L’escalation del conflitto Russia-Ucraina è, purtroppo, destinata ad impattare ulteriormente sulla già stressata supply chain dei chip, avendo il potenziale per limitare le forniture di neon, xeno, palladio e platino, componenti critici per la produzione degli stessi, con il conseguente inevitabile aumento dei costi di produzione, che alla fine, si trasferiscono ai consumatori.
Materie prime strategiche, impatto su supply chain chip
La pandemia aveva già inferto un duro colpo alla catena di approvvigionamento dei chip, la cui carenza ha indotto a un aumento dei prezzi delle apparecchiature tecnologiche di consumo oltre a costringere le case automobilistiche, i produttori di smartphone e altri settori a ridurre drasticamente i propri obiettivi di produzione, portando in molti casi alla chiusura temporanea degli impianti industriali.
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L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta una nuova minaccia per le forniture e i prezzi delle materie prime e nel 2022 complicherà ulteriormente la catena di approvvigionamento dei semiconduttori per quelle aziende che non sono completamente preparate e completamente diversificate in termini di materie prime chiave, come afferma Jeffrey P. Wincel, MBA , D.Min., membro del Consiglio di amministrazione dell’Institute for Supply Management (ISM) ed esperto del settore dei semiconduttori.
Ricordiamo che l’Ucraina e la Russia sono entrambe fonti sostanziali di neon, xeno, palladio e platino, utilizzati nei chip, convertitori catalitici, ecc.
Ucraina
Dal rapporto di TrendForce, società globale di market intelligence, si evince che l’Ucraina detiene una quota del 90% della fornitura globale di neon e, sebbene la percentuale di gas utilizzata nei processi di semiconduttori non sia così elevata come in altri settori, è ancora una risorsa necessaria. Pertanto, un’eventuale interruzione della fornitura di tali materiali avrebbe un impatto inevitabile sull’industria tech.
Di fatto, il conflitto Russa-Ucraina sta innervosendo l’industria in quanto queste carenze potrebbero essere ulteriormente aumentare, come è accaduto nel 2014, quando i prezzi del gas neon hanno registrato un aumento del 600% in risposta all’annessione della Crimea. Pertanto, i governi statunitense e giapponese si sono premurati negli scorsi mesi per fare pressioni sulle loro industrie di chip affinché trovassero fonti alternative di questo gas prima che fosse troppo tardi.
Secondo alcuni analisti, sebbene il conflitto ucraino-russo possa influenzare la fornitura di gas inerte a livello regionale, le fabbriche di semiconduttori e i fornitori di gas risulterebbero disporre ancora di riserve e in grado di avere forniture da altre regioni. Ne consegue che le interruzioni della linea di produzione di gas in Ucraina non dovrebbero, nel breve termine, impattare in maniera letale sulle linee di produzione di semiconduttori.
Russia
La Russia esporta circa il 46% della produzione mondiale di palladio e il 15% del platino mondiale, entrambi materiali chiave nei convertitori catalitici automobilistici. La Russia è anche il terzo produttore mondiale di gas esportatore di minerale di nichel, utilizzato in acciaio inossidabile, leghe, fusioni e batterie per veicoli elettrici.
Secondo Techcet – società di ricerche di mercato con sede in California specializzata in materiali e componenti critici per la supply chain – la Russia essendo un fornitore chiave di tali materie prime, a fronte delle sanzioni dell’Occidente, potrebbe alimentare un incremento della carenza delle stesse e costringere i produttori a cercare fonti alternative. Inoltre, se il conflitto dovesse ulteriormente intensificarsi, alcuni dei più grandi produttori di chip del mondo potrebbero conseguentemente risentirne. Basti pensare ad Intel, ad esempio, che riceve metà dei quantitativi di neon dall’Europa orientale.
Supply chain tech: cosa ci attende
Le carenze dei materiali di cui Russia e Ucraina impatteranno inevitabilmente nel medio -lungo sull’economia globale. Ricordiamo che molte aziende hanno fornitori tech situati in Russia e in Ucraina, indipendentemente dal fatto che si tratti di relazioni dirette di livello 1 o indiretti di livello 2 o 3. Le stesse stanno osservando con cautela le scorte globali di neon, xeno, palladio e platino, necessarie per fabbricare i loro prodotti dato che la carenza di tali materiali potrebbe peggiorare, con importanti ripercussioni/interruzioni per i settori tech, automotive e aerospace, alimentando l’incremento dei prezzi e pesando sulle vendite, sino a causare ulteriori danni alla crescita globale.
Supply chain resilience: AAA cercasi
La fragilità delle supply chain globali, l’incertezza dell’evoluzione della situazione sanitaria e, ora, quella del conflitto Russia-Ucraina, impongono di attuare piani di contenimento dei danni derivanti dalla disruption in atto.
Mai come in questo momento i Risk & Business Continuity Manager devono concentrarsi nell’elaborazione di piani idonei per gestire una supply chain a rischio globale; piani che dovranno considerare gli impatti principali dello scenario che stiamo vivendo nei flussi del commercio internazionale soprattutto in termini di:
- shock di fornitura, i.e. contrazioni nei flussi di approvvigionamento di componenti, beni intermedi e prodotti finiti;
- shock di domanda, i.e. la riduzione consistente dei consumi implicherà un calo degli investimenti e peggioramento delle aspettative future.
A fronte di ciò sarà, pertanto, necessario:
- attuare e monitorare i processi di gestione delle emergenze (crisis management assessment) in un’ottica di business continuity, verificando che siano state correttamente adottate e rafforzate le misure atte a mitigare gli impatti e favorire i tempi di recupero;
- effettuare risk scenario analysis relative all’evolversi dello scenario contingente, in termini di stato di business disruption protratto nel tempo, ritorno momentaneo alla normalità e successivo possibile acutizzarsi della crisi in modo tale da identificare le più opportune azioni di risposta.
Inoltre, la gestione della supply chain disruption implica l’adozione di alcune misure strategiche, indipendentemente dal settore in cui si opera, atte a:
- identificare i key stakeholder in modo tale da consolidare i requisiti e i vincoli, stabilire le priorità relative all’intera supply chain, sia in termini produttivi sia distributivi;
- mappare i fornitori critici e verificarne – tramite questionari – i requisiti di business continuity, oltre a richiedere la conformità agli stessi principi da parte dei loro sub-fornitori, monitorando, così, le interconnessioni in essere in termini di fornitori, produzione, distribuzione e classificando i vari attori in funzione del loro livello di criticità;
- individuare fornitori alternativi per garantire la continuità produttiva nel breve periodo e, al contempo, ridurre il rischio nel medio periodo (i.e. approccio di diversificazione);
- concentrare la produzione su prodotti in grado di garantire la continuità produttiva ed adottare schemi flessibili per gli altri;
- creare sistemi di indicizzazione ponderata, riferiti all’andamento dei prezzi delle materie prime, del carburante e del cambio valuta che potrebbero impattare sulla redditività dell’azienda;
- analizzare la domanda dei prodotti in termini di mercati e di canali, valutando anche l’ipotesi di razionalizzare la produzione oltre ad allineare la propria offerta alle nuove abitudini dei consumatori (i.e. commercio online), verificare la disponibilità di stock e, in base agli scenari analizzati, stabilire quali azioni commerciali intraprendere per il loro smaltimento nei mercati e canali identificati, dando priorità agli ordini fatturabili;
- identificare provider di terza parte logistica (TPL, i.e. – servizi logistici quali movimentazione, stoccaggio e distribuzione delle merci).) e quarta parte logistica (i.e. servizi di consulenza direzionale e interventi di tipo tecnologico per gestire la supply chain) per il ritiro diretto delle materie prime dai fornitori e per l’introduzione di modalità di trasporto alternative per la consegna ai clienti;
- valutare l’impiego di piattaforme di geo risk map/geoaudit, che potrebbero garantire un maggior monitoraggio dei vari partner commerciali (sedi, siti produttivi, punti vendita, magazzini, ecc.) identificando clienti e fornitori che risultano essere in aree critiche, ordini con alto fattore di rischio e identificare aree a basso impatto;
- prevedere l’utilizzo dei fondi di innovazione, messi a disposizione dal Governo, per effettuare investimenti di digitalizzazione per consentire all’organizzazione di raggiungere una maggiore agilità e scalabilità nella logistica della supply chain e nelle operazioni aziendali.
Si tratta, quindi, di costruire una supply chain “rielaborata”, più strutturata e in grado di rispondere ai principi di risk management & business continuity in termini di ricavi, costi, margini e liquidità, agendo altresì lungo tutti i “nodi” della value chain (i.e. fornitori, asset industriali e distribuzione, ecc.).
Chip Act: l’Europa si muove
La Comunità europea, lo scorso febbraio, ha promulgato una serie di misure legislative e finanziarie, il cosiddetto Chips Act, per sostenere la produzione di semiconduttori nell’area europea. Si tratta di un pacchetto di norme che mira a ridurre la dipendenza del blocco dai produttori esteri, allentando le regole sugli aiuti di stato, finanziando la ricerca e dando alla Commissione la possibilità di controllare le esportazioni. Ovvero, l’obiettivo è mettere in sicurezza l’intera catena di approvvigionamento di semiconduttori, evitare shock futuri all’economia europea e garantire che l’Europa si assicuri una quota di un mercato globale in rapida crescita e sempre più centrale nello sviluppo degli stati.
Conclusioni
Il settore dei semiconduttori dovrà essere in grado di gestire urgentemente gli aspetti di Supply Chain Disruption e Business Continuity per garantire la resilienza della catena di fornitura tech, dal momento che un “collo di bottiglia” lungo questi snodi cruciali continua a causare ripercussioni non solo sul settore dei semiconduttori, ma su tutti quegli altri comparti che da questi dipendono.
Lo scenario contingente ha ulteriormente evidenziato la necessità di garantire un’attività efficiente di “intelligence” dei mercati delle materie prime, la gestione del rischio di fornitori/l’approvvigionamento/la supply chain in modo tale da usare queste leve per raggiungere una “maturità” e resilienza del procurement e della supply chain grazie ad informazioni aggiornate e significative, che permettono di agire in modo mirato durante una crisi.
Pertanto, solo attraverso una strutturata supply chain tech resilience sarà possibile attuare strategie di investimento mirate, in grado di gestire al meglio i conflitti in atto, senza dimenticare che sia la geopolitica sia i governi nazionali dovranno farsi sostenitori di questo necessario cambio di paradigma.
A tal proposito, sarà determinante riuscire ad avere una visibilità dell’intera supply chain e, altresì strategico, sarà pensare fuori dagli schemi, essere agili e adattivi, soprattutto in un mare agitato come quello in cui ci troviamo a navigare.
Le organizzazioni devono dimostrare sempre più di essere in grado di metabolizzare la disruption contingente ed attuare un cambiamento culturale per garantire una supply chain resiliente e una maggiore trasparenza della rete anche attraverso la digitalizzazione, che potrà aiutare le principali parti interessate ad identificare, analizzare, mappare, gestire e monitorare efficacemente i rischi per rispondere con successo alle minacce emergenti e capitalizzare le opportunità di mercato.