Molte agenzie pubblicitarie o di content marketing si interfacciano con artisti ed influencer per creare contenuti online fruibili gratuitamente dagli utenti con la finalità di rafforzare dei brand che operano come veri e propri committenti.
Si tratta quindi di capire se, ed in che misura, questa attività rientri nell’advertisement vero e proprio – e richieda di essere indentificato come tale, con l’indicazione #adv – oppure se rientri in un contesto diverso, almeno sotto il profilo normativo.
Le fonti normative
Per comprendere se l’attività di content marketing con finalità di branding debba riportare la segnalazione di #adv, è necessario analizzare le finti normative che regolano la materia, ossia Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale, 68ª edizione, in vigore dal 9 febbraio 2021 ed il Regolamento Digital Chart, con particolare riferimento agli articoli e) delle Norme preliminari e Generali e 46 del primo, ed all’articolo 2) del secondo.
Il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale
Le Norme Preliminari e Generali del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale pongono delle definizioni alla lettera e): “Agli effetti del Codice il termine “comunicazione commerciale” comprende la pubblicità e ogni altra forma di comunicazione, anche istituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano le modalità utilizzate, nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo VI. Non comprende le politiche commerciali e le tecniche di marketing in sé considerate.
Il termine “prodotto” comprende qualsiasi oggetto della comunicazione commerciale e si intende perciò esteso anche al servizio, metodo, trattamento, diritti, obbligazioni e simili. La natura del prodotto o del servizio in sé considerata non forma oggetto del Codice di Autodisciplina. Il termine “messaggio” comprende qualsiasi forma di presentazione al pubblico del prodotto e si intende perciò esteso anche all’imballaggio, alla confezione, all’etichetta e simili. Il termine “consumatore” comprende ogni soggetto – persona fisica o giuridica come pure ente collettivo – cui è indirizzata la comunicazione commerciale o che sia suscettibile di riceverla”.
Il Codice quindi è estremamente chiaro nell’individuare la finalità di vendita di bene o servizio come scopo specifico della “comunicazione commerciale”.
All’articolo 46, invece, si parla di appelli al pubblico, ossia “qualunque messaggio volto a sensibilizzare il pubblico su temi di interesse sociale, anche specifici, o che sollecita, direttamente o indirettamente, il volontario apporto di contribuzioni di qualsiasi natura, finalizzate al raggiungimento di obiettivi di carattere sociale”.
Anche in questo caso vi sono regole stringenti, anche per le ipotesi in cui messaggi con finalità commerciali facciano riferimento a obiettivi di carattere sociale.
Il Regolamento Digital Chart
Resta, quindi, da analizzare l’articolo 2 del Regolamento Digital Chart, rubricato “Endorsement”: “Nel caso in cui l’accreditamento di un prodotto o di un brand, posto in essere da celebrity, influencer, blogger, o altre figure simili di utilizzatori della rete che con il proprio intervento possano potenzialmente influenzare le scelte commerciali del pubblico, (di seguito, collettivamente, influencer), abbia natura di comunicazione commerciale, deve essere inserita in modo ben visibile nella parte iniziale del post o di altra comunicazione diffusa in rete una delle seguenti diciture:– “Pubblicità/Advertising”, o “Promosso da … brand/Promoted by … brand” o “Sponsorizzato da … brand/Sponsored by … brand”, o “in collaborazione con … brand/In partnership with … brand”; e/o nel caso di un post entro i primi tre hashtag, purché di immediata percezione, una delle seguenti diciture:– “#Pubblicità/#Advertising”, o “#Sponsorizzato da … brand/#Sponsored by … brand”, o “#ad” unitamente a “#brand”. Nel caso di contenuti “a scadenza”, quali ad esempio le stories, una di tali diciture deve essere sovrapposta in modo ben visibile agli elementi visivi di ogni contenuto promozionale. Nel diverso caso in cui il rapporto tra influencer e inserzionista non sia di committenza ma si limiti all’invio occasionale da parte di quest’ultimo di propri prodotti gratuitamente o per un modico corrispettivo, i post o altre comunicazioni diffuse in rete dall’influencer che citino o rappresentino tali prodotti dovranno contenere – in luogo delle avvertenze di cui sopra – un disclaimer del seguente tenore:– “prodotto inviato da … brand”, o equivalente. Nel caso di cui al comma precedente, l’inserzionista deve informare l’influencer, in modo chiaro e inequivoco, al momento dell’invio del prodotto, dell’esistenza dell’obbligo di inserire tale disclaimer.
In questo caso la responsabilità dell’inserzionista è circoscritta alla segnalazione all’influencer dell’esistenza di tale obbligo”.
Anche in questo caso la disposizione è chiarissima nell’indicare l’obbligo di disclaimer nelle ipotesi di “comunicazione commerciale”.
Il risultato, per interpretazione letterale e sistematica, è l’esclusione del content marketing privo di indicazione diretta di vendita di prodotto o servizio dalle ipotesi in cui sia obbligatorio il disclaimer #adv.
Conclusioni
Il richiamo all’advertisement è necessario e dovuto solo nelle ipotesi in cui il contenuto è finalizzato alla vendita di un prodotto, non nei casi di mera esposizione al pubblico o di attività finalizzate a creare buona reputazione attorno ad un brand. In altri termini, nelle ipotesi in cui si creano dei contenuti, anche su commissione e verso corrispettivo, con mera finalità divulgativa ma senza promozione diretta per la vendita di un prodotto o servizio, si esula dall’applicazione dell’articolo 2 del Regolamento Digital Chart. Non serve, quindi, inserire l’hashtag #adv.
La mera attività di branding, estremamente rilevante sul piano economico ed operativo per le agenzie, quindi, è libera nei mezzi, nei contenuti e nelle forme: si può quindi liberamente “taggare” il brand committente che abbia versato un corrispettivo per questo tipo di attività.