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L’IA come nuova corsa all’oro: chi farà fortuna e come



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Nella nuova corsa all’ora scatenata dall’intelligenza artificiale, il successo non sarà appannaggio solo dei campioni dell’innovazione, ma anche dei campioni del “business as usual”, che spesso porta ad altre, meno evidenti, ma non meno redditizie piccole innovazioni

Pubblicato il 22 giu 2023

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



Shutterstock_1576352020

Con l’Intelligenza artificiale pare si stia ripetendo il modello della corsa all’oro nella California di metà 800: pochi fanno fortuna nel nuovo settore, molte attività crescono intorno o a valle come clienti, o a monte, come fornitori delle aziende che hanno sfondato[1].

E, mentre le attività ad alto rischio, ossia quelle che animano la corsa verso l’innovazione, richiedono risorse finanziarie e capacità che spesso mancano, i fornitori, i clienti, gli utenti di quei servizi seguono strade tradizionali: ampliano impianti esistenti, adattano processi di produzione e distribuzione, modificano modi di consumo.

È qui, nella società e nell’economia diffusa, che si determina la velocità di diffusione effettiva delle innovazioni, si determina il successo non solo dei campioni dell’innovazione, ma anche dei campioni del “business as usual”, che spesso porta ad altre, meno evidenti, ma non meno redditizie piccole innovazioni.

Pentole e jeans: la corsa all’oro

Il 24 gennaio 1848 guardando nell’acqua del Fiume Americano uno dei lavoratori del mulino Sutter a Coloma, in California, vede qualcosa che brilla. Poco dopo, esplode la corsa all’oro: centinaia di migliaia di persone affluiscono dalla costa est per setacciare i fiumi e i torrenti della California, sperando di fare fortuna. Levi Strauss e Jacob Davis decidono di partecipare, ma non alla ricerca dell’oro, bensì dei dollari, offrendo ai cercatori i pantaloni di tela blu con le tasche rivettate, ma anche picconi, badili, carriole. Levi e Jacob non puntarono tanto a clienti che domandavano padelle o setacci per la ricerca dell’oro, poiché quegli strumenti venivano venduti da moltissimi cercatori d’oro, che avevano finito la ricerca o che decidevano di non poterla proseguire. Puntavano alle famiglie e alle loro esigenze di consumo.

Intanto, l’editore e commerciante Samuel Brannan gridava “Oro! Oro! Oro nel Fiume Americano!” Aveva assistito al pagamento degli oggetti di un negozio con l’oro trovato nel torrente vicino al mulino. Decise di aprire un suo negozio tra S. Francisco e i giacimenti, che divenne il più frequentato dai minatori.

Così nel magazzino di Brannan gli strumenti più richiesti erano di nuovo le padelle e le pentole per cucinare. Brannan fece incetta di padelle, pale, picconi, carriole. Comprava una padella a 20 centesimi e la rivendeva a 15 dollari, cumulando 36.000 dollari in due mesi e diventando in breve tempo il primo milionario della California.[2] Ma la sua storia è anche quella di un imprenditore che diviene finanziere, investitore immobiliare, dei trasporti, del commercio internazionale con la Cina. Fu anche uomo politico e delle istituzioni, quelle istituzioni che stavano nascendo, dalla polizia al primo consiglio di S. Francisco, al Senato della California appena divenuta uno stato delle Federazione. Uno Stato americano non solo per effetto della guerra, ma anche e soprattutto per effetto della corsa all’oro, portatrice di un boom immigratorio che ne ha segnato la storia. Una società dinamica che ha che ha saputo costruire quell’infrastruttura intellettuale necessaria alla sua crescita futura: le scuole e i giornali, le chiese i college, gli editori e le società letteraria. Uno Stato che ha ricevuto un occhio di riguardo dal Governo Federale, a partire dalla Seconda guerra mondiale, quando la California si trovò improvvisamente in prima linea.[3] Ma che aveva le basi per essere lo Stato della frontiera tecnologica.

La velocità di applicazione dell’innovazione

Lo sviluppo economico della California si è, infatti, sempre accompagnato ad una crescita del sistema istituzionale in cui le esigenze produttive guidavano, per così dire, la marcia: l’imprenditoria si è potuta esprimere assai liberamente, lasciando una traccia permanente sulle capacità innovative delle nuove generazioni di immigrati, un’imprenditoria che è il risultato di una fusione, non priva di conflitti e discriminazioni, delle dinamiche migratorie formidabili da cui era nato il nuovo stato.

Ma gli aneddoti ricordati in apertura di questa nota ci ricordano anche che le ondate innovative, di cui la California è protagonista nell’ultimo mezzo secolo, hanno alcune costanti: si aprono nuove prospettive di business, si muovono le risorse finanziarie e umane, ma anche gli investimenti in infrastrutture, nell’edilizia, nell’industria e nel commercio, nell’editoria, nella pubblicità.

L’economia digitale ha ripercorso questi passi, con nuovi mezzi, ma con una velocità che non è poi molto diversa da quella sperimentata nei tempi passati: il tempo che un’innovazione impiega per affermarsi non dipenda dalla velocità di elaborazione dei dati, come ci raccontano i protagonisti della rivoluzione digitale. La rapidità di diffusione a livello economico e sociale dipende dalla capacità umana di usare e di applicare in modo efficace ciò che quelle innovazioni consentono.

L’intelligenza artificiale non è nata ieri

Anche l’Intelligenza Artificiale (AI) non è nata ieri con ChatGPT. John Von Neumann nel descrivere in termini formali nel 1945 l’architettura del “very high speed automatic digital computing system”, chiamò il magazzino dei dati “memoria”: “il marchingegno richiede una memoria considerevole. Mentre è chiaro che le varie parti di questa memoria svolgono funzioni che differiscono abbastanza nella loro natura e molto nel loro scopo, è tuttavia allettante considerare l’intera memoria come un organo”.[4]

Oggi Ai si riferisce quasi esclusivamente a reti neurali capaci di allenarsi a confronto con enormi data base per riconoscere e generare modelli, ma fin dall’inizio del calcolo automatico l’intelligenza artificiale emergeva come componente fondamentale della nascente computer science e delle discipline accademiche che la hanno coltivata e che la fanno progredire.[5] Alla fine degli anni Quaranta Berkeley prevedeva che le nuove macchine avrebbero eguagliato e alla fine superato l’intelligenza umana, preconizzando la traduzione automatica, il riconoscimento della voce, e perfino le terapie psichiatriche automatizzate[6].

Le quattro fasi in cui l’AI può esplicare il suo ruolo nei confronti dell’imprenditorialità

Ora, se il passato ci può insegnare qualcosa, dovremmo cercare di essere meno acriticamente entusiasti delle possibili applicazioni “killer” dell’AI: purtroppo, anche ricerche serie sulla capacità dell’AI di potenziare le risorse imprenditoriali, sembrano abbagliate dalla lucentezza tecnologica dei risultati dell’AI, ed oggi in particolare della AI generativa (GAI). Una accurata rassegna della letteratura in materia ha riconosciuto quattro fasi in cui l’AI può esplicare il suo ruolo nei confronti dell’imprenditorialità.

La prima fase sarebbe quella dell’opportunità, ovvero quando AI crea nuove opportunità per l’imprenditore.

La seconda sarebbe quella delle decisioni, in cui AI aiuta l’imprenditore a prendere le giuste decisioni.

La terza fase sarebbe quella delle performance, in cui AI offre la possibilità di migliorare la redditività della propria azienda.[7]

L’ultima fase è la più interessante. Essa va ricondotta alla formazione e ricerca, dove, secondo gli autori, AI può aiutare a chiudere il gap tra imprenditorialità e ricerca, uno dei punti più dibattuti da coloro che sostengono l’importanza della ricerca nello sviluppo innovativo. Se si tiene conto di questo schema, gli autori sostengono, “AI non diverrà un pericoloso nemico, ma piuttosto un facilitatore per gli imprenditori”[8].

Uno dei maggiori problemi dello schema proposto è che non si capisce come e quando si passa da una fase all’altra, né quale sia la causa scatenante di questo passaggio che sembra accadere in un modo del tutto naturale: il che, per l’intelligenza artificiale, suona come un ossimoro.

I nuovi milionari dell’AI

Proviamo a fare una verifica di quali imprese hanno saputo approfittare delle nuove opportunità offerte dall’AI, in particolare da quella generativa che ha preso l’abbrivio con ChatGPT. Come osserva l’Economist, non è solo chi produce i processori più efficienti, come Nvidia, a trarre vantaggi dal boom della GAI. Anche altri, in particolare Oracle, Meta, Microsoft, Google, Equinix hanno quotazioni con guadagni superiori all’indice aggregato Standard & Poor’s 500 (S&P500)[9].

Figura 1. Andamento delle quotazioni nell’ultimo anno di alcune aziende della filiera AI ( Fonte: elaborazione su dati Yahoo! Finance)

Nel caso di Nvidia il guadagno è legato al prodotto chiave, ossia il processore grafico (GPU), nel caso di Oracle e di Equinix sono i servizi in cloud, nel caso di Microsoft e Alphabet si tratta dei servizi in cloud ma soprattutto degli ambienti di sviluppo applicativo, ovvero delle piattaforme di intelligenza artificiale. Entrambe questi servizi, con l’aggiunta dell’avveniristico quantum computing, bastano a convincere gli investitori che il boom di AI possa beneficiare in prospettiva IBM in modo significativo, o comunque in misura superiore alla media.

Nvidia cerca di diversificare, cavalcando l’onda del successo dei processori, proponendo servizi cloud nei quali mette a disposizione le capacità di calcolo del suo supercomputer GXAI, dotato di strumenti per l’intelligenza artificiale generativa. Il tentativo è di trasformare in guadagni l’onda del successo di ChatGPT. “Il cloud Nvidia DGX è già disponibile attraverso l’infrastruttura cloud di Oracle, di Microsoft Azure e di Google Cloud …ed è il modo più semplice e veloce per disporre al tuo servizio del supercomputer DGX AI” ha annunciato Jensen Huang, amministratore delegato di Nvidia.

È il tentativo di mettere gli altri, i fornitori di cloud, in coda al proprio servizio di punta.

Per ora le quotazioni di Nvidia premiano questi annunci, ma i ricavi, come dimostra il dato dei profitti anno su anno, ancora con il segno meno del 21%.[10]

Occorre mantenere gli occhi aperti sulla effettiva consistenza e durata del boom di GAI. I costi di accesso alle versioni avanzate dell’intelligenza artificiale generativa (ChatGPT di OpenAI e Bard di Google) cui si aggiungono i costi dell’hardware, a partire dai chip evoluti, che ormai rappresentano quasi il 50% del costo delle macchine. “I modelli oggi utilizzati, pur sembrando impressionanti, non sono i migliori disponibili e quindi i modelli che si vedono hanno molte fragilità” come risultati distorti ed eclatanti falsità. Il commento aspro di Tom Goldstein, professore di computer science all’università del Maryland, non ha ricevuto commenti dai protagonisti Google e Microsoft[11]. Ma il costo per accedere a risultati di qualità può essere il maggiore ostacolo alla diffusione dell’intelligenza artificiale generativa.

Note

1,) Business Modelling: Why Selling Shovels During a Gold Rush is the Surest Way to Make Money, Transit protocol, February 16, 2020, https://medium.com/@transitprotocol

2,) Bagley, Will. ‘Every Thing Is Favourable! And God Is on Our Side’: Samuel Brannan and the Conquest of California. Journal of Mormon History 23, no. 2 (1997): 185–209.

3.) James N. Gregory, The Shaping of California History, in: eds. Sucheng Chan and Spencer C. Olin, Encyclopedia of American Social History , New York: Scribners, 1993.

4.) John Von Neumann , First Draft of a Report on the EDVAC, (1945), http://web.mit.edu/STS.035/www/PDFs/edvac.pdf

5.) Thomas Haigh, Historical Reflections. Conjoined Twins: Artificiala Intelligence and the Invention of Computer Science, Communication af the ACM, June 2023, vol. 66 n. 6.

6.) E. C. Berkeley, Giant Brains or Machines That Think, John Wiley & Sons N.Y. 1949.

7.) Guglielmo Giuggioli, Massimiliano Matteo Pellegrini, Artificial intelligence as an enabler for entrepreneurs: a systematic literature review and an agenda for future research, International Journal of Entrepreneurial Behavior & Research Vol. 29 No. 4, 2023.

8.) Ivi , p. 831.

9.) Nvidia is not the only firm cashing in on the AI gold rush, The Economist, May 29, 2023.

10.) Matthew Gooding, Nvidia launches generative AI and supercomputing cloud services as part of ‘new business model’,

11.) Will Oremus AI chatbots lose money everytime you use them. That is the problem, The Washington Post, June 5, 2023.

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