I ricavi di Nvidia nel trimestre finito a luglio sono più che doppi – +122% – rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo i 30 miliardi di dollari: più dei 28,7 miliardi che gli analisti si aspettavano. Anche l’utile netto è più che doppio, raggiungendo i 16,6 miliardi di dollari.
Ma questi risultati non sono bastati al mercato, che già nell’”after market” ha evidenziato la sua insoddisfazione, confermata il giorno successivo con un calo del titolo del 6,38%, che ha riportato la capitalizzazione (Tab. 1) al di sotto della soglia dei 3 trilioni.
Dietro questo scontento c’è una valutazione di medio-lungo periodo sull’intero mercato dei chip per l’intelligenza artificiale e sull’AI stessa.
Di fondo sono diverse le possibili ragioni delle insoddisfazioni, che risalgono però in larga misura
- alla velocissima crescita (Fig.1) del valore attribuito alla società – la più elevata nella storia a questi livelli – che per un certo periodo si è addirittura trovata ai vertici mondiali davanti a Microsoft e Apple, e
- alla necessità, per mantenersi su livelli di capitalizzazione così alti, di evidenziare prospettive di crescita dei ricavi e degli utili sempre estremamente elevati.
Crescita Nvidia, cos’è successo
Quello che è successo è che:
- il margine lordo, pari a ben il 75,1%, è risultato inferiore al 75,5% previsto dagli analisti e forse ancor più alle aspettative miracolistiche di almeno parte del mercato: a causa, come dichiarato, dei problemi di produzione del nuovo “AI chip” (che dovrebbe avere caratteristiche molto superiori rispetto al modello di punta attuale), che hanno richiesto uno sforzo di riprogettazione;
- alla naturale decelerazione della crescita dei ricavi, evidenziata nella Fig.2, si è aggiunto l’annuncio (ben evidenziato nella Fig.3) di una modesta crescita dei ricavi nel trimestre in corso, ancora a causa dei ritardi nell’entrata in produzione del nuovo “AI chip”: con la prospettiva però – come annunciato dalla CFO nel tentativo (sembra con poco successo) di rassicurare gli investitori – di un grande recupero nel trimestre successivo (quello che terminerà a fine gennaio), quando il nuovo “AI chip” sarà finalmente disponibile.
L’interesse sul caso
Perché così tanto clamore su Nvidia, le cui presentazioni delle trimestrali – secondo gli analisti di Deutsche Bank – sono entrate della lista degli eventi più importanti del calendario macroeconomico, in gara con le presentazioni dei dati sul mercato del lavoro o sui prezzi al consumo negli US, che come noto influenzano pesantemente le scelte di politica monetaria?
Non solo io credo per il valore attorno ai 3 trilioni di dollari raggiunto dalla società (le trimestrali di Apple e Microsoft hanno un’eco minore), ma perché – controllando Nvidia il 90% circa del mercato degli “AI chip” (almeno di quello al di fuori della Cina) – il suo andamento è il miglior indicatore in assoluto dello stato di salute dell’AI generativa, almeno per quanto concerne il breve periodo.
E tale stato di salute a sua volta impatta pesantemente sui valori attribuiti alle Big Tech, che stanno investendo pesantemente (soprattutto le tre leader nel comparto del cloud Amazon, Microsoft e Alphabet-Google e Meta) – nei data center in grado di gestire sia il “training” dei grandi modelli di AI generativa sia la cosiddetta “inference”, ovvero l’accesso ai servizi costruiti su tali modelli.
È un valore sostenibile quello di Nvidia? Non ritengo che la caduta di giovedì 29, ancorché significativa, ci dia indicazioni definitive data la volatilità mostrata dal titolo (Fig. 1) nei mesi scorsi. Cercherò invece di riportare alcune delle argomentazioni riportate in questi giorni dalla grande stampa economico-finanziaria internazionale.
Nvidia, origine dei ricavi e strategie
I ricavi di Nvidia derivano in larghissima misura dagli investimenti in data center per l’AI generativa della Big Tech, che – data la preoccupazione delle Borse sui ritorni e sui tempi di ritorno di tali investimenti (ben evidenziatasi in occasione delle presentazioni delle loro trimestrali) – dipendono a loro volta dai tempi in cui si manifesterà una domanda di servizi basati sui modelli di AI generativa in grado di ripagare gli investimenti stessi. Se la domanda sarà debole o comunque si manifesterà con lentezza non si può che prevedere una frenata più o meno forte negli investimenti delle Big Tech e quindi nei ricavi di Nvidia.
Si apre la concorrenza a Nvidia?
La scommessa di Nvidia di puntare su chip con performance sempre più elevate per soddisfare il training di modelli di AI sempre più grandi (quali tipicamente quelli di OpenAI ma non solo), ma con prezzi anch’essi in crescita, potrebbe scontrarsi con un mercato che preferisca – come in parte già avviene – i modelli più piccoli e focalizzati e/o comunque guardi più ai rapporti qualità-prezzi che non alla massima qualità: aprendo più spazi ai possibili concorrenti, siano essi operatori storici come AMD (che sta consolidando una sua quota), piuttosto che startup come Cerebras o addirittura le Big Tech stesse (che stanno cercando di costruirsi in casa almeno parte dei chip).
La crescita di importanza quantitativa in prospettiva della fase di “inference” rispetto a quella di “training” dei modelli di AI, se il ricorso ai servizi basati sulla AI generativa si intensificherà, può rappresentare un altro fattore in grado di cambiare gli assetti concorrenziali. Richard Waters ha sostenuto in un articolo su FT dei giorni scorsi che Nvidia rimane dominante anche in questo campo, e non si può non dargli fiducia, ma bisognerà capire anche in questo caso quanta parte del mercato sarà soprattutto sensibile al prezzo.
In agosto Andy Jassy, amministratore delegato di Amazon, la cui divisione di cloud computing è un grande utilizzatore di chip Nvidia, ha riconosciuto di aver “sentito forte e chiaro dai clienti che desiderano prestazioni migliori in termini di prezzo”. La sua azienda sta investendo in progetti propri.
Così come Google, Meta, Microsoft e Tesla. AMD, un progettista di chip rivale, è passata da vendite di chip per l’intelligenza artificiale quasi nulle nel 2022 a una previsione di 5 miliardi di dollari per quest’anno. Il 19 agosto ha dichiarato che avrebbe acquistato ZT Systems, un produttore di server, aiutandolo a competere con l’offerta end-to-end di Nvidia. I campioni tecnologici cinesi come Huawei, a cui le sanzioni americane hanno impedito di acquistare apparecchiature Nvidia di fascia alta, potrebbero fare passi avanti che potrebbero fare alla quota di mercato di Nvidia quello che concorrenti cinesi come BYD hanno fatto a Tesla nelle auto elettriche.
Potrebbe accadere a Nvidia, sostengono alcuni, appunto quello che è accaduto a Tesla, superata – in termini di numero di auto elettriche prodotte – dalla cinese BYD: un’impresa sicuramente valida, ma che aveva potuto anche fruire dei finanziamenti pubblici erogati all’intero settore. E potrebbe accadere con le grandi risorse che il governo cinese ha messo in campo per lo sviluppo degli “AI chip”, dopo il veto del governo statunitense all’export in Cina dei prodotti top di Nvidia.
Il rapporto con TSMC
Un ultimo punto, oggetto di una interessante analisi di The Economist, riguarda il rapporto fra Nvidia e TSMC, l’operatore taiwanese leader mondiale nel manufacturing dei chip di qualità più elevata, che ha attualmente Apple come principale cliente.
Non avendo la possibilità Nvidia (per scelta storica) di effettuare in casa il manufacturing dei suoi chip, la sua possibilità di incrementare fortemente le vendite – e conseguentemente i ricavi e gli utili – nel futuro prossimo e meno prossimo è strettamente interconnessa con un aumento della capacità produttiva di TSMC, che ha però vincoli temporali non piccoli per la messa a punto dei nuovi impianti. In assenza di possibilità di incrementare le quantità vendute, Nvidia – per mantenere elevato il suo valore – dovrebbe aumentare ulteriormente i prezzi, scontrandosi però con il bisogno di ridurre il costo degli investimenti delle Big Tech.
Il ritardo di alcuni mesi, annunciato da Nvidia, per il nuovo chip Blackwell è un primo segnale di problemi produttivi in corso.
Lo spettro di una bolla AI che scoppia
Nelle loro recenti relazioni sugli utili, Microsoft, Amazon, Meta e la società madre di Google, Alphabet hanno registrato una spesa di capitale combinata di 58,5 miliardi di dollari solo per il trimestre di giugno, con un aumento del 64% rispetto all’anno precedente. Tutti e quattro hanno previsto che la spesa rimarrà elevata quest’anno e nel prossimo, e tutti hanno indicato l’“infrastruttura AI” come il principale motore.
Si tratta di un’ottima notizia per Nvidia, che detiene la parte del leone nel mercato dei chip per l’intelligenza artificiale.
Ma la durata di questa spesa è ancora un grosso punto di domanda. Non solo la spesa su Nvidia ma in generale quella su chip (e datacenter) per l’IA.
Il tema è se la domanda effettiva di servizi di IA generativa riuscirà soddisfare le previsioni delle big tech.
E riuscirà a soddisfarle solo se alla fine della fiera l’IA darà vantaggi economico-produttivi, a chi la adotta, superiori ai costi del servizio.
Un risultato che ancora non è stato conseguito. E potrebbe non succedere per molto tempo, ancora, alla luce della storia economica delle tecnologie (dai treni ai computer a internet), il cui impatto sulla produttività si è visto solo decenni dopo il loro debutto.
Redazione
Conclusione
Riprendendo il punto di vista degli analisti di Deutsche Bank sull’impatto delle trimestrali di Nvidia, qual è stato questa volta l’effetto sulle Big Tech sue principali clienti? Non particolarmente forte, se si guarda la Tab. 1: con l’eccezione di Alphabet-Google, che potrebbe aver risentito della dichiarazione del candidato vicepresidente repubblicano JD Vance che Google dovrebbe “essere fatta a pezzi”, tutte le altre hanno visto i loro valori crescere: forse (ma scherzo) per la speranza del mercato in un freno ai loro investimenti nei chip di Nvidia.