Sono più di dieci anni, dal lontano 2012, che l’azienda tecnologica cinese Huawei subisce attacchi da parte degli Stati Uniti per frenarne la crescita.
Le sanzioni americane contro Huawei
Dalle accuse di spionaggio verso Huawei, all’incriminazione del direttore finanziario e della figlia del suo fondatore, Ren Zhengfei, nel 2018, per violazione delle sanzioni sull’Iran, fino a una guerra totale, dal 2020, con l’impedimento alla maggior parte delle aziende americane di collaborare con Huawei, così come alle aziende straniere di venderle chip o altri dispositivi che utilizzano tecnologia americana.
La mancanza di chip che ne è derivata ha portato Huawei a vendere il suo principale marchio di smartphone e a causa anche dell’esclusione dai contratti 5G di più di una dozzina di Paesi ricchi i ricavi sono crollati del 30% del 2021 e gli utili netti, l’anno successivo, diminuiti del 70%. In più, lo scorso maggio, le autorità di regolamentazione hanno revocato un permesso speciale che consentiva a Intel e Qualcomm, due gruppi tecnologici americani, di vendere chip Huawei per computer portatili.
Nonostante ciò, lo sviluppo di Huawei non ha subito battute d’arresto, anzi, nel primo trimestre del 2024 è stato registrato un aumento degli utili netti del 564% rispetto al 2023, fino a 2,7 miliardi di dollari. Nel frattempo, Huawei è rientrata nel mercato dei telefoni cellulari e ha ripreso a vendere, grazie in parte alla sostituzione della tecnologia straniera con componentistica e programmi nazionali, favorendo così anche una minore vulnerabilità da parte degli USA.
Storia ed evoluzione di Huawei
Ren Zhengfei, ex militare e ingegnere di formazione, ha fondato Huawei, nome che rappresenta una contrazione della frase “China has promise”, nella città di Shenzhen nel 1987 e ha iniziato importando apparecchiature di telecomunicazione straniere da vendere ai clienti cinesi. Nel 2020 è riuscito a far diventare la sua creatura il più grande produttore di smartphone al mondo e il principale fornitore di apparecchiature per reti mobile, con una quota di mercato del 30%.
Il fatturato del colosso cinese nel 2024 ha raggiunto 100 miliardi di dollari, il doppio di quello dell’azienda tecnologica americana Oracle e se è grande la metà di Samsung, la supera in ricerca e sviluppo con un budget di 23 miliardi di dollari nel 2023, in quarta posizione dopo Alphabet (società madre di Google), Amazon, Apple e Microsoft. I profitti 2023, 12,3 miliardi di dollari, sono paragonabili a quelli di Cisco Systems e superano abbondantemente quelli di Ericsson e Nokia.
In merito al core business aziendale, resta centrale la produzione di apparecchiature di rete per le telecomunicazioni, settore che negli ultimi anni ha anche formato team di ingegneri che si occupano di progetti di consulenza, entrando in competizione con aziende come Siemens e Honeywell, e la produzione di dispositivi 5G, come smartphone di lusso, ma anche smartwatch, televisori e sistemi per veicoli elettrici cinesi (EVS), campo che ha portato un aumento del fatturato del 2023 del 17% circa, soprattutto grazie agli smartphone di ultima generazione. Senza dimenticare l’unità di cloud computing, che porta quasi un decimo del fatturato, e il settore energetico, che comprende reti di ricarica EV e inverter fotovoltaici.
Gli effetti delle sanzioni USA
Huawei, nella sua evidente ascesa a livello mondiale in campo tecnologico, ha comunque subito ripercussioni dalle sanzioni americane, partendo dall’aver dovuto concentrare le sue attività in Cina, riducendo quindi a un terzo del totale, rispetto al 2017, le vendite all’estero, all’aver dovuto focalizzarsi sul campo dell’innovazione, con un numero di dipendenti pari a 114.000 circa dedicati a ricerca e sviluppo.
Se da una parte, di fronte alle sanzioni USA, Huawei si è vista costretta a sostituire la proprietà intellettuale americana nei suoi prodotti e sistemi interni, con ingenti investimenti che ne sono conseguiti e che sono stati destinati ad altri settori, dall’altra questa situazione ha accelerato lo sviluppo della proprietà intellettuale del colosso cinese, portando a nuovi business, che ne hanno favorito la crescita.
Hubble: l’unità di investimento di Huawei
Altra risposta alle sanzioni USA da parte di Huawei è stata la creazione di un’unità di investimento, chiamata Hubble, la cui strategia è stata quella di assumere piccole partecipazioni in decine di fornitori che lavorano su tecnologie che potrebbero contribuire a ridurre la dipendenza di Huawei dai fornitori stranieri. Si sta vedendo già qualche effetto sui mercati globali, ad esempio nel caso dei chip in carburo di silicio, utilizzati soprattutto nei sistemi EVS e di energia green. Hubble ha investito in quattro aziende cinesi che producono materiali per questi chip, che rappresentano il costo maggiore nella produzione.
Huawei e l’indipendenza software: il caso Harmony
Le sanzioni americane, dal livello hardware, sono passate nel 2019 a interessare anche il livello software, con il divieto di vendita da parte delle aziende americane a Huawei, costringendo quest’ultima a sviluppare dei prodotti propri. È successo con Metaerp, sistema di gestione che Huawei ha dovuto creare, non avendo più a disposizione quello dell’azienda americana Oracle, così come è successo con Harmony, il sistema operativo che Huawei sta sviluppando dal 2012 inizialmente per gli smartwatch e altri gadget, non avendo avuto più accesso al sistema Android di Google e quindi alla miriade di applicazioni correlate, e poi anche agli smartphone. Il grande successo dei nuovi modelli Huawei ha portato addirittura gli sviluppatori a creare più app compatibili con Harmony e questo stesso sistema operativo è stato realizzato con codice Android open-source per consentire l’utilizzo anche di app Android. Giusto per rendere l’idea, parliamo di 700 milioni di utenti e 2,2 milioni di sviluppatori. La prossima versione di Harmony dovrebbe eliminare tutto il codice legato ad Android, causando l’impossibilità di utilizzo delle sue app sui telefoni Huawei, ma sancendo l’inizio della totale autonomia dell’azienda cinese dall’Occidente