Norme e nuovi fondi

Italia debole negli eSport, ecco le lacune da colmare

Nonostante il First Playable Fund previsto dal Decreto Rilancio, il settore eSport rimane scoperto sul fronte normativo. Assente una disciplina ad hoc in grado di guidare un mercato in forte espansione, mettendolo al riparo da cybercrime, match fixing, doping, violazioni della privacy

Pubblicato il 04 Set 2020

Federica Bottini

A&A – Albè & Associati Studio Legale

Stefania Colombo

Studio Legale Albè e Associati

Photo by Florian Olivo on Unsplash

Gli eSports, complice anche il periodo di lockdown, stanno avendo una progressiva diffusione anche in Italia, come dimostrato dalla recente creazione di organizzazioni che curano la gestione e formazione dei players professionisti.

Nel nostro ordinamento, tuttavia, alla crescente espansione del fenomeno non corrisponde una regolazione a livello normativo, come invece si registra in Paesi a noi vicini, come la Francia, che ha conferito agli eSports un espresso riconoscimento giuridico, al fine di regolare il corretto svolgimento delle competizioni, nonché di garantire un adeguato inquadramento ai giocatori, anche sul piano giuslavoristico ed in ragione dell’età.

Un dato non trascurabile riguarda proprio la partecipazione di soggetti minorenni alle competizioni disputate nell’ambito degli eSports. In tali ipotesi, è evidente l’esigenza di adottare particolari cautele, non solo per garantirne l’integrità psicofisica, ma anche per assicurare un controllo in ordine al trattamento retributivo e alla gestione dei dati personali, garantendo la compliance alle norme privacy.

Mancato inquadramento normativo

C’è un problema di fondo. In Italia gli eSports non sono ancora stati portati all’attenzione del legislatore, rendendo estremamente difficoltoso individuare una disciplina uniforme. Ne deriva che, in assenza di un esplicito riconoscimento sul piano giuridico che muova verso l’assimilazione degli eSports agli sport tradizionali, non è possibile ricorrere ad un’automatica applicazione delle norme vigenti per le attuali discipline sportive.

Non è peraltro infrequente che per sopperire alle lacune normative si ricorra a quanto disciplinato in altri ambiti, con le ovvie limitazioni derivanti proprio dalla peculiarità del fenomeno, soprattutto nei casi in cui le gare siano disputate online.

È stato osservato che la competizione eSports potrebbe qualificarsi come gioco di abilità, dal momento che tale categoria ricomprende ciascun gioco a distanza nel quale il fattore che determina la vincita del giocatore è la propria bravura, più che l’elemento aleatorio.

Se così fosse, si ricadrebbe nell’ambito di applicazione del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 10 gennaio 2011 recante la “Disciplina dei giochi di abilità nonché dei giochi di sorte a quota fissa e dei giochi di carte organizzati in forma diversa dal torneo con partecipazione a distanza”.

Oppure ancora, se si ritenessero applicabili le norme previste per i concorsi e le manifestazioni, gli eSports sarebbero assoggettati ad un’ulteriore e specifica disciplina normativa.

È però evidente che, dall’applicazione agli eSports delle norme vigenti in questi specifici ambiti, deriverebbe automaticamente l’assoggettamento degli stessi ai medesimi limiti, tra cui un più incisivo controllo dello Stato e la necessità di una preventiva autorizzazione e/o concessione per lo svolgimento delle competizioni.

Temi critici per gli eSport

Eppure, le basi per giungere ad una compiuta quanto articolata disciplina non mancano: da un attento esame del fenomeno, gli eSports presentano profili di rilievo giuridico che spaziano tra ambiti eterogenei, tra cui il diritto del lavoro, con l’inquadramento giuridico e la tutela del professionista, il diritto sportivo, il diritto tributario, con riferimento al trattamento fiscale della retribuzione del player, il diritto della privacy, soprattutto nel caso di competizioni disputate in rete, il diritto penale, per quanto concerne il cybercrime ed altri illeciti sportivi.

Sotto quest’ultimo aspetto, è opportuno evidenziare che anche sugli eSport si allungano le ombre di illeciti solitamente associati alle competizioni sportive tradizionali, che in una realtà virtuale sono ancor più difficili da individuare e contrastare. Alcune criticità afferiscono a doping, scommesse illegali ed altri fenomeni di match fixing, che, oltre ad intaccare l’etica sportiva e il corretto svolgimento delle manifestazioni, possono integrare veri e propri reati.

Accanto alla forma più tradizionale di doping, utilizzata da atleti che assumono sostanze vietate per rimanere vigili anche dopo numerose ore di gioco, nelle competizioni virtuali si registra il fenomeno del cosiddetto doping digitale o tecnologico, che consente all’atleta, mediante l’utilizzo di materiali all’avanguardia oltre che di software non consentiti, di migliorare artificialmente la propria performance.

Altrettanto allarmante nel mondo degli eSports è il fenomeno del match fixing, definito dalla Convenzione sulla Manipolazione delle Competizioni Sportive del Consiglio d’Europa del 2014, ratificata nel nostro Paese con la L. 39/2019, come un accordo mirato ad alterare in modo improprio il risultato o l’andamento di una competizione sportiva, al fine di rimuovere, in tutto o in parte, la componente di imprevedibilità con l’obiettivo di conseguire un indebito vantaggio per sé o altri.

Cybercrime e eSport

Nel nostro ordinamento, simili condotte integrano il reato di frode in competizioni sportive, di cui all’art. 1 l. n. 401/1989, che sanziona chiunque offre o promette denaro o utilità ai partecipanti ad una competizione sportiva organizzata da una Federazione o da un altro ente sportivo riconosciuto dal CONI, al fine di alterarne il corretto e leale svolgimento; ovvero compia atti fraudolenti volti in ogni caso ad alterare l’esito dell’evento sportivo. La norma impone che le stesse pene si applichino anche al partecipante alla competizione che accetti il denaro o la promessa.

Da ultimo, anche negli eSports si rilevano criticità legate al cybercrime. Ci si riferisce, ad esempio, a quei fenomeni definiti di dark pattern, in cui soggetti spesso minori vengono sollecitati, tramite elementi dell’interfaccia appositamente combinati per apparire durante le attività di gaming, a compiere una serie di azioni che altrimenti non farebbero, quali l’iscrizione a newsletter, l’inserimento volontario di immagini e video, la condivisione di dati personali, l’accettazione di pagamenti con carte di credito.

E ancora, mediante malware i criminali informatici bloccano i profili di gioco, alterano la connettività, interrompono le competizioni, spesso in cambio di ingenti riscatti.

Anche tale aspetto è auspicabile sia portato quanto prima all’attenzione del legislatore, così da approntare una disciplina specifica per gli eSports, in grado di tutelare il regolare andamento delle competizioni oltre che la sicurezza degli atleti virtuali.

Fondo intrattenimento digitale

Un primo passo in tale direzione potrebbe essere testimoniato dall’attenzione dedicata al mondo dei videogiochi dal D.L. n. 34 del 19 maggio 2020, il c.d. “Decreto Rilancio” che ha previsto misure atte a favorire lo sviluppo dell’industria dell’intrattenimento digitale sul territorio nazionale.

In particolare, all’art. 38, comma 12, il D.L. Rilancio si propone di sostenere le fasi di concezione e pre-produzione dei videogiochi destinati alla distribuzione commerciale, necessarie alla realizzazione dei prototipi.

In base all’attuale formulazione della norma, le imprese in possesso dei requisiti di legge potranno presentare domanda, secondo modalità che saranno definite con apposito decreto attuativo, per accedere al “First Playable Fund”, ossia al “Fondo per l’intrattenimento digitale”, istituito presso il Ministero dello Sviluppo Economico.

Il Fondo così determinato avrebbe una dotazione iniziale, per l’anno 2020, di 4 milioni di euro e per ciascun prototipo sarà possibile beneficiare dell’erogazione di un contributo a fondo perduto, di importo tra € 10.000,00 ed € 200.000,00, nella misura del 50% delle spese ammissibili (per tali intendendosi le spese destinate alla realizzazione del prototipo per prestazioni lavorative svolte dal personale dell’impresa, le prestazioni professionali commissionate a liberi professionisti o ad altre imprese, acquisti di attrezzature tecniche (hardware) e acquisti di licenze di software).

Benché si parli di un possibile emendamento della previsione in fase di conversione del D.L. Rilancio, è in ogni caso significativo che tra i vari provvedimenti si collochino anche previsioni dedicate al sostegno dell’industria dell’intrattenimento digitale ed in particolare dei videogiochi, evidentemente nella consapevolezza che essi rappresentano ormai uno dei motori dell’economia.

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