In un mercato eCommerce sempre più competitivo e complesso, in cui gli shop si trovano ad affrontare sfide come l’aumento dei prezzi e costi di advertising in salita, diventa importante attivare nuovi canali per raggiungere più consumatori. Non solo è fondamentale integrare nuovi strumenti di marketing, ma occorre farlo tenendo anche conto delle evoluzioni in corso e di quelle in arrivo, come la fine – da tempo annunciata e sempre più vicina – dei cookie di terze parti. In questo contesto, un’opportunità è data dall’adozione dei Retail Media Network (RMN), ossia sistemi di advertising creati da retailer – come Walmart, Target e Carrefour – per sponsorizzare e distribuire annunci di brand partner sui propri canali.
Questo fenomeno, avviato un decennio fa da Amazon negli USA e cresciuto oltreoceano soprattutto negli ultimi anni, ha grandi potenzialità di affermazione anche nel mercato europeo, specie in un periodo in cui, se da un lato le aziende sempre meno potranno fare affidamento su dati di terze parti per arrivare al proprio target con annunci rilevanti, dall’altro lato si rafforza la domanda di contenuti personalizzati da parte degli utenti. Mentre società come Facebook e Google, che hanno finora dominato il campo dell’advertising digitale, faticano ad adattarsi ai cambiamenti in corso, una soluzione potrebbe provenire da sistemi come i RMN che possono contare sull’uso di dati di prima parte e che sulla base di questi assicurano esperienze pubblicitarie personalizzate, sfruttando la collaborazione fra eCommerce.
Vediamo dunque a cosa facciamo riferimento quando parliamo di RMN e quali benefici possono portare ai brand alle soglie della rivoluzione post-cookie.
Cosa sono e come funzionano i Retail Media Network
Parlando di Retail Media Network, ci riferiamo a una forma di advertising in cui un retailer mette a disposizione spazi pubblicitari sui propri canali ai brand che fanno parte del proprio network. Questi ultimi hanno così la possibilità di sponsorizzare i propri prodotti sui punti di contatto del retailer, come il sito, l’app o anche tramite email. Lo si potrebbe definire, in un certo senso, “la versione digitale della pubblicità in negozio”[1]: come i clienti in un punto vendita fisico possono trovare annunci di prodotti e offerte di altri shop, così gli utenti sul sito di un retailer possono scoprire prodotti e offerte di altri eCommerce. Gli acquirenti che navigano sul sito web del retailer, ad esempio, possono imbattersi in annunci sulla home page, sulle pagine di categoria o sulle singole schede prodotto. Ciò consente agli advertiser del network di raggiungere i consumatori e mostrare i propri prodotti in diverse fasi del customer journey e, in particolare, in prossimità del point of sale, nel momento in cui sono già in “modalità shopping”.
Come spiega McKinsey, i Retail Media Network rientrano nella categoria dei “Commerce Media” la quale “ha le sue radici nell’affiliate advertising – partnership in cui i publisher connettono i propri contenuti a opportunità commerciali per fornire un’esperienza migliore ai consumatori”[2]. In effetti, i RMN funzionano in maniera molto simile ai network di affiliazione fra eCommerce, in cui, tramite l’uso di particolari piattaforme, uno shop online (publisher) può promuovere prodotti e offerte di altri shop (advertiser), i quali accrescono così lead e/o conversioni.
Un altro marketing (post-cookies) è possibile: strategie e contenuti per gli eCommerce
Quanto alle tipologie di RMN, si può trattare di network di grosse realtà del retail con diverse categorie merceologiche, come nel caso di Amazon (Amazon Ads) e Walmart (Walmart Connect), oppure network di retailer più verticali su particolari categorie, come nel caso di Macy’s (Macy’s Media Network). Ci sono poi retailer che, non avendo gli strumenti e le dimensioni per creare un proprio RMN, si affidano ai cosiddetti “Connected Retail Media Network”, ossia piattaforme che aggregano diversi retailer mettendoli in comunicazione e facilitando le partnership con i brand (una di queste è ad esempio Criteo Retail Media Platform)[3].
Secondo McKinsey, quello dei Commerce Media e, nello specifico, dei RMN è un trend in forte crescita. Parliamo di un mercato che nel 2021 ha raggiunto oltre 30 miliardi di dollari solo negli Stati Uniti[4]. È sempre McKinsey, ad ogni modo, a suggerire come i RMN abbiano oggi potenzialità di espansione anche nel mercato EMEA e, soprattutto, in quello europeo.
Ma quali sono i punti di forza dei RMN e cosa rende l’uso di questo sistema di advertising così strategico per le aziende ai nostri giorni?
I benefici dei Retail Media Network e perché sono in crescita
Nato nel 2012, quando Amazon ha creato il proprio sistema di advertising con Amazon Ads, il fenomeno si è diffuso negli ultimi anni soprattutto negli USA, con la creazione di analoghe piattaforme da parte di aziende come Walmart, Target e CVS. Come molti altri fenomeni, anche questo ha subito una decisa accelerazione con la pandemia.
Com’è noto, le restrizioni collegate all’emergenza pandemica hanno spinto molte aziende, anche le più tradizionali, ad abbracciare le vendite online, facendo registrare una rapida crescita dell’eCommerce. Con un numero sempre maggiore di consumatori abituati ad acquistare online, da un lato molti retailer fisici hanno attivato il canale eCommerce, entrando in concorrenza con una miriade di shop digitali; dall’altro lato, diversi brand online hanno cominciato a cercare nuovi modi di raggiungere i consumatori, nel tentativo di intercettare nuovi utenti pronti all’acquisto. I RMN, in questo quadro, si pongono come uno strumento capace di aiutare sia i primi a crescere nel mercato delle vendite online, sia i secondi ad accrescere la propria audience.
All’interno dei RMN, si innescano di fatto forme di collaborazione vantaggiose sia per i retailer che per i brand del network.
I retailer acquisiscono una nuova fonte di ricavi, utile per i business che hanno necessità di massimizzare i profitti in un periodo di accresciuta competizione nel mercato eCommerce e di aumento dei prezzi, specie per quei business che soffrono di marginalità già basse. Grazie all’attivazione di un proprio sistema di advertising, i retailer hanno “una significativa opportunità di differenziarsi come media partner”[5], oltre che la possibilità di fornire una migliore Customer Experience ai consumatori, consigliando sui propri touchpoint articoli di altri shop in linea con i loro interessi.
I brand, dal canto loro, acquisiscono nuovi canali di advertising con cui promuovere i propri prodotti sfruttando i punti di contatto offerti dai retailer, che hanno il vantaggio di metterli in connessione con acquirenti prossimi alla fase d’acquisto. Un altro importante beneficio per gli advertiser è dato dal fatto che, tramite i RMN, essi hanno accesso ai dati di prima parte dei retailer, vale a dire dati che i retailer raccolgono tramite interazioni dirette con gli utenti. Grazie ai dati dei retailer, gli advertiser hanno la possibilità di raggiungere utenti in target, senza bisogno di cookie o altri dati di terze parti. Essi possono inoltre ottenere metriche affidabili sulle performance delle proprie campagne, sulla base di cui valutare cosa è più efficace e come distribuire al meglio il budget. Tutto ciò contribuisce a creare campagne di advertising ben ottimizzate, e non a caso il 70% degli advertiser riporta performance migliori e ritorni più alti rispetto agli altri canali[6].
Questo modello si dimostra insomma vantaggioso per tutti i soggetti coinvolti, non solo i retailer. Né è da escludere che altri tipi di business oltre ai retailer lo possano fare proprio. “In futuro, non saranno solo i retailer a raccogliere i benefici portati da queste nuove piattaforme. Possiamo realisticamente aspettarci di vedere altri settori (come quello dei viaggi, dei servizi farmaceutici o dei servizi finanziari) creare modelli di business basati su questi media”[7].
L’advertising e i dati di prima parte nell’era post-cookie
Tra i principali punti di forza dei RMN, come anticipato, c’è il fatto che si tratta di un modello che si basa sui dati di prima parte, acquisiti direttamente dal retailer e su cui questo ha diretta proprietà, a differenza di dati come i cookie di terze parti. Questo tipo di dati costituisce oggi più che mai una risorsa preziosa, dal momento che ci avviciniamo al superamento dei cookie di terze parti.
Disabilitati già da tempo da Apple, i cookie di terze parti vanno infatti incontro al loro definitivo abbandono anche da parte di Google su Chrome, annunciato dapprima per il 2022 e poi rinviato più volte, fino alla recente dichiarazione che ne prevede la sospensione nel 2024[8] (segno della difficoltà che anche il gigante tech ha con l’adozione di un sistema che non si basi su di essi). Con la fine imminente di questa tipologia di dati, finora vitale per gli advertiser per la creazione di annunci con cui raggiungere utenti in target, i marketer sono alla ricerca di strumenti di advertising alternativi, in preda a mille dubbi. Stando a una ricerca di Epsilon e Phronesis Partners, meno della metà dei professionisti del marketing sente di essere preparata al cambiamento e più della metà teme che senza cookie di terze parti i consumatori avranno un’esperienza pubblicitaria meno personalizzata[9]. La personalizzazione è in effetti un fattore cruciale a cui gli advertiser non sono disposti a rinunciare, considerando che il 91% dei consumatori è più propenso ad acquistare da aziende che forniscono offerte e consigli personalizzati[10].
In uno scenario del genere, in cui si fa urgente la ricerca di fonti di dati alternative ai cookie di terze parti, le aziende che possiedono i dati di prima parte (o anche dati zero-party, ossia quelli forniti volontariamente e con consenso esplicito dagli utenti) siedono su una miniera d’oro, in quanto dispongono di informazioni “di prima mano” che gli utenti lasciano nelle interazioni su vari touchpoint di proprietà dell’azienda. Di qui l’importanza strategica per i retailer di capitalizzare questi dati, raccolti ad esempio tramite programmi fedeltà; e di qui, inoltre, l’importanza per i brand di affidarsi a soluzioni di advertising, come i RMN, grazie a cui possono accedere a questo tipo di informazioni di cui il retailer è in possesso, per arrivare a un’audience più ampia con contenuti di marketing rilevanti e personalizzati.
Il passaggio a un advertising basato sui dati di prima parte diventa ancora più opportuno considerando, oltre alla rivoluzione post-cookie, la direzione anti-tracciamento e più in generale orientata alla tutela della privacy degli utenti che il marketing digitale ha preso negli ultimi anni, come dimostrano misure come la modifica alla privacy introdotta da Apple con iOS 14.5 – già costata 10 miliardi di dollari a Facebook, YouTube, Twitter e Snap[11] – o anche il provvedimento preso dal Garante della Privacy italiano[12] contro il trasferimento di dati personali dei cittadini europei verso gli USA legato al funzionamento di Google Analytics 3, al fine di garantire il rispetto delle normative UE. (Si noti, per inciso, che tra i motivi per cui McKinsey afferma che ci sono forti prospettive di crescita nel mercato europeo per i RMN e il suo modello di advertising basato sui dati di prima parte, c’è proprio la regolamentazione sempre più stringente a favore della privacy che da noi si fa strada[13].)
È chiaro, in breve, che è in corso una profonda ristrutturazione del mondo del Digital Marketing, che va nella direzione di una maggiore trasparenza e una maggiore protezione dei dati personali, in risposta a un’esigenza e una sensibilità sempre più forti da parte dei consumatori (è l’86% a chiedere più trasparenza nell’utilizzo delle proprie informazioni personali, di cui il 61% sente di aver perso il controllo[14]). E agli sconvolgimenti prodotti da questa trasformazione non sfuggono nemmeno colossi come Google e Facebook, che sono costretti ad adattarsi ai cambiamenti in corso. È Google stesso ad affermare: “Se il digital advertising non si evolverà per far fronte alle crescenti preoccupazioni che le persone hanno riguardo la loro privacy e l’uso della loro identità personale, il futuro del web libero e aperto sarà a rischio”[15].
È certo evidente che, per porsi come una valida alternativa, sistemi come i RMN hanno bisogno anch’essi di operare in maniera trasparente e nel pieno rispetto della privacy degli utenti. Anche i RMN, del resto, non sono esenti da potenziali criticità da questo punto di vista: vedere messaggi sui canali dei retailer che promuovono altri shop potrebbe in effetti far pensare agli utenti che i loro dati siano venduti a terze parti senza che ne siano consapevoli o esprimano consenso. I RMN, tuttavia, sono a ben guardare perfettamente compatibili con la privacy e la protezione dei dati personali, a patto che – stando a Forbes – le aziende assicurino agli utenti: 1) completo controllo di quali dati possono essere condivisi, 2) consapevolezza di come la loro esperienza d’acquisto venga migliorata, 3) trasparenza su come i dati verranno protetti e 4) decisione su quanto spesso essi vogliono ricevere messaggi e comunicazioni promozionali[16].
Conclusioni
L’advertising sta attraversando un periodo di profondo mutamento. Se da una parte la crescita dell’eCommerce, anche in fase post-pandemica, continua ad aprire occasioni di guadagno nel mercato del commercio digitale, dall’altra parte questo mercato si fa sempre più competitivo e per gli shop diventa più complesso acquisire nuovi utenti. Le trasformazioni del marketing digitale, con la svolta anti-tracciamento e le misure a tutela della privacy dei consumatori, non fanno che complicare questo quadro, rendendo meno efficaci e più costosi gli strumenti di advertising tradizionali.
In questo contesto, si fa urgente la necessità di introdurre nuove strategie e nuovi canali per raggiungere i consumatori online, anche in virtù di quell’approccio omnicanale che oggi è così decisivo per le aziende che puntino a fornire una Customer Experience di valore su diversi punti di contatto. Nella scelta dei canali da attivare, un ruolo di primo piano lo hanno quei canali che consentono di affrontare con maggiore prontezza i cambiamenti in corso, che ci conducono verso un marketing senza cookie di terze parti e sempre più basato sull’uso dei dati di prima parte.
È qui che il ricorso a sistemi come i RMN o anche l’Affiliate Marketing, che sfruttano la costruzione di un network e la collaborazione fra shop per creare occasioni di marketing, diventa un’opportunità per le aziende alla ricerca di nuovi canali di advertising, con cui massimizzare i guadagni e accrescere la propria audience facendo a meno dei cookie di terze parti. Questo però soltanto nella misura in cui il loro impiego si accompagni a totale trasparenza e correttezza nel trattamento dei dati personali, a cui le persone oggi attribuiscono grande valore. Bisogna prendere atto che con la rivoluzione post-cookie avviata andiamo incontro a un’era in cui più che mai sarà necessario ascoltare le persone e porle alla base di ogni strategia di marketing: un marketing davvero “people-based” non può esistere se, oltre a trattare dati personali, le aziende non si prendono cura e rispondono ai bisogni delle persone.
Note
- “Retail media advertising: How ecommerce is becoming AdTech’s next frontier”, Xenoss, 2022. ↑
- “Commerce media: The new force transforming advertising”, McKinsey & Company, 2022. ↑
- “Retail media advertising: How ecommerce is becoming AdTech’s next frontier”, Xenoss, 2022. ↑
- “Opportunities for e-commerce success in Europe: Retail media networks”, McKinsey & Company, 2022. ↑
- “Commerce media: The new force transforming advertising”, McKinsey & Company, 2022. ↑
- Ibidem. ↑
- “Retail Media: la nuova frontiera della pubblicità”, Engage, 2022. ↑
- “Expanding testing for the Privacy Sandbox for the Web”, The Keyword, 2022. ↑
- “Epsilon Study Finds Marketers Disappointed, Frustrated and Overwhelmed Ahead of Third-Party Cookie Deprecation”, Epsilon, 2020. ↑
- “Personalization Pulse Check”, Accenture, 2018. ↑
- “Snap, Facebook, Twitter and YouTube lose nearly $10bn after iPhone privacy changes”, Financial Times, 2021. ↑
- “Google: Garante privacy stop all’uso degli Analytics. Dati trasferiti negli Usa senza adeguate garanzie”, Garante per la protezione dei dati personali, 2022. ↑
- “Opportunities for e-commerce success in Europe: Retail media networks”, McKinsey & Company, 2022. ↑
- “State of the Connected Customer”, Salesforce, 2020. ↑
- “Charting a course towards a more privacy-first web”, Google Ads & Commerce Blog, 2021. ↑
- “We Can Have Retail Media Networks And Privacy: 4 Principles”, Forbes, 2021. ↑