lo studio

Pmi alla prova del Covid: come innovare i business model col digitale

La fotografia scattata dallo studio “Le strategie delle PMI nello scenario Covid-19” ci restituisce un quadro positivo e promettente. Vediamo quali sono stati gli effetti della pandemia sulle strategie delle piccole e medie imprese italiane e perché si può essere ottimisti

Pubblicato il 05 Lug 2021

Eleonora Di Maria

docente di Economia e gestione delle imprese - Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali, Università degli studi Padova

temporary management

La pandemia ha messo le imprese di fronte a delle sfide rilevanti, comprimendo le catene di fornitura e l’organizzazione della produzione, ma soprattutto dal punto di vista dei rapporti con clienti, vicini e lontani. È stata data particolare attenzione alle potenzialità di connessione delle tecnologie digitali, in grado di sostenere nuovi modi di lavorare e di vendere.

Alle piccole e medie imprese (PMI) è stata da sempre riconosciuta una forte flessibilità e capacità di adattamento rispetto ai cambiamenti dello scenario competitivo, in grado di gestire in modo interattivo il proprio mercato, in tutti i comparti del Made in Italy. Tuttavia, sono anche imprese a cui spesso viene assegnata una maggiore difficoltà di proiettarsi verso sentieri di investimento digitale e di rivisitazione dei propri processi sfruttando le tecnologie dell’industria 4.0.

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PMI e Covid: lo studio

Per questo motivo è importante capire nel dettaglio come si sono comportate le PMI durante la pandemia per valutare la gestione delle sfide emerse dalla crisi e soprattutto per comprendere i percorsi di risposta e di sviluppo futuro. L’universo delle PMI è ampio e molto differenziato al suo interno, con punte di innovazione e di successo che anche prima della crisi ha visto – al di là della dimensione – la strategia e la visione imprenditoriale come un fattore distintivo.

Tra settembre ed ottobre del 2020 abbiamo condotto uno studio come Laboratorio Manifattura Digitale – Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Padova (con Marco Bettiol e Mauro Capestro) e Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari di Venezia (Stefano Micelli, Selena Brocca e Luca Menesello) con il sostegno di Banca IFIS volto ad indagare le strategie sviluppate dalle PMI italiane durante la pandemia, il rapporto con i mercati e il ruolo avuto dalle tecnologie digitali. Partendo da un universo di 1.728 PMI Top performer (sulla base di indicatori di performance economico-finanziari) e 3.083 PMI con performance medie, abbiamo intervistato 257 imprese (campione ponderato di 189 imprese), a cui abbiamo affiancato a novembre 2020 interviste in profondità con 20 imprese.

Un quadro promettente

Cosa ci restituisce la fotografia che abbiamo scattato subito dopo la prima fase della pandemia? Un quadro decisamente positivo e promettente.

Il mercato principale delle PMI intervistate rimane quello business-to-business (B2B), così come non viene sostanzialmente modificata la gestione dei canali distributivi. Una piccola percentuale di imprese (tra il 12 e il 13%) dichiara invece di aver orientato la propria attenzione verso la gestione diretta dei canali verso altre imprese o il consumatore finale attraverso un investimento in e-commerce di proprietà. Come ci si poteva aspettare, la maggior parte delle imprese ha riscontrato una diminuzione di fatturato, mentre il 30% ha visto il proprio fatturato stabile e una piccola quota (13% per le Top, 9% per il campione totale) ha invece aumentato il fatturato. Anche l’export si è contratto, con percentuali tra il 6% (Top) e il 3% (campione totale).

È importante sottolineare lo sforzo che le PMI hanno fatto in termini di ricerca e sviluppo (R&S) durante la pandemia, continuando ad investire in tali attività (25% di imprese Top e circa il 19% per il campione). Si tratta di un orientamento all’innovazione che è stato rivolto non solo ad elaborare nuove proposte per risolvere le problematiche emerse durante la pandemia. Al contrario i risultati ottenuti sono spendibili anche nel post-pandemia (69% delle Top e 54% del campione totale), a sottolineare un approccio all’innovazione non solo tattico, ma proattivo, come fattore competitivo strategico.

Il capitolo dell’investimento sul fronte digitale mostra un forte impegno da parte delle PMI. A fronte di un panorama molto ampio di soluzioni tecnologiche a disposizione delle imprese – dalle più consolidate come sito web, social media o CRM fino a tecnologie 4.0 per la gestione evoluta dei dati a supporto anche delle decisioni strategiche – le PMI mostrano di aver investito soprattutto nelle tecnologie digitali in grado di dare qualità comunicativa alle relazioni con il mercato e di supporto all’interazione.

Figura 1 – Maggiore utilizzo delle tecnologie digitali durante la pandemia

Come si evince dalla Figura 1 le PMI hanno sfruttato le tecnologie digitali durante la pandemia, con maggior enfasi per le imprese Top, in modo da poter mantenere e gestire le relazioni con il proprio mercato, al di là di finalità puramente di vendita. Soluzioni come i social network o il CRM hanno sostenuto le imprese dimostrandosi tecnologie flessibili e facilmente adattabili alle necessità di un contatto costante, interattivo con clienti non raggiungibili con altri mezzi e attraverso i canali commerciali fisici. In modo particolare le imprese Top (61,0% rispetto al 42,9% della media del campione) riconoscono un ruolo importante nelle tecnologie digitali proprio nei rapporti con i propri clienti. C’è invece un comportamento sostanzialmente omogeneo tra le PMI nell’uso delle tecnologie digitali durante la pandemia per connettersi ai propri fornitori oppure per gestire lo smart working.

Questo percorso di intensificazione del ricorso al digitale da parte delle PMI viene vissuto come trasformativo del modo di fare impresa rispetto alla propria organizzazione interna, di gestione dei rapporti di filiera e nell’evoluzione del prodotto. Infatti, come dimostra la Figura 2, le imprese riconoscono la rilevanza delle tecnologie digitali nel post-pandemia per ridefinire il proprio modo di lavorare interno (ad esempio valorizzando il cloud come piattaforma di gestione della conoscenza distribuita all’interno dell’impresa, anche nel caso di piccole dimensioni), di miglioramento dei processi produttivi interni e nell’ambito della catena del valore. Lo sviluppo di prodotti intelligenti così come la trasformazione delle modalità distributive è altrettanto importante, ma vengono poste dietro agli altri ambiti di intervento.

Figura 2 – L’utilizzo delle tecnologie digitali nel post-pandemia

Questo risultato si può interpretare considerando quanto è avvenuto sul fronte del mercato. Dall’indagine emerge come siano cambiate con la pandemia le esigenze dei clienti. In particolare il 58,5% delle Top sottolinea una maggiore richiesta di prodotti e servizi innovativi (34,9% del campione) ovvero di prodotti e servizi personalizzati (42,7% Top – 37,6% campione). Si tratta quindi di un mercato che avanza richieste nuove verso le PMI, a seguito dei vincoli che il lockdown ha imposto e delle mutate necessità che sono emerse, il tutto in uno scenario di lavoro e vita diverso, dove anche la digitalizzazione ha cambiato aspettative e modi di lavorare, scegliere, consumare. In questo quadro le PMI hanno potuto sfruttare i canali comunicativi e di interazione offerti dal digitale come fattore abilitante per connettersi ai propri clienti, ascoltarli, mostrare la propria presenza e raccogliere tutti gli input utili a ridefinire la propria offerta.

Analizzando le scelte di investimento fatte dalle PMI italiane intervistate emerge un chiaro e netto investimento verso processi di diversificazione sul fronte del prodotto e/o del mercato e soprattutto di ridefinizione della proposta di valore al mercato attraverso la servitization. Le PMI hanno realizzato una trasformazione dell’offerta puntando sulla predisposizione di servizi a completamento ed arricchimento del prodotto fisico. Anche grazie al digitale le PMI – in particolare le Top – hanno sviluppato ed offerto nuovi servizi collegati al prodotto anche in un’ottica esperienziale (app per aiutare il cliente nell’uso del prodotto o nella scelta di acquisto, servizi di consulenza a distanza) così come di co-creazione del prodotto con il cliente, investendo nella personalizzazione del prodotto attraverso competenze manifatturiere e struttura produttiva flessibile e reattiva, e traducendo in prodotti le richieste del mercato gestite in modalità interattiva attraverso i canali digitali.

Figura 3 – L’innovazione nei modelli di business

Infine, attraverso un’analisi cluster sono emersi 4 particolari gruppi di imprese con comportamenti strategici differenti. Il nostro studio mostra come solo il 10% circa delle PMI italiane intervistate abbia mantenuto immutata la propria offerta rispetto al proprio mercato di riferimento pre-pandemia (Cluster 1). Al contrario, il restante 90% circa di imprese ha reagito alla crisi facendo leva sulle relazioni con i propri clienti così come sulla capacità di esplorazione di nuovi mercati anche grazie all’uso degli strumenti digitali. Il Cluster 2 e il Cluster 3 rappresentano PMI che hanno puntato su processi di diversificazione di prodotto/mercato e di servitization, con livelli di investimenti medi. Il Cluster 4 forma il gruppo più dinamico ed innovativo di imprese, che evidenzia i più alti livelli di diversificazione e di servitization. Si tratta di imprese che registrano durante la pandemia il maggior incremento di fatturato, che hanno raddoppiato la propensione all’orientamento verso il consumatore finale e che hanno investito in misura maggiore nella R&S e nelle tecnologie digitali per relazionarsi con i propri clienti.

Complessivamente rappresentano una quota affatto minoritaria delle PMI italiane intervistate. Al contrario il quadro che ci restituisce l’indagine dimostra una forte vitalità e capacità di visione anche delle imprese più piccole nel saper affrontare in modo consapevole ed innovativo le sfide poste dalla pandemia. Le imprese Top costituiscono un’avanguardia innovativa della popolazione delle PMI italiane, anticipando processi futuri.

Conclusioni

Lo studio sottolinea un processo in corso che riflette da un lato le peculiarità dell’impresa italiana legata ad un presidio delle relazioni come base per la costruzione della propria proposta di valore. Dall’altro, un approccio pro-attivo all’investimento nelle tecnologie digitali, dove più che soluzioni di industria 4.0 legate ad una gestione evoluta dei dati, durante la pandemia hanno prevalso soprattutto quelle tecnologie in grado di veicolare contenuti ricchi e piattaforme di integrazione del consumatore entro i circuiti di innovazione di prodotto e co-costruzione dell’offerta.

La pandemia ha portato le imprese a rivedere il loro posizionamento sul mercato e a mettere a fuoco una nuova domanda. Si sta aprendo una nuova fase in cui le PMI non solo risultano essere digitalmente più mature, ma anche strategicamente più consapevoli. Un panorama che mostra un sentiero di sviluppo che fa ben sperare per l’uscita del sistema delle PMI dall’impasse generato dal Covid-19.

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