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Musica, l’intelligenza artificiale la sta già cambiando: ecco come



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Si va verso la possibilità di monetizzare i deepfake musicali creati con l’AI; ma con lo scoglio possibile di un difficile riconoscimento del copyright. Lo dicono due notizie del mese. Mentre avanza l’applicazione dell’AI per la produzione di musica

Pubblicato il 28 ago 2023

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)



musica intelligenza artificiale

Nell’ultimo mese due notizie rilevanti in tema di intelligenza artificiale hanno destato attenzione nel settore musicale. Si va verso la possibilità di monetizzare i deepfake musicali creati con l’AI; ma con lo scoglio possibile di un difficile riconoscimento del copyright.

Monetizzare i deep fake musicali

Da un lato, l’indiscrezione, annunciata dal Financial Times, che Google e Universal Music sarebbero in trattative per concedere in licenza le melodie e le voci degli artisti per canzoni generate dall’intelligenza artificiale, questo per rendere monetizzabile una delle sue più grandi minacce per il settore.

L’evoluzione tecnologica e l’apparire di nuovi modelli di business hanno plasmato la nuova industria discografica in questi anni ma hanno anche fatto comprendere, dopo le lotte dei primi anni duemila, che ogni era tecnologica possa portare con se nuove opportunità.

Le trattative tra l’industria discografica e Google, oltre ad Universal Music, anche Warner starebbe muovendosi in questa direzione, confermano che l’apparire di deep fake, come quelli realizzati su Drake e The Weeknd, Frank Sinatra, ecc. possono anche trasformarsi, nell’era del remix e dei social media, in una forma di user generated content che può portare nuove revenue ad artisti e produttori.

Come riportato dal FT, Robert Kyncl, amministratore delegato di Warner Music, ha detto agli investitori che “con la giusta struttura in atto”, l’IA potrebbe “consentire ai fan di fare il più grande omaggio ai loro eroi attraverso un nuovo livello di contenuti generati dagli utenti”. . . comprese nuove versioni di copertine e mash-up”.

Registrazione di un’opera fatta tutta con l’AI? Non si può

La seconda notizia rilevante riguarda invece la decisione della corte americana di rigettare la richiesta della registrazione, presso il Copyright Office, di un’opera interamente realizzata con l’AI.

Lo U.S. Copyright Office aveva respinto la richiesta in quanto la registrazione di un’opera originale è possibile solo se questa sia stata creata da un essere umano. La normativa americana sul Copyright tutela solo “il frutto del lavoro intellettuale” che “si basa sui poteri creativi della mente”. Dato che la normativa limita la tutela alle “concezioni intellettuali originali dell’autore“. Nel caso in esame, la registrazione non può essere concessa qualora l’U.S. Copyright Office stabilisca che l’opera non sia stata creata da un essere umano ma, al contrario, da uno strumento di IA generativa.

Il richiedente, Stephen Thaler, aveva portato in tribunale il Copyright Office dopo il diniego. La corte di è però espressa a favore di quest’ultimo.

L’applicazione dell’AI nella produzione musicale

Mentre da un lato prosegue il dibattito legale e giurisprudenziale, l’AI generativa è ormai parte della produzione musicale e le applicazioni della tecnologia sono sempre più spinte.

Con una sempre maggiore portabilità e convenienza della tecnologia, gli artisti, anche non professionisti possono utilizzare prodotti sofisticati che già fanno largo impiego di AI. Apple può Con GarageBand di Apple esistono potenzialità come “type beats” Chi usa un’app come Boomy, può selezionare alcune opzioni, come Rap Beats o Global Groove, e generare uno strumentale in pochi secondi sul quale registrare una voce. Gli utenti di Boomy, ad esempio, hanno creato oltre 14,5 milioni di canzoni, circa il 13 % della musica disponibile.

Allo stesso tempo SongStarter di BandLab può generare uno strumentale basato su testi ed emoji specifici.

Altre applicazioni consentono di generare musica sulla base di un film o audiovisivo. L’AI individua un tema e lo sincronizza con l’opera. L’artista procederà poi con l’adattamento.

Reactional Music, Life Score, Minibeats e altri utilizzano l’intelligenza artificiale non per generare musica ma per consentire di creare nuove composizioni con la musica dell’artista. Utilizzando il dataset del catalogo dell’artista, l’applicazione propone nuove opere.

Come ha riferito di recente Billboard, alcuni cantautori ed editori stanno ora sperimentando tecnologia di sintesi vocale AI per aiutarli a collocare le loro composizioni con artisti di alto livello.

Al giorno d’oggi, i “pitch records” canzoni scritte solo da cantautori professionisti e successivamente vendute agli artisti per la registrazione possono essere particolarmente difficili da ottenere poiché più artisti vogliono svolgere un ruolo più importante nel processo di creazione delle canzoni, quindi la tecnologia vocale AI ha aiutato editori e scrittori tecnologicamente avanzati a mostrare al team di artisti come potrebbe suonare il cantante su una traccia prima ancora di registrarla.

Naturalmente non vanno poi dimenticate le tecnologie di Google come Google Music LM e OpenAI con Jukebox, che tuttavia sollevano il tema legale dell’utilizzo di contenuti pre-esistenti. L’app di OpenAi risulterebbe addestrata con oltre 5 milioni di canzoni protette da copyright. Ecco perché la questione delle licenze con i titolari dei diritti sono in cima alle priorità per l’industria musicale.

Tra deep fake, voci clonate, strumenti di assistenza alla creazione, l’IA, come vediamo, ha diverse facce che saranno sempre di più parte integrante del sistema musica spingendolo verso l’ennesima trasformazione.

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