Il mercato dell’AI in Italia, secondo le stime dell’Osservatorio Artificial Intelligence, ha raggiunto nel 2022 il valore di 500 milioni di euro, frutto di una crescita del 32%, il valore più alto riscontrato dal 2018 ad oggi. Abbiamo visto inoltre che tra le grandi aziende, il 61% ha almeno portato avanti una sperimentazione. Tra le piccole e medie imprese, la percentuale scende invece al 15%.
La via italiana per l’IA è B2B e industriale: le startup che guidano la crescita
L’Artificial Intelligence, nelle organizzazioni più avanzate sul tema, inizia a rappresentare una vera e propria trasformazione pervasiva. Non si tratta di sviluppare una singola progettualità di Natural Language Processing o di Computer Vision, né tantomeno seguire l’hype del momento provando ad introdurre ChatGPT in una soluzione. Si tratta di costruire un’organizzazione in cui l’intelligenza e le capacità umane siano costantemente supportate, nel lavoro quotidiano, dalle capabilities dell’intelligenza artificiale, in cui vi è una corretta distribuzione dei compiti: umani e computer si occupano di ciò che a ciascuno riesce meglio e in cui i prodotti/servizi dell’azienda possano beneficiare dell’innovazione dell’AI.
L’adozione dell’AI nei principali settori
Nel mercato italiano, così come a livello globale, non tutte le industry si muovono di pari passo e percepiscono allo stesso modo l’urgenza di questa trasformazione. Guardando alle dinamiche di crescite degli investimenti, i settori che registrano valori più alti della media di mercato sono: il settore assicurativo, il comparto bancario/finanzario, il mondo utility/multi-utility e l’ambito telco e media.
Il mondo assicurativo
Per ciò che riguarda il mondo assicurativo, in Italia abbiamo grandissime realtà di eccellenza, che hanno ormai una lunga lista di progettualità abilitate dall’AI. Alcuni esempi sono le attività computer vision per l’analisi delle frodi o le smart e instant policy. Inoltre, queste realtà stanno mostrando grandissimo interesse per le opportunità offerte dall’Intelligent Process Automation, per efficientare enormemente, ad esempio, il classico workflow di una pratica assicurativa.
Il settore bancario
Il quadro è molto simile anche nel mondo bancario, che ad oggi cuba la quota più alta di investimenti in AI nel mercato italiano (18%). Qui possiamo identificare tre principali attori:
- i grandi gruppi bancari che si muovono nel contesto internazionale e che hanno lavorato negli anni alla costruzione di team ben strutturati specializzati su Dati e AI;
- gli istituti nativamente digitali che sfruttano il legame tra Fintech e Intelligenza Artificiale e sperimentano alla frontiera dell’innovazione;
- gli istituti caratterizzati da un’offerta più tradizionale e, spesso, da un perimetro d’azione locale, in cui l’AI è ancora poco presente.
Alcuni esempi di applicazioni tipiche del mondo bancario sono: nel front office assistenti vocali e tecniche di riconoscimento evolute del cliente, nel middle office il monitoraggio del rischio antifrode e le attività di cross/up-selling, nel back office soluzioni di sottoscrizione crediti con l’infrastruttura degli smart contract.
L’adozione dei robot nel mondo
L’uso dei robot si è storicamente concentrato nell’industria automobilistica, i cui pezzi pesanti e i grandi lotti con varietà limitata sono ideali per le macchine. Anche l’industria elettronica, con la sua necessità di movimenti precisi ma ripetitivi, è stata una delle prime ad adottare i robot.
Recentemente l’elenco dei settori che stanno adottando i robot si è allungato. I progressi nella visione computerizzata hanno reso le macchine molto più agili. I “robot collaborativi” leggeri ora lavorano fianco a fianco con i lavoratori umani invece di essere ingabbiati, e i veicoli autonomi trasportano gli oggetti da un luogo all’altro nelle fabbriche e nei magazzini.
Allo stesso tempo, i prezzi dei robot sono crollati. Il prezzo medio di un robot industriale è sceso da 69.000 dollari nel 2005 a 27.000 dollari nel 2017, secondo Ark Invest, un gestore patrimoniale. A dicembre Abb ha aperto a Shanghai una “mega fabbrica” di 67.000 metri quadrati in cui i robot producono altri robot. Anche i costi di installazione sono diminuiti, con i nuovi sistemi “no code” che non richiedono competenze di programmazione.
Grazie al miglioramento della tecnologia e alla riduzione dei prezzi, lo stock globale di robot industriali è passato da 1 milione nel 2011 a quasi 3,5 milioni nel 2021.
Nonostante la crescita, tuttavia, i livelli assoluti di adozione rimangono bassi, soprattutto in Occidente. Secondo l’Ifr, persino le aziende sudcoreane, di gran lunga le più entusiaste nell’adozione di robot, impiegano dieci operai per ogni robot industriale. In America, Cina, Europa e Giappone la cifra è di 25-40 a uno. I 25 miliardi di dollari che, secondo i consulenti di bcg, il mondo ha speso per i robot industriali nel 2020 sono meno dell’1% della spesa globale in conto capitale (esclusi i settori energetico e minerario).
Di Redazione
Il settore energetico/utility
In gran fermento, non solo in ambito strettamente AI ma più in generale sul mondo dati, troviamo il settore energetico/utility. Le incertezze che hanno caratterizzato e stanno caratterizzando questi ultimi anni rendono necessario proseguire e accelerare i lavori già iniziati in termini di monitoraggio e ottimizzazione degli impianti produttivi e delle reti, oltre al potenziamento di algoritmi previsionali e decisionali per il trading energetico. Da non sottovalutare inoltre, le sfide imposte dalle energie rinnovabili che, pensando ad esempio all’installazione di sistemi fotovoltaici di taglia residenziale e commerciale, vedono le utility relazionarsi con una nuova tipologia di consumatori, i prosumer, ossia consumatori che da un lato consumano energia e dall’altro ne producono. Ciò implica dei cambiamenti in termini di ottimizzazione del customer journey e rende sempre più necessari i tool di previsione della domanda e capacità di reagire ai picchi di richiesta.
Le aziende Telco
Discorso similare, se si pensa all’ottimizzazione intelligente delle reti, per ciò che riguarda le aziende Telco. Anche questo settore registra una crescita negli investimenti leggermente superiore alla media di mercato per il 2022 e ciò non stupisce. Oltre ad applicazioni più consolidate – relative, ad esempio, alla relazione con il cliente (cross/up-selling, previsione del tasso di churn, calcolo del customer lifetime value), vale la pena sottolineare come il comparto delle telecomunicazioni disponga di un asset di grande valore: i dati relativi agli spostamenti dei consumatori/cittadini. Alcune grandi realtà hanno ben compreso le potenzialità di questo asset e iniziano a sfruttare l’AI per valorizzarlo al meglio, non più e non solo per un utilizzo interno ma per la realizzazione dei nuovi tool da proporre al mercato.
Il comparto manifatturiero
Guardando agli altri settori, una buona dinamica viene registrata dal comparto manifatturiero, in cui si confermano d’interesse i progetti per l’efficientamento della produzione, una maggiore precisione nei controlli qualità e la riduzione di potenziali tempi morti grazie a tool di manutenzione predittiva. Tuttavia, nonostante i diversi progetti pilota attivi, i campi di opportunità inesplorata nel mondo industriale sono enormi – soprattutto se si guarda alle piccole e medie imprese, così numerose e così rilevanti per il nostro Paese –e la quota di investimento in AI non rispecchia di certo il valore di questo settore nell’economia italiana.
Il comparto GDO/Retail e il mondo Healthcare
Seguono, con dinamiche inferiori alla media, il comparto GDO/Retail e il mondo Healthcare. Nel primo caso, questo settore si è mosso con ritardo negli investimenti in ambito Dati (a partire dagli investimenti tecnologici per innovare l’architettura), ma ci aspettiamo che recupererà velocemente il gap e questo si rifletterà anche sulle dinamiche d’investimento in Intelligenza Artificiale. Nell’ambito Healthcare, invece, vi è sicuramente attenzione da parte delle grandi case farmaceutiche internazionali alle opportunità dell’AI per finalità di Ricerca & Sviluppo, ma questo difficilmente si rispecchia nel valore di mercato nel perimetro italiano. L’utilizzo dell’AI per finalità commerciali, invece, risulta meno maturo, probabilmente a causa delle limitazioni normative e di una catena di fornitura particolare, in cui l’azienda farmaceutica non raggiunge direttamente il consumatore finale.
I fattori di rallentamento dell’adozione dei robot
I lunghi tempi di vita delle attrezzature industriali limitano la rapidità con cui le macchine più vecchie e più stupide possono essere sostituite con altre più intelligenti. E la maggior parte dei lavori umili nelle economie avanzate oggi sono comunque nel settore dei servizi, dove i compiti fisici sono più difficili da automatizzare.
Il corpo umano, con le sue articolazioni e le sue dita che consentono 244 piani di movimento, è una meraviglia di versatilità. Un robot tipico ha sei “gradi di libertà”.
L’automazione del lavoro d’ufficio ha subito un analogo arresto, per ragioni simili legate ai sistemi preesistenti e all’inerzia aziendale. In teoria, la digitalizzazione dovrebbe consentire di eliminare la maggior parte del coinvolgimento umano da attività di routine come ordinare l’inventario, pagare i fornitori o sommare i conti.
Idc, un’altra società di ricerca, stima che il mercato dei software che automatizzano il noioso lavoro d’ufficio ammonti a 20 miliardi di dollari all’anno, una cifra persino inferiore a quella spesa per i robot fisici.
Di Redazione
Le ultime innovazioni in fatto di robot
Con il tempo, l’innovazione potrà eliminare alcuni degli ostacoli all’adozione.
Per quanto riguarda i robot fisici, la Corea del Sud è già a buon punto. Doosan Robotics, uno dei maggiori produttori di robot del Paese, ha aperto il suo software a sviluppatori esterni per creare applicazioni pre-programmate per i suoi robot.
Questi vengono ora utilizzati per qualsiasi cosa, dalla preparazione del caffè alla posa della pavimentazione nei cantieri edili.
Robert Chicken utilizza bracci robotici per azionare le friggitrici dei suoi fast-food; per mantenere basso l’investimento iniziale per i franchisee, l’azienda affitta loro i robot per circa 900 dollari al mese, molto meno del costo di un operatore umano.
Naver, un gigante sudcoreano di Internet, ha un’unità che sviluppa veicoli robotici in grado di navigare in ambienti affollati e con layout complicati: un esercito di questi robot sfreccia già in giro a consegnare cestini per il pranzo e pacchi ai suoi lavoratori.
Anche l’automazione dei processi d’ufficio sta diventando più sofisticata. UiPath, pioniere nell’automatizzazione di attività poco impegnative come il copia e incolla di informazioni da un programma all’altro, offre ora altri strumenti che estraggono dati dai documenti grazie ad algoritmi di riconoscimento delle immagini o che mappano i processi aziendali osservando ciò che i lavoratori fanno sui loro computer. Rob Enslin, co-ceo di UiPath, afferma che l’azienda serve già 10.000 clienti.
Power Automate, uno strumento di Microsoft che consente ai normali lavoratori della scrivania con poca esperienza di programmazione di automatizzare attività come l’approvazione delle spese o dei viaggi, conta oggi 7 milioni di utenti attivi mensili, afferma Charles Lamanna, responsabile di molti prodotti di automazione del gigante del software.
Anche alcune aziende stanno iniziando ad abbracciare l’ai generativa. Tuttavia, come nel caso dei robot e dell’automazione dei processi, l’adozione della nuova tecnologia non avverrà da un giorno all’altro.
Allen & Overy, uno studio legale che a febbraio ha lanciato un assistente legale virtuale con poteri simili a quelli di Chatgpt, richiede ai suoi avvocati di controllare tutto ciò che il bot sputa fuori. Cnet, un sito di notizie tecnologiche, a partire da novembre ha pubblicato silenziosamente 73 articoli scritti da un bot, prima per la costernazione e poi per la gioia dei giornalisti, dopo che gli articoli sono stati trovati pieni di errori.
Secondo Lamanna, la tecnologia Ai alla base dei chatbot potrebbe un giorno essere una manna per l’automazione. Ma passare da questa idea ai fatti economici è un’altra cosa.
Di Redazione