Non è ancora il momento di liberalizzare il mercato audiovisivo europeo: gli utenti del vecchio continente, almeno fino a fine 2022, dovranno accontentarsi di accedere ai soli palinsesti e alle sole programmazioni televisive pensate per il Paese dove risiedono abitualmente.
È quanto emerge da un Report[1] della Commissione europea che analizza i primi 18 mesi di applicazione delle norme contenute nel Regolamento (UE) 2018/302 che vieta i blocchi geografici ingiustificati nel mercato interno, vale a dire le pratiche discriminatorie basate, direttamente o indirettamente, sulla nazionalità, sul luogo di residenza o sul luogo di stabilimento dei clienti (di seguito, il “Regolamento geoblocking” o, per brevità, anche solo il “Regolamento”).
Il Report è stato redatto in applicazione della clausola di revisione di cui all’art. 9 del Regolamento che prevede che, entro il 23 marzo del 2020 (la data è poi slittata in avanti) la Commissione europea riferisca le proprie valutazioni circa l’applicazione del Regolamento geoblocking, in particolare, anche allo scopo di valutare i possibili effetti dell’estensione del campo di applicazione del Regolamento ai contenuti protetti da copyright, attualmente esclusi dal suo ambito di applicazione.
Il Mercato Unico Digitale
Il Regolamento geoblocking fa parte del pacchetto di misure promosse dall’Unione europea al fine di creare il cosiddetto Mercato Unico Digitale, vale a dire un mercato in cui sia garantita la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali e all’interno del quale, a prescindere dalla loro cittadinanza o nazionalità o dal luogo di residenza, persone e imprese non incontrano ostacoli all’accesso e all’esercizio delle attività online in condizioni di concorrenza leale, potendo contare su un livello elevato di protezione dei consumatori e dei dati personali.
La strategia di realizzazione del Mercato Unico Digitale europeo è fondata su una serie di misure tra loro interconnesse, volte nel loro complesso a rafforzare le tutele dei consumatori nell’ambito del commercio elettronico transfrontaliero[2]. Quest’ultime sono strutturate su tre pilastri fondamentali, vale a dire:
- il miglioramento dell’accesso ai beni e servizi digitali in tutta l’Unione europea per i consumatori e le imprese;
- la creazione di un contesto favorevolecastell e parità di condizioni affinché le reti digitali e i servizi innovativi possano svilupparsi;
- la massimizzazione del potenziale di crescita dell’economia digitale.
Il Regolamento geoblocking rappresenta appunto una delle misure adottate al fine di migliorare l’accesso ai beni e servicastellizi digitali in tutta Europa[3].
Il divieto del geoblocking e l’esclusione del diritto d’autore
Con il termine “blocco geografico” si fa riferimento a un insieme di pratiche commerciali discriminatorie poste in essere dai venditori online (i cosiddetti “professionisti”[4]) al fine di imporre limitazioni alle vendite online transfrontaliere sulla base della nazionalità, del luogo di residenza o di stabilimento dei clienti.
Il Regolamento contribuisce a eliminare gli ostacoli che frammentano il commercio elettronico all’interno dell’UE, attuando così il principio generale di non discriminazione (anche indiretta) sulla base della nazionalità definito dall’art. 18 TFUE e dall’art. 21, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, nonché alle disposizioni specifiche a tutela del buon funzionamento del mercato interno.
Ricordiamo che il Regolamento non vieta qualsiasi blocco geografico, talvolta giustificato da alcuni fattori oggettivi (quali, ad esempio, la divergenza dei sistemi giuridici, l’incertezza del diritto, i rischi connessi alle leggi applicabili in materia di protezione dei consumatori, nonché le disposizioni in materia di ambiente o di etichettatura, la tassazione e i regimi fiscali, i costi di consegna o i requisiti linguistici)[5], ma solo i blocchi geografici “ingiustificati”, che producono cioè l’effetto di “segmentare artificialmente”[6] le frontiere interne del mercato dell’UE.
Come abbiamo accennato, la normativa in questione esclude dal proprio ambito di applicazione i contenuti digitali protetti dal diritto d’autore, quali audiovisivi, e-book, musica o videogiochi, che continuano quindi a essere regolamentati a livello nazionale sulla base dell’applicazione territoriale del diritto d’autore[7].
La ragione di questa esclusione viene ricondotta all’applicazione del principio di territorialità che permea la materia dei diritti di proprietà intellettuale, per il quale “invece di un titolo unico sul diritto d’autore, valido simultaneamente in tutta l’UE, esistono 28 titoli nazionali distinti. L’utilizzo di un’opera in tutti gli Stati membri richiede la conclusione di una licenza o di più licenze che coprano i territori nazionali”[8].
L’eccezione del settore audiovisivo
Uno dei settori sui quali si è maggiormente focalizzata l’attenzione è quello dell’audiovisivo, dove la diretta conseguenza della territorialità delle licenze per lo sfruttamento dei contenuti audiovisivi è la segmentazione dell’accesso ai contenuti audiovisivi, realizzata dagli operatori del settore attraverso specifici accordi commerciali che seguono logiche rigorosamente territoriali.
Ciò significa che gli utenti europei possono accedere ai soli palinsesti e alle sole programmazioni televisive pensate per il Paese dove risiedono abitualmente, risultando quindi a loro precluso (per effetto appunto del geoblocking) l’accesso a contenuti disponibili in altri Paesi membri.
Anche se in evidente attrito con lo spirito del mercato unico europeo, l’applicabilità del principio di territorialità è fortemente sostenuta dall’industria dell’entertainment, concorde nell’affermare che la territorialità dei diritti audiovisivi e la possibilità di concedere le licenze su base esclusivamente territoriale rappresenta una fonte economica di sopravvivenza per il mercato dell’audiovisivo in quanto stimola gli investimenti nella produzione di contenuti[9].
A supporto della tesi della territorialità del mercato dell’audiovisivo sono stati condotti anche studi indipendenti[10], che hanno evidenziato che l’abolizione del sistema delle licenze territoriali anziché aumentare la scelta per i consumatori, comporterebbe costi enormi per il pubblico e per l’economia creativa europea, minacciando la diversità culturale in termini sia di produzione sia di distribuzione e riducendo, di conseguenza, il volume e la qualità dei contenuti originali offerti nell’UE[11].
I contenuti non audiovisivi digitali protetti da diritto d’autore
Una situazione del tutto peculiare si registra in materia di contenuti non audiovisivi digitali protetti dal diritto d’autore e diffusi tramite Internet (download di e-book, streaming di musica, videogiochi online).
A questi servizi si applicano solo alcune delle disposizioni del Regolamento, quali il divieto di bloccare o limitare l’accesso dei clienti stranieri alle interfacce online o il reindirizzamento verso altri siti senza il previo consenso del cliente e il divieto di applicare ai clienti condizioni di pagamento diverse. Non trovano invece applicazione le disposizioni che vietano l’applicazione di condizioni generali diverse in base alla nazionalità, luogo di residenza o di stabilimento dell’acquirente.
In termini pratici, il consumatore potrà accedere, alla stregua dei clienti residenti nel Paese di ubicazione del sito, ai portali online presenti all’interno dell’UE senza alcuna limitazione e, previo suo consenso, potrà essere reindirizzato su siti di altri fornitori presenti nel Paese di appartenenza del cliente ed effettuare i pagamenti con i propri mezzi di pagamento elettronici. Tuttavia, il professionista che distribuisce in vari Stati membri beni o servizi tutelati dal diritto d’autore potrà applicare condizioni generali diverse in base alla nazionalità, luogo di residenza o di stabilimento dell’acquirente e, laddove necessario, rifiutare la vendita per via delle limitazioni riguardanti il diritto d’autore[12].
Il Report della Commissione europea a due anni dall’entrata in vigore del Regolamento
Sebbene l’applicabilità di blocchi geografici ai settori di cui sopra possa sembrare funzionale a garantire una effettiva tutela del diritto d’autore, tuttavia – di fatto – la loro esclusione dall’ambito di applicazione del Regolamento sembrerebbe costituire una forte limitazione al progetto originale del mercato unico digitale europeo.
Per questo, come abbiamo detto, il legislatore europeo ha previsto all’interno del Regolamento la clausola di revisione di cui all’art. 8 che dispone che, decorsi 18 mesi dall’entrata in vigore del Regolamento, debba essere svolta una prima valutazione volta a verificare l’opportunità di estenderne l’ambito di applicazione anche ai servizi la cui principale caratteristica consista nel fornire accesso a opere tutelate dal diritto d’autore.
Così, il Report pubblicato a fine novembre scorso di cui abbiamo detto in apertura fornisce, oltre a una fotografia degli effetti sul mercato interno e sul commercio elettronico transfrontaliero derivanti dall’applicabilità del Regolamento, anche una valutazione in merito all’eventuale estensione dell’ambito di applicazione dello stesso ai servizi di contenuti protetti dal diritto d’autore.
Nello specifico, da un’analisi condotta su circa nove mila siti web si evince (inter alia):
- una “buona” consapevolezza dei consumatori in materia di blocchi geografici[13];
- una netta riduzione (i.e. dal 26,9% al 14%) delle restrizioni che impediscono agli utenti di registrarsi a siti web stranieri a causa di un indirizzo postale in un altro Stato membro;
- un aumento della quantità di acquisti con consegna nel Paese del cliente (+1,6% rispetto al 2015) quale diretta conseguenza della possibilità per i consumatori di accedere ai siti di altri Stati membri[14]; nonché
- l’importanza del ruolo della autorità nazionali di enforcement (per l’Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) per una corretta applicazione della normativa da parte dei professionisti europei[15].
Con riguardo alla possibile estensione dell’ambito di applicazione del Regolamento ai contenuti protetti dal diritto d’autore, il Report ha evidenziato sia i potenziali benefici con riferimento al contenuto audiovisivo (che si concretizzerebbero in una più ampia disponibilità per tutti i consumatori europei di contenuti oltre frontiera) sia il potenziale impatto che l’estensione dell’ambito di applicazione avrebbe sulle dinamiche generali del settore audiovisivo.
In particolare, da un’analisi approfondita della disponibilità di film attraverso i servizi audiovisivi online negli Stati membri, è emerso che:
- tra il 2015 e il 2019, il numero di consumatori che cercano di accedere a contenuti audiovisivi offerti in altri Stati membri è quasi raddoppiato, passando dal 5% al 9%;
- in media, un consumatore europeo ha accesso solo al 14% dei film disponibili online in tutto il territorio europeo e che la percentuale di accessibilità varia da Paese a Paese: ad esempio, gli spettatori in Grecia hanno accesso solo all’1,3% dei film disponibili online nell’UE, mentre quelli in Germania hanno accesso al 43,1%.
Per questi motivi, la Commissione UE ha dichiarato che lancerà un dialogo tra le parti interessate del settore audiovisivo al fine di discutere modi concreti per promuovere la circolazione e migliorare l’accesso dei consumatori ai contenuti audiovisivi in tutta l’UE. Questo dialogo farà parte delle misure previste dal prossimo Audiovisual Action Plan istituito per sostenere la trasformazione dell’industria audiovisiva e per permettere ai players del mercato europeo di crescere e raggiungere un nuovo pubblico.
Con riferimento invece agli altri contenuti online parzialmente protetti dal diritto d’autore e coperti dal Regolamento (i.e. musica, e-book o videogames), il Report ha evidenziato come un’ulteriore estensione del campo di applicazione non porterebbe necessariamente vantaggi sostanziali ai consumatori in termini di scelta dei contenuti, poiché i cataloghi offerti sono piuttosto omogenei (in molti casi oltre il 90%) tra gli Stati membri.
Conclusioni
Nella valutazione di medio termine del Regolamento, la Commissione europea ha, per il momento, confermato il proprio orientamento in materia, escludendo le opere audiovisive dall’ambito di applicazione del Regolamento. Le conclusioni non sono tuttavia definitive: secondo la Commissione, infatti, è troppo presto per valutare tutti gli effetti diretti e indiretti dell’attuazione del Regolamento e sono necessarie ulteriori valutazioni e considerazioni, sui quali si mira a fare il punto entro la fine del 2022.
Eppure, i dati sembrano essere chiari: l’aumento di circa il 50% dei tentativi di accesso a contenuti audiovisivi offerti da altri Stati membri è un dato evidente che dovrebbe incoraggiare la Commissione UE a cominciare a ragionare su un possibile percorso di liberalizzazione del mercato degli audiovisivi. Un tale progetto comporterebbe la possibilità per i consumatori di accedere a un catalogo di contenuti culturalmente e linguisticamente vario, promuovendo il pluralismo linguistico e culturale di cui proprio l’UE è sostenitrice.
Il libero accesso ai contenuti audiovisivi sarebbe altresì uno strumento per combattere un fenomeno sempre più diffuso: la pirateria online. Questo fenomeno permette ai consumatori europei di raggirare il sistema delle licenze territoriali e riuscire ad avere accesso ad un catalogo di contenuti non disponibile nel proprio Stato membro. Si tratta di una pratica illecita, spesso realizzata attraverso la manipolazione della VPN (Virtual Private Network) e la mimetizzazione della reale localizzazione dell’utente.
Non ci resta quindi che attendere gli esiti del dialogo tra le parti interessate del settore audiovisivo.
Note
- Cfr. “Report from the commission to the European Parliament, the Council, the european economic and social committee and the committee of the regions on the first short-term review of the Geo-blocking Regulation” del 30 novembre 2020, disponibile al seguente link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52020DC0766&from=EN↑
- Per una disamina delle misure adottate per rafforzare le tutele dei consumatori nell’ambito del commercio elettronico, si veda “Domande e risposte sul regolamento sui blocchi geografici (Geo-blocking) nel quadro del commercio elettronico”, pp. 5 ss. ↑
- Il Regolamento è parte integrante del pacchetto di misure per il mercato unico digitale che includono: i) nuove norme sui servizi di consegna transfrontaliera dei pacchi (applicabili a partire da maggio 2018); ii) nuove norme sulla protezione dei consumatori (in vigore a partire dal 2022) e iii) nuove norme sull’IVA per le vendite online di beni e servizi (in vigore da luglio 2021). ↑
- Ai sensi dell’art. 2, n. 18) del Regolamento per “professionista” si intende “qualsiasi persona fisica o giuridica che, indipendentemente dal fatto che si tratti di un soggetto pubblico o privato, agisca nel quadro dell’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale, anche tramite qualsiasi altra persona che agisca in suo nome o per suo conto”. ↑
- cfr. Considerando 1 e 2 del Regolamento. ↑
- Cfr. Considerando 2 del Regolamento. ↑
- Cfr. art. 1, comma 5 del Regolamento, e, con riferimento specifico al settore audiovisivo, anche il Considerando 8, secondo cui “i servizi audiovisivi, compresi quelli il cui principale obiettivo consiste nel fornire accesso alla trasmissione di eventi sportivi, e che sono forniti sulla base di licenze territoriali esclusive, sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente regolamento”. ↑
- cfr. COM(2015) 626 final del 9.12.2015, “COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, AL CONSIGLIO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI, Verso un quadro normativo moderno e più europeo sul diritto d’autore”. ↑
- Cfr. Comunicato stampa del 9 dicembre 2020 dell’Anica ↑
- Tra cui quello della società Oxera in collaborazione con Oliver & Ohlbaum, denominato The impact of crossborder access to audiovisual content on EU consumers. Il testo dello studio ↑
- Cfr. “Riforma del copyright, i consumatori Ue rischiano danni annui per 9,3 mld” del 24 maggio 2016 . ↑
- Cfr. C. Pesce, “Blocchi geografici ingiustificati Unjustified Geo-blocking”, I Post di Aisdue, I (2019) Sezione “Articoli” n. 2, 5 aprile 2019, p. 17 ss. ↑
- Dopo soli tre mesi dall’entrata in vigore del Regolamento, circa il 50%, era già a conoscenza delle nuove regole. ↑
- Un sito su tre offre infatti la possibilità di effettuare consegne in un diverso Stato membro nonostante il Regolamento non imponga ai Professionisti l’obbligo di effettuare consegne transfrontaliere. ↑
- Il 50% delle controversie tra professionisti e consumatori si sono risolte in modo amichevole grazie soprattutto al lavoro degli organismi responsabili dell’adeguata e efficace applicazione dello Regolamento. ↑