direttiva europea

Copyright, in Italia è liberalizzazione incompleta della gestione collettiva

Il legislatore italiano, recependo la direttiva Ue “sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno”, ha effettuato una liberalizzazione incompleta. Vediamo perché e i rilievi dell’Agcm

Pubblicato il 10 Gen 2019

Angelo Rovati

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

giornali intelligenza artificiale

L’Italia ha recepito – anche se in modo incompleto e imperfetto – la direttiva europa che mirava a liberalizzare la gestione dei diritti d’autore. Vediamo la portata della novità e i suoi limiti.

Ricordiamo che si tratta della direttiva 2014/26/UE del 26 febbraio 2014 “sulla gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e sulla concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno” (nel prosieguo, anche la «direttiva») continua l’opera di armonizzazione europea dei diritti d’autore e connessi iniziata nel 1991 con la direttiva software 91/250/CEE (successivamente codificata dalla direttiva 2009/24/CE) e via via proseguita negli anni successivi, passando ad esempio per la fondamentale direttiva 2001/29/CE sul diritto d’autore nella società dell’informazione.

Questa direttiva tiene poi conto dei principi espressi dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in materia di società di gestione collettiva dei diritti d’autore e connessi (nel prosieguo anche “collecting societies” o “collecting”).

Diritto d’autore, le basi giuridiche della direttiva 2014/26/UE

I considerando 7 e 8 ne chiariscono le basi giuridiche: secondo il primo «la normativa degli Stati membri in materia di diritti d’autore e di concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali online [deve essere] coordinata in modo tale da garantire che vi siano garanzie equivalenti in tutta l’Unione. Pertanto, la presente direttiva dovrebbe avere quale base giuridica l’articolo 50, paragrafo 1, TFUE»; in base al secondo essa «mira a coordinare le normative nazionali sull’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi da parte degli organismi di gestione collettiva, le modalità di governance e il quadro di sorveglianza, pertanto la direttiva dovrebbe avere quale base giuridica l’articolo 53, paragrafo 1, TFUE. Inoltre, trattandosi di un settore che offre servizi in tutta l’Unione, la presente direttiva dovrebbe avere quale base giuridica l’articolo 62 TFUE».

L’art. 1 della direttiva ne chiarisce i due scopi principali e cioè:

  • armonizzare a livello UE la disciplina del funzionamento delle collecting, soprattutto con la previsione di una serie di principi volti a rendere la loro azione più trasparente ed efficiente, nell’interesse al contempo dei titolari dei diritti, degli utilizzatori e del mercato;
  • facilitare la concessione di licenze multiterritoriali per le utilizzazioni on-line delle opere musicali. In proposito la direttiva introduce una disciplina de minimis: gli Stati membri rimangono pertanto liberi di mantenere o imporre norme più rigorose rispetto a quelle previste purché le stesse siano compatibili con il diritto UE (cfr. il considerando 9).

Gli interessi tutelati dalla direttiva

In generale la direttiva vuole introdurre un elevato livello di efficienza e trasparenza nell’attività delle collecting e vuole quindi tutelare diversi interessi:

  • la libertà d’impresa di queste ultime ex artt. 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e 41 Cost.;
  • la libertà d’impresa degli utilizzatori, che sono tipicamente imprese culturali, anch’essa riconducibile in apicibus alle norme ora dette;
  • la libertà di associazione dei titolari dei diritti ed i loro interessi morali e patrimoniali per l’utilizzazione delle opere dell’ingegno e degli altri materiali protetti da diritti connessi ex artt. 12, 16 e 17 co.2 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 2, 3, 18, 41, 42 della Costituzione.

In particolare i titolari dei diritti che intendono associarsi ad una collecting sono normativamente ritenuti “contraenti deboli” e la direttiva introduce una disciplina protettiva a loro favore, anche con riferimento alla libertà di scelta della collecting cui affidare mandato per la gestione collettiva dei diritti.

Il recepimento da parte del legislatore nazionale

L’art. 5.2 della direttiva sembrava rimettere alla discrezionalità del legislatore nazionale se liberalizzare soltanto la negoziazione “transfrontaliera” dei repertori oppure (più radicalmente) se abrogare i monopoli nazionali. La legge-delega 12 agosto 2016, n. 170 sembrava optare per la prima tra le opzioni proposte, con una scelta confermata poi expressis verbis dall’art. 4 co. 2 dlgs. 15 marzo 2017 n. 35 (di attuazione della direttiva). Infatti secondo questa norma nazionale “i titolari dei diritti possono affidare ad un organismo di gestione collettiva o ad un’entità di gestione indipendente di loro scelta la gestione dei loro diritti, delle relative categorie o dei tipi di opere e degli altri materiali protetti per i territori da essi indicati, indipendentemente dallo Stato dell’Unione europea di nazionalità, di residenza o di stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’entità di gestione indipendente o del titolare dei diritti, fatto salvo quanto disposto dall’articolo 180, della legge 22 aprile 1941, n. 633, in riferimento all’attività di intermediazione di diritti d’autore” (sottolineatura aggiunta).

Il legislatore domestico, dunque, formalmente recepiva la regola generale della direttiva sulla libertà di scelta tra organismi di gestione collettiva (OGC) ed entità di gestione ed anzi la ampliava alle entità di gestione indipendente (EGI), ma concretamente ne frustrava l’effetto utile, facendo salvo l’art. 180 l. 633/1941 (nel prosieguo “l.a.”) nella formulazione antecedente al d.l. 148/2017.

Successivamente l’art. 19 d.l. 16 ottobre 2017 n. 148 ha parzialmente liberalizzato l’attività di intermediazione del diritto d’autore anche con riferimento agli OGC conformemente alla lettera dell’art. 5.2. della direttiva: la rubrica della norma ora detta significativamente riguarda la “Liberalizzazione in materia di collecting di diritti d’autore”.

I principali contenuti della novella

  • Anzitutto l’art. 19 co. 1 modifica gli artt. 15 bis e 180 co. 1 l.a., inserendo assieme al riferimento a SIAE quello agli OGC come definiti all’art. 2.1 dlgs. 35/2017. La riserva di attività ex art. 180 l.a. precedentemente limitata a SIAE è ora estesa anche agli altri OGC. Quindi, si apre alla concorrenza degli OGC stabiliti nella UE il settore dell’intermediazione dei diritti d’autore: si cricoscrive dunque la competizione in questo settore a soggetti che alternativamente sono controllati dai loro membri oppure non perseguono fini di lucro ex art. 2.1. dlgs. cit.. Il legislatore UE avrebbe quindi stabilito: (a) di imporre ai legislatori nazionali l’apertura di questo segmento di mercato agli OGC e (b) di lasciare alla loro discrezionalità la possibilità di autorizzare anche le EGI ad operare in questo settore.
  • Ancora l’art. 19 co.2 afferma che l’esercizio dell’attività di intermediazione per gli OGC stabiliti in Italia è subordinata alla verifica dei requisiti previsti dal dlgs. 35/2017 da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM). Il legislatore intende probabilmente riferirsi all’accertamento dei requisiti previsti all’art. 8 dlgs. n. 35/2017 da parte di AGCOM e pare aver meglio definito l’ambito di applicazione soggettiva del medesimo agli OGC stabiliti in Italia in base agli artt. 49 e ss. del TFUE.
  • Infine l’art. 19 co. 3 sopprime il riferimento agli OGC nell’art. 20 co. 2 dlgs. 35/2017. Questa modifica comporta allora che la riscossione dei diritti sul territorio italiano da parte di EGI stabilite all’estero richiede la necessaria stipula di un accordo di rappresentanza con SIAE o con un altro OGC stabilito in Italia; diversamente gli OGC stabiliti in Italia possono direttamente procedere alla riscossione oppure farlo attraverso un accordo di rappresentanza con SIAE.

La competenza dell’Agcom

Il titolo IV della direttiva (artt. 33-38) è dedicato alle «misure di esecuzione». In particolare secondo l’art. 36 par. 1 «gli Stati membri garantiscono che il rispetto delle disposizioni di diritto interno adottate e attuate conformemente agli obblighi stabiliti nella presente direttiva da parte degli organismi di gestione collettiva stabiliti nel loro territorio sia controllato dalle autorità competenti designate e tale scopo». Anzitutto la direttiva lascia ampio spazio al legislatore nazionale nella scelta delle autorità competenti e delle sanzioni da prevedere nei consueti limiti UE dell’effettività, proporzionalità e dissuasività delle sanzioni evocati all’art. 36 par. 3.

Le «autorità competenti» citate agli artt. 36 e 37 della direttiva non devono necessariamente essere Autorità amministrative indipendenti (AAI): infatti sarebbe stato legittimo dal punto di vista del diritto UE affidare questa competenza anche ad un ministero oppure alla Presidenza del consiglio dei ministri, con particolare riferimento al Dipartimento per l’informazione e l’editoria (DIE).

Tuttavia poiché la direttiva riguarda l’apertura (almeno parziale) alla concorrenza di un nuovo mercato sinora in regime di monopolio ex art. 180 l.a., è sicuramente più rispondente alle indicazioni pregresse del legislatore europeo e nazionale in tema di liberalizzazione di mercati nel settore delle comunicazioni lato sensu inteso che la competenza ora detta sia affidata ad AAI (v. ad esempio il mercato delle comunicazioni elettroniche oppure quello postale). Al di là di quanto possa apparire icto oculi, le analogie tra questi mercati non sono poche. Oltre alla presenza di un incumbent “storico” – ex monopolista per legge, vi è in tutti questi casi la presenza di una “rete” verticalmente integrata all’operatore dominante cui quest’ultimo dovrebbe dare accesso ai concorrenti a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie, nella misura in cui la stessa non sia replicabile ad opera dei competitor. In particolare per il mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore si tratta della rete territoriale locale di SIAE e soprattutto dei mandatari presenti con più sedi in ogni provincia italiana.

Le critiche dell’Agcm 

Come visto, la prima formulazione dell’art. 4 co. 2 dlgs. 35/2017 nel richiamare l’art. 180 l.a. nella sua versione antecedente al d.l. 148/2017 non risultava coerente alle basi giuridiche della direttiva ed all’art. 5.2 della medesima, come interpretato alla luce dei considerando 4 e 19 e più in generale in conformità agli obiettivi di libertà di stabilimento ed agevolazione delle attività autonome che l’armonizzazione europea del settore si è posta. E questo perché non prevedeva che i titolari dei potessero conferire mandato per la gestione collettiva dei loro diritti ad OGC diversi da SIAE, contrastando in ciò con la lettera dell’art. 5.2.

In proposito l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) si è decisamente espressa per l’abrogazione del monopolio SIAE ex art. 180 l.a. con la segnalazione AS1281, recante “Gestione collettiva dei diritti d’autore e dei diritti connessi e concessione di licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno” del 1 giugno 2016, resa in base all’art. 22 l. 287/1990.

In particolare nella segnalazione ora detta, secondo AGCM, la direttiva avrebbe come scopo la piena liberalizzazione dell’intermediazione dei diritti d’autore e connessi nella prospettiva del mercato unico europeo, dell’evoluzione tecnologica e dell’utilizzazione (sempre più) transfrontaliera delle opere dell’ingegno.

Tali obiettivi sarebbero ostacolati da una normativa (come quella italiana) che prevedeva un monopolio legale, secondo un modello ormai superato sia dalla tecnologia sia dalla concreta dinamica di mercato, come anche dalla legislazione degli altri Stati UE.

AGCM invitava quindi il legislatore nazionale ad andare oltre l’obbligo previsto dall’art. 5.2 della direttiva di “aprire” (parzialmente) il mercato dell’intermediazione del diritto d’autore con riferimento ai soli OGC e ad optare per un piena liberalizzazione estesa anche alle EGI. Tale soluzione sarebbe stata conforme al diritto primario dell’Unione (cfr. gli artt. 49, 56, 101, 102 e 106 TFUE), nonché sistematicamente coerente alla scelta già operata dall’art. 39 d.l. 1/2012 per i diritti connessi degli artisti, interpreti ed esecutori.

Ancora, con la segnalazione del 24 novembre 2017 (“AS1452 – Misure contenute nel testo di conversione del decreto legge 148/2017 (decreto fiscale)”), AGCM ha nuovamente criticato l’attuazione soltanto parziale della liberalizzazione nel settore della gestione collettiva dei diritti d’autore. Infatti, l’Autorità ritiene che la liberalizzazione del mercato dell’intermediazione dei diritti d’autore e connessi dovrebbe ampliare il più possibile la facoltà di scelta per gli autori e gli altri titolari dei diritti, includendo espressamente tra i soggetti cui affidare la loro gestione anche le EGI.

Soltanto operando in questo modo vi sarebbe coerenza tra liberalizzazione dell’intermediazione dei diritti d’autore operata con dlgs. 35/2017 (anche a seguito del d.l. 148/2017) e quella dei diritti connessi stabilita con la l. 1 /2012. A questo proposito AGCM potrebbe agire secondo una oppure entrambe le modalità di seguito individuate, anche nella misura in cui la Corte costituzionale ritenesse l’Autorità legittimata a sollevare questione di legittimità costituzionale come giudice a quo[2].

  • AGCM potrebbe disapplicare in parte qua l’art. 180 l.a. per contrarietà a norme UE di diritto primario dotate di efficacia diretta e cioè gli artt. 4.3 TUE, 49, 56, 102 e 106 TFUE. A questo proposito l’art. 5.2. della direttiva sancisce la libertà per i titolari dei diritti di autorizzare un OGC di loro scelta per la gestione collettiva delle opere dell’ingegno senza estenderla espressamente alle EGI. Da un lato l’estensione ora detta potrebbe essere suggerita dalla lettera del considerando 19 della direttiva secondo cui «i titolari dei diritti dovrebbero avere la facoltà di revocare facilmente tali diritti o categorie di diritti a un organismo di gestione collettiva e di gestirli individualmente o di affidarne o trasferirne interamente o in parte la gestione a un altro organismo di gestione collettiva o a un’altra entità, indipendentemente dallo Stato membro di nazionalità, residenza o stabilimento dell’organismo di gestione collettiva, dell’altra entità o del titolare dei diritti» (sottolineatura aggiunta). Dall’altro l’argomento ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit potrebbe invece indurre l’interprete a ritenere che il legislatore UE abbia consapevolmente escluso l’obbligo (ma non la possibilità) per gli Stati membri di estendere questa facoltà alle EGI ed abbia quindi implicitamente ammesso la legittimità di questa limitazione in base al diritto della concorrenza, sempre salva la possibilità di proporre ricorso per annullamento ex art. 263 TFUE. Se si ritiene condivisibile la prima tra le tesi esposte, AGCM potrebbe anche sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 4 co.2 dlgs. 35/2017 per violazione del diritto dell’Unione europea ex artt. 117 co.1 e 134 Cost.
  • Se AGCM ritiene di non poter perseguire la strada della disapplicazione in parte qua dell’art. 180 l.a. per contrarietà alle norme UE di diritto primario ora dette, la stessa potrebbe altresì sollevare questione di legittimità costituzionale (non ex artt. 117 co.1 bensì) ex artt. 3 e 41 Cost. L’art. 180 l.a. potrebbe infatti ritenersi in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza formale e sostanziale ex art. 3 Cost. e tale da limitare in modo irragionevole e non proporzionato la libertà d’impresa ex art. 41 Cost., nella parte in cui si riferisce ai soli OGC A questo proposito potrebbe rilevare, con riferimento al principio di uguaglianza, anche il differente regime di libera concorrenza per la gestione collettiva dei diritti connessi del produttore fonografico e di quelli degli artisti interpreti ed esecutori stabilita da ultimo con l’art. 39 co. 2 d.l. 1/2012.

*Le opinioni espresse dall’Autore, dipendente dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, sono frutto del suo personale convincimento, impegnano esclusivamente lo stesso e non possono in alcun modo essere ritenute come rappresentative di orientamenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni o impegnative per la stessa

_____________________________________________________________

  1. Con l’ordinanza del 3 maggio 2018 AGCM ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli articoli 93 ter, comma 1 bis, l. n. 89 del 1913 e 8, comma 2, l. n. 287 del 1990, con riferimento agli artt. 3, 41 e 117 co.1 Cost., sospendendo il relativo procedimento. La questione riguarda una possibile intesa restrittiva della concorrenza ex art. 2 l. 287/1990 posta in essere dal Consiglio notarile di Milano. A titolo informativo v. https://www.osservatorioantitrust.eu/it/condotte-restrittive-del-consiglio-notarile-di-milano-lagcm-sospende-il-procedimento-e-rimette-alla-corte-costituzionale-una-questione-di-legittimita-costituzionale/; per alcune osservazioni critiche sulla possibilità per un’Autorità indipendente (ma comunque amministrativa) di sollevare questione di legittimità costituzionale v. ad esempio http://www.ildirittoamministrativo.it/AGCM-legittimata-a-sollevare-questione-di-costituzionalita/gamm386; http://www.astrid-online.it/static/upload/di-p/di-plinio_federalismi.pdf; e http://www.astrid-online.it/static/upload/rido/ridolfi_federalismi.pdf.

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