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Le mani delle big tech sull’IA: la Francia ha un’alternativa, e l’Italia?



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L’oligopolio delle Big Tech domina il mercato globale dell’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, emergono alternative come l’IA generativa open source, un modello che potrebbe favorire un accesso più democratico alla tecnologia. Il nostro Paese, invece, non sembra pronto per questa sfida

Pubblicato il 21 feb 2024

Simona Romiti

Change agent Senior Advisor in Programmi ed ecosistemi europei



Programma nazionale intelligenza artificiale

I giganti dell’industria digitale, grazie alla loro supremazia finanziaria, sono in grado di guidare e plasmare l’avanzamento anche della tecnologia più rivoluzionaria del secolo: l’intelligenza artificiale. Il loro ruolo nel settore delle GPU e nella formazione degli algoritmi di IA è tanto determinante quanto controverso, con implicazioni che vanno oltre il mero ambito tecnologico per influenzare persino la sovranità statale.

Eppure, nonostante il dominio apparentemente incontrastato delle Big Tech, emergono alternative come quella rappresentata dall’IA generativa open source promossa dal modello francese. Una realtà che pone al centro dell’attenzione la posizione dell’Italia nel contesto internazionale dell’Intelligenza Artificiale, interrogandosi sulla capacità del nostro Paese di competere in un settore dominato dai grandi player mondiali.

Oligopolio tecnologico nell’IA: il dominio delle Big Tech

L’ Alleanza sull’Intelligenza Artificiale del World Economic Forum, nel corso dell’ultimo incontro di Davos, ha sollecitato le istituzioni ad assumere l’impegno di promuovere e sostenere forme di multilateralismo sostenibile e pluralismo proattivo, tali da garantire un accesso equo e sicuro alle applicazioni di Intelligenza Artificiale generativa.

Se da una parte, come evidenziato da Accel Euroscape, nel suo ultimo report, l’IA generativa ha trainato la crescita del mercato tecnologico in termini di innovazione, investimenti e riconoscimento di nuovi unicorni, da un’altra parte si è rafforzata l’opinione che  l’ecosistema dell’IA del mondo occidentale sia dominato dalle Big Tech.

Lo sconfinamento dal dominio tecnologico dei billion e trillion men dell’intelligenza artificiale può essere riscontrato da diversi punti di osservazione: finanziari o di mercato, tecnologici o di rappresentanza.

A gennaio 2024, tra le dieci società più capitalizzate al mondo, le azioni di Apple, Microsoft, Alphabet (Google), Amazon, Ndivia e Meta platforms (Facebook) quotano insieme oltre 14 trilioni di dollari di valore. La supremazia di questo oligopolio tecnologico puro, è stata consolidata con round di investimenti miliardari, da parte degli stessi giganti, verso  start-up e aziende produttrici di modelli di IA generativa, prima fra tutte OpenAI, nata come non profit e divenuta limited profit, il nuovo unicorno Synthesia e Anthropic.

In aggiunta, scorrendo l’analisi verso il market cap gain, si registra come i migliori rendimenti azionari sono stati realizzati da Ndivia, Apple, Alphabet e Microsoft. Da una prima valutazione, viene facile affermare che market cap e market cap gain da soli giustificano la posizione di dominio finanziario assunta dalle big tech nel mercato.  È vero, ma è solo l’effetto.

L’indicatore esplicativo della concentrazione del potere nelle due diligence delle big tech, sta nella loro facoltà di riscontrare, prima degli altri investitori, inclusi i venture capitalists, lo stato di avanzamento della ricerca dei sistemi di IA, la loro traiettoria di sviluppo e i relativi tempi di ingresso sul mercato delle applicazioni finali. Questa convinzione è coerente con altre dinamiche interne all’ecosistema dell’IA, vale a dire la necessità da parte di un universo indefinito di start-up di utilizzare l’infrastrutture proprietarie delle Big tech per addestrare i propri modelli di base, ovvero per vendere e distribuire i propri prodotti di intelligenza artificiale.

I vantaggi competitivi delle Big Tech nell’IA

Delle 260 start up censite dal gruppo di lavoro del Market Monitor generative Ai di S&P Global market, quante dispongono di una infrastruttura proprietaria o open source, GPU a sufficienza? Open AI e Anthropic sono state acquisite, rispettivamente, da Microsoft e Amazon web perché utilizzassero, nel primo caso l’infrastruttura, nel secondo i microprocessori, per addestrare entrambe i propri modelli su larga scala. Altre start-up, con minore eco sulle cronache, si appoggiano sulle infrastrutture delle big tech per vendere i propri prodotti e servizi di IA.

Anche il mercato delle GPU – unità di eleborazione grafica – è popolato da pochi player, il primato competitivo è di Ndivia, mentre imprese come Advanced Micro Device e Intel  possono essere interdipendenti sulla parte di domanda su cui fare affidamento.

La corsa all’accaparramento delle GPU 

La corsa all’accaparramento del maggior numero di GPU, per addestrare i propri algoritmi di intelligenza artificiale generativa, è funzionale alla creazione di sottomodelli di IA generativa o primi modelli di IA generale, tipo interfacce conversazionali, da implementare per esempio in Co-BOT o Software di IA aumentata, abili nel catturare la fiducia del proprio utente finale. Questi sistemi di IA richiedono  l’intersezione tra generazione contestuale di immagine e testo, video e audio.

Difatti, l’acquisto di 350 mila GPU da parte di Zuckerberg, da una parte spinge il confine della IA generativa verso l’IA generale, da un’altra amplia il vantaggio comparato, rispetto ad altri player, nell’addestrare il proprio modello di IA con sviluppatori, ricercatori e talent scout provenienti da tutti il mondo. Una piattaforma di AI che ospita test e training formativi degli algoritmi in modalità aperta. Vedremo quanto open source.

Sul fronte della rappresentanza, è mia convinzione che la concentrazione di potere ha accelerato il superamento della definizione ideale di Stato sovrano. Cives come Elon Musk  o Sam Altman partecipano a pieno titolo  ai consessi dove si costruiscono le agende politiche globali; Polites come ChatGPT, Bard, stanno influenzando lo spazio semantico delle meta-nazioni digitali.

Tutte le big tech hanno all’interno della propria holding Think Tank o Fondazioni, organizzazioni non profit che convogliano all’interno dello stesso ambiente, academy e imprese, associazioni del terzo settore e investitori della Silicon Valley.

L’open source: il modello francese

L’alternativa a questa concentrazione è offerta proprio dall’IA generativa open source. Il governo francese è stato tra i primi a sostenere il pluralismo e a promuovere un modello di concorrenza quasi perfetto. Il presidente Macron è convinto che non può esserci una innovazione tecnologica responsabile senza neutralità dell’intelligenza artificiale generativa senza neutralità delle infrastrutture. 

Coerentemente con questa posizione, la Francia ha attivato un fondo di 500 milioni di euro per attrarre talenti in IA generativa; ha sostenuto la crescita di Mistral AI e la nascita di Kyutai Lab.  Mistral AI è specializzata nello sviluppo di modelli linguistici di grandi dimensioni e si propone come piattaforma aperta per verticalizzare l’IA in diversi settori d’uso, utilizza un modello di cooperazione tanto dirompente da riuscire a raccogliere, nel solo mese di ottobre, 385 milioni di euro di finanziamento.  

Kyutai è il primo laboratorio europeo di ricerca aperta in intelligenza artificiale, focalizzato sullo sviluppo di grandi modelli multimodali che utilizzano testi, immagini, video e codici aperti per rendere l’algoritmo più trasparente e capace. Il modello francese presenta diversi punti di forza, primo fra tutti, l’autonomia energetica, assicurata dallo Stato, indispensabile, per addestrare modelli di intelligenza artificiale energivori; Kyutai, dal suo canto, ha l’ambizione di mettere in campo due dei principali vettori dell’IA, la massa critica di competenze necessarie e la disponibilità degli ambienti-fields- per sviluppare i modelli di IA.

La terza via dell’Italia

L’Italia non si è ancora definita nell’individuazione di un proprio modello di mercato di intelligenza artificiale.  Fattori come un pluralismo disarticolato di start up, scarsità di investimenti – pubblici e privati – e carenza di competenze, hanno determinato un ecosistema di IA made in Italy poco competitivo

Gli asset su cui può contare non sono molti: il Super Computer Leonardo e l’iniziativa “large AI grand challenge” promossa dal Consorzio CINECA,  sono il primo segnale sostanziale di apertura alle start up e alle imprese per testare modelli linguistici su larga scala, su una infrastruttura capace di ospitare supercalcoli, con almeno 30 miliardi di parametri.

Nel 2024, il  super Computer avrà un upgrade della capacità di calcolo -100 Pflops -tale da consentire  la verticalizzazioni in casi di uso dei modelli di intelligenza artificiale. Sempre il 2024, Cineca darà il via a un Hackaton in una programmazione condivisa tra team e coach per perfomare codici su GPU.

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