“Mostrami chi riesce a profittare dalla guerra, e io ti mostrerò come far finire quella guerra”, disse Henry Ford. Aziende di tutto il mondo profittano della guerra in Ucraina per trovare nuovi dipendenti esperti e motivati: e nel farlo tolgono soldati al campo di battaglia.
La mia microimpresa, negli ultimi 25 anni, ha sempre avuto uno o due russi all’interno della forza lavoro. Da principio successe per caso (mia moglie, che io conobbi prima del crollo del Muro di Berlino, è russa, e mi fece conoscere alcuni abili colleghi), poi è diventato un pilastro della strategia aziendale. Nei decenni abbiamo aiutato diverse altre imprese italiane a fare lo stesso. Pare che, dopo i recenti eventi in Ucraina, l’idea sia diventata mainstream.
Dalle tragedie nascono opportunità per chi le sa cogliere
Chi non ha passato l’ultimo anno in una caverna certamente ha seguito almeno vagamente l’invasione russa dell’Ucraina, iniziata nel febbraio scorso e ancora oggi in corso. La mobilitazione parziale dei riservisti (tutti i cittadini russi di sesso maschile che hanno prestato il servizio militare di leva obbligatorio) ha arruolato nell’esercito di Putin altri due-trecentomila soldati di età compresa tra i venti e i quarant’anni (55 per gli ufficiali) e convinto un numero maggiore, stando a Bloomberg, a scappare all’estero per evitare di finire al fronte.
Gli sfollati non sono certo i più stupidi. Si tratta, naturalmente, di persone che parlano lingue straniere, hanno a disposizione risparmi tali da pagarsi il viaggio e l’alloggio mentre cercano una sistemazione definitiva, e pensano di possedere una professionalità e competenze tali per sopravvivere o prosperare fuori dai confini della Federazione Russa. A ben pensarci, non c’è da sorprendersi quando si scopre che molti sono ingegneri, programmatori, sistemisti. Persino il primo ministro del governo di Putin, Mikhail Mishustin, ammette che sono oltre centomila gli informatici espatriati — anche se lui aggiunge che molti sono già tornati ed altri torneranno in patria — e secondo i sondaggi, la destinazione finale più desiderata è l’Unione Europea.
Se ne sono accorti subito gli imprenditori di quelle nazioni confinanti con la Russia dove sono arrivati per primi perché lì non sono loro richiesti visti di ingresso. Per esempio, dalla piccola Armenia sono passati, secondo il governo locale, 372.086 cittadini russi. Alcune decine di migliaia si sono stabiliti lì. La Banca Europea ha rivisto — e raddoppiato — in conseguenza le sue stime sulla crescita del PIL locale. Secondo Martin Galstyan, il direttore della locale Banca Centrale, andrà anche meglio: egli ha aumentato le previsioni di crescita per il 2023 dal +1,6% a +13%, soprattutto grazie all’influsso di lavoratori dell’IT, che hanno già aperto oltre 2.700 nuove startup nel Paese.
Già dal giugno scorso, aziende americane e israeliane di “cacciatori di teste” hanno cominciato a postare decine di annunci di ricerca personale su siti russi dedicati come HeadHunter, hh.ru.
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Come si assume un ingegnere extracomunitario
L’Italia, si sa, ha una burocrazia spesso asfissiante e da noi non sarà facilissimo assumere gli ingegneri russi in cerca di un nuovo lavoro. Ma non è certo impossibile. Il periodo migliore sono i primi mesi dell’anno, quando si azzerano i contatori previsti dal decreto flussi previsto dalla legge. Le imprese che hanno individuato (con colloqui a distanza) un lavoratore interessante devono redigere un contratto di assunzione e trovargli un alloggio. A questo punto il lavoratore può chiedere il visto di ingresso per motivi lavorativi alla ambasciata italiana del Paese dove si trova. Anche quando tutte le carte sono a posto, la concessione di un visto non è mai un atto dovuto ma è sempre soggetta al beneplacito del personale consolare: nella nostra esperienza è opportuno assicurarsi la collaborazione di un avvocato esperto in immigrazione, il quale grazie all’esperienza acquisita negli anni si confronterà con le Autorità consolari, informandosi sull’avanzamento della pratica, offrendo collaborazione al fine di farla istruire in tempi ristretti e facendo arrivare il soggetto in territorio italiano. Dopo l’atterraggio, resta soltanto la concessione del permesso di soggiorno, ma è una formalità che richiede solo che il lavoratore si rechi all’apposito ufficio della Questura competente e pazienti, restando comunque del tutto tutelato grazie a un cedolino che gli viene consegnato e che testimonia l’apertura della pratica. Nella nostra esperienza, i lavoratori russi sono non solo molto abili ma anche fedeli — anche perché perdere il lavoro anche per un brevissimo periodo li esporrebbe alla perdita del permesso di soggiorno.
Tutti i russi che lavorano nell’IT conoscono l’inglese, chi meglio chi peggio, e la preparazione fornita dalle loro università scientifiche e tecnologiche non ha niente da invidiare alle nostre.
Nella nostra esperienza imparano anche facilmente e in fretta l’italiano, anche se qualcuno conserva nel tempo il buffo accento tipico dei cattivi nei vecchi film di James Bond, e si mangia sistematicamente gli articoli prima dei sostantivi (perché nella lingua russa non esistono).
Dove trovare i candidati
I curriculum vitae dei russi in cerca di un nuovo lavoro all’estero si possono facilmente trovare sui siti dedicati. Sì può cominciare dal sito hh.ru già citato. Bisogna poi menzionare ХАБР (HABR) che ha una sezione dedicata alle carriere. Ma bisogna conoscere la loro lingua perché non c’è una versione in inglese.
Viceversa, un sito meno popoloso ma disponibile in inglese è Dev.to, anche questo con una sezione dedicata alle offerte e richieste di lavoro.
Altro sito molto ricco e da tenere d’occhio è Kwork, anche questo solo in russo.
Infine, per le aziende che fanno di Linux un caposaldo della infrastruttura informatica, dobbiamo citare il sito linux.org,ru, dove ci sono sempre decine di possibilità specifiche aperte nella pagina dedicata.
Qualcuno si chiederà come reagirà l’esecutivo di Putin, dove troveranno i professionisti per far funzionare le imprese nazionali? Per ora hanno fatto tre mosse. Primo, dichiarare che gli informatici professionisti non saranno coinvolti nelle mobilitazioni militari (ma siccome qualcuno è stato preso, questo argomento non sembra impressionare particolarmente chi ha già tolto le tende). Secondo, il responsabile del sistema carcerario Alexander Khabarov ha disposto che prigionieri con competenze IT possano telelavorare dalle loro celle per le aziende russe. Terzo, chiudono un occhio quando una impresa russa di primaria importanza offre il trasferimento all’estero ai propri dipendenti più abili purché continuino al lavorare per loro; pare che Turchia, Cipro e Bulgaria siano molto gettonate.