industria audiovisiva

AI, la battaglia degli sceneggiatori per il futuro della creatività



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L’industria audiovisiva fa i conti con l’esplosione dell’IA generativa: i lavoratori del settore, negli Usa in sciopero da mesi, temono le conseguenze economiche e lavorative dell’ingresso della tecnologia nella stesura delle sceneggiature. Di certo non è il loro unico problema, ma l’assenza di regole apre molti rischi

Pubblicato il 2 ago 2023

Beatrice Marone

dottoranda in Diritto Privato, Università degli Studi di Pavia



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In tempi recenti, non si è verificato frequentemente che un evento di natura non bellica abbia ottenuto una risonanza internazionale pari a quella che lo sciopero degli appartenenti alla Writers Guild of America (WGA) continua a riscontrare dopo settimane dall’inizio dell’agitazione – pacifica – che nella serata del primo maggio scorso ha posto gli iscritti al sindacato statunitense dinanzi alla scelta di lasciare le proprie scrivanie senza prevedere la data del ritorno alle proprie mansioni.

Il motivo dell’iniziativa è da riscontrare nella “fumata nera” che, dopo settimane di incontri, è seguita alla scadenza, proprio nel primo giorno del mese di maggio, dell’accordo che legava la WGA alla Alliance of Motion Picture and Television Producers (AMPTP), l’ente che raccoglie le società di produzione dei contenuti sia per il grande sia per il piccolo schermo.

Sciopero degli sceneggiatori: i precedenti

L’azione non è priva di precedenti, anzi si pone nella scia dello sciopero che, fra il novembre 2007 e il febbraio 2008, ha impegnato circa dodicimila iscritti alla medesima WGA: il fulcro delle richieste dell’epoca, infatti, ruotava intorno alle possibilità offerte dai nuovi servizi di streaming, con il risultato che, da un lato, si sia ottenuto l’obbligo di assumere un certo numero di iscritti per i progetti i quali superavano una soglia di budget fissata e, dall’altro, la determinazione di un legittimo compenso collegato alla trasmissione dei contenuti tramite tali servizi. L’attenzione verso la novità e la ricettività di scrittori e sceneggiatori del settore audiovisivo nei confronti dei cambiamenti apportati dalla tecnologia al proprio ambito lavorativo è rilevabile, altresì, nel caso di specie. Mentre flessibilità è stata registrata su altri punti di conflitto fra le posizioni delle parti, la linea che ha segnato il – momentaneo – arrestarsi della trattativa riguarda un tema che coinvolge sia il Diritto del Lavoro sia il Diritto della Proprietà Intellettuale: l’impiego di sistemi di Intelligenza Artificiale all’interno del processo di creazione dei materiali per i progetti che saranno trasmessi in televisione, nelle sale e sulle piattaforme dedicate.

ChatGPT e la creatività

La lungimiranza della WGA e dei suoi membri è evidente dalla considerazione di un elemento fattuale: quando, nel mese di febbraio scorso, l’esplosione trasversale della fama di ChatGPT non aveva ancora raggiunto il proprio zenit, iniziando ad essere semplicemente oggetto di maggiore attenzione soltanto negli ambienti degli addetti ai lavori, un riferimento, sebbene piuttosto generico, alla necessità di regolare l’uso del materiale prodotto tramite l’utilizzo dei sistemi battezzati Generative Pre-Trained Transformers, era già stato incluso all’interno della puntuazione su cui basare le successiva negoziazione delle novità da introdursi nel contesto del rinnovo del contratto. La portata dell’istanza ha raggiunto una maggiore definizione qualche settimana più tardi, quando la WGA ha formulato una proposta per la regolamentazione di tale tema, costituita da tre punti cardinali: non consentire ai sistemi di Intelligenza Artificiale di scrivere o riscrivere il cosiddetto “materiale letterario”; non usare tali sistemi come “materiale fonte”; non allenare le suddette Intelligenze Artificiali con alcuno fra i tipi di materiale oggetto dell’accordo da porre in essere, ossia il Minimum Basic Agreement.

La AMPTP, tuttavia, ha prediletto un approccio miope dinanzi ad un’esigenza ritenuta, forse, meno pressante per la controparte e, dunque, dalla stessa meno approfondita, rifiutando qualsiasi genere di trattativa in merito e offrendo come una controproposta la calendarizzazione di incontri a cadenza annuale al fine di discutere degli avanzamenti in ambito tecnologico. L’errore della AMPTP si è risolto nell’incapacità di comprendere che tale sollecitazione non investe soltanto una sovrastruttura dottrinale concernente la definizione di concetti all’interno di un’ontologia, quella dei materiali utilizzati nella stanza che, in gergo, è definita la “writers’ room”, ma presenta conseguenze più che significative sul piano delle obbligazioni nascenti dai contratti di lavoro.

La rilevanza della “buona battaglia” degli sceneggiatori

Proprio in relazione ad esse, scrittori e sceneggiatori sono stati abili nell’intuire immediatamente i pericoli. La rilevanza della “buona battaglia”, per trarre spunto proprio dal titolo di uno serie televisiva, condotta dalla WGA è efficacemente dimostrata dal supporto senza precedenti ricevuto dalle altre associazioni di categoria che raccolgono le maestranze del mondo dello spettacolo, tra cui la Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists (SAG-AFTRA), la quale riunisce, in particolare, attori, presentatori, speaker radiofonici e, di recente, anche influencers. Tale associazione ha iniziato, peraltro, i negoziati con la medesima AMPTP il 7 giugno scorso, invitando, contestualmente, i propri membri a votare l’autorizzazione allo sciopero in caso le negoziazioni risultino infruttuose entro il 30 giugno, data di scadenza dell’accordo attualmente in vigore.

Anche tale tema risulta particolarmente interessante dal punto di vista giuridico, nello specifico in un contesto culturale come quello statunitense dove il voto, anche alle elezioni politiche, non è ritenuto dalla maggioranza come un dovere civico, quanto come una mera facoltà individuale. Circa il 47% dei membri SAG-AFTRA ha espresso la propria posizione, con un non del tutto inaspettato 97% favorevole al conferire ai negoziatori il potere di dichiarare uno sciopero. Su una percentuale analoga si era attestato, nel mese di aprile, il parere collettivo della WGA, con una partecipazione, tuttavia, molto più elevata, pari a circa il 78% degli aventi diritto.

Il contenuto della proposta rimasta sul tavolo delle negoziazioni, priva di riscontro sostanziale, consente di identificare efficacemente una relazione spesso sottovalutata fra l’ambito del Diritto del Lavoro e quello della Proprietà Intellettuale. Una questione di grande rilevanza nell’ambito dei creativi è, molto frequentemente, l’assenza delle conoscenze e delle competenze necessarie al fine di sfruttare al massimo delle potenzialità i diritti di utilizzazione economica sulle opere dell’ingegno e della creatività. La spinosa questione è evidente, in particolare, per i giovani musicisti che, spinti dal sogno del successo e privi del necessario supporto, sono costretti a negoziare in prima persona oppure ad affidarsi ad agenti che, in gran parte dei casi, sono più attenti al profitto sul breve termine che alla costruzione di fasi in grado di assicurare una lunga carriera ai propri assistiti.

Il caso di Taylor Swift

L’esempio emblematico delle circostanze che i talenti creativi si trovano ad affrontare, in grado di accendere i riflettori del grande pubblico su un tema sino ad allora molto spesso ignorato, riguarda la cantautrice statunitense Taylor Swift. Una clausola dell’accordo, i cui dettagli restano, tuttora, confidenziali, siglato a soli sedici anni con l’etichetta Big Machine Records, prevedeva che, in cambio dell’investimento economico per la produzione del primo disco e di cinque successivi, fossero trasferiti alla casa discografica i diritti di utilizzazione economica sui cosiddetti “masters”, ossia sulle registrazioni originali di un elaborato musicale, da cui discendono sia una percentuale a fronte di ciascuna riproduzione, sia la decisione su come esse possano essere impiegate. Previsioni contrattuali di questo tipo rientrano nella pratica comune del settore, con l’artista che riceve una somma di denaro a titolo di anticipo, nonché una percentuale riconosciuta sulla base del ruolo ricoperto all’interno della produzione del brano, ossia in quanto mero interprete, autore del testo o della melodia. A seguito dell’acquisizione di Big Machine Records da parte di Ithaca Holding LLC, di titolarità di un soggetto con cui la cantautrice non si trovata in rapporti idilliaci, e la – molto controversa – negazione all’artista della possibilità di acquisto dei propri masters, la pop star ha iniziato un lungo processo di nuova incisione delle proprie canzoni, sulle quali, comunque, continuava a vantare gli incedibili diritti morali d’autore. L’intento, reso chiaro sin dalle prime dichiarazioni in merito, non era puramente ideale, ma, al contrario, di dimensioni anche notevolmente economiche: infatti, con l’invito ai fan a procedere all’acquisto e ascolto dei brani nella “versione di Taylor”, nonché concedendo gli stessi in licenza per l’utilizzo in campagne pubblicitarie e produzioni audiovisive, lo scopo era esattamente quello di privare i nuovi titolari dei masters originali dei ricavi ottenuti da qualsiasi attività possa in essere in relazione agli stessi.

La posizione di scrittori e sceneggiatori nei confronti dell’utilizzo di sistemi IA

Allo stesso modo, la posizione di scrittori e sceneggiatori nei confronti dell’utilizzo di sistemi di Intelligenza Artificiale generativa all’interno della propria attività di prestazione d’opera intellettuale quotidiana non emerge da una avversione nei confronti della tecnologia fondata su basi ideali o ideologiche, da una ormai sorpassata tradizionale concezione della sterilità della scienza e dei numeri rispetto all’esplosione della fantasia umana.

L’orizzonte che la WGA teme, infatti, rientra perfettamente nell’ambito delle istanze tradizionali dei lavoratori di ciascun settore, ossia il desiderio di ricevere, in cambio della propria prestazione d’opera, sia essa occasionale o abituale, un corrispettivo considerato equo in relazione al contributo prestato, nonché consono alle proprie esigenze di vita. I dubbi e la diffidenza nascono, infatti, dalla consapevolezza del fatto che lo scopo delle case di produzione corrisponda alla massimizzazione dei profitti all’esito di una riduzione dei costi. L’utilizzo massiccio di ChatGPT da parte dell’utente medio ha dimostrato le capacità di tale sistema di Intelligenza Artificiale generativa nella rielaborazione dei contenuti del dataset sulla quale è stato allenato, al fine di restituire testi in linea con le richieste proposte. Il risultato di tale processo, il quale certamente, mimica quelli che sono i tratti dell’elaborazione creativa, non ha, al momento, raggiunto un livello qualitativo tale da costituire seria concorrenza per professionisti nella scrittura e nella stesura di copioni, ma, anche grazie al massiccio utilizzo della versione gratuita disponibile previa registrazione di un account[2], in poco tempo subirà un incremento significativo delle prestazioni del quale sarà inconcepibile non tenere conto.

L’utilizzo di testi soggetti a copyright per l’allenamento dei sistemi

Un primo tema intorno al quale discutere riguarda, certamente, l’utilizzo di testi soggetti a copyright per l’allenamento dei sistemi e, di conseguenza, per l’affinamento della qualità dei risultati. Allo stesso modo, con riferimento alle opere iconografiche, è emersa recentemente a livello europeo la European Guild for Artificial Intelligence Regulation (EGAIR), ente che invoca il riconoscimento del cosiddetto “diritto di training”, sulla base del quale sia regolamentato l’utilizzo delle opere coperte da diritti d’autore al fine di allenamento dei sistemi di Intelligenza Artificiale generativa.

Al momento attuale, infatti, nella situazione di vuoto normativo derivante dall’incapacità del legislatore di muovere le proprie iniziative di normazione alla stessa velocità rispetto al progresso tecnologico, tali opere, laddove presenti sul web, sono oggetto di una indiscriminata attività di “scraping” automatizzato. La – frequente – mancata conoscenza del fatto che i propri contenuti siano oggetto di tali condotte e l’assenza di una specifica norma sanzionatoria dello stesso, infatti, impediscono ai titolari di esercitare i propri diritti di privativa sia tramite la contestazione della violazione, sia essa in sede giudiziale o amministrativa, sia di ottenere un risarcimento in sede civile per il danno provocato dall’atto illecito imputabile allo sviluppatore del sistema, o, meglio, alla società titolare del sistema stesso, in conformità alla struttura della responsabilità oggettiva da ricondurre, per il diritto italiano, al dettato dell’articolo 2049 c.c.. Al contrario, una puntuale e dettagliata disciplina normativa rispetto a tale attività consentirebbe all’autore dell’opera, nonché titolare dei diritti di utilizzazione economica relativi alla stessa, di concedere la propria opera in licenza al fine esclusivo di essere utilizzata per l’allenamento dei sistemi di Intelligenza Artificiale.

Un’attività che sarebbe, dunque, resa remunerativa per l’autore, in grado, anziché di essere soggetto alla quantificazione del danno subito, di porsi in una posizione di forza nella negoziazione del corrispettivo dovutogli. Allo stato attuale dell’evoluzione normativa, si è ipotizzato che l’attività di training dei sistemi possa essere ricompresa all’interno della disciplina del fair use, ossia il principio di derivazione anglosassone secondo il quale consente l’uso di opere coperte da copyright nel caso in cui sussistano condizioni specifiche. La dottrina, tuttavia, si pone in contrasto con tale ricostruzione individuando, a fondamento della propria posizione negativa rispetto all’applicabilità di tale principio, obiezioni di varia natura, oggetto di una discussione sempre più variegata e approfondita. In ogni caso, resta controversa altresì un’altra sfaccettatura del medesimo problema: anche nella circostanza in cui l’attività possa essere sussunta non in una fattispecie di nuovo conio, ma in una delle categorie di violazione dei diritti d’autore attualmente previste dalla specifica normativa di riferimento – come, nel caso degli Stati Uniti, il Digital Millenium Copyright Act emanato dal Congresso nel 1998 – prevede che il provider del sito o della piattaforma su cui il contenuto è illecitamente riprodotto debba procedere alla rimozione dello stesso. Tuttavia, risulta particolarmente complessa l’individuazione dell’esatta portata del concetto di rimozione quando ad essere coinvolto è un sistema di Intelligenza Artificiale, il quale, nonostante le implementazioni, resta pur sempre, per la propria natura, saldamente ancorato all’indefettibile questione della black-box.

Le basi per una convivenza pacifica tra IA e scrittori

Accanto a tali questioni, emergenti nella fase prodromica ad un vero e proprio utilizzo sistematico e generalizzato dei sistemi di Intelligenza Artificiale nell’ambito dell’industria audiovisiva, particolarmente degna di nota è la linea di demarcazione da tracciarsi fra le attività esercitabili dal sistema e quelle riservate allo scrittore e/o sceneggiatore umano, al fine di raggiungere una soluzione di coesistenza pacifica, nella prospettiva delle garanzie del lavoratore.

La distinzione fra “literary material” e “source material”

Al fine di una puntuale comprensione del fenomeno, occorre una premessa definitoria in merito ai concetti chiave di “literary material” e “source material”, in relazione ai quali la WGA richiede limiti espressi da porre rispetto al coinvolgimento di sistemi di Intelligenza Artificiale. Con “literary material” si intende un qualsivoglia testo scritto tra cui, a titolo di mero esempio, si includono storie, adattamenti, trattamenti, trattamenti originali, scenari, continuazioni, teleplays, sceneggiature, dialoghi, copioni, schizzi, trame, schemi, sinossi narrative, routine, narrazioni, format destinati allo specifico uso nella produzione di film per la televisione. In sintesi, il materiale identificato fra quelli nell’elencazione di cui sopra corrisponde a quello prodotto da coloro che ottengono i cosiddetti “writing credits” essendo il loro nome, cognome o pseudonimo preceduto dalla dicitura “scritto da” nei titoli di testa o di coda dell’opera prodotta.

Proprio da un’analisi delle linee guida WGA emerge che alle medesime persone fisiche con titolo per rivendicare i propri credits di autore possono riferirsi, altresì, due credits ulteriori e differenti. Infatti, si suole distinguere il concetto di “storia” dalla nozione di “storia per lo schermo”. La prima si riferisce, ed i conseguenti diritti di Proprietà Intellettuale spettano, all’autore di un contributo distinto dalla sceneggiatura, il quale consiste, solitamente, in una narrazione della quale sono identificati i passaggi fondamentali, un’idea, un tema, un profilo concernente lo sviluppo del personaggio e le attività che lo coinvolgono. La seconda nozione, invece, è costruita proprio in stretta correlazione con quella di “source material” e deve essere tenuta, al contrario, ben distinta da quella comunemente intitolata “sceneggiatura”. Infatti, mentre la sceneggiatura si riferisce in maniera esclusiva a scene individualmente considerate, insieme al previo trattamento del personaggio, all’adattamento basilare, alla continuità, accompagnate da un dialogo completo che rappresenti un sostanziale contributo al testo finale, la storia per lo schermo si configura come la creazione di un insieme di elementi nuovi e differenti rispetto al contributo limitato sul quale l’autore l’ha costruito.

Al fine di appartenere alla categoria etichettata come “source material” occorre che tale contributo sia già stato pubblicato o, in ogni caso, sfruttato dal punto di vista economico e con una diffusione non confidenziale. La rilevanza della dettagliata classificazione dei credits, che si delinea ancor più in profondità rispetto a quanto appena accennato, potrebbe passare inosservata agli occhi di chi, nell’atto di fruire di un contenuto su una piattaforma che offre servizio in streaming, utilizza l’opzione di “saltare” la sigla o i titoli di coda, oppure si alza dalla poltrona non appena le luci delle sale cinematografiche si riaccendono. Tuttavia, le locuzioni che impegnano lo schermo anche solo per una manciata di secondi non sono prive di significato, costituendo il titolo fornito dal diritto alla comunità dei creativi che costituisce, insieme ai professionisti delle maestranze tecniche, il doppio pilastro sul quale poggia l’intera industria audiovisiva.

La distinzione fra “literary material” e “source material” si manifesta in maniera netta anche nel contesto del riconoscimento a cui il grande pubblico concede maggiore importanza nel panorama cinematografico: sono due, infatti, i premi Oscar previsti annualmente per la sceneggiatura ed assegnati sia alla migliore originale, dunque basata sulle opere convenzionalmente classificate “literary material” sia alla migliore non originale, o, nella traduzione letterale, “adattata”, la quale si collega proprio alla presenza pregressa di “source material”.

La distinzione, tuttavia, non risulta netta e, nel corso degli anni, dibattiti si sono accesi, in particolare fra gli addetti ai lavori. Uno di essi ha riguardato il fenomeno dei sequel, sui quali Hollywood pare aver costruito gran parte delle proprie proposte rilasciate negli ultimi anni: tutti vengono incasellati automaticamente nella categoria di sceneggiatura non originale, dal momento che si basano su personaggi protagonisti di una pellicola precedente, come dimostrato anche nell’ultimo anno con la candidatura di Top Gun: Maverick, dove si ritrovano quasi tutti coloro attorno ai quali era stato costruito il successo del film del 1986.

Sulla base di tali titoli, inoltre, maturano i corrispettivi economici degli stessi autori, compensi che costituiscono l’elemento fondamentale alla base della – sebbene parziale – avversione nei confronti dei sistemi di Intelligenza Artificiale generativa. La WGA propone di regolare l’impiego del materiale generato dai suddetti sistemi impedendo che lo stesso possa essere considerato sia “literary material” sia “source material”. Lo sbarramento alla possibilità di annoverare la produzione di tali macrocategorie di testi tra le attività accessibili da parte dell’Intelligenza Artificiale comporta, conseguentemente, il blocco di qualsiasi percorso possa condurla ad ottenere il riconoscimento di autore, tema già in precedenza affrontato sia dall’Ufficio Copyright sia dall’Ufficio Marchi e Brevetti statunitense.

Se l’IA scrive la prima bozza di sceneggiatura

Entrambi hanno emesso decisioni in senso negativo, attribuendo alla natura umana il ruolo di elemento fondamentale e imprescindibile ai fini del conferimento della qualità di autore e, di conseguenza, dei diritti di privativa che da essa discendono. Come già si ha avuto modo di anticipare, tuttavia, nessuna motivazione ideologica si pone alla base dell’iniziativa del sindacato degli autori; al contrario, esso si dimostra prudentemente aperto all’utilizzo di tali sistemi nei limiti delineati poco sopra. Il timore principale derivante dalla prospettiva di un’assenza di regolamentazione, in relazione alla natura della quale si propende verso la soluzione contrattuale, si configura nel concreto rischio che le case di produzione scelgano di affidare la stesura della prima bozza della sceneggiatura, il cosiddetto canovaccio, all’Intelligenza Artificiale generativa, richiedendo verosimilmente agli autori, in un momento temporale posteriore, una revisione, anche sostanziale, allo scopo della successiva finalizzazione. Tale direzione di azione, da un lato, condurrebbe ad un decremento significativo nell’impiego del personale meno qualificato il quale, privato della possibilità di affinare le proprie competenze e maturare esperienza, si troverebbe escluso dal mercato di lavoro senza alcuna possibilità di rientrarvi in futuro.

Da altro punto di vista, inoltre, anche gli autori chiamati a rifinire il prodotto dell’Intelligenza Artificiale assisterebbero ad una diminuzione del corrispettivo ottenuto a fronte della propria attività. Al contrario, l’esclusione del sistema di Intelligenza Artificiale non dal reale processo creativo, ma dal riflesso dello stesso nel mondo giuridico, risulterebbe, invece, in una posizione vantaggiosa per gli autori intesi come persone fisiche: tramite, appunto, una fictio iuris, la totalità dei diritti d’autore sul materiale, di qualsivoglia tipologia esso sia, sarebbe attribuita allo scrittore e/o allo sceneggiatore stesso.

Peraltro, è da rilevare come la situazione si presenti particolarmente complessa a seguito non tanto di ipotesi di Intelligenza Artificiale che, in un universo à-la-Blade Runner, si uniscano per rivendicare l’insieme dei diritti d’autore loro spettanti, quanto l’intervento delle società sviluppatrici di tali sistemi. Nel caso, infatti, al sistema fosse riconosciuta la qualità di autore, sarebbero allo stesso conferiti automaticamente i diritti morali sulla propria opera creativa mentre, con tutta probabilità, i diritti di utilizzazione economica – e, nell’ambito di essi, il corrispettivo dovuto a fronte dei credits – si ritroverebbero ad essere in capo al soggetto controllante il sistema e in possesso degli strumenti atti ad azionarli. A titolo di esempio, i diritti di utilizzazione economica risultano essere frequentemente oggetto di licenze: a tal fine, non potrà essere il sistema di Intelligenza Artificiale a sottoscrivere, in qualità di licenziante, il contratto con il licenziatario, ma tale posizione non spetterà, si noti bene, al singolo o ai singoli sviluppatori, ma, con tutta probabilità, al legale rappresentante della società sviluppatrice del software.

“Collaborazione” fra autori ed IA: le linee guida dell’Ufficio Copyright Usa

Tenute in considerazione le due premesse dalle quali trae spunto la proposta della WGA, ossia il fatto che, da una parte, non vi sia alcuna barriera invalicabile all’eventuale prospettiva di “collaborazione” fra autori ed Intelligenza Artificiale, e che, da altro punto di vista, è escluso in maniera categorica il riconoscimento della posizione di autore al sistema, in relazione alla totalità dei contenuti da esso prodotti, occorre, ora, verificare in che modo una coesistenza soddisfacente per entrambe le parti possa essere prospettata. A tale scopo, occorre esaminare nel dettaglio le linee guida emanate dall’Ufficio Copyright statunitense nel marzo scorso: sulla base delle stesse, quando si è in presenza di un’estrinsecazione congiunta di creatività umana e dei risultati di un sistema di Intelligenza Artificiale, l’opera nel proprio complesso può senza dubbio essere oggetto di diritti d’autore. La tutela degli stessi, tuttavia, non si estende agli elementi generati dall’Intelligenza Artificiale, in relazione ai quali andrà inserito un disclaimer in fase di domanda di registrazione. Nello specifico, l’Ufficio codifica un’analisi da condurre in relazione al caso concreto di volta in volta sottoposto alla propria attenzione, con l’obiettivo di identificare quali fra le qualità del risultato prodotto dal sistema di Intelligenza Artificiale siano frutto di una mera riproduzione meccanica o se, invece, presentino le caratteristiche di una concezione mentale originale dell’autore, alla quale è stata fornita una forma visibile. Tuttavia, la distinzione rileva esclusivamente al fine di una prospettiva quantitativa in merito al contributo fornito, da un lato, dal sistema di Intelligenza Artificiale e, dall’altro, dall’autore umano quando i due instaurano la cooperazione di cui sopra.

La prospettiva dell’Ufficio, infatti, pare essere proprio quella di ricercare un bilanciamento, atto sia a non frustrare le esigenze degli autori sia a non consentire un abuso dei diritti spettanti agli stessi.

L’intreccio fra categorie giuridiche e riflessi economici è agevolmente dimostrato, in tal senso, dal fatto che il corrispettivo per un’opera derivata da “source material” è pari a circa il 75% di quello dovuto per un’opera inclusa all’interno dei “literary materials”. L’elisione totale e incondizionata alla teoria della negazione del riconoscimento della qualità di autore ad un sistema intelligente comporterebbe, dunque, un ingiustificato arricchimento, fattispecie avversata da una molteplicità di ordinamenti. Una suddivisione degli onori e degli oneri sulla falsariga di quella appena prospettata appare, invece, percorribile e suggeribile. Tuttavia, essa costituisce un crinale scosceso per le esigenze delle case di produzione, le quali appaiono trovarsi dinanzi a un bivio. Nella direzione dell’attribuzione di un ruolo di portata maggiore ai contenuti risultato dell’impiego di sistemi di Intelligenza Artificiale, a seguito di un coinvolgimento inferiore degli autori allo scopo di contenere le spese relative ai salari degli stessi, corrisponderebbe un ampliamento esponenziale dell’area dell’opera per la quale non sia prevista la tutela del copyright e, di conseguenza, l’impossibilità di agire allo scopo di far valere gli interessi del titolare, anche in caso di violazioni manifeste. In senso opposto, l’azione atta a riconoscere, tramite i procedimenti amministrativi appositamente deputati, il ruolo significativo degli autori con riferimento alla revisione e alla rielaborazione di testi prodotti da sistemi di Intelligenza Artificiale elide la questione problematica alla radice, accogliendo in toto le istanze del sindacato, dal momento che il compenso dovrà essere pari a quello dovuto nelle circostanze in cui nessun sistema di Intelligenza Artificiale sia coinvolto nel processo creativo.

Una sensibilità che cambia di paese in paese

Già dalla breve disamina appena fornita è intuibile come l’intreccio fra la disciplina dei diritti d’autore, peraltro codificata, in prevalenza, a livello nazionale e, dunque, soggetta al substrato culturale del singolo Paese, nonché alla sensibilità dell’Ufficio di riferimento nel dato momento storico in cui determinate richieste vengono formulate, e le dirompenti conseguenze che i sistemi di Intelligenza Artificiale generativa hanno già dimostrato di poter apportare nel presente e, in misura ancora maggiore, nel futuro in un ventaglio diversificato di domini, sia uno spunto di discussione particolarmente acceso, da affrontare sulla base di una molteplicità di competenze trasversali in settori del diritto di grado tecnico elevato, tra i quali spiccano la disciplina giuslavoristica, nonché le fonti relative alla registrazione, alla tutela e all’enforcement di diritti di privativa legati alle opere creative. Peraltro, il settore risulta particolarmente ricco di interesse altresì per il tradizionale e indiscusso spazio lasciato alla dimensione contrattuale delle relazioni fra le parti. A titolo di esempio, è possibile ricordare la vicenda che ha acceso la curiosità degli addetti ai lavori quando le prime settimane dello sciopero indetto dalla WGA si sono sovrapposte ad uno fra gli eventi a cadenza annuale di maggiore rilevanza per il settore audiovisivo: il Festival del Cinema di Cannes. Tra le personalità più attese sulla Croisette figuravano, infatti, il regista Wes Anderson, in concorso una pellicola intitolata “Asteroid City”, e l’icona del cinema Martin Scorsese, il cui film “Killers of the Flower Moon” si presentava fuori concorso.

Qualche – isolato – dubbio sulla partecipazione dei due era stato sollevato nei giorni appena precedenti le date calendarizzate, dal momento che entrambi risultano membri della WGA e ad entrambi sono stati conferiti credits per la sceneggiatura nel contesto delle rispettive opere cinematografiche. Da un lato, infatti, le direttive emanate dal sindacato con riferimento allo sciopero in atto inibiscono ai membri qualsiasi attività promozionale dei propri progetti; dall’altro lato, tuttavia, restano in vigore le obbligazioni contrattuali operanti in senso opposto. I due hanno, infine, preso parte all’evento e un’interessante ricostruzione teorica potrebbe essere stata utilizzata come base giuridica della partecipazione: sulla base di un’interpretazione teleologicamente orientata delle suddette linee guida, infatti, la ragione dell’inapplicabilità delle stesse al caso di specie potrebbe configurarsi a partire dal presupposto che il ruolo di regista e, contemporaneamente, sceneggiatore, ricoperto all’interno dei film presentati sulla Croisette, sia ontologicamente differente da quello dello sceneggiatore tout-court, poiché, in sostanza, corrispondente a quello, più ampio, di autore.

Conclusioni

Mentre lo sciopero degli iscritti alla WGA continua e un numero sempre maggiore di membri di SAG-AFTRA partecipa ai picchetti o manifesta il proprio appoggio alle istanze degli scioperanti presentandosi e poi abbandonando i programmi in cui si attua la promozione dei progetti in uscita, delineando come una possibilità non implausibile l’inizio di un nuovo sciopero, la Director Guilds of America (DGA) sembra, al contrario, aver riportato una vittoria, seppure di portata limitata, a favore delle istanze di stringente disciplina nell’uso di sistemi di Intelligenza Artificiale. Nel contesto del nuovo accordo di durata triennale che la DGA ha appena finalizzato con la AMPTP, l’ente che riunisce i registi ha indicato come “dirompente” la conferma che l’Intelligenza Artificiale non sia una persona e non possa porre in essere le attività sino ad ora riservate ai propri membri. In un’ottica di analisi tecnica e giuridica, tale punto non pare avere l’impatto travolgente che la DGA preferirebbe, forse, assegnargli, ma si comprende come un assunto di questo genere abbia, forse, una maggiore valenza a livello di manifestazione di efficacia della negoziazione anziché con riferimento al mero risultato finale.

Tuttavia, è evidente come un’azione congiunta e coordinata potrebbe essere foriera di risultati maggiormente eclatanti. Ciò richiederebbe, tuttavia, un livello di organizzazione intersindacale evidentemente complessa e difficoltoso da raggiungere. Da non sottovalutare, inoltre, è che anche una molteplicità di “attacchi” da vari fronti alla medesima AMPTP potrebbe rivelarsi una strategia efficace all’ottenimento del risultato che ciascun ente associativo relativo alle varie categorie di creativi reputa prioritario per la stessa. Ancora una volta, infine, è da sottolineare l’enorme valore interdisciplinare del presente ambito di indagine, carattere dal quale sorge una elevata complessità dei contenuti da esaminare e delle normative da padroneggiare, oltre alla necessità di una spiccata propensione alla comparazione giuridica. La creatività non sarà, dunque, soltanto oggetto della disciplina, ma dovrà costituire, altresì, parte del nuovo mindset degli esperti, i quali hanno la chance di trasformarsi in risorse fondamentali per la tutela non soltanto degli interessi dei propri assistiti, ma altresì per un “ritorno al futuro” dell’intera industria dell’audiovisivo.


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