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Lavori di grafica su commissione, di chi è il file sorgente? Ecco cosa stabilisce la Cassazione

La Corte di Cassazione chiarisce i dubbi sulla titolarità dei diritti di sfruttamento riferiti ai files sorgente realizzati in occasione di un contratto per la realizzazione di lavori di grafica: ecco quando un’agenzia di comunicazione non è tenuta a trasferirli, assieme ai lavori definitivi o può chiedere un compenso extra

Pubblicato il 17 Ott 2022

Annalisa Spedicato

Avvocato e consulente in IP ICT e Privacy

informatica forense e nanotecnologie

Chi è il titolare dei diritti di sfruttamento dei files informatici sorgente relativi ai lavori di grafica? Il committente o l’agenzia che li ha realizzati? Gli elaborati informatici realizzati per ottenere il lavoro di grafica definitivo possono essere considerati opere d’ingegno? È sufficiente un accordo di committenza affinché il cliente acquisisca tali diritti?

La Corte di Cassazione ha chiarito i dubbi.

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Il caso

Con la sentenza n. 19335/2022, la Cassazione si è pronunciata di recente su un caso che ha visto contrapporsi, da un lato un’agenzia di grafica pubblicitaria, dall’altro, una sua azienda cliente, la quale pretendeva di ricevere dal fornitore, oltre ai files grafici esecutivi, relativi ad immagini di confezioni, foglietti illustrativi e materiale pubblicitario inerente prodotti che la cliente importava e commercializzava, anche la consegna dei files sorgente collegati a tali lavori di grafica realizzati dalla prima su commissione.

Per la consegna di tale ulteriore materiale grafico, l’agenzia pubblicitaria chiedeva un compenso aggiuntivo rispetto a quello pattuito per il lavoro realizzato, mentre a parere dell’azienda cliente, tali files dovevano esserle consegnati gratuitamente, in quanto già rientranti nella sua titolarità, essendo la committente del lavoro di grafica definitivo.

Il caso è stato affrontato dapprima dai giudici di merito che lo hanno risolto pronunciandosi in maniera diametralmente opposta in primo e secondo grado.

Cosa hanno deciso i giudici di merito

I giudici di prime cure hanno ritenuto che l’azienda cliente fosse la titolare esclusiva dei files contesi e hanno condannato l’agenzia pubblicitaria alla loro restituzione in favore della cliente, diversamente, la Corte, in grado di appello, si è pronunciata in senso contrario, dichiarando che gli elaborati informatici, sebbene aventi un grado di creatività modesto, fossero inquadrabili nell’ambito delle opere d’ingegno e come tali, i diritti sugli stessi spettavano, a titolo originario, agli autori che per cederli a terzi potevano legittimamente chiedere un ulteriore compenso.

Trattandosi di lavori informatici, la Corte d’appello ha ritenuto potersi applicare la consueta distinzione tra corpus mysticum (il concept) e corpus mechanicum (la materiale rappresentazione dell’idea) e, richiamando il contratto tra le parti, ha evidenziato come lo stesso si riferisse unicamente ai files esecutivi e non anche ai files di lavorazione dell’agenzia grafica che erano documenti digitali di lavoro sufficientemente creativi (tali da poter essere inquadrati come opere d’ingegno), in cui venivano disposte tutte le istruzioni per giungere all’elaborato finale.

Avverso tale pronuncia, l’azienda cliente ha promosso ricorso in Cassazione, ma i giudici di legittimità hanno confermato le motivazioni addotte dai giudici d’appello.

Legge sul diritto d’autore: perché l’art. 12 non è applicabile al contratto di commissione di opere grafiche

Secondo la Cassazione, al caso di specie non poteva applicarsi l’articolo 12 bis della legge sul diritto d’autore, in base al quale «Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro» e questo perché siffatta disposizione, come evidenziato dai giudici di legittimità, si riferisce, da un lato, alle opere dell’ingegno dei lavoratori subordinati, dall’altro ha ad oggetto programmi per elaboratore o banche di dati ai quali non possono essere assimilati i files sorgente di grafica e nemmeno si possono invocare, in tale circostanza, scrivono i giudici, le norme dettate in materia di contratto di appalto (artt.1655 e 1665 cod.civ.) o di contratto di prestazione d’opera (artt.2222 e 2226 cod.civ.), trattandosi, nel caso di specie, appunto di opera d’ingegno.

Quando il committente acquisisce i diritti di utilizzazione economica di un’opera d’ingegno 

La Corte, nell’esaminanda pronuncia, ha sposato l’orientamento dottrinale riferito all’acquisto a titolo derivativo dei diritti di utilizzazione economica sull’opera dell’ingegno da parte del committente quale effetto del contratto con l’impresa committente medesima, riferendosi ad uno schema concettuale affine a quello regolato dal Codice civile per la vendita di cosa futura ex art. 1472 cod.civ.; come conseguenza di tale interpretazione, va considerato oggetto della prestazione contrattuale, unicamente il file esecutivo, richiesto, elaborato e consegnato e non anche quello sorgente.

Senza patto espresso i diritti sui files informatici sorgente dei lavori di grafica restano in capo all’agenzia che li crea

Pertanto, non essendoci alcuna prova sul fatto che la prestazione a carico dell’agenzia includesse anche l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, e non già, come ritenuto dalla Corte di merito, semplicemente la consegna di files esecutivi che riproducevano le informazioni necessarie per il confezionamento e l’illustrazione dei prodotti della cliente, il servizio reso dall’agenzia deve intendersi concluso e correttamente eseguito con la consegna del corpus mechanicum.

Essendo l’opera d’ingegno contesa, un passaggio seguito dall’appaltatrice per adempiere al contratto e fornire alla cliente i files esecutivi e non facendo espressa menzione il contratto di committenza di tale opera intermedia, ossia dei files sorgente, deve ritenersi che con la consegna dell’elaborato finale, l’agenzia di comunicazione abbia adempiuto esattamente a quanto indicato dal contratto di committenza.

Conclusioni

Concludendo, dunque, per la Cassazione, senza un accordo espresso, un’agenzia di comunicazione non è tenuta a trasferire, assieme ai lavori definitivi, anche i files informatici sorgente connessi ai lavori di grafica, quando tali files sono sufficientemente creativi da poter essere collocati tra le opere d’ingegno; pertanto, se la cessione di tali opere viene richiesta dal cliente e il contratto nulla prevede, l’agenzia può ben chiedere un compenso aggiuntivo; d’altro canto, una volta che le parti si sono accordate sul compenso extra, è opportuno regolare nel dettaglio gli ulteriori aspetti della cessione.

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