Si intensificano gli sforzi degli Stati Uniti per trasformare la catena di approvvigionamento dei microchip su scala mondiale attraverso intense trattative con Paesi scelti come potenziali nuovi hub industriali. Sebbene il progetto sia incentrato sulla creazione di una nuova “rotta” della filiera industriale, l’obiettivo finale di Washington è di incrementare la produzione domestica di chip elettronici con sede in Texas o in Arizona.
Secondo il piano, i microchip made in USA verrebbero spediti in Costa Rica, Vietnam o Kenya per l’assemblaggio finale e spediti verso il mercato internazionale.
Capisaldi e obiettivi della “chip diplomacy” Usa
I pilastri di tale progetto si basano sulla necessità di attirare aziende straniere a investire nella produzione di chip negli Stati Uniti e nella ricerca di altri Paesi che possano aprire fabbriche per terminare il lavoro. Al momento, tra le aziende straniere, è presente la sudcoreana SK Hynix che ha avviato la costruzione di una fabbrica da 3,8 miliardi di dollari nello Stato di Indiana, la quale per ora è stando alle dichiarazioni del Il Dipartimento di Stato, è il più grande investimento locale capace di portare più di 1.000 posti di lavoro.
Il segretario di Stato Antony Blinken, nel giugno scorso durante una conferenza nel Maryland, ha sottolineato che gli attuali sforzi politici servono creare un ecosistema produttivo nazionale nel settore high-tech, il quale comprende non solo i microchip ma anche le rinnovabili e altri settori dipendenti e affini, per accelerare le industrie nazionali sul lungo termine.
Questo sforzo politico è stato definito dagli addetti “The chip diplomacy”. Con tale epiteto è stata definita una serie di intense attività diplomatico-industriale nate a seguito dell’approvazione del Chip Act nell’agosto 2022. In sintesi, ufficialmente noto come Creating Helpful Incentives to Produce Semiconductors (CHIPS) Act è una legge federale volta a promuovere la produzione, la ricerca e lo sviluppo di semiconduttori negli Stati Uniti, la quale prevede un investimento di 53 miliardi di dollari in cinque anni per sostenere la crescita dell’industria dei semiconduttori statunitense.
I pilastri finanziari del Chip Act
La strategia di Washington per la costituzione di questo nuovo ecosistema industriale transnazionale si regge su cinque pilastri:
- un programma di assistenza finanziaria di 39 miliardi di dollari amministrato dal Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti per la costruzione di nuovi impianti di semiconduttori e per l’espansione di quelli esistenti;
- un programma per la ricerca e lo sviluppo di semiconduttori avanzati da 11 miliardi di dollari e un altro per la ricerca e lo sviluppo della forza lavoro da 13,2 miliardi di dollari;
- l’introduzione del credito d’imposta sugli investimenti del 25% per le spese di capitale relative alla produzione di semiconduttori e alle attrezzature;
- un piano di sviluppo della forza lavoro con finanziamenti iniziative di formazione e istruzione;
- l’adozione di una strategia di sicurezza nazionale per garantire che i beneficiari dei finanziamenti non costruiscano impianti in Cina o in altri Paesi a rischio e impedisce al contempo alle aziende di utilizzare i fondi dei contribuenti per riacquistare azioni e dividendi per gli azionisti.
Una tabella di marcia quadriennale
Il tutto è stato scadenzato secondo una tabella di marcia per la sua attuazione su un periodo di quattro anni: la prima tappa, ovviamente, è quando la legge è stata firmata il 9 agosto 2022, la seconda tappa nel 2023 è stata il lancio da parte del Dipartimento del Commercio dei primi finanziamenti disponibili per un totale di 39 miliardi di dollari, la terza tappa nel 2024 prevede incentivi per i progetti per l’area di ricerca e sviluppo della forza lavoro, la quarta tappa consiste nel completamento del periodo di attuazione della legge con la redazione di una valutazione del programma in fase di svolgimento.
Investimenti significativi e prime sovvenzioni
Ad oggi si possono già constatare i primi progressi. La prima sovvenzione del Chips Act, per un totale di 35 milioni di dollari, è stata assegnata nel dicembre 2023 a BAE Systems, azienda dell’industria della difesa con sede nel Regno Unito, per la produzione di chip necessari ai caccia F-15 e F-35. Successivamente nel marzo 2024, Intel, la casa produttrice americana di chip, ha ottenuto un finanziamento composto da 8,5 miliardi di dollari in sovvenzioni e 11 miliardi di dollari in prestiti: è stata la più grande sovvenzione concessa a un produttore di chip. In precedenza, Intel aveva annunciato che avrebbe investito 100 miliardi di dollari in cinque anni per costruire nuovi impianti negli Stati Uniti. Infine, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) riceverà 6,6 miliardi di dollari in sovvenzioni e 5 miliardi di dollari in prestiti per sostenere tre impianti di produzione in Arizona. TSMC lo aveva annunciato ad aprile 2024, il complesso prevede un investimento di 65 miliardi di dollari negli Stati Uniti segnando il più grande investimento diretto estero in un progetto greenfield nella storia degli Stati Uniti e creerà circa 6.000 posti per lavoratori specializzati.
Come visto, il piano prevede il ricollocamento, cioè un processo di “de-delocalizzazione”, in territorio americano della fase produttiva, mentre lascia all’estero la fase di impacchettamento e spedizione del prodotto finale. Il 9 luglio l’amministrazione Biden ha dichiarato di voler destinare fino a 1,6 miliardi di dollari allo sviluppo di nuove tecnologie per il confezionamento dei chip per computer.
Questo finanziamento è sempre parte dei fondi autorizzati dal Chips Act, aiuterà le aziende a innovare in settori quali la creazione di modi più veloci per trasferire i dati tra i chip in un pacchetto e la gestione del calore da essi generato. Il confezionamento avviene principalmente a Taiwan, in Malesia, Corea del Sud, Filippine, Vietnam e Cina. Un gruppo industriale statunitense chiamato IPC, citando dati del Dipartimento della Difesa, ha stimato che gli Stati Uniti rappresentano solo il 3% circa del confezionamento di chip avanzati. Sebbene si creerà così facendo una dipendenza nell’area dell’imballaggio, la protezione dei segreti industriali e delle informazioni più sensibili che ruotano attorno alle tecnologie più all’avanguardia, oltre alla necessaria resilienza della catena di approvvigionamento, rimane il nocciolo della questione.
Sfide e ritardi nell’implementazione del Chip Act
Tornando sulla questione della resilienza della filiera produttiva in relazione al Chips Act, rimane pur vero che sono probabili ritardi o interruzioni dei progetti. I sopracitati TSMC e Intel hanno già ritardato l’apertura dei loro impianti, a causa dell’aumento dei costi di costruzione e dei problemi con i loro fornitori. Un’altra sfida che le aziende di semiconduttori sperano di affrontare negli Stati Uniti è l’attuale mancanza di forza lavoro qualificata, motivo per cui il programma di ricerca e sviluppo si focalizza su questa annosa questione.
Reazioni internazionali e critiche al Chip Act
Alcuni partner statunitensi, imprese e analisti del settore hanno criticato i requisiti e le condizioni che il governo americano ha legato agli incentivi CHIPS. L’anno scorso, ad esempio, il ministro del commercio, dell’industria e dell’energia della Corea del Sud ha criticato le clausole che considerava atipiche, tra cui la necessità di presentare informazioni sulla gestione aziendale e piani di assistenza all’infanzia per i dipendenti. Inoltre, secondo i termini della legge, i produttori di chip che ottengono i finanziamenti non possono espandere le loro strutture in Cina e in altri “Paesi a rischio” per dieci anni.
L’ombra della Cina sugli investimenti di Microsoft nei chip AI
Un episodio curioso ha riguardato l‘Intelligenza Artificiale, la quale necessita dei microchip più avanzati. L’evento ha destato preoccupazioni tra i Repubblicani, espresse per mezzo di una lettera del 10 luglio al consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca Jake Sullivan, sottoscritta Michael McCaul, presidente della Commissione Affari Esteri della Camera, e John Moolenaar, leader del Comitato ristretto per la Cina, ha riguardato l’accordo tra Microsoft e l’azienda di intelligenza artificiale G42 con sede negli Emirati Arabi Uniti. I due rappresentati del Congresso hanno chiesto un briefing per una valutazione della intelligence americana sull’investimento da 1,5 miliardi di dollari di Microsoft, poiché potrebbe interessare anche il trasferimento di tecnologia sensibile e, come aggravante, la G42 ha avuto legami storici con rappresentanti del Governo di Pechino. Nella lettera, infatti, viene chiesto vengano fatte valutazioni concernenti i legami della G42 con il Partito Comunista Cinese, l’esercito e il governo, prima che l’accordo con Microsoft proceda ulteriormente. Inoltre, è stato citato anche il passato lavoro di “sorveglianza digitale” della G42 come un’area di possibile rischio, tramite precedenti connessioni tra il personale di G42 e l’azienda emiratina di cybersicurezza DarkMatter, oggetto di un’indagine Reuters del 2019 sulle sue attività di cyberspionaggio.