Il Digital Services Act si occupa di definire un quadro regolamentare più definito e aggiornato per una corretta e più efficace moderazione dei contenuti online. Al centro dell’intero sistema di monitoraggio e gestione dei potenziali fenomeni illeciti sono collocati i fornitori dei servizi, in capo ai quali il DSA pone una serie di obblighi asimmetrici differenziati in base ai requisiti dimensionali della piattaforma o dell’impresa di riferimento, ivi incluso l’obbligo di effettuare, coordinare e rendicontare l’attività di moderazione dei contenuti svolta.
Dell’attività di moderazione svolta deve essere resa illustrazione anche e soprattutto agli utenti della piattaforma in un’ottica di massima trasparenza e informazione di questi ultimi, nonché secondo modalità e termini che siano chiaramente intelligibili anche da utenti poco specializzati, quali, ad esempio, i minori, se la piattaforma è diretta anche a loro.
Per adempiere correttamente agli obblighi di trasparenza posti in capo ai fornitori di servizi, il DSA prevede che siano rese dai fornitori medesimi, a disposizione del pubblico, delle relazioni denominate “relazioni di trasparenza” contenenti proprio la descrizione dell’attività di moderazione dei contenuti illeciti effettuata nel corso di un anno, oltre ad ulteriori elementi di dettaglio che si andranno nel seguito maggiormente ad approfondire.
Le relazioni di trasparenza nel Digital Services Act: cosa sono e come sono strutturate
Il contenuto delle relazioni di trasparenza, rientranti, come detto, tra i principali obblighi posti in capo ai fornitori di servizi, come anticipato in premessa, è disciplinato dall’art. 15 in materia di “relazioni di trasparenza” per i prestatori di servizi intermediari.
Più nello specifico, si prevede che i prestatori di servizi mettano a disposizione del pubblico, su larga scala, “in un formato leggibile meccanicamente e in modo facilmente accessibile, almeno una volta all’anno” delle relazioni chiare e facilmente comprensibili relative all’attività di moderazione dei contenuti che è stata svolta durante il periodo preso a riferimento nella relazione.
La natura delle informazioni da produrre cambia in base alla tipologia del servizio prestato, e sono esonerati dall’obbligo di cui si discute, al fine di evitare oneri sproporzionati, quei prestatori che si qualificano come microimprese o piccole imprese (ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE) e che non rientrano nella definizione di “piattaforma online di dimensioni molto grandi” (VLOPs) ai sensi dell’art. 33 DSA.
La Commissione Europea può anche adottare, al fine di agevolare l’esecuzione degli obblighi di trasparenza in esame da parte dei destinatari, degli atti di esecuzione volti a definire dei modelli standard su forma, contenuto e altri elementi di dettaglio delle relazioni, compresi periodi di comunicazione armonizzati.
Diffusione al pubblico: definizione e implicazioni nel Digital Services Act
È importante specificare che con il termine “diffusione al pubblico”, il considerando 14 specifica che debba intendersi, ai fini del DSA, “la messa a disposizione di informazioni a un numero potenzialmente illimitato di persone”, in modo facilmente accessibile a tutti i destinatari del servizio, senza la necessità che questi ultimi effettuino un particolare intervento sulla piattaforma e indipendentemente “dall’accesso effettivo alle informazioni in questione da parte di tali persone”.
Di conseguenza, prosegue il considerando 14, “qualora l’accesso alle informazioni richieda la registrazione o l’ammissione a un gruppo di destinatari del servizio, tali informazioni dovrebbero essere considerate diffuse al pubblico solo se i destinatari del servizio che intendono accedervi sono automaticamente registrati o ammessi senza una decisione o una selezione umana che stabilisca a chi concedere l’accesso”.
Non sono ricompresi nella definizione di diffusione al pubblico sulla piattaforma online “i servizi di intercomunicazione personale”, come posta elettronica e messaggistica privata, in quanto utilizzati “per la comunicazione interpersonale tra un numero limitato di persone stabilito dal mittente della comunicazione”.
Tuttavia, prosegue il Regolamento, gli obblighi di diffusione al pubblico previsti per i fornitori di piattaforme online “possono applicarsi a servizi che consentano la messa a disposizione di informazioni a un numero potenzialmente illimitato di destinatari, non stabilito dal mittente della comunicazione, come ad esempio attraverso gruppi pubblici o canali aperti”, qualora tale diffusione “avviene su richiesta diretta del destinatario del servizio che le ha fornite”.
Il contenuto della relazione di trasparenza: dettagli chiave e requisiti
Per i prestatori di servizi intermediari, si prevede che la relazione debba comprendere, tra le altre informazioni:
- Il numero di ordini ricevuti dalle autorità degli Stati membri, ivi inclusi gli ordini emessi ai sensi degli artt. 9 (Ordini di contrastare i contenuti illegali) e 10 (Ordini di fornire informazioni) del DSA, classificati in base al tipo di contenuti illegali;
- Lo Stato membro che ha emesso l’ordine;
- Il tempo medio necessario per informare l’autorità che ha emesso l’ordine, o qualsiasi altra autorità specificata nell’ordine medesimo, del suo ricevimento;
- Il tempo medio necessario per dare seguito all’ordine ricevuto.
Si prevede, poi, che i prestatori di servizi intermediari forniscano informazioni “significative e comprensibili” sulle attività di moderazione dei contenuti avviate di propria iniziativa anche tramite strumenti automatizzati, nonché sulle misure adottate “per fornire formazione e assistenza” ai soggetti che sono incaricati di svolgere l’attività di moderazione dei contenuti.
Le informazioni da rendersi sulle attività di moderazione dovranno essere dettagliate e non generiche: più nel dettaglio, dovrà essere indicato il numero e il tipo di misure adottate che “incidono sulla disponibilità, sulla visibilità e sull’accessibilità delle informazioni fornite dai destinatari del servizio e sulla capacità dei destinatari di fornire informazioni attraverso il servizio, nonché altre restrizioni correlate del servizio”, sempre classificandole in base al tipo di contenuto illegale o di violazione delle condizioni generale cui si riferiscono, nonché al metodo di rilevamento dell’infrazione e al tipo di restrizione applicato.
All’interno della relazione di trasparenza dovrà essere dato spazio anche alle informazioni inerenti al numero di reclami ricevuti mediante i sistemi interni di gestione dei reclami medesimi. Per i fornitori di piattaforme online, dovranno essere indicati, conformemente all’art. 20 DSA, anche:
- La base dei reclami pervenuti;
- Le relative decisioni adottate;
- Il tempo medio necessario per adottare le suddette decisioni;
- Il numero di casi nei quali le decisioni sono state revocate.
Per i prestatori di servizi di memorizzazione di contenuti (tra cui rientrano le piattaforme online come social network o marketplaces), la relazione si focalizzerà, inoltre, su:
- Il numero di segnalazioni presentate mediante il meccanismo di segnalazione di contenuti illegali e conseguente azione predisposto ai sensi dell’art. 16 DSA, anche in questo caso classificate in base alla tipologia di contenuto illegale;
- Il numero di segnalazioni presentate da segnalatori attendibili;
- Eventuali azioni intraprese in applicazione delle segnalazioni ricevute (specificando se l’azione è stata avviata in virtù di disposizioni normative o in esecuzione delle condizioni generali del prestatore del servizio);
- Il numero di segnalazioni gestite mediante l’utilizzo di strumenti automatizzati;
- Il tempo medio necessario per intraprendere l’azione a seguito della segnalazione.
Da ultimo, dovrà essere indicato, secondo quanto previsto alla lettera e) dell’art. 15 DSA, “qualsiasi uso di strumenti automatizzati ai fini di moderazione dei contenuti, compresi la descrizione qualitativa, la descrizione delle finalità precise, gli indicatori di accuratezza e il possibile tasso di errore degli strumenti automatizzati utilizzati nel perseguimento di tali scopi e le eventuali garanzie applicate”.