È ormai da qualche anno che nel ventaglio di strategie di comunicazione commerciale delle imprese una fetta in costante espansione è occupata dal csosiddetto influencer marketing, un mercato le cui cifre d’affari soltanto nel 2023 si aggirano intorno ai 20 miliardi di euro[1].
Tra le clausole maggiormente ricorrenti nei contratti di sponsorizzazione figura quella di esclusività o non concorrenza.
Vediamo di cosa si tratta.
Influencer marketing: nulla di nuovo sotto il sole?
Con il binomio influencer marketing si suole intendere il rapporto tra un’impresa ed un soggetto dotato di una più o meno estesa popolarità, oggi quantificata in termini di followers sui diversi social network, finalizzato ad avvalersi della capacità di quest’ultimo di influenzare le scelte di acquisto dei consumatori (giustappunto chiamato influencer) per promuovere determinati prodotti e/o servizi.
Trattasi in realtà di una pratica commerciale tutt’altro che inedita laddove si consideri che l’associazione ad un certo brand dell’immagine di una persona celebre risale a svariati lustri, se non decadi, addietro. Ne costituiscono un esempio iconico le campagne pubblicitarie di inizi 2000 proposte dall’allora Omnitel (oggi Vodafone) per accattivarsi l’attenzione del pubblico – perlomeno quello eterosessuale maschile – attraverso la presenza della nota top model Megan Gale.
Pertanto, non desterebbero stupore commenti dal tenore “nulla di nuovo sotto il sole” et similia. È indubbio, infatti, che il contratto di influencer marketing afferisca al genus dei contratti di pubblicità e nello specifico ai contratti di sponsorizzazione. Sono contratti atipici a cui l’ordinamento riconosce protezione in quanto funzionali al perseguimento di interessi meritevoli di tutela, ai sensi dell’art. 1322, c.c. Lo schema è quello di un rapporto bilaterale, salvo l’intermediazione di un agente, in virtù del quale un soggetto (sponsee) si obbliga, in cambio di corrispettivo, a spendere la propria immagine per amplificare le vendite dei prodotti/servizi provenienti da una certa impresa, normalmente coincidente con la controparte contrattuale (sponsor).
Restando ferma la natura di contratto oneroso a prestazioni corrispettive, nell’ambito dell’influencer marketing gli obblighi a carico dell’influencer assumono forme in parte diverse rispetto a quelle contemplate nei tradizionali contratti di sponsorizzazione alla luce dell’evoluzione delle modalità di raggiungimento dei potenziali consumatori. Agli scatti fotografici sui cartelloni pubblicitari e agli spot televisivi raffiguranti lo sponsee in qualche modo collegato al prodotto/servizio che si intende pubblicizzare si sostituiscono i post, le storie, i reel, i TikTok e molti altri contenuti digitali che occorre regolamentare nel dettaglio, anche al fine di evitare interferenze di altri competitors.
I profili anticoncorrenziali
Tra le clausole maggiormente ricorrenti nei contratti di sponsorizzazione figura quella di esclusività o non concorrenza. Questa clausola può assumere due direzioni:
- rivolgersi allo sponsee, disciplinando la possibilità che quest’ultimo promuova prodotti e/o servizi concorrenti;
- indirizzarsi allo sponsor, regolando la possibilità di avvalersi o meno di una pluralità di sponsorizzati.
Nel primo caso, quello più frequente[2], all’obbligo di facere relativo alla realizzazione e diffusione del contenuto promozionale si aggiunge un obbligo di non facere volto ad impedire per un periodo prestabilito che lo sponsorizzato inneggi l’acquisto di prodotti/servizi che, per affinità merceologiche e geografiche, si pongono in rapporto di rivalità con quelli offerti dallo sponsorizzante.
La ratio di una tale clausola risiede intuitivamente nell’efficacia della strategia commerciale che sarebbe giocoforza annacquata laddove la stessa persona mostri contemporaneamente supporto verso due prodotti o servizi concorrenti tra loro.
Calando questa logica nel contratto di influencer marketing pare ragionevole prevedere in via contrattuale un divieto gravante sull’influencer riguardante la pubblicazione di contenuti che promuovono beni offerti da impresi rivali. La persuasività del messaggio sarebbe infatti compromessa se, ad esempio, all’interno di storie valorizzanti le qualità di capi di abbigliamento di un determinato marchio fossero visibili sullo sfondo valigie o altri prodotti palesemente appartenenti ad altre case di moda. In tal caso, il consumatore potrebbe essere – più o meno inconsciamente – indotto verso l’acquisto di prodotti concorrenti.
Di maggiore gravità è l’ipotesi in cui l’influencer, nel corso della medesima giornata, carichi contenuti che amplificano la conoscenza di prodotti/servizi in rapporto di rivalità. È agevolmente comprensibile che al maggior numero di imprese concorrenti sponsorizzate corrisponde una riduzione della capacità persuasiva dei singoli messaggi pubblicitari.
Viceversa, potrebbe essere di interesse per l’influencer rappresentare l’unico frontman per la promozione di un certo prodotto o servizio. Non è inverosimile che persone di particolare fama siano ben restie a condividere la campagna promozionale di un determinato brand con artisti concorrenti – o semplicemente di cui non nutrono particolare simpatia – oppure con personaggi meno popolari. Così, si potrebbe ipotizzare che Sarah Jessica Parker voglia essere l’unica testimonial della borsa “Baguette” creata da Fendi, non lasciando spazio, ad esempio, alla sua collega Kim Cattrall con cui pare non scorrere buon sangue a dispetto dell’invidiabile amicizia raccontata nelle storie di “Sex And The City”.
I possibili rimedi
È quindi consigliabile prevenire in fase contrattuale i rischi concorrenziali prefigurabili nell’ambito del contratto di influencer marketing. In via generale, le parti sono libere di colorare il contenuto dell’obbligo di non concorrenza sulla base delle loro peculiari esigenze. Tuttavia, per questo particolare aspetto l’autonomia privata incontra i limiti enucleati all’art. 2596 c.c.: la validità è subordinata all’individuazione di una determina area geografica e merceologica e in ogni caso il divieto non può eccedere la durata di cinque anni. È inoltre richiesta la forma scritta ad probationem.
Ne consegue che laddove si voglia far ricadere l’obbligo sullo sponsee è possibile immaginare una clausola di questo tipo: “In forza dell’esclusiva concessa alla Società dall’Artista, lo stesso non potrà, per il periodo di Durata del presente Contratto concludere accordi (e/o eseguirne di precedentemente conclusi) che abbiano ad oggetto la promozione e sponsorizzazione di Prodotti e Servizi analoghi, assimilabili o concorrenti con quelli della Società e dei Marchi”.
Specularmente, qualora il soggetto gravato dall’esclusiva sia lo sponsor può adottarsi un simile wording: “In forza dell’esclusiva concessa all’Artista dalla Società, la stessa non potrà, per il periodo di Durata del presente Contratto concludere accordi (e/o eseguirne di precedentemente conclusi) che abbiano ad oggetto la promozione e sponsorizzazione del Prodotto/Servizio X con altri soggetti, se non previa autorizzazione dell’Artista”.
Note
[1] Influencer Marketing Hub, The State of Influencer Marketing 2023: Benchmark Report, 7 febbraio 2023, reperibile al seguente link: https://influencermarketinghub.com/influencer-marketing-benchmark-report/. Secondo il rapporto, il 67% degli intervistati intende aumentare il budget destinato alle campagne di influencer marketing.
[2] R. Rossotto, Contratti di sponsorizzazione: opportunità giuridiche, in Rivista di arti e diritto on line, I, 2010.