Il settore del gaming ha vissuto negli ultimi anni un periodo di forte ascesa e popolarità grazie a sviluppi tecnologici che rendono più immediato, facile ed immersivo il gioco. Oltre ai giocatori più assidui e appassionati, i videogame riescono ad attrarre anche molti consumatori occasionali affascinati dalle nuove modalità di gioco.
Che sia analogico o digitale, nel gioco convivono diversi codici: regole esplicite e implicite, modi di rapportarsi e di comportarsi, modi di apparire. Il modo in cui ci vogliamo mostrare diventa un mezzo di sperimentazione e di espressione, un codice di linguaggio che i giocatori possono usare per comunicare e co-costruire significati condivisi dando vita a sottoculture.
Nei videogiochi più avanzati è possibile personalizzare ogni dettaglio del nostro personaggio, dalle caratteristiche fisiche al vestiario; non si tratta solo di aspetto esteriore ma di una forma di comunicazione di sé.
I brand di moda possono sfruttare questa funzione per ottenere visibilità in modo non invasivo ma coerente e funzionale al contesto. Aprendosi al mondo del gaming e collocandosi non come elementi esterni ma parte del playground, invitano letteralmente i consumatori a giocare con i loro prodotti e a conoscerli, a sperimentare, a condividere ed in ultimo ad acquistare.
L’avatar come espressione di sé
Giocare è un’azione volontaria, libera, intenzionale. Nessuno è “obbligato” a giocare; la motivazione primaria ed essenziale è il puro piacere di farlo, l’attività stessa è il fine.
Il gioco crea un confine ideale e temporaneo tra realtà e finzione delimitato da specifiche regole che i giocatori si impegnano a rispettare e che devono mantenere secondo l’ordine stabilito; i giocatori entro questi limiti possono agire “come se”, immedesimarsi in nuovi ruoli, partecipare ed immergersi.
Queste caratteristiche rendono gli ambienti di gioco spazi ideali per i brand di moda.
Il giocatore è concentrato e attento, libero di sperimentare e scoprire, di esprimersi senza conseguenze in un ambiente controllato. È quindi aperto al nuovo e a provare, autonomo nella scelta e nella selezione e combinazione di alcuni articoli, come item e prodotti per il proprio avatar.
Questo consente di realizzare strategie di marketing attraverso la proposta di “contenuti giocabili”, come abbigliamento e accessori da condividere con gli altri giocatori e far indossare al nostro avatar.
L’avatar è il nostro alter ego, il tramite per agire nel mondo virtuale. È la propria rappresentazione virtuale; può essere un’immagine bidimensionale o, come accade nei videogiochi, una riproduzione 3d. Per questa figura vanno scelti aspetto (colore degli occhi, dei capelli, ecc.) ma anche abbigliamento, accessori, scarpe.
Non sempre viene creato in modo che rappresenti fedelmente come siamo nella realtà. Può esprimere il sé desiderato, il nostro ideale e i nostri bisogni comunicativi; è al tempo stesso rappresentazione di come ci vediamo e di come vorremmo vederci; possiamo scegliere di essere chi vogliamo e apparire come probabilmente non faremmo nella vita reale, per esempio indossando capi eccentrici o di alta moda. Possedere beni di lusso ed indossare capi sempre nuovi, particolari, è facile nel mondo virtuale di un videogioco, diversamente da quanto avviene nel mondo reale.
L’avatar è quindi un mezzo di comunicazione, il modo in cui vogliamo presentarci agli altri giocatori e dirgli chi siamo. Ha la funzione di farci esprimere il nostro sé reale e ideale, di farci provare qualcosa anche se solo attraverso un medium, in questo caso il videogioco, dandoci un’esperienza vicaria di “come sarebbe se”.
I consumatori al centro
I brand di moda puntano da tempo a creare esperienze coinvolgenti, divertenti, immersive, a stimolare i consumatori a rapportarsi con loro in maniera sempre più interattiva e partecipe, e lo stanno facendo coltivando diversi approcci.
Molti flagship store (ad esempio Dior, Estée Lauder, Burberry) hanno implementato codici QR o ambienti AR/VR per espandere e sollecitare un’esperienza sensoriale più completa, dove i consumatori possono giocare con stili, texture e colori, provare virtualmente prodotti, aggiungere in tempo reale altri elementi, con l’effetto di far divertire il consumatore e di ottenere un’ampia diffusione del messaggio, per esempio attraverso la condivisione sui social.
Alcuni brand hanno avviato collaborazioni con player nel mondo dei videogiochi: Gucci ha creato dei giochi online come Gucci Workout o Gucci Gravity, in cui i giocatori utilizzano prodotti (reali e acquistabili negli store) in ambienti brandizzati col logo della maison; Balenciaga ha realizzato abiti ed accessori per gli avatar di Fortnite, così come Ralph Lauren, Louis Vuitton e Burberry. Sempre Gucci ha realizzato una special edition della Xbox: in questo caso siamo nell’ambito dell”advergames”, strategia di marketing in cui un brand collabora con un player dell’industria del gaming.
Non solo videogame, ma anche metaverso. Il metaverso è uno spazio tridimensionale condiviso in cui ogni utente può creare luoghi virtuali a disposizione di tutti. Gli utenti sono rappresentati da avatar che possono fare molte attività come giocare, andare ad un concerto, lavorare, uscire con gli amici, il tutto grazie a realtà aumentata e tecnologie di realtà ibride.
Nel metaverso è anche possibile fare acquisti (in valuta reale o virtuale) e sono già presenti negozi di importanti colossi del fashion: Bulgari, Gucci, Dolce e Gabbana, Balenciaga, per citarne alcuni.
Senza rinunciare all’identità e al prestigio del brand, il fatto di essere presenti attraverso collaborazioni o con elementi del gioco (per esempio, con item che hanno il logo), attira l’attenzione e mostra un nuovo modello di promozione in cui l’esperienza dell’utente è al centro.
Questo vuol dire anche avvicinare i brand ai consumatori: in questo modo viene percepita meno l’elevata barriera di accesso e l’aura di semi-irragiungibilità di un brand del lusso. Quando lo storytelling è integrato in un gioco, il rapporto con il brand diventa più intimo ed il consumo stesso dei prodotti diventa parte dell’esperienza ludica.
L’industria del fashion negli spazi digitali
La moda ancora oggi non rinuncia ad avere una funzione sociale, prendendo parte alla cultura del tempo in cui opera, influenzandola e facendosi influenzare a sua volta. La moda è da sempre legata all’espressione di sé, alla creazione di sottoculture riunite intorno a significati comuni, allo stile come affermazione identitaria. E questo vale per l’utente come per il brand stesso che a sua volta esprime i suoi valori ed il suo posizionamento unico.
L’industry del fashion è quella più attenta alle innovazioni digitali e alle nuove opportunità per raggiungere ed ingaggiare i consumatori.
Gli spazi digitali sono luoghi di espressione in cui gli utenti scelgono liberamente come e dove essere presenti; scelgono le piattaforme che usano, quali aspetti di sé rivelare, come impostare il proprio profilo guidati dal loro gusto personale e dalla soddisfazione di bisogni (espressione di sé, connessione, creazione di legami, partecipazione ad una comunità). Che sia un profilo su un social network o l’avatar in un videogioco, per gli utenti sono spazi esperienziali in cui sperimentarsi, che portano alla creazione e al senso di appartenenza alla comunità.
I brand che sanno inserirsi nel mondo dei videogame hanno un vantaggio competitivo: riescono a creare un legame unico col consumatore.
Bibliografia
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