I 24 instancabili lettori di Cassandra avranno certamente apprezzato l’esternazione sull’Apocalisse Quantistica prossima ventura.
Si tratta di un grido di allarme sulla sottovalutazione di una vecchia questione, ormai scesa sotto la soglia di attenzione dei più. In estrema sintesi, tutta la crittografia che abbiamo utilizzato e stiamo utilizzando verrà resa violabile dai computer quantistici, non appena questi ultimi diverranno disponibili.
Tutto (più o meno) potrà essere decrittato, violato, falsificato.
Ma detta così, in termini generali e totalizzanti, questa facile profezia non fa tutta la paura che dovrebbe. E per fare bene il proprio mestiere, la vostra profetessa preferita dovrà fare di più.
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Bitcoin e quantum computing
Proviamo quindi a restringere il campo, considerando una cosa sola, le criptovalute, ed in particolare il Bitcoin. Chi avesse bisogno di informazioni di base sul Bitcoin, potrebbe seguire questo breve corso.
Visto che le criptovalute sono “fatte” di crittografia, sono certamente a rischio. Il Bitcoin poi, che è la criptovaluta più “antica”, e che è basato sullo stato dell’arte crittografica del 2009, è praticamente spacciato.
Adesso qualcuno tra i 24 informatissimi lettori dirà “Ma in Bitcoin le chiavi non sono basate sulla fattorizzazione dei numeri primi, ma sulle molto più sicure curve ellittiche”.
Attacchi possibili e furti
Tutto vero, ma insufficiente. Gli algoritmi ED25519 e ECDSA, e gli altri algoritmi utilizzati da Bitcoin, sono più robusti degli onnipresenti RSA e DH, ma non sono comunque quantum-resistant; quindi la blockchain di Bitcoin potrà essere attaccata in una quantità di modi non appena qualcuno disporrà di adeguati computer quantistici.
Tralasciando altri attacchi possibili, come falsificare transazioni e corrompere la blockchain stessa, sarà certamente possibile “rubare” con semplicità una buona percentuale dei bitcoin esistenti.
Crittografia low cost su infrastrutture normali: l’esperimento che dà speranza
Per la prima volta, un gruppo di ricercatori è riuscito a trasmettere informazione quantistica in modo coerente su una distanza record di 158 miglia (circa 254 km) utilizzando reti in fibra ottica esistenti e computer ordinari, senza ricorrere ai costosi sistemi criogenici che finora erano indispensabili. Il risultato, pubblicato su Nature, porta la firma di Mirko Pittaluga e del team di Toshiba Europe, ed è stato definito da esperti esterni come David Awschalom “una dimostrazione concreta e impressionante”.
Cosa cambia rispetto al passato
Mentre i computer classici trasmettono informazioni usando i bit (0 o 1), la comunicazione quantistica si basa sui qubit, che possono contenere molteplici valori simultaneamente. Questo rende il sistema intrinsecamente più sicuro. Tuttavia, trasmettere qubit nel mondo reale è sempre stato un problema, soprattutto per la difficoltà di rilevare singoli fotoni, che veicolano l’informazione quantistica.
Finora, per farlo si usavano rivelatori superconduttori criogenici, costosissimi e complessi da installare. Il team di Pittaluga, invece, ha utilizzato fotodiodi a valanga: strumenti più economici, già impiegati nelle telecomunicazioni tradizionali, e funzionanti anche a temperatura ambiente.
Il segnale è stato trasmesso da Kehl a Francoforte, passando per un nodo intermedio a Kirchfeld. Il tutto su cavi in fibra già esistenti, sotto le strade e le stazioni ferroviarie. È la prima volta che una trasmissione quantistica così stabile viene ottenuta in condizioni reali e su scala geografica urbana.
Un passo verso internet quantistico, con comunicazioni sicure
Il vero potenziale della scoperta riguarda la sicurezza delle comunicazioni future. Oggi usiamo chiavi crittografiche matematiche per proteggere i nostri dati online, ma con l’arrivo dei computer quantistici queste chiavi potrebbero essere violate. La cosiddetta strategia “harvest now, decrypt later” – cioè intercettare i dati oggi per decrittarli domani – è un rischio sempre più concreto.
La crittografia quantistica, invece, genera chiavi basate sulle leggi della fisica, non su algoritmi, e risulta praticamente impossibile da decifrare.
Inviando informazioni sotto forma di qubit, cioè fotoni (particelle di luce) codificati con proprietà quantistiche come polarizzazione o spin. Questi fotoni vengono mandati da un punto A a un punto B, e la chiave segreta è scritta proprio nelle loro caratteristiche fisiche.
Ora, secondo i principi della meccanica quantistica:
- Un qubit non può essere copiato senza essere alterato.
- Osservare un qubit cambia il suo stato.
Questo significa che se qualcuno prova a intercettare la chiave mentre viaggia, modifica inevitabilmente l’informazione. Il destinatario se ne accorge subito, perché i fotoni arrivano “disturbati” rispetto a come erano partiti.
Ma per funzionare, queste chiavi devono poter essere distribuite in modo efficiente su grandi distanze, cosa che finora era rimasta confinata ai laboratori.
Grazie all’uso di rivelatori meno sofisticati ma ingegnosi (due gruppi distinti per separare il segnale dal “rumore”), il team ha dimostrato che la quantum key distribution (QKD) può essere portata su scala urbana, gettando le basi per future reti quantistiche metropolitane – ideali per banche, ospedali, istituzioni governative.
Il futuro prossimo
Nonostante i risultati promettenti, il sistema rimane più costoso e meno semplice da implementare rispetto alla crittografia convenzionale. Ma secondo Awschalom, uno dei maggiori esperti nel campo, potremmo vedere le prime reti quantistiche operative entro un decennio.
In breve, siamo sempre più vicini a un futuro in cui i nostri dati viaggeranno protetti non solo da codici, ma dalle stesse leggi della fisica.
Redazione
Circa il 20% dei bitcoin in circolazione sono stati infatti “spesi” utilizzando più di una volta lo stesso indirizzo bitcoin. Questo fatto “espone” alcune informazioni, come la chiave pubblica del portafoglio, e rende quindi “semplice” calcolare la chiave privata (lo so, sembra un’eresia, ma è il potere dei quanti), ed impossessarsi di tutti i bitcoin del portafoglio che ha quella chiave.
Ma se impossessarsi del 20% dei bitcoin circolanti vi sembra poco, potete tranquillamente supporre che esistano molti altri tipi di attacchi quantistici agli algoritmi crittografici utilizzati meccanismi interni di Bitcoin. Certamente ci sono persone competenti che da tempo si stanno occupando di cercarli, e che ne avranno già preparati un bel po’.
Pensate cosa può significare calcolare la chiave privata di Satoshi Nakamoto, quella che firma la transazione della Genesi della blockchain, il mitico Blocco Zero. Aldilà di altre possibilità, che lasciamo all’immaginazione di persone molto più competenti di Cassandra, Satoshi Nakamoto possiede sulla blockchain più di un milione di bitcoin, circa 100 miliardi di dollari, vuoto per pieno.
E che dire dei 4 milioni di bitcoin che si stimano ormai “indisponibili” perché i loro proprietari si sono perse le chiavi private dei loro portafogli? Tentare di recuperarli e riconsegnarli ai loro disattenti proprietari potrebbe essere una buona azione per dei boy-scout dotati di computer quantistici. Ma anche tenerseli è altrettanto possibile
Al giorno d’oggi, i proprietari un un buon numero di Bitcoin sono certamente dei fortunati mortali. Se sono anche mediamente previdenti e stanno leggendo questo articolo, Cassandra si permette di suggerire di diversificare il loro patrimonio, magari verso investimenti certamente quantum-resistant, come i lingotti d’oro, il petrolio, la soia e tutti quei beni dotati di un robusto valore d’uso.
Infatti tutta la finanza, non solo quella delle criptovalute, rischia di uscire assai male dall’Apocalisse Quantistica.
I nuovi algoritmi Falco, Sfinge e Cristallo di Dilitio
“Ma cosa c’entrano comunque i cristalli di Dilitio con l’apocalisse quantistica?”, dirà certamente uno dei 24 impazienti lettori.
I nuovi algoritmi dai nomi immaginifici, Falco, Sfinge e Cristallo di Dilitio son appunto i primi algoritmi crittografici post-quantistici che l’anno scorso il NIST ha rilasciato, per realizzare i nuovi sistemi crittografici immuni dalla apocalisse quantistica.
I problemi di adozione
Purtroppo, anche solo introdurre piccole modifiche nel funzionamento di Bitcoin e nella sua blockchain richiede di ottenere il consenso di una cospicua maggioranza dei nodi, cosa difficilissima, come gli ultimi 16 anni di storia del Bitcoin hanno ben dimostrato.
Inoltre, cambiamenti di algoritmi di questa portata richiederebbero quello che viene chiamato “hard fork”, e la creazione di una nuova blockchain. In questo caso si aprirebbe il problema della migrazione dei bitcoin dalla vecchia blockchain a quella nuova, cosa che richiederebbe la creazione di un protocollo di trasferimento e di un processo superaffidabile e supercondiviso per consentire questa operazione.
Sarebbe poi necessario che tutti i proprietari di wallet facessero manualmente l’operazione, cosa impossibile per circa il 20% dei bitcoin ormai indisponibili, e difficile per quelli le cui credenziali non siano conservate da un singolo individuo.
Inoltre all’inizio i “nuovi” bitcoin varrebbero poco, aumentando col tempo, mentre i vecchi bitcoin comincerebbero a perdere valore mano mano che il processo si realizza. I primi che accettassero di fare il trasferimento, dovrebbe fare un atto di fede, e cambiare una cosa che vale molto con una cosa che vale di meno.
Sarebbe perciò necessario creare un disincentivo a rimanere sulla vecchia blockchain, facendo in modo che i vecchi bitcoin ad un dato momento non fossero più scambiabili, tramite il blocco della vecchia blockchain, altrimenti l’incentivo al cambiamento sarebbe basso. Tutto molto, molto ma molto difficile.
E poi siamo sicuri che questo non stia già succedendo? Che qualcuno, già dotato di computer quantistici, stia pian piano rubando quello che appartiene a proprietari che non possono accorgersene perché spariti o distratti?
Bene, certamente non ancora. La blockchain di Bitcoin, ricordiamo, è completamente pubblica, e scrutinata in continuazione da molti attori.
Questo ne fa un ideale “canarino nella miniera” per l’avvento dei computer quantistici.
Nel momento in cui wallet fermi da molto tempo, come quelli di Nakamoto od altri definiti “indisponibili”, dovessero ricominciare ad operare trasferendo cifre importanti, questo sarebbe un indizio molto forte dell’utilizzo occulto di computer quantistici da parte di attori importanti.
Forse, proprio per questo motivo, questi attori decideranno di fare ben altro, e ce ne accorgeremmo da rivolgimenti, catastrofi e guerre ben più importanti.
Algoritmi post quantum, priorità assoluta
Posto che ci sia ancora tempo, e che l’apocalisse quantistica non provochi danni tali da minacciare la sopravvivenza della società tecnologica, introdurre gli algoritmi post-quantistici non solo nel Bitcoin ma in tutte le infrastrutture informatiche di oggi è una priorità assoluta.
La loro adozione non sarà mai troppo veloce.
Note
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