Il Software as a Service rappresenta un modello diametralmente opposto a quello che dominava fino a pochi anni fa, quando l’investimento in server e infrastruttura sistematica era la regola per ogni azienda: è la soluzione oggi più utilizzata nel mercato delle aziende che si “abbonano” all’uso di un software. Il suo scopo è quello di fornire applicazioni ai suoi utenti mentre il software, con relativo server ed infrastruttura condivisa, viene gestito da un fornitore di terze parti.
Un modello vincente, come dimostrano anche i numeri del rapporto di Synergy Research Group, secondo cui nel 2019 il Software As a Service ha superato la quota annuale dei 100 miliardi di dollari di vendite, dimostrandosi come uno dei trend trainanti sul fronte della digitalizzazione delle aziende.
Il mercato nel 2020 ha raggiunto i 130 miliardi di dollari continua a crescere di quasi il 35% per questo anno.
Nello stesso periodo gli investimenti per mettere in piedi datacenter ed infrastrutture interne all’azienda si sono decisamente raffreddati, perdendo addirittura quote di mercato (-6%) e generando un giro d’affari al di sotto dei 90 miliardi di dollari.
Cos’è il software as a service
Saas, letteralmente, significa “software come servizio”, ed è anche noto come “servizio di applicazioni in cloud”. Alcuni dei più noti sono G Suite (ora WorkSpace), Dropbox, Salesforce, Slack, Shopify, HubSpot, Teamworks, Cisco WebEx (ma potrei citarne centinaia). Ognuno di questi fornisce un servizio diverso ma utilizza la stessa tecnologia. Gli utenti di questi software non avranno bisogno di dischi fissi, server, database o altri componenti per utilizzarli. L’unico prerequisito è un accesso a Internet e un browser.
Un modello di adozione di nuove tecnologie informatiche diametralmente opposto a quello che dominava fino a pochi anni fa, quando l’investimento in server e infrastruttura sistematica era la regola per ogni azienda: compra il server, dotati di un software di cui acquisti le licenze per quella versione e garantisciti i futuri upgrade, distribuisci sulle macchine i client per far lavorare le persone, fai il backup incrementale di quello che viene prodotto durante la giornata.
Un sistema che non è stato messo in crisi per problemi di natura intrinseca, ma semplicemente perché la tecnologia ha permesso un salto quantitativo: ora il software non si trova più nel server dell’azienda ma in cloud; e non viene più acquistato ma “affittato” ed utilizzato tramite browser (o app dedicata) sulla macchina locale.
Siamo di fronte allo stesso modello che ha fatto chiudere Blockbuster e ha fatto fiorire Netflix, lo stesso modello che non fa più sviluppare le foto ma le fa salvare in cloud, tranne che qui viene applicato ai programmi che per tanti anni, all’interno delle aziende, ci hanno permesso di essere più produttivi: oggi Microsoft Word, Excel, Powerpoint li trovi all’interno di Office365 e dal suo diretto competitor G Suite, ma per l’utente che deve lavorare non cambia molto: si continua a fare le stesse cose, scrivere testi, preparare tabelle e fogli di calcolo, sistemare presentazioni. I file vengono salvati online e si lavora utilizzando il browser installato sul computer. Per alcune applicazioni c’è ovviamente anche la versione desktop o quella per smartphone, ma entrambe per lavorare e salvare documenti, si collegano allo stesso cloud che permette di eseguire dall’interno di Chrome o Safari.
Le tre meacroaree del SaaS
Come spiega John Dinsdale, Chief Analyst per Synergy Research Group, il panorama dei player del SaaS si divide essenzialmente in tre macroaree: i fornitori di software aziendali tradizionali che sono arrivati in cloud, quelli che nel cloud ci sono nati e sono di più recente costituzione e grandi fornitori IT che stanno cercando di espandere la loro area di gioco nei mercati del software.
Nel primo gruppo troviamo aziende come Microsoft, SAP, Oracle e IBM che hanno un’enorme base di clienti di software on-premise che possono convertire in un modello di consumo basato su SaaS.
I fornitori nati nel cloud includono invece aziende come Workday, Zendesk, ServiceNow, Atlassian e Splunk, che tendono ad avere tassi di crescita molto più elevati. Arrivando dall’infrastruttura, invece, Google e Cisco stanno avendo un forte impatto nel mercato SaaS, il primo in maniera imponente, all’esterno delle aziende, grazie a G Suite, il secondo come le app di collaborazione e l’acquisizione di più fornitori di software.
Perché si sta imponendo il modello SaaS
Perché il modello SaaS si sta imponendo? Ovviamente perché, stando alle analisi di molte aziende, di qualunque dimensione, l’abbonamento ad un software erogato online, in cloud, porta dei vantaggi immediatamente percepibili anche dal più distratto CIO.
Tra questi sicuramente il costo di partenza inferiore è indubbiamente il più semplice da individuare, visto che si parte con un abbonamento, senza necessità di investire in server e in infrastruttura.
Costo di partenza inferiore significa anche una curva di implementazione ed adozione più rapida: togliendo l’acquisto, l’installazione e il settaggio della parte hardware, qui si accende l’abbonamento e le tempistiche di adozione passano, spesso, dai mesi alle settimane.
Come conseguenza, un altro vantaggio è quello che i risultati dell’utilizzo del nuovo software si vedono più rapidamente – e diventa molto più facile per il responsabili IT dimostrare al management di aver portato un saggio investimento/soluzione.
I costi assolutamente certi e prevedibili (nessuna manutenzione, nessuna assistenza, nessun disaster recovery, nessun costo per gestione e mantenimento dei backup), tempi di implementazione più veloci, risultati in breve tempo, ma non solo.
Anche la possibilità di sperimentare molto più facilmente “fail fast, evalutate earlier” è il nuovo mantra dei CIO che adottano soluzioni SaaS cloud based: significa che, non dovendo più far ricorso a progetti infrastrutturali che hanno ripercussioni pesanti sul bilancio delle aziende, i responsabili IT aziendali, i CDO e chi ha il compito di trovare nuove soluzioni e implementarle, ha molta più libertà di sperimentare con un software in abbonamento, facendolo utilizzare a piccoli gruppo di earlier adopter.
Con una prova su strada, se quel software non soddisfa le aspettative si farà presto a dismetterlo e a testare un’altra soluzione.
I software SaaS più utilizzati
Ma quali sono i software che stanno sostituendo, all’interno delle aziende, il vecchio modello che ci accompagna dagli anni 80, quello del software installato direttamente sulla macchina (prima con i floppy, poi con i cd, alla fine dopo il download dei file di installazione)? Beh, come vediamo non è che cambino tanto i player, quando il modello, la loro capacità di reinventarsi e di attaccarsi al treno della Digital Transformation – che sta correndo molto veloce. Vediamo il podio dei software SaaS più utilizzati.
- Al primo posto, Salesforce, forse il “papà” di questa lista. Salesforce è l’azienda che diffuso al grande pubblico (aziendale) il concetto della gestione delle relazioni con i clienti (il famigerato CRM). Da quando è iniziata le sue funzioni si sono estese fino ad inglobare più del reparto vendite, ovvero il marketing, l’analisi, i social. Ma di fatto, quello che qui ci interessa è individuare in Salesforce forse il software che ha portato il SaaS all’interno delle aziende come modello consolidato di applicazione.
- In seconda posizione troviamo l’intramontabile Microsoft, che si è invece reinventata la suite di produzione che negli anni 90 e prima decade avanzata del millennio era sinonimo di “lavoro in ufficio”: negli ultimi anni l’azienda ha spostato la sua suite di produttività desktop Office nel cloud e ora Office 365, l’offerta SaaS, vende più della versione client in pacchetto.
- Al terzo posto, Adobe Creative Cloud con un’altra reinvenzione: Adobe è stato il re dei software per la creatività desktop e ora si è orientato per rendere disponibili Photoshop e altri strumenti di editing audio e video tramite un abbonamento annuale. La Creative Suite offre progettazione grafica, editing video, sviluppo Web e editing fotografico in abbonamento mensile.
Nuova tipologia di distribuzione e di acquisizione (che abilita nuovi modelli di implementazione software) e vecchi software aggiornati (che non sono troppo dirompenti sulle abitudini degli utilizzatori) sembra il modello vincente, che su determinati segmenti di mercato non cambiano modelli e processi di produzione consolidati, o li fa evolvere con minore necessità di propensione al cambiamento.
Ci sono anche nuovi player che negli ultimi 5 anni hanno trovato spazio nelle voci di bilancio delle aziende.
I nuovi player e le nuove modalità di lavoro e collaborazione
Indubbiamente va citato Google G Suite, che mette insieme tutti i servizi offerti separatamente da Google e li riporta in una dimensione aziendale (ricca di funzioni e personalizzazioni), con un costo di abbonamento allineato con Office 365.
Box invece offre un servizio verticale, che ha iniziato come società di Cloud Storage ma poi è evoluta con servizi di collaborazione e modifica dei file archiviati sui suoi server. Box è stata forse l’antesignana delle app che hanno portato, lentamente, soprattutto molte piccole e medie aziende, a liberarsi da infrastrutture per archiviazione e backup, per affidarsi a servizi in cloud; cosa che per altro fanno anche Office 365 e G Suite con i rispettivi servizi concorrenti.
Ma ci sono anche altri player che hanno introdotto nuove modalità di lavoro e di collaborazione, con l’arrivo del SaaS. Da citare indubbiamente come esempio virtuoso – sia per i bilanci che porta che per la forza dirompente che ha avuto la sua diffusione all’interno delle aziende – c’è Slack, messaggistica in tempo reale divisa in canali, archiviazione e ricerca dei messaggi all’interno dei canali e dei team e una miriade di integrazioni con altre applicazioni cloud-base per favorire la comunicazione e lavoro di gruppo dei dipendenti di un’azienda.
Conclusioni
Non è questo certamente il posto per dilungarmi su queste applicazioni facendone delle recensioni, spiegando come funzionano o, semplicemente, portando un lungo elenco di moderne soluzioni SaaS, anche perché, googlando un po’, ci si può rendere conto di quanto vasto e variegato sia oggi il mondo delle applicazioni cloud offerte con abbonamento SaaS.
Nella mia esperienza, le richieste di integrazione e scambio di informazioni tra applicazioni stanno aumentando vertiginosamente, complice una “cloudificazione” spinta di quasi tutte le piattaforme software (non solo CRM e programmi applicazioni, ma anche software e-commerce, software per la gestione progetti, per la contabilità e quant’altro): arrivano a ritmo costante richieste di integrazione tra CRM e ERP, tra ERP e software e-commerce, tra CRM e software per il controllo dei punti vendita, tra e-commerce e gestionale. Un mondo di dati che dialoga, abilitando applicazioni verticali dedicati a singoli team, sta facendo scomparire (è già scomparso) il vecchio mito del software che fa tutto, per lasciare spazio a questo mondo di applicazioni dedicate in cloud che spostano i dati che servono, dove servono e quando servono.
Ma in fondo è questa la Digital Transformation no?