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Microchip, tutti i problemi della componente “fisica” dell’IA



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La rivoluzione dell’intelligenza artificiale ha una base fondamentalmente fisica, che potrebbe essere rilevante per il potere globale quanto lo è stata la geografia delle riserve petrolifere e degli oleodotti. Ecco gli equilibri in gioco

Pubblicato il 12 ott 2023

Antonino Mallamaci

avvocato, Co.re.com. Calabria



chip semiconduttori

Le vicende legate ai microchip, alla loro scarsità, anche alla loro fisicità, testimoniano un vero e proprio cambiamento di prospettiva nel mercato tecnologico. Si pensava ai nuovi sviluppi come totalmente virtuali, ma le cose non stanno esattamente in questi termini. Anzi, ci sono diverse ragioni per cui la potenza di calcolo sta emergendo come una delle prime preoccupazioni per la concorrenza.

Vediamo perché.

Nvidia, nel mirino possibili pratiche anticoncorrenziali

Qualche giorno fa gli uffici francesi di un produttore di microchip sono stati oggetto di una perquisizione da parte di funzionari dell’Autorità garante della concorrenza. L’Autorità ha fatto sapere di aver ricevuto da un giudice l’autorizzazione per la perquisizione, ma non ha specificato su quali pratiche stesse indagando o quale azienda avesse preso di mira, oltre a dire che era nel “settore delle schede grafiche”.

Si è appurato successivamente che si trattava di Nvidia, il più grande produttore mondiale di chip utilizzati sia per l’intelligenza artificiale che per la computer grafica. Sembra quindi che, mentre i regolatori di tutto il mondo sono al lavoro per cercare di arginare i pericoli insiti in uno sviluppo troppo rapido dell’intelligenza artificiale, abbiano individuato un obiettivo nei microchip che alimentano i sistemi più avanzati come ChatGPT di OpenAI o Bard di Google.

L’Autorità francese ha intervistato gli operatori del mercato sul ruolo chiave di Nvidia nel mercato dei chip, sulla sua politica e sul suo impatto sui prezzi. L’attività di data center incentrata sull’intelligenza artificiale di Nvidia è la principale fonte di entrate dell’azienda. L’autorità sospetta che la società sia coinvolta in pratiche anticoncorrenziali, anche in ragione del fatto che da qualche tempo Nvidia è diventata il principale fornitore di chip di intelligenza artificiale. L’operazione fa seguito a un’indagine più ampia sul settore del cloud computing: le società che operano in questo segmento produttivo potrebbero utilizzare il loro accesso alla potenza di calcolo per escludere concorrenti più piccoli.

Nvidia ha una capitalizzazione di mercato di 1 trilione di dollari. Il WSJ spiega come l’azienda vi sia arrivata e perché l’intelligenza artificiale stia alimentando la rapida crescita dell’azienda. Il cloud computing è guidato da Amazon, Microsoft e Alphabet, che gestiscono grandi data center e affittano la propria potenza di calcolo ad altre aziende e anche a governi. Le società cloud possiedono decine di migliaia di chip Nvidia, diventati popolari per la prima volta nei videogiochi e per elaborare la grafica del computer, ma successivamente divenuti essenziali per i calcoli computazionali che sono alla base del boom dell’intelligenza artificiale.

Con l’ascesa dell’IA generativa la domanda di chip Nvidia è salita alle stelle, tanto da provocarne una scarsa disponibilità. Le GPU (graphics processing unit, unità di elaborazione grafica o processore grafico) sono tra i prodotti più richiesti nel mondo tecnologico, con i fornitori di cloud computing in competizione tra loro per accedervi. L’azienda USA ha una quota di mercato che si accinge a superare il 90%, avendo immesso nel mercato già da tempo versioni più nuove e più potenti dell’hardware. Nel rapporto dell’Autorità francese si rileva che “il crescente utilizzo dell’intelligenza artificiale stimolerà la crescita della domanda di servizi cloud” e si afferma che i regolatori della concorrenza devono “garantire che gli attori consolidati non ostacolino lo sviluppo di quelli più piccoli o nuovi” basati sulle nuove tecnologie cloud.

Due società d’Oltralpe hanno annunciato accordi per espandere la loro offerta dei chip IA più potenti di Nvidia, chiamati H100.

La lotta globale contro gli oligopolisti del mercato dei chip

Il problema è al centro dell’attenzione non solo in Francia. La Commissione europea ha raccolto in modo informale opinioni su pratiche potenzialmente abusive. La fase iniziale dell’indagine potrebbe non sfociare in un’indagine formale o in sanzioni, ma se sarà avviata un’indagine formale, le aziende accusate di violazioni dovranno affrontare l’ordine di modificare le loro pratiche ed eventuali sanzioni fino al 10% del fatturato annuale globale. Le mosse in Europa sono l’ultimo segnale che le lotte politiche sul futuro virtuale sono destinate a concentrarsi sempre più sulle sue basi fisiche, in particolare sulle grandi quantità di potenza di calcolo necessaria per far funzionare l’intelligenza artificiale. Si teme che i più grandi produttori di chip – o attori dominanti in altri aspetti dell’infrastruttura informatica – potrebbero diventare qualcosa di simile agli oligopolisti nel mercato del petrolio se saranno in grado di rafforzare ulteriormente le loro posizioni. E non è solo l’UE a essere preoccupata.

Pratiche anticoncorrenziali nel mercato chip, anche gli Usa in prima linea

La presidente della Federal Trade Commission USA ha indicato (a un’iniziativa della rivista Politico) nelle questioni antitrust legate all’intelligenza artificiale una priorità, anche per i suoi elementi hardware costitutivi come i microchip. I potenziali investitori in start up del settore sono preoccupati e frenano, a suo avviso, perché se è vero che in questo momento alcuni di questi strumenti possono essere acquistati a un prezzo relativamente basso, è altrettanto indiscutibile che una manciata di aziende controlla alcune delle materie prime e degli input critici.

Ciò potrebbe provocare un rialzo drammatico dei prezzi già tra qualche mese, o condizioni potenzialmente coercitive in cui l’accesso a determinati modelli base chiave o ad altre tecnologie di intelligenza artificiale è condizionato dal rinnovo del contratto cloud o di qualche altra parte del business. Le preoccupazioni antitrust iniziali, seguite all’esplosione di ChatGPT, si concentravano sui dati necessari per addestrare nuovi modelli di intelligenza artificiale, a causa del numero limitato di aziende che li possiedono di alta qualità in misura sufficiente per farlo bene. La FTC, in una sua pubblicazione, ha paventato il rischio di pratiche anticoncorrenziali tra le aziende responsabili della fornitura di risorse computazionali: “gli operatori storici che offrono sia servizi informatici che prodotti di intelligenza artificiale generativa, attraverso esclusive partnership cloud, ad esempio, potrebbero utilizzare il proprio potere nel settore dei servizi informatici per soffocare la concorrenza nell’intelligenza artificiale generativa riservando un trattamento discriminatorio a se stessi e ai propri partner rispetto ai nuovi concorrenti”.

Nel 2022, la Commissione è intervenuta per impedire la proposta acquisizione di Arm Ltd. da parte di Nvidia, così scongiurando la più grande fusione nel settore della produzione di chip semiconduttori. Tra le altre giustificazioni per l’intervento della FTC, il rischio per l’innovazione, perché Arm non avrebbe più potuto sviluppare funzioni di intelligenza artificiale su chip non legati all’hardware di Nvidia. Una seconda preoccupazione era che Nvidia avrebbe limitato o declassato l’accesso alla tecnologia di Arm rispetto ai suoi rivali, minando la posizione “neutrale” di Arm nel mercato.

Il rapporto dell’Antitrust UK

L’Autorità britannica per la concorrenza e i mercati ha recentemente pubblicato un rapporto iniziale sui modelli di base dell’intelligenza artificiale. In esso si sottolinea sia una significativa integrazione verticale nel mercato, sia collegamenti all’interno dello stesso attraverso partnership e investimenti strategici. Si rileva che i requisiti e l’accesso a una grande potenza di calcolo saranno un fattore chiave che guiderà la direzione della concentrazione del mercato. Nella sua relazione intermedia, poi, sono ipotizzati ragionevoli motivi per sospettare che vi siano caratteristiche nel mercato delle infrastrutture cloud pubbliche che potrebbero avere un effetto negativo sulla concorrenza nel Regno Unito“.

Altre agenzie che esplorano le preoccupazioni antitrust nel cloud computing includono Corea del Sud, Paesi Bassi, Giappone, Francia.

Le risposte di carattere politico per affrontare il problema della potenza di calcolo

Per il ricercatore di politiche sull’intelligenza artificiale Jai Vipra ci sono diverse ragioni per cui la potenza di calcolo sta emergendo come una delle prime preoccupazioni per la concorrenza. Innanzitutto, per le autorità di regolamentazione è più facile da comprendere rispetto ai dati, che sono astratti e opachi, il che rende difficile sapere come le aziende di intelligenza artificiale li utilizzano: l’informatica sembra un input più concreto per regolamentare. Inoltre, a causa in gran parte della carenza di chip avanzati necessari per addestrare ed eseguire le IA più avanzate, la potenza computazionale è diventata il collo di bottiglia più importante per l’adozione dell’IA. Vediamo quali sono le risposte di carattere politico per affrontare il problema della potenza di calcolo.

I Paesi che cercano un vantaggio competitivo nell’intelligenza artificiale stanno investendo molto nello sviluppo dei semiconduttori e indebolendo i loro avversari attraverso rigidi regimi di controllo delle esportazioni per limitare l’accesso attraverso la catena di fornitura informatica, ciò per motivi di sicurezza nazionale.

Il CHIPS and Science Act

Negli Stati Uniti, il CHIPS and Science Act del 2022 è stata la prima grande misura di politica industriale approvata nel settore tecnologico nella storia recente, incentrata sulla crescita di un’industria nazionale di fabbricazione di semiconduttori. Prima dell’approvazione della legge, essi producevano circa il 10% della fornitura mondiale di semiconduttori.

La nuova legge prevede sovvenzioni di vario genere, e dalla sua approvazione sono stati annunciati oltre 50 nuovi progetti di semiconduttori. Tra i promotori c’è Taiwan Semiconductor Manufacturing Company, il più grande produttore indipendente di semiconduttori al mondo, che prevede di effettuare un investimento di 40 miliardi di dollari in Arizona. Ciò dimostra che i sussidi di mercato possono funzionare per esacerbare, piuttosto che migliorare la concentrazione del mercato, se non attentamente calibrati: dati i colli di bottiglia esistenti nella fabbricazione di chip, tali investimenti possono facilmente essere catturati da attori dominanti anche se introducono una maggiore diffusione geografica.

In particolare, i chip prodotti nel nuovo stabilimento di TSMC verranno comunque rispediti a Taiwan per l’imballaggio e l’assemblaggio, sovvertendo la speranza di creare chip completamente fabbricati negli Stati Uniti.

Le strategie di Francia e Regno Unito

In Francia, la potenza di calcolo è stata un elemento importante nell’interesse nazionale del paese transalpino nello sviluppo delle proprie capacità di intelligenza artificiale. Nel 2019 è stata finanziata la creazione del supercomputer Jean Zay, utilizzato per addestrare il modello di intelligenza artificiale su larga scala BLOOM di BigScience. C’è stato anche uno sforzo concertato da parte di attori non governativi per sostenere un’industria di startup, anche mediante una partnership con Nvidia.

Il Regno Unito ha recentemente annunciato un piano d’investimento di 900 milioni di sterline per costruire un supercomputer a sostegno della ricerca sull’intelligenza artificiale; inoltre, sta investendo 2,5 miliardi in tecnologie quantistiche e 100 milioni in acquisti diretti di GPU da Nvidia, AMD e Intel. La Japan Fair Trade Commission – JFTC, dal canto suo, nel suo studio sul mercato del cloud, sta muovendosi allo stesso modo, motivando gli investimenti da effettuare con il crescente predominio delle società di infrastrutture cloud con sede negli Stati Uniti.

La geografia dell’intelligenza artificiale

A volte la tecnologia è radicata nei luoghi in un modo sorprendentemente antiquato. Secondo Vili Lehdonvirta, ricercatore finlandese che opera ad Oxford, la rivoluzione dell’intelligenza artificiale ha una base fondamentalmente fisica, che potrebbe essere rilevante per il potere globale quanto lo è stata la geografia delle riserve petrolifere e degli oleodotti.

La geografia dell’intelligenza artificiale è costruita attorno alla distribuzione del calcolo o della pura potenza di calcolo. Il ricercatore sottolinea la crescente importanza dei chip ultraveloci utilizzati per sviluppare i modelli di apprendimento automatico più potenti. L’intelligenza artificiale non è solo questione di programmazione all’avanguardia e buoni dati di addestramento: richiede anche strutture in grado di ospitare enormi cluster di queste GPU. I chip più importanti del mondo non sono distribuiti equamente: poche aziende dominano il settore e le strutture sono concentrate in una manciata di paesi: Stati Uniti, Irlanda, Germania e Giappone.

Lehdonvirta, con DFD, parla della geografia dell’intelligenza artificiale, dell’inversione della rivoluzione del personal computing. Per gli scienziati informatici i dati non sono un problema. Il problema è il calcolo, e per tale motivo devono collaborare con le grandi aziende tecnologiche, le uniche che hanno abbastanza risorse di calcolo. All’improvviso, continua, sembra che il capitale industriale sia tornato alla ribalta.

Gli Stati possono ancora essere competitivi?

Il futuro è nelle industrie ad alta intensità di capitale, non in quelle ad alta intensità di conoscenza. Sono necessarie queste enormi strutture su scala industriale per ospitare dati e chip, che vanno raffreddati con grandi quantità di energia. La preoccupazione è: gli stati-nazione possono raccogliere capitali sufficienti per essere competitivi nell’economia digitale del XXI secolo? Mentre il governo britannico investirà 900 milioni di sterline nel calcolo nazionale dell’intelligenza artificiale, Amazon metterà sul tappeto 30 miliardi di dollari solo nei suoi data center in Virginia. Insomma, è in atto una rivoluzione informatica inversa.

Conclusioni

La rivoluzione dei personal computer era una grande cosa perché decentralizzava il calcolo, e quindi il potere politico, dai mainframe e dalle sale server in ogni ufficio e in ogni casa. Ora il calcolo ritorna all’interno di porte chiuse. Non si può accedere in un data center su vasta scala, dove vengono elaborati dati riservati. “Non so se un capo di Stato può entrare lì dentro”, conclude. E il New York Times lancia un altro allarme, strettamente collegato alla constatazione che anche l’immaterialità (supposta) dell’IA ha bisogno di strutture fisiche. E che queste enormi strutture fisiche consumano quantità di energia enormi. Un’analisi peer – reviewed appena pubblicata rivela che, in uno scenario di medio livello, entro il 2027 i server IA potrebbero utilizzare tra gli 85 e i 134 terawattora (Twh) all’anno. Si tratta di un consumo simile a quello utilizzato in un anno da Argentina, Paesi Bassi e Svezia, e pari a circa lo 0,5% dell’attuale consumo di elettricità a livello mondiale.

L’elettricità necessaria per far funzionare l’intelligenza artificiale potrebbe aumentare le emissioni di carbonio del mondo, a seconda che i data center traggano energia da combustibili fossili o da risorse rinnovabili.

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