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In Africa il confronto tra potenze passa anche per la tecnologia: Usa e Ue rincorrono la Cina

La Cina è il fornitore principale di tecnologia dell’Africa, non solo nel mercato della telefonia mobile ma anche di sistemi di telesorveglianza. Usa e Ue rincorrono e provano a colmare un gap ventennale

Pubblicato il 08 Feb 2023

Mario Di Giulio

Professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, Partner Studio Legale Pavia e Ansaldo

africa cina

C’è voluta la guerra Russo-Ucraina a fare prendere piena coscienza all’occidente del ruolo fondamentale dell’Africa nello scacchiere mondiale, attraverso le votazioni rese dagli stati africani durante le riunioni dell’ONU, così come la necessità di ricorrere alle sue riserve di energia fossile e non solo per tentare di colmare il vuoto che ha lasciato dalla chiusura dei rubinetti del gas russo.

E mentre in non poche zone in conflitto (a partire dalla tormentata Repubblica Centrafricana sino a giungere al Mozambico, al Madagascar, al Mali e alla Libia) la presenza russa dei mercenari della Wagner è sempre più visibile, gli occidentali si rendono conto di quanto poco siano stati lungimiranti anche sotto il profilo delle iniziative commerciali, forse indeboliti anche dai sensi di colpa dell’epoca colonialista, nei confronti della Cina.

China in Africa: should the West be worried?

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Non a caso, a valle del Summit Africa-Stati Uniti d’America – voluto dal presidente Joe Biden per rinforzare i rapporti con gli stati africani e porli al centro dello scenario mondiale – è giunta la proposta dello stesso presidente degli Stati Uniti di rendere l’Unione Africana quale membro permanente del G20 e non più quale semplice invitata.

L’iniziativa Digital Transformation with Africa (DTA)

Uno dei terreni di confronto, se non di scontro, è quello della tecnologia.

Se infatti da un lato le Big Data americane non hanno fatto mancare i propri investimenti commerciali (nel 2021, il CEO di Google Sundar Pichai, ha ad esempio, annunciato di volere investire in Africa un miliardo di dollari USA entro 5 anni, mentre è di ottobre 2022 l’annuncio della stessa Google della propria intenzione di creare la prima Google Cloud Region africana in Sud Africa, che si unirà al network globale di Google), dall’altro è mancato quel coinvolgimento politico che serve ad assicurare i governi dei singoli stati che non verrà mai a mancare il supporto da parte delle potenze alleate.

Tornando al Presidente Biden, è importante notare che sempre nell’ambito del summenzionato summit Africa – Sati Uniti d’America, lo stesso Biden ha lanciato l’iniziativa Digital Transformation with Africa (DTA): da notare il “with” che indica il nuovo approccio paritetico, rispetto a un filantropico e paternalistico “for” cui siamo fin troppo avvezzi.

Dal comunicato stampa rilasciato dalla Casa Bianca il 14 dicembre 2022, si rileva l’entità dell’iniziativa: si tratta dello stanziamento di fondi da parte del Congresso degli Stati Uniti con investimenti diretti per 550 milioni e la facilitazione di finanziamenti per 450 milioni di dollari USA.

Colonizzazione digitale, le nuove colpe dell’Occidente in Africa

La Cina protagonista della digitalizzazione dell’Africa

Tornando al dualismo Cina-USA, a che punto è il confronto? Sul punto è interessante un’analisi da poco uscita da parte di The Diplomat (27 dicembre 2022) che vede la Cina quale fornitore principale di tecnologia non solo nel mercato della telefonia mobile ma anche di sistemi di telesorveglianza.

Nel caso della telefonia mobile, la Cina si trova in posizione di vantaggio in considerazione della economicità dei prodotti offerti attraverso Huawei. La stessa Huawei offre anche apparecchi più costosi e sofisticati dotati di wallet digitali che possono essere utilizzati per le transazioni in yuan digitali, così aprendo un nuovo varco verso l’indebolimento del dollaro quale valuta fondamentale degli scambi commerciali e le conseguenze che ne derivano in tema di verifica del rispetto dei sistemi sanzionatori (sul punto ci sia concesso riferirci a un articolo già pubblicato su questa testata “Valute digitali e sanzioni finanziarie: i nuovi scenari dopo la guerra in Ucraina”, scritto insieme alla collega Rossana Tirenna di Pavia e Ansaldo)

Sempre nel campo della telefonia, la Cina sta assicurando il proprio supporto nella creazione delle reti 5G (sul quale il precedente presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva visto il rischio che ne può derivare affidandosi a sistemi forniti da un paese che non può certamente definirsi democratico, quale la Cina, mettendo al bando, per lo sviluppo del 5G, Huawei negli Stati Uniti, misura poi confermata dal suo successore Biden). Da notare che secondo The Diplomat circa il 70% delle reti 4 G in Africa sono assicurate da Huawei.

Sempre in tema di 5G, è da notare che Il 24 ottobre 2022, si è tenuta nella capitale tailandese Bangkok un 5G Summit per la trasformazione digitale dell’Africa, organizzato dalla Huawei al quale sono stati invitati tanto gli operatori quanto gli enti regolatori africani. Il mercato del resto è in forte crescita e da ultimo Huawei si è aggiudicata la partnership con operatori sia in Sud Africa sia in Kenya (fonte South China Morning Post del 7 novembre 2022).

Sempre Huawei ha dichiarato il lancio di un programma di sostegno e crescita di giovani talenti etiopi (sessanta dopo una selezione di circa 1200 candidati), parte di un più ampio programma globale – Seeds for the Future – nel campo dell’information and communication technology (ICT) (notizia del 21 dicembre 2022 pubblicata da The Star), volto a creare integrazione tra istruzione e impresa e la costituzione di ambiente tecnologico sviluppato.

Al confronto, non si può che arrossire pensando a quanto poco stia facendo l’occidente, Italia compresa, non solo in Africa ma generalmente nei paesi in via di sviluppo: e non si tratta di considerazioni ispirate a mero filantropismo, ma alla visione delle relazioni future con quelle che saranno le leadership di paesi che assumeranno un ruolo di via via più crescente in ambito planetario.

Intercettazioni e controllo di massa

La stretta collaborazione con le autorità dei vari paesi africani e dei regimi non propriamente democratici, con il colosso cinese Huawei impensierisce, tra l’altro, coloro che temono la creazione di un grande fratello.

Già nel 2019, il Wall Street Journal riportò accuse di interferenze e spionaggio da parte del governo ugandese nei confronti dell’oppositore Robert Kyagulanyi (meglio noto con il suo nome d’arte quale cantante: Bobi Wine) e simili attività svolte anche in Zambia, attraverso la collaborazione di tecnici della società cinese: accuse queste che sono state rigettate dalla stessa società che ha assicurato la propria policy di tutela della privacy dei propri utenti.

Ulteriori preoccupazioni sono destate dai sistemi di telesorveglianza e di riconoscimento facciale che sono sempre più utilizzati in Africa per regolare il traffico e per motivi di sicurezza sempre forniti da Huawei a numerosi paesi africani, tra i quali, per rimanere in tema, l’Uganda, ma anche lo Zimbabwe (fonte EPIC, 31 maggio 2022).

Corsa o rincorsa?

Con il presidente Biden, ma anche con la nuova leadership dell’Unione Europea a guida von der Leyen, l’occidente cerca di invertire la rotta non solo negli scambi commerciali (vedi, per gli Stati Uniti, il programma AGOA (African Growth and Opportunity Act) e, per l’Unione Europea, EPA – Economic Partnership Agreements), ma anche nella creazione di infrastrutture, dove gli USA si concentreranno anche sugli aspetti ICT mentre l’Europa sembra più concentrarsi sulla transizione energetica e dei settori produttivi con il programma Global Gateway annunciato a dicembre 2021 del valore di 300 miliardi di euro (sul punto vale ricordare che l’energia assicura non solo benessere, ma anche servizi essenziali quali la scurezza alimentare, l’afflusso dell’acqua e l’igiene; mentre la produzione assicura occupazione).

Il gioco è partito ma come nota il The Guardian Nigeria del 31 dicembre 2022, i cinesi sono partiti 20 anni prima.

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