Google ha recentemente annunciato nuovi investimenti in infrastrutture digitali per aumentare la connettività e accelerare la crescita economica in tutta l’Africa. Il progetto più importante del colosso americano è Umoja, un nuovo cavo in fibra ottica che dal Kenya passerà per Uganda, Ruanda, Repubblica Democratica del Congo, Zambia, Zimbabwe e Sudafrica, prima di attraversare l’Oceano Indiano e sbarcare in Australia.
I cavi di Google in Africa: Umoja e Equiano
Si tratta della prima arteria digitale tra l’Africa e l’Australia. Umoja, termine che in lingua swahili vuol dire “unità”, farà parte del sistema di infrastrutture più ampio Africa Connect insieme a un altro cavo di Google, Equiano, entrato in funzione nel marzo del 2023.
Equiano è stato il terzo cavo internazionale di piena proprietà di Google e il quattordicesimo cavo sottomarino sul quale ha investito il gigante di Mountain View. Collega la località di Sesimbra in Portogallo con Città del Capo in Sudafrica, con diramazioni principali a Lagos (Nigeria), Lomé (Togo), Swakopmund (Namibia) e Rupert’s bay (Sant’Elena). Prende il nome da Olaudah Equiano, scrittore e abolizionista di origine nigeriana ridotto in schiavitù da ragazzo, e per molti analisti è stato il simbolo di una nuova era di connettività per il continente. Realizzato da Alcatel Submarine Networks, è un’infrastruttura all’avanguardia con 12 coppie di fibre e una capacità di 144 Tbps che garantisce circa 20 volte più capacità di rete rispetto all’ultimo cavo posato in Africa.
I dettagli tecnici del nuovo cavo Umoja non sono ancora stati rivelati, ma senza dubbio rappresenterà un ulteriore balzo in avanti rispetto a Equiano e consentirà ai paesi africani di connettersi in modo più affidabile sia tra loro che con il resto del mondo.
L’importanza di una nuova rotta di connettività per l’Africa
La creazione di una nuova rotta diversa dai percorsi di connettività già esistenti è fondamentale per garantire una rete resiliente in un continente che ancora oggi continua a subire importanti blackout delle proprie comunicazioni. A marzo scorso, ad esempio, massicce interruzioni di Internet sono state segnalate in vari Paesi, con pesanti ripercussioni su imprese, settore finanziario e amministrazioni pubbliche. Il blackout è stato dovuto al guasto di quattro cavi sottomarini situati al largo della costa occidentale: West Africa cable system (Wacs), Africa coast to Europe (Ace), MainOne e Sat3. Un danno che ha colpito in particolare la Costa d’Avorio, ma anche Ghana, Camerun e Nigeria, con oltre 400 milioni persone che hanno avuto gravi problemi di connessione. Un altro episodio si è verificato a metà maggio, quando due cavi sottomarini che collegano Sudafrica e Kenya hanno smesso di funzionare con un conseguente blackout di Internet in diverse aree lungo la costa occidentale. A essere per lo più risparmiati dalle interruzioni in quel caso sono stati gli utenti sudafricani, poiché la maggior parte del traffico Internet del Paese passa attraverso sistemi come Equiano e Wacs, a dimostrazione dell’importanza della ridondanza dei cavi per prevenire il blocco delle comunicazioni.
L’importanza politica di questi progetti
A dare il benvenuto al nuovo progetto Umoja sono stati rappresentanti politici sia del Kenya che dell’Australia. Ma le parole più importanti da registrare sono state quelle di Meg Whitman, ambasciatrice degli Stati Uniti in Kenya: “l’accesso alle tecnologie più recenti, supportate da un’infrastruttura digitale affidabile e resiliente, è fondamentale per far crescere le opportunità economiche. Questo è un momento significativo per il percorso di trasformazione digitale del Kenya e i benefici dell’annuncio di oggi si ripercuoteranno a cascata in tutta la regione”.
L’intervento di una diplomatica dell’amministrazione americana fa capire l’importanza politica di questi progetti, che ormai vanno ben oltre le mere considerazioni commerciali. L’Africa d’altronde presenta opportunità molto interessanti: secondo un rapporto dell’International Finance Corporation, l’economia di Internet nel continente ha il potenziale per crescere fino a 180 miliardi di dollari entro il 2025, il 5,2% del PIL dell’intero continente. Investimenti come Umoja sono fondamentali per sostenere l’atteso sviluppo tecnologico della regione.
La strategia Meta per il potenziamento delle infrastrutture africane
Il potenziamento delle infrastrutture africane non passa solo per i progetti di Google, ma anche per quelli di un altro gigante tech che negli ultimi anni sta puntando molto sul continente: Meta. Nel primo trimestre del 2025 è prevista l’entrata in funzione del cavo 2Africa, finanziato da un consorzio nel quale è presente l’azienda di Mark Zuckerberg. Con i suoi 45mila chilometri, sarà il cavo sottomarino più lungo del mondo, collegando 33 paesi con 46 punti di atterraggio in Africa, Europa e Asia. Le attività per la sua posa proseguono a ritmo serrato e lo scorso febbraio sono state realizzate due landing stations in Nigeria, ad Akwa Ibo e Lagos.
Un’infrastruttura straordinaria che, secondo le stime di Meta, aumenterà l’attività economica africana di 37 miliardi di dollari nei tre anni successivi all’inizio della sua operatività. Per questo progetto Meta ha collaborato con i pesi massimi delle telecomunicazioni del continente. Relazioni che potranno essere sviluppate anche in iniziative future per consolidare la presenza in un’area sulla quale anche altri attori hanno puntato le loro mire commerciali e geopolitiche.
Il ruolo della Cina
Scorrendo la lista delle principali infrastrutture di telecomunicazione realizzate in Africa negli ultimi dieci anni, emerge infatti come in tutti i progetti più grandi siano coinvolte aziende cinesi. Il continente africano è diventato il terreno perfetto per rodare un gioco di squadra che economicamente fa prevalere le imprese cinesi e politicamente i risultati vengono incassati dal governo di Pechino. Costruendo infrastrutture di rete in molti Paesi africani, gli operatori cinesi si sono già posizionati per aggiudicarsi successivi contratti di aggiornamento della rete e per fornire servizi complementari. In Tanzania, ad esempio, China International Telecommunication Construction Corporation, società incaricata di implementare la dorsale nazionale a banda larga, ha realizzato l’infrastruttura di rete per essere compatibile solo con i router Huawei. A questo schema collaudato si aggiunge anche il ruolo chiave delle banche cinesi che non solo finanziano le aziende, ma concedono prestiti alle nazioni interessate a costruire o potenziare le loro reti. Solo in Africa, negli ultimi anni, 24 Paesi hanno ricevuto quasi 5 miliardi di dollari di prestiti per finanziare progetti infrastrutturali di telecomunicazione.
Pechino ha approfittato di un vuoto nella regione lasciato da molti governi occidentali e da varie organizzazioni multilaterali. Nel caso del progetto NICTBB in Tanzania, il governo locale aveva presentato proposte a diverse organizzazioni internazionali, tra le quali anche la Banca Mondiale, ma la Cina è stata l’unico finanziatore disposto a sostenere un’operazione che ha l’obiettivo di migliorare significativamente la connettività nel Paese e nell’intera regione dell’Africa orientale.
Conclusioni
I progetti appena annunciati da Google e quelli già in atto di Meta in Africa possono dunque essere letti anche in chiave geopolitica, come la risposta americana all’abbraccio con il quale il Dragone sta cingendo il continente, anche nel settore delle telecomunicazioni.