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La pubblicità di Meta viola le norme antitrust? Le pratiche contestate dall’Ue

La Commissione europea contesta a Meta una presunta violazione delle norme antitrust legata alla connessione tra il social ed il servizio di annunci online presente sulla medesima piattaforma. Il punto sulle contestazioni e le indagini

Pubblicato il 22 Dic 2022

Marina Rita Carbone

Consulente privacy

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La pratica attuata da Meta che prevede il collegamento del proprio servizio di annunci online, noto con il nome di Facebook Marketplace, alla piattaforma social Facebook potrebbe violare la normativa antitrust dell’UE, distorcendo la concorrenza nel mercato dell’advertising online.

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Per questo motivo la connessione tra il social ed il servizio di annunci online presente sulla medesima piattaforma è stata contestata dalla Commissione europea che ha informato Meta sul contenuto della sua opinione preliminare con un comunicato ufficiale.

Secondo quanto riportato dalla Commissione, inoltre, Meta potrebbe imporre condizioni commerciali sleali ai propri concorrenti che operano su Facebook Marketplace, al fine di trarne un vantaggio.

Le contestazioni avanzate nei confronti di Meta

Come anticipato in premessa, la Commissione ha avanzato nei confronti di Meta una formale comunicazione di addebito di violazione della normativa antitrust. Trattasi di una fase delle indagini avviate dalla Commissione Europea, tramite la quale la Commissione, a fronte di sospette violazione della normativa antitrust, informa per iscritto le parti interessate degli addebiti sollevati nei loro confronti. A fronte di dette informative, viene concesso alle parti interessate un termine per rendere una risposta scritta e richiedere un’audizione orale nella quale presentare le proprie osservazioni sul caso innanzi ai rappresentanti non soltanto della Commissione ma anche delle Autorità Garanti della concorrenza e dei mercati nazionali.

In via preliminare, la Commissione prende atto della circostanza per cui Meta detiene una posizione dominante sia sul mercato dei social network (estesa sull’intero territorio Europeo), che sui mercati nazionali del c.d. display advertising online sui medesimi social media.

Meta, secondo le indagini sin qui svolte dalla Commissione, avrebbe abusato della posizione dominante in detti mercati in due modi:

  1. In primo luogo, collegando il suo servizio di annunci online Facebook Marketplace con il social network proprietario dominante Facebook. “Ciò significa”, afferma la Commissione, “che gli utenti di Facebook hanno automaticamente accesso a Facebook Marketplace, che lo vogliano o meno”. Per tale ragione, si teme che le piattaforme concorrenti del Marketplace di Facebook possano essere lesi da tale collegamento, in quanto il legame fra le due piattaforme conferirebbe a Facebook Marketplace “un vantaggio sostanziale in termini di distribuzione che i concorrenti non possono eguagliare”. L’abbinamento dei servizi, dunque, conferisce a Facebook un vantaggio nel raggiungimento dei propri clienti, precludendo l’accesso ai servizi concorrenti;
  2. In secondo luogo, imponendo unilateralmente condizioni commerciali sleali ai servizi di annunci online concorrenti che fanno pubblicità su Facebook o Instagram. La Commissione, a tal riguardo, “teme che i termini e le condizioni, che autorizzano Meta a utilizzare i dati relativi agli annunci derivati dai concorrenti a vantaggio di Facebook Marketplace, siano ingiustificati, sproporzionati e non necessari per la fornitura di servizi di pubblicità display online sulle piattaforme di Meta”, in quanto impongono ai concorrenti degli oneri eccessivi, avvantaggiando esclusivamente Facebook Marketplace.

Ove confermate, le pratiche contestate dalla Commissione Europea rappresenterebbero una violazione dell’art. 102 TFUE, che sancisce il divieto generale di abuso di posizione dominante sul mercato, e potrebbero comportare l’adozione di una decisione che impone alla Società il divieto di porre in essere i comportamenti assunti in violazione degli obblighi normativi, oltre ad un’ammenda pari a fino il 10% del fatturato mondiale annuo. Ad ogni modo, l’indagine non è ancora giunta ad una conclusione: non si prevede, infatti, nelal normativa vigente, un termine entro cui la Commissione è chiamata a concludere le indagini antitrust, dipendendo la durata delle stesse, come riportato dalla stessa Commissione all’interno del proprio comunicato, “da una serie di fattori, tra cui la complessità del caso, la misura in cui le imprese interessate cooperano con la Commissione e l’esercizio dei diritti della difesa”.

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Le indagini avviate dalla Commissione Europea

Le indagini sul Marketplace di Meta prendono avvio nel giugno 2021: in detta data, infatti, la Commissione ha avviato un procedimento formale volto all’accertamento della sussistenza di possibili comportamenti anticoncorrenziali da parte di Facebook.

Scopo principale dell’indagine era quello di valutare se Facebook avesse violato le normative sulla libera concorrenza tramite l’utilizzo, in particolare, dei dati pubblicitari raccolti dagli inserzionisti, per poi competere con loro nei mercati in cui Facebook risulta attivo, tra cui gli annunci classificati. Oggetto di indagine, inoltre, era il collegamento tra il servizio di annunci Facebook Marketplace ed il social network.

Il duplice ruolo rivestito dalle grandi piattaforme digitali è già stato più volte analizzato da parte delle autorità antitrust, in particolare europee. Di recente, infatti, la Commissione sarebbe prossima alla conclusione di un accordo con Amazon, per la violazione di pratiche anticoncorrenziali legate all’utilizzo della propria posizione dominante per competere sulla piattaforma di e-commerce proprietaria con i venditori terzi, alterando il normale e fisiologico equilibrio di mercato.

Margrethe Vestager, Vicepresidente esecutiva e Vicepresidente responsabile per la Concorrenza, dichiarava, relativamente all’avvio delle indagini nei confronti di Meta, che “Facebook è utilizzato da quasi 3 miliardi di persone su base mensile e quasi 7 milioni di aziende fanno pubblicità su Facebook in totale. Facebook raccoglie vaste quantità di dati sulle attività degli utenti del suo social network e non solo, consentendogli di rivolgersi a specifici gruppi di clienti. Esamineremo in dettaglio se questi dati conferiscono a Facebook un indebito vantaggio competitivo in particolare nel settore degli annunci online, dove le persone acquistano e vendono beni ogni giorno e dove Facebook compete anche con le aziende da cui raccoglie dati. Nell’odierna economia digitale, i dati non dovrebbero essere utilizzati in modi che distorcono la concorrenza”.

Quando pubblicizzano i loro servizi su Facebook, infatti, le aziende, che competono anche direttamente con Facebook, possono fornire a quest’ultima una serie di dati commercialmente molto preziosi, in quanto legati alle strategie commerciali attuate dalle terze parti che si affidano al servizio di advertising di Facebook. Facebook, dunque, potrebbe utilizzare questi dati per competere con le società che li hanno forniti, attuando un comportamento sleale che andrebbe ad alterare il mercato. In particolare, Facebook potrebbe utilizzare i dati ottenuti dai fornitori concorrenti nell’ambito della loro pubblicità sul social network di Facebook, per aiutare Facebook Marketplace a superarli. Facebook potrebbe, ad esempio, ricevere informazioni precise sulle preferenze degli utenti dalle attività pubblicitarie dei suoi concorrenti e utilizzare tali dati per adattare Facebook Marketplace.

“Ciò vale”, si legge nel comunicato di avvio delle indagini, “in particolare per i fornitori di annunci online, le piattaforme su cui molti consumatori europei acquistano e vendono prodotti. I fornitori di annunci online pubblicizzano i loro servizi sul social network di Facebook. Allo stesso tempo, competono con il servizio di annunci online di Facebook, “Facebook Marketplace””.

Conclusioni

Sebbene l’indagine debba ancora concludersi, quanto sinora affermato dalla Commissione lascia intendere che l’attività di controllo avviata nei confronti di Meta si concluderà presumibilmente nell’irrogazione di una sanzione connessa alla violazione della normativa antitrust: detta eventualità, ad ogni modo, al pari di quanto avvenuto per Amazon, potrebbe non avvenire, decidendo invece Meta di addivenire ad un accordo con la Commissione, impegnandosi a porre rimedio alle condotte ritenute lesiva della normativa.

Abbiamo visto, infatti, come sempre più società del web scelgano di adottare un comportamento cooperativo con le autorità, andando a risolvere, spesso nelle more della conclusione delle indagini, quegli aspetti che potevano costituire una pericolosa alterazione del mercato.

Certamente, la comunicazione di addebito inoltrata a Meta da parte della Commissione Europea rappresenta un’ulteriore conferma dell’intenzione, da parte delle Autorità, di limitare il diffondersi sul web di pratiche anticoncorrenziali: intenzione, peraltro, confermata anche a livello legislativo, con l’adozione del Digital Markets Act, il quale si focalizza sul divieto, da parte delle piattaforme che possiedono i requisiti per essere considerate delle c.d. gatekeeper, di attuare una serie di pratiche anticoncorrenziali tarate sulle specificità del mercato digitale, andando a conferire, parallelamente, alle autorità di controllo i poteri necessari per garantire il rispetto di detti divieti.

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