c’è momento in cui è “finito” e l’ecosistema non può rimanere statico.
Da chi è composto l’ecosistema marketing aziendale
Ma da chi è composto l’ecosistema marketing aziendale? Dai media, di proprietà o a pagamento on-line e off-line. Dai clienti, concorrenti e categorie. Da individui e organizzazioni. Piattaforme, agenzie, fornitori, distributori, venditori e altre parti correlate e adiacenti – insieme e interdipendenti.
Così il marketing si fa plurale e necessità prima di tutto di essere omnicanale, da non confondere con il multichannel, e si riferisce alla capacità delle aziende di offrire un’esperienza coerente e senza soluzione di continuità su tutti i canali di contatto con il cliente, sia fisici che digitali. Questo significa che i consumatori possono interagire con l’azienda attraverso canali diversi, come il sito web, l’applicazione mobile, i social media, i negozi fisici e i call center, ricevendo la stessa qualità di servizio e all’interno della stessa esperienza.
Inoltre, l’omnicanalità richiede alle aziende di essere in grado di raccogliere e analizzare i dati generati dai clienti su tutti i canali, in modo da comprendere meglio le loro esigenze e personalizzare le offerte e le comunicazioni di conseguenza.
Cos’è una strategia omnicanale
Una strategia omnicanale significa essere in grado di generare insight di valore per fidelizzare i consumatori e diventare un vero e proprio lovemark, cioè occupare un posto speciale nel cuore dei clienti, poiché in grado di restituire l’idea di un brand presente e consapevole delle esigenze del pubblico di riferimento.
«Le aziende ne sono sempre più consapevoli, ma c’è ancora molta strada da fare. Solo un numero esiguo di realtà ha portato avanti un percorso strutturato e completo che gli consente di raccogliere appieno i benefici di una trasformazione omnicanale» ha spiegato Marta Valsecchi, direttrice dell’Osservatorio Omnichannel Customer Experience del Politecnico di Milano.
L’importanza di mescolare strategie onlife e glocal
Allo stesso tempo, le aziende stanno scoprendo l’importanza di mescolare strategie onlife e glocal. L’onlife si riferisce alla fusione tra il mondo online e offline, dove i consumatori utilizzano i diversi canali di contatto in modo integrato e fluido.
Non ha più senso scindere il mondo online da quello offline, l’essere umano digitale vive allo stesso modo entrambi gli ambient e le strategie di marketing non possono non tenerne conto.
Non parliamo di marketing tradizionale, ma di una filiera, integrata e connessa, lontana dai silos marketing di un tempo.
La relazione è il prodotto da vendere
Un ambiente, quello onlife, dove l’ecosistema marketing per funzionare dovrà integrare le funzioni di public relationship e di brand relationship. Nel quale gli eventi saranno gli hub attorno al quale costruire la strategia. Il prodotto da vendere? Prima di tutto la relazione.
Le strategie glocal, invece, si riferiscono alla capacità delle aziende di adattare la propria strategia al contesto di riferimento.
Secondo The Harvard Business Review molti consumatori considerano i brand internazionali come sinonimo di qualità, ma sono i brand locali quelli più richiesti.
Le strategie glocal creano un ponte tra un’azienda globale e la cultura locale. McDonald’s, ad esempio, può essere identificato worldwide dagli onnipresenti “Golden Arches“, ma in Europa ha sostituito il suo tradizionale sfondo rosso con un verde cacciatore per promuovere un’immagine più ecologica.
McDonald’s inoltre riconosce come il cibo faccia parte della cultura delle persone e glocalizza, di conseguenza, le opzioni alimentari e le esigenze dietetiche per ciascuno dei suoi mercati di riferimento.
Per le aziende che cercano di stare al passo con queste tendenze, la sfida sta nell’integrare tecnologie e strategie in modo da creare esperienze di marketing realmente efficaci e coinvolgenti. Ciò richiede la creazione di un’infrastruttura solida e l’adozione di nuove strategie, come l’automazione dei processi, la standardizzazione dei format, l’innovazione dei contenuti (anche con l’uso dell’intelligenza artificiale generativa) e l’utilizzo di influencer.
Conclusioni
Ma il marketing plurale non è solo una questione di tecnologia e strategie. Richiede anche un cambiamento culturale all’interno delle aziende, dove i dipartimenti di marketing, vendite e servizi clienti devono collaborano strettamente per offrire un’esperienza coerente e di alta qualità ai consumatori su tutti i canali.
In conclusione, l’omnicanalità e la mescolanza tra strategie onlife e glocal stanno cambiando il volto del marketing, rendendolo plurale e consumer oriented. Le aziende che adottano queste tendenze e riescono a integrare tecnologie e strategie in modo efficace avranno un vantaggio competitivo importante e saranno in grado di offrire esperienze coinvolgenti e personalizzate per i loro clienti.
I marketer di oggi si trovando, quindi, a dover gestire sempre più risorse (umane ed economiche). Stiamo parlando di un tipo diverso di marketer rispetto a uno che è entrato nel mondo del lavoro 30 anni fa. Più simile a un direttore operativo, un futuro CEO. Strategie, quelle definite dai marketer, che sono (e saranno) sempre più centrali nella gestione aziendale e oltre; infatti, non sarà più solo una strategia interna ma un ecosistema.
L’obiettivo finale non è più solo la vendita del prodotto o servizio, ma la conquista della fiducia. Come affermano Christian Sarkar e Philip Kotler nel loro libro a quattro mani: “Brand Activism: from purpose to action”, “La fiducia è la valuta degli ecosistemi. In realtà, è il futuro del tuo brand”.
Il successo economico di un’azienda, e dei brand collegati, passa anche e soprattutto dal vissuto emotivo ed esperienziale proprio per questo gli uffici marketing devono evolvere sempre di più verso un vero e proprio ecosistema.