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Nomadi digitali: attrarre talenti fa bene ai territori



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Il lavoro agile ha favorito la nascita dei nomadi digitali, professionisti che operano ovunque grazie alle tecnologie. In Italia, la normativa supporta questa categoria, incentivando la riqualificazione di territori abbandonati. La legge del 2022 facilita l’ingresso di lavoratori extra-UE altamente qualificati, promuovendo così attrazione di talenti e crescita locale

Pubblicato il 27 set 2024

Luca Furfaro

esperto di welfare e lavoro



nomadi digitali (1)

L’intensificarsi del lavoro agile ci ha insegnato che alcune tipologie di lavori possono essere svolti in maniera ottimale a prescindere dall’ubicazione fisica nella quale si è localizzati.

Se molto spesso tale concetto passa attraverso una scelta tra lavorare da casa o in ufficio, in realtà l’agilità potrebbe, e in alcuni casi è molto più spinta.

Il movimento dei nomadi digitali

Da questo semplice ragionamento ha preso il via il movimento dei nomadi digitali, che in Italia ha anche una sua Associazione di riferimento (Associazione Italiana Nomadi Digitali)

I nomadi digitali sono lavoratori attraverso sistemi digitali che possono, vista la loro attività, decidere di operare nel territorio che ritengono più congeniale. Questo spostamento può avere una ampiezza cittadina, regionale, nazionale o internazionale.

Tali spostamenti risultano molto interessanti, non solo per il lavoratore, ma anche per il territorio nel quale queste professionalità si inseriscono. Si pensi, anche con nomadi digitali italiani, alla possibilità di rivalutazione di borghi e territori abbandonati o semi abbandonati. Sul tema anche il PNRR ha fornito una spinta finanziatrice per interventi di riqualificazione dei territori che consentano l’insediamento di funzioni e servizi delle infrastrutture della cultura, del turismo e del sociale.

Il voto con i piedi e l’attrazione dei talenti

Lo sviluppo di un paese non è solo una questione di dotazione di risorse e di progresso tecnologico, ma è anche determinato anche dalle persone che popolano un territorio.

In sociologia parlando di voto con i piedi si vuole rappresentare la possibilità di accordare una preferenza a una comunità piuttosto che a un’altra, a una forma di governo o a un modo di vita attraverso il movimento fisico, il trasferimento. 

Immaginando un sistema con elevati livelli di mobilità, è ovvio come i diversi Paesi possano competere tra di loro sul benessere economico, le libertà civili, la responsabilità sociale, l’integrazione e su tanti altri aspetti.

Non deve stupire quindi che si stia parlando di attrazione di popolazione stanziale ma che, anche a livello governativo sia iniziata una interlocuzione sui nomadi digitali, professionisti o dipendenti di passaggio con elevate competenze tecniche che possono solamente arricchire un territorio.

Il visto nomadi digitali

Il primo intervento normativo che ha introdotto il concetto sociale di nomade digitale in Italia è stato quello relativo alla possibilità di ingresso di cittadini Extra-Ue con motivazioni di lavoro. Seppure ci si trovi di fronte a una delle possibili definizioni del nomade digitale è chiaro come si possa intravedere una presa di coscienza dell’importanza anche di questi lavoratori.

L’art. 6-quinquies, L. 28 marzo 2022 n. 25, che ha convertito il DL 4/2022, è intervenuto a modificare il dettato dell’art. 27 del Testo Unico Immigrazione con l’introduzione dei nomadi digitali tra i soggetti che possono entrare in Italia per situazioni lavorative particolari. La pubblicazione del Decreto 29 febbraio 2024 del Ministero dell’Interno di concerto con il Ministero del Lavoro, del Turismo e degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale ha reso completo l’iter legislativo offrendo le caratteristiche per la richiesta del visto.

I requisiti necessari

Il nuovo nullaosta riguarda gli extracomunitari che svolgano un’attività lavorativa altamente qualificata, identificata dal possesso di un titolo d’istruzione superiore rilasciato dall’autorità competente nel Paese dove è stato conseguito, che attesti il completamento di un programma d’istruzione superiore post-secondaria di durata almeno triennale e relativa qualifica professionale superiore.

La norma italiana differenzia il nomade digitale, rientrante nella categoria dei lavoratori autonomi, dal lavoratore da remoto che può invece essere un lavoratore subordinato o parasubordinato.

I lavoratori digitali altamente qualificati extracomunitari potranno entrare e soggiornare nel territorio nazionale se in possesso dei seguenti requisiti:

  • reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (poco meno di 28.000 euro);
  • assicurazione sanitaria per cure mediche e ricovero ospedaliero valida per il territorio nazionale e per il periodo del soggiorno;
  • sistemazione alloggiativa documentata;
  • esperienza pregressa di almeno 6 mesi nell’ambito dell’attività lavorativa da svolgere come nomade digitale o lavoratore da remoto;
  • contratto di lavoro o collaborazione o relativa offerta vincolante, se lavoratori da remoto, per lo svolgimento di un’attività lavorativa che richiede il possesso di uno dei requisiti di alta qualificazione (art. 27-quater, c. 1, D.Lgs. 286/1998).

Tale lavoratore dovrà però essere inquadrato, a seconda della tipologia di lavoro, secondo la normativa nazionale. Al momento del rilascio del permesso di soggiorno la Questura comunica la presenza dell’extracomunitario, trasmettendo copia del contratto di lavoro o collaborazione, alle competenti sedi territoriali dell’Istituto Nazionale di Previdenza sociale e dell’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro per le verifiche di competenza.

In ottica di attrattività e di semplificazione sarebbe auspicabile un percorso di semplificazione che offra garanzie al lavoratore ma riesca anche a eliminare le barriere burocratiche che un paese, come quello Italiano, con una elevata maturità del sistema legislativo possono offrire.

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