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Usa-Cina, testa a testa nello scontro tecnologico: ecco gli sviluppi



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Cosa c’è dietro la guerra sino-americana che Huawei per la Cina e Apple per gli Stati Uniti combattono da tempo tra il lancio di nuovi prodotti sempre più performanti e divieti sempre più stringenti? Dalla sfida tecnologica dei due grandi colossi tech a livello mondiale alla geopolitica e alla politica internazionale

Pubblicato il 3 ott 2023

Marco Santarelli

Chairman of the Research Committee IC2 Lab – Intelligence and Complexity Adjunct Professor Security by Design Expert in Network Analysis and Intelligence Chair Critical Infrastructures Conference



Laboratori Accreditati di Prova (LAP) accreditabili da acn

Cina e Stati Uniti continuano a contendersi il primato a livello tecnologico, con il lancio di prodotti e soluzioni tech sempre più evoluti, a cui si alternano divieti e sanzioni che riflettono le tensioni tra i due paesi e che a loro volta influenzano le dinamiche dei mercati.

Basti pensare che alla proposta del governo cinese di vietare l’utilizzo dell’iPhone ad alcuni suoi dipartimenti e aziende statali a causa di alcune falle sulla sicurezza dei dati è seguita la caduta del titolo di Apple del 6%, con una perdita del suo valore di mercato di circa 200 miliardi di dollari. Dal canto suo, la quota di Huawei nelle vendite nazionali di smartphone è cresciuta dal 7% al 13% nell’anno fino al secondo trimestre del 2023 ed è destinata a crescere, in particolare in vista dei divieti di utilizzare i prodotti Apple per la Cina.

L’indipendenza della Cina sul fronte dei chip

Altro elemento che sta contribuendo all’inasprimento delle tensioni tra Cina e Stati Uniti è la rinnovata collaborazione di Pechino con l’azienda cinese di microchip Smic, leader nel settore a livello mondiale. È proprio grazie alla Smic che Huawei ha potuto presentare un device 5G, portando l’amministrazione Biden a pensare a nuovi divieti delle tecnologie americane in Cina, senza che, però, ciò spinga la Cina a rendersi sempre più autonoma nella produzione tecnologica, come già è successo ricorrendo alla Smic. Secondo Bloomberg, la Cina sta dimostrando, attraverso Huawei, di star lavorando alla creazione di un ecosistema di chip nazionale, superando, in questo modo, le restrizioni alle esportazioni imposte dagli Stati Uniti, così come il Global Times parla di “capacità del Paese di condurre ricerca e sviluppo tecnologico indipendente nonostante le sanzioni statunitensi”.

Dall’altra parte, le sanzioni cinesi contro Apple potrebbero ripercuotersi sui milioni di lavoratori Apple in Cina e di conseguenza sull’economia cinese, ma nello stesso tempo favorire le vendite interne di prodotti Huawei a scapito di quelli di Apple.

La strategia USA e la risposta cinese

Nel corso degli ultimi anni, caratterizzati da globalizzazione e digitalizzazione, il rapporto tra Cina e Stati Uniti è passato da una sorta di interdipendenza alla ricerca di indipendenza l’uno dall’altro. Le tensioni già note, che si sono acuite sempre più a seguito del conflitto russo-ucraino, la questione Taiwan e le continue preoccupazioni, con successive accuse, sullo spionaggio industriale, hanno portato ad una ricerca di distacco economico da parte della superpotenza a stelle e strisce, a partire proprio dalle restrizioni imposte sull’accesso di Pechino a semiconduttori totalmente statunitensi, sia nella produzione che nella progettazione, che costituiscono il Foreign Direct Product Rule.

Altra strategia attuata dagli Stati Uniti si basa sulla diminuzione delle importazioni ed esportazioni con la Cina oppure sul ricorso a catene di approvvigionamento alternative, il cosiddetto reshoring, in Messico, Vietnam e India. In questo modo, gli Stati Uniti puntano ad affermarsi economicamente in maniera autonoma e meno vulnerabile e ad indebolire il rivale strategico. La riduzione di fornitori esteri per settori critici, come quelli che si occupano della produzione dei semiconduttori e delle materie prime, può sicuramente garantire una maggiore sicurezza nazionale interna.

Da qui, la promozione della produzione locale, con una maggiore protezione delle industrie nazionali dalle concorrenti estere e l’investimento nella ricerca e nello sviluppo di settori strategici. L’IRA, l’Inflation Reduction Act, mira a destinare 370 miliardi di dollari allo sviluppo della produzione dell’energia pulita, con lo scopo di ridurre i costi energetici alla popolazione e alle aziende, incentivare le fonti rinnovabili e rafforzare le catene di approvvigionamento strategiche. Altri 52,7 miliardi di dollari, attraverso il Chips and Science Act, mirano a finanziare il campo dei semiconduttori americani per la ricerca, lo sviluppo e la formazione della forza lavoro necessaria nel campo.

Se gli Stati Uniti stanno attuando determinate misure per favorire la produzione tecnologica a livello locale e slegarsi dalla dipendenza tech dalla Cina, Huawei sta rimettendo in moto tutte le attività pre-2020, che hanno subito forti restrizioni dagli USA. Con il nuovo microchip, il colosso cinese sta portando avanti la volontà del capo di Stato Xi Jinping di rendere il Paese autosufficiente dal punto di vista tecnologico, accelerando sull’obiettivo anche per scongiurare o ridurre gli effetti del disaccoppiamento con gli Stati Uniti.

Quando tutto ha avuto inizio

Era il primo dicembre del 2018 quando Meng Wanzhou, figlia del fondatore e amministratore delegato di Huawei, Ren Zhengfei, è stata arrestata in Canada per frode ed elusione delle sanzioni contro l’Iran. Da quel momento la Cina ha avvertito la volontà da parte degli Stati Uniti di bloccare la sua ascesa tecnologica proprio quando Huawei stava conquistando le infrastrutture di rete 5G a livello globale. Il rimpatrio di Meng Wanzhou, avvenuto il 25 settembre 2021, è stato visto dal Partito Comunista come una prova di forza, in cui Meng è ancora oggi il simbolo della resistenza cinese ai contenimenti americani, per il presunto scambio della figlia del patron di Huawei con due cittadini canadesi prigionieri in Cina nello stesso periodo in cui Meng è stata confinata in Canada. La data del 25 settembre, 2 anni dopo, torna, quasi simbolicamente, per il lancio dell’ultimo smartphone, il Mate 60 Pro, e del microchip più avanzato al mondo che contiene, una sorta di inno alla resilienza di Huawei di fronte alle restrizioni oltreoceano.

Conclusioni

I sospetti degli Stati Uniti sulla totale “nazionalità cinese” del nuovo microchip di Huawei restano, come ha affermato anche la stessa segretaria del Commercio USA, Gina Raimondo, per l’assenza di prove. Secondo quanto riportato dalla SIA, Semiconductor Industry Association, gruppo di lobby fondato nel 1977 che rappresenta l’industria dei semiconduttori degli Stati Uniti, Huawei starebbe costruendo impianti con nomi di altre aziende per aggirare le restrizioni americane. Quel che è certo è che per Huawei si tratta di un momento di grande produzione di smartphone, in continuo aumento.

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