Il 22 dicembre 2021 il premier francese e italiano, Emmanuel Macron e Mario Draghi hanno pubblicato sul Financial Times un articolo a firma congiunta col quale hanno affermato che la UE e gli Stati che ne fanno parte hanno bisogno di più spazio di manovra e di margini sufficienti di spesa per prepararsi al futuro e garantire la loro pirena sovranità. Di qui la sottolineatura, particolarmente importante, della necessità di riformare le regole dello bilancio della UE in modo da promuovere la crescita economica.
Un obbiettivo, questo, condiviso, secondo quanto ha fatto sapere l’Eliseo, anche dal nuovo cancelliere tedesco Scholz, non a caso sentito da entrambi i leader francese e italiano prima di scrivere l’articolo a doppia firma.
La presidenza francese dell’UE nodo di svolta per l’Europa digitale
L’articolo peraltro ribadisce che sia la UE che gli Stati membri devono abbassare i loro livelli di indebitamento ma la strada per farlo non è più individuata nel contenimento della spesa (e tanto meno della spesa sociale) o nell’aumento delle tasse e aggiustamenti fiscali non praticabili.
Una buona risposta europea alla pandemia
La UE – secondo Draghi e Macron – ha fatto bene nell’affrontare la crisi economica legata alla pandemia, anzi, la risposta data ha dimostrato l’importanza di agire in modo tempestivo, anche puntando su un coordinamento delle politiche tra Paesi e istituzioni. I Governi nazionali hanno erogato quasi 1.800 miliardi di aiuti alle famiglie e alle imprese mentre la Banca centrale Europea ha sostento, con ampi stimoli monetari, il credito. La Commissione UE ha sospeso le regole di bilancio e ha promosso il programma Next Generation UE che impegna 750 miliardi di euro per finanziare investimenti e riforme.
Le due sfide
Anche tenendo conto di questo quadro i due leader affermano che è giunta l’ora di affrontare le grandi sfide a lungo termine che la UE ha davanti a sé tra le quali la crisi climatica e il continuo sviluppo della biodiversità sono al primo posto.
Sottolineano inoltre che anche nelle nuova epoca digitale, anzi si potrebbe dire a maggior ragione, le tensioni geopolitiche e militari che caratterizzano i rapporti tra i tre grandi ecosistemi globali (USA, Cina e UE) stanno aumentando mentre il passaggio alla nuova fase digitale, legato anche alla pandemia, sta acuendo le diseguaglianze e creando nuove divisioni. Inoltre i cambiamenti demografici stanno modificano costantemente la struttura delle nostre società.
Sono queste, aggiungo i due, tematiche sulla quali è necessario e urgente che la UE agisca con rapidità, anche prendendo ad esempio quanto fatto in questi ultimi anni in Francia e in Italia.
Occorrono infatti, dicono i due autori, grandi investimenti su larga scala nella ricerca, nelle infrastrutture sia of line che on line, nella digitalizzazione e nelle reti di trasmissione e la loro interoperabilità, sia, infine, nella difesa.
Riformare le regole di bilancio in UE
È per queste ragioni e tendono conto di queste necessità vitali che devono esser riformate le regole di bilancio della UE. Per questo va preda massimamente sul serio la consultazione già lanciata dalla Commissione sul futuro delle regole di bilancio della UE. Sono necessari maggiori spazi di manovra e maggiori margini di spesa, anche nella prospettiva di garantire la piena sovranità della UE. Le regole di bilancio, una volta riviste, dovranno sostenere questo sforzo tenendo in considerazione che questo tipo di spese concorre a favorire la sostenibilità d el debito nel lungo periodo.
Aggiungono ancora che la ripresa promette di tornare ai livelli pre-crisi nei prossimi mesi e anche le finanze europee si sono stabilizzate facendo registrare la possibilità che il rapporto debito-Pil nei Paesi UE possa scendere nel 2022.
È dunque il momento di avviare la discussione nella UE su un nuovo modello di bilancio e, insieme, sulla strategia che la UE dovrà seguire nei prossimi dieci anni.
Saranno le decisioni sulla strategia UE dei prossimi dieci anni che indicheranno poi la strada da prendere per la riforma delle regole sul bilancio.
L’articolo di Draghi e Macron assume moltissima importanza perché scritto e pubblicato a meno di venti giorni dall’inizio delle presidenza francese della UE e dunque costituisce anche una parte importante del programma che questa Presidenza intende promuovere.
Inoltre si tratta di un articolo importante perché, dopo la sottoscrizione del Trattato italo-francese del Quirinale e gli incontri dei due Autori col Cancelliere Scholz costituisce un rilancio della strategia già presente nel Trattato di Aquisgrana sottoscritto da Macron e dall’allora Cancelliera Merkel ad Aquisgrana il 22 gennaio del 2019. Trattato quest’ultimo che di fatto è stato anche alla base della costituzione e del lancio della Commissione von der Leyen e che conteneva già una strategia per l’Europa più volte richiamata dalla Presidente von der Leyen nei suoi interventi pubblici.
Ora, dopo il cambio di governo tedesco e alla vigilia delle elezioni francesi e di quelle del nuovo Presidente della Repubblica italiano l’iniziativa di Draghi e Macron assume, anche alla luce del Trattato del Quirinale, una importanza strategica per la UE.
L’articolo dice infatti che i due leaders sono pronti, anche col consenso del cancelliere tedesco Sholz a operare insieme per rafforzare e irrobustire la UE, ovviamente anche sulla scia del Trattato di Aquisgrana, alcuni meccanismi del quale, che in quel Trattato regolano i rapporti tra Francia e Germania, sono ripresi anche nel Trattato del Quirinale per regolare i rapporti tra Italia e Francia.
Dunque il quadro complessivo che emerge da queste iniziative è nel senso di rafforzare la UE anche per dare basi più solide alla sfida della UE nella competizione digitale a livello globale.
Pur senza che l’articolo richiami su questo il programma della Presidente von der Leyen è chiaro che dietro l’impegno a definire una nuova strategia e nuove regole di bilancio per la UE c’è anche la volontà di affrontare la sfida per la sovranità digitale europea vi è la stessa prospettiva che emergeva già dal documento programmatico della von der Leyen “A Union that strives for more. My agenda for Europe” presentato dalla Ursula von der Leyen il 16 luglio 2019 quale programma della sua candidatura a Presidente della Commissione per gli anni 2019-2024.
Ovviamente, come l’articolo sottolinea più volte, si tratta di una discussione ancora tutta da fare e di una strategia alla quale occorre che siano date la gambe dagli Stati dell’Unione proprio attraverso la discussione sul futuro dell’Unione già in atto.
Tuttavia sarebbe una grave errore non comprendere che dietro la iniziativa dei due Presidenti vi è molto di più. Non si tratta solo di sostenere e accelerare una riflessione sulle politiche europee per il prossimo decennio. La questione posta è infatti più ampia e importate.
Per capire lo spessore del tema, tuttavia, occorre dare uno sguardo di insieme sulla storia stessa della UE e le vicende che ne hanno caratterizzato il progressivo affermarsi.
Come si è detto molte volte e anche di recente ha ricordato ripetutamente la Presidente von der Leyen, l’Unione Europea è nata prima di tutto per costituire e man mano irrobustire il Mercato Unico come strumento di crescita economica di tutti gli Stati che ne fanno parte e dell’Unione nel suo complesso.
Questo, come si è più volte ricordato anche in questa rivisita, è all’origine stessa del Digital package e cioè del corposo pacchetto di proposte regolatorie per la UE nella Digital Age presentato dalla Commissione ormai due anni fa e che la Presidenza francese intende portare a piena approvazione nel prossimo semestre.
Tuttavia l’articolo dei due leader pubblicato sul Sole 24 ore va oltre questa visone dell’Unione per aprire lo sguardo su una realtà giù da tempo in profondo cambiamento e per cogliere in tal modo meglio cosa sia oggi la UE e cosa potrà essere domani.
Una visione unica digitale
È evidente infatti che ambedue i Presidenti, pur senza dirlo esplicitamente, sono consapevoli che il corposo pacchetto di regole messo a punto dalla Commissione per disciplinare il Mercato Unico anche nella Digital Age, pur costituendo un aspetto essenziale per la UE non basta più a consolidarne e rafforzarne il ruolo anche nella Digital Age.
Dunque, implicitamente, i due Presidenti ci dicono che la UE è anche, ma non può essere più solo o soprattutto, un Mercato Unico sia nella realtà of line che in quella on line.
A ben veder però c’è anche un’altra cosa non meno importante.
È noto a tutti che la UE, soprattutto nell’ultimo decennio, ha poggiato la sua ragion d’essere non più solo sul Mercato Unico ma anche, e in modo molto forte, sulla Moneta Unica e sul Patto di stabilità.
Una base nuova e se possibile ancora più forte del Mercato Unico, limitata nei suoi effetti solo dal fatto che non tutti gli Stati UE hanno aderito all’euro. Tuttavia proprio l’esistenza stessa della Moneta unica ha condotto a poggiare sempre di più la UE anche sul patto di stabilità, rendendo la politica della UE sempre più vincolante e condizionante per gli Stati membri fino a rischiare di raggiungere, in alcuni casi e rispetto ad alcuni Stati, il punto di rottura come è accaduto soprattutto negli anni scorsi durante la precedente crisi economica globale.
Dunque l’articolo dei due Presidenti assume ancora più importanza perché riconosce che la Unione non può poggiare solo sul Mercato Unico e solo sulla moneta unica e il conseguente patto di stabilità ma ha bisogno di nuove regole che poggino su una visione “politica” del futuro che si vuole costruire.
Un salto in vanti molto forte e molto importante che dà un senso speciale all’articolo a doppia firma pubblicato sul Financial Times.
Tuttavia non è solo questo il significato che l’articolo contiene. Vi sono due aspetti molto importanti anche perché in un certo senso “nuovi” a un livello così alto che caratterizzano la prospettive dell’Unione che si delinea.
Il primo aspetto riguarda la necessità di definire una strategia che consenta agli Stati membri e alla stessa Unione per investire di più, soprattutto nei settori tecnologici e di ammodernamento delle tecnologie digitali.
Il secondo spetto riguarda la affermazione che la nuova strategia deve mirare anche (soprattutto) a conseti alla UE di vincere la sfida lanciata al mondo per riacquistare la sua sovranità digitale.
Sono due spetti tra loro strettamente connessi ma anche di grande rilievo.
Letti in modo collegato ci dicono infatti che sia il Presidente Draghi che il Presidente Macron, quest’ultimo anche imminente Presidente della UE, sanno che anche nell’epoca digitale e nella competizione globale dell’economia digitale i problemi legati alla sicurezza hanno una dimensione geopolitica legata al controllo dei territorio, delle gradi vie di comunicazione, anche gitali, e alla sicurezza nazionale e sovranazionale. Del resto sia la crisi che la UE sta registrano alle frontiere della Bielorussia e dell’Ucraina sia la centralità sempre maggiore assunta dalle rete dei cavi sottomarini di comunicazione e da chi li controlla, dicono ogni giorno di più che la UE non può ignorare la geopolitica intesa anche come controllo militare delle proprie frontiere e partecipazione al governo geopolitico del pianeta.
Il ruolo dell’esercito
Dunque anche la UE non può pensare di continuare a lungo a contare sulla difesa NATO come da tempo i Presidente USA le ricordano pur chiedendo però una sempre rinnovata fedeltà dei suoi Stati membri all’alleanza atlantica. Né può pensare di contare ancora a lungo solo sul potere regolatorio e la forza della sua economia per giocare un ruolo reale nella competizione globale nella Digital Age.
Due aspetti questi del resto messi già in luce dalla Presidente von der Leyen che non a caso nel suo discorso sullo Stato dell’Unione letto al Parlamento di Strasburgo il 15 settembre 2021 e intitolato significativamente “Rafforzare l’anima dell’Unione”.
In questo discorso la Presidente ha prospettato chiaramente la necessità di pensare a una forza militare strategica dell’Unione e, allo stesso tempo, anche a cospicui investimenti nelle infrastrutture digitali come investimenti diretti dell’Unione a partire dalla costruzione di un cavo di comunicazione sottomarino dal Brasile alla UE.
Già in quel discorso, insomma, si delineava la consapevolezze che la UE non può competere nella Digital Age solo con la forza della sua regolazione e del suo peso economico nel Mercato globale.
Ora l’articolo dei due Presidenti pubblicato sul Financial Times rafforza quella prospettiva e anche le basi politiche della Commissione nel suo sforzo di competere nella Digital Age.
Dobbiamo prepararci dunque a riflettere su una Unione nella quale la regolazione dell’economia digitale basata sulle nuove norme del Digital Services Act Package vada di pari passo con una forte politica di investimenti e di ammodernamenti delle comunicazioni e dei trattamenti dei dati con tecnologie digitali.
Una sfida alla quale chi in questi anni si è occupato costantemente di regolazione dei trattamenti dei dati nella UE non può non guardare col massimo interesse, anche al di là del GDPR e della tutela dei diritti fondamentali, che restano l’“anima” della UE ma non sono e non saranno mai più il solo punto di azione comune della UE.
Pizzetti: “La nuova era digitale europea ha un problema privacy, bene EDPB-EDPS”