La decisione di Google di ritirare il supporto ai cookie di terze parti entro la fine del 2024 ha innescato una svolta epocale nel panorama del digital advertising. I cookie di terze parti, fondamentali per tracciare il comportamento online degli utenti e fornire annunci pubblicitari personalizzati, stanno per lasciare il posto a nuove strategie e modelli di advertising.
Addio ai cookie di terze parti nel digital advertising: la survey IAB
IAB Italia, l’associazione di riferimento per l’ecosistema della pubblicità digitale, da molti anni sta lavorando per preparare il mercato a questo cambiamento, anche perché data di partenza della progressiva dismissione dei cookie di terze parti è stata spostata nel tempo (doveva essere a inizio 2023). È stata realizzata una survey tra i soci IAB, a cui hanno risposto quasi 500 persone, per identificare il livello di maturità del mercato e i principali orientamenti di sviluppo nell’era post cookie.
La survey aveva evidenziato in primo luogo un certo livello di confusione sulla terminologia (es. cookie di prima vs cookie di terza parte). Per quanto riguarda le prospettive future, la survey aveva evidenziato la forte consapevolezza del valore strategico dei dati cosiddetti di prima parte e la necessità di mettere in atto azioni per valorizzare questo patrimonio. A valle della survey, sono state organizzate attività di formazione per i soci, in particolare per le aziende investitrici, con l’obiettivo di far crescere la preparazione del mercato e la visione sulle varie opzioni possibili.
Consenso dell’utente: migliorato il Transparency & Consent Framework
Per quanto riguarda i dati di prima parte, IAB Europe, l’associazione che riunisce tutti gli IAB Europei e una gran parte delle principali aziende dell’ecosistema della pubblicità digitale, ha ulteriormente migliorato il “Transparency & Consent Framework (TCF)”, un framework operativo per aiutare i proprietari di siti web o gli editori, i fornitori e gli inserzionisti a rispettare gli obblighi di trasparenza e consenso stabiliti dal GDPR. Il TCF fornisce un approccio standardizzato per ottenere il consenso dell’utente per il trattamento dei dati personali nell’ecosistema della pubblicità digitale. È stato lanciato per la prima volta nel 2018 e da allora lo IAB ha lanciato diverse versioni, con l’ultima versione 2.2 lanciata nel maggio 2023.
Eliminazione dei cookie di terze parti: sfide e nuove opportunità
Con la scomparsa dei cookie di terze parti, per il digital advertising si prospettano sfide radicali e nuove opportunità. Per anni, il targeting degli utenti è stato la strategia dominante nel settore, consentendo agli inserzionisti di raggiungere le persone in base ai loro interessi e comportamenti. Con l’eliminazione dei cookie di terze parti, questo approccio non sarà più possibile. Lo user targeting, basato sulla raccolta e analisi dei dati personali degli utenti, perde la sua ragion d’essere. A questo si aggiunge la sempre maggior sensibilità degli utenti al non essere tracciati, che rende ancora più difficile il targeting delle audience.
I cookie di terze parti sono stati fino a oggi il fulcro delle operazioni di gestione dell’advertising, consentendo alle aziende di tracciare gli utenti su diversi siti web e app. Questo permetteva di creare profili dettagliati, che venivano poi utilizzati per indirizzare annunci pubblicitari personalizzati. Senza i cookie di terze parti, implementare lo user targeting sarà molto più difficile.
Le aziende non potranno più seguire gli utenti sui diversi media, rendendo difficile la creazione di profili accurati. Inoltre, e forse il problema principale, l’abbandono dei cookie di terze parti rende più difficile l’attribution, ovvero la capacità di determinare quale canale pubblicitario sia effettivamente il maggior contribuente a una determinata azione compiuta da un utente, come ad esempio l’acquisto di un prodotto su un sito di e-commerce. In assenza dei cookie di terze parti, le aziende dovranno per forza di cose abbracciare nuovi approcci per risolvere il problema e per ottenere un ritorno sul loro investimento pubblicitario.
Trasferire il matching sui server
Uno scenario, in continuità con le tecnologie di tracciamento e di gestione dei dati utilizzate fino ad ora (DMP, CDP, etc), prevede il mantenimento di una targetizzazione a livello di singolo utente, ma con la differenza di trasferire il matching tra gli identificativi degli utenti (non più cookie ma ID) dal browser a un livello “extra-browser”, ovvero quello dei server. In questo modo, mentre l’utente naviga, le informazioni univoche di identificazione non sono più certificate da un match tra cookie rilasciati dai diversi player, ma da ID che si sincronizzano tra due server collegati online, ma fuori dal flusso di comunicazione tra computer e browser, aggirando quindi in qualche modo il problema posto dall’abbandono dei cookies. Questo primo scenario vede due principali sfide. Da un lato, l’estrema frammentazione dell’offerta di questo tipo di soluzione, presente in ciascun paese, ne rende molto difficile l’adozione da parte delle aziende multinazionali, che tendono a scegliere fornitori tech che riescono a operare a livello globale. La seconda sfida deriva dalla possibilità che l’adozione di un ID globale sia soggetta a regolamentazioni molto stringenti in materia di privacy. Questo perché un ID è sempre un identificativo non anonimo né pseudonimo, e quindi necessita di un consenso esplicito da parte del consumatore, con tutte le resistenze che, come anticipato prima, i consumatori stanno ponendo.
Targeting per coorti: un nuovo approccio alla privacy
Un secondo scenario, capitanato da Google, si è invece instradato verso un targeting per “coorti”. Il concetto di targeting per coorti introduce un approccio innovativo: gli utenti con interessi simili vengono raggruppati in “coorti” anonimi, mantenendo la riservatezza delle informazioni individuali. Gli inserzionisti possono quindi mirare a questi gruppi, mantenendo al contempo il rispetto della privacy. Frutto di una collaborazione su scala mondiale, questo nuovo approccio, basato sul concetto di privacy sandbox, è il risultato di sforzi congiunti tra Google, stakeholder del settore pubblicitario, inserzionisti, editori e organi di regolamentazione.
L’obiettivo principale è sviluppare un framework che soddisfi le esigenze della pubblicità digitale senza compromettere la privacy degli utenti. Tale approccio è attualmente in fase di implementazione: Chrome ha implementato uno strumento di protezione dal tracciamento (in poche parole ha impedito ai cookie di terza parte di essere salvati nel browser) e ha già raggiunto l’1% degli utenti del browser a livello globale. Questo strumento è un passo significativo verso il controllo migliorato della privacy.
Il ritorno del contextual advertising e l’avvento del predictive marketing
Esistono altri possibili scenari come quello del cosiddetto “contextual” dove la pubblicità viene erogata sulla base dei contenuti che l’utente sta visualizzando nella pagina di navigazione. Non ci si basa sui dati di terze parti ma solo sui segnali “contestuali” che arrivano dagli utenti.
Uno degli approcci più interessanti è quello del predictive marketing, che si basa sull’utilizzo di algoritmi di intelligenza artificiale per prevedere l’efficacia delle campagne anche in assenza di dati di tracciamento. Il predictive marketing si basa sull’analisi dei dati storici per individuare i modelli di efficacia delle campagne, indipendentemente da qualsiasi logica di attribuzione degli individui o di gruppi di utenti. Per costruire questi modelli, si utilizza un’analisi fattoriale che tiene conto dei dati di input e di output dell’impianto di investimento pubblicitario multicanale. I dati di input sono rappresentati dal media-mix, mentre i dati di output sono rappresentati da metriche come, ad esempio, la performance del media, i costi di acquisizione di un nuovo cliente o Il lifetime value.
In pratica, gli algoritmi analizzano i dati storici per identificare le relazioni tra le variabili che influenzano l’efficacia delle campagne pubblicitarie. Ad esempio, possono identificare che gli annunci pubblicitari visualizzati su un determinato media sono più efficaci se i costi di acquisizione sono più bassi, se gli annunci pubblicitari vengono visualizzati in un momento specifico, o se il contesto del sito o il formato dell’annuncio producono statisticamente una maggiore interazione con il messaggio dell’inserzionista. Questa analisi fattoriale consente di identificare i modelli di efficacia delle campagne pubblicitarie anche senza conoscere le caratteristiche degli utenti a cui sono destinate.
Il predictive marketing offre diversi vantaggi rispetto allo user targeting tradizionale. Innanzitutto, rispetta la privacy degli utenti, poiché non richiede la raccolta di dati personali. In secondo luogo, è più efficace nell’identificare le migliori strategie di investimento e nel prevedere l’andamento delle vendite di un prodotto o di un servizio. In pratica, è una nuova soluzione che offre opportunità significative per il futuro del digital advertising.
La scomparsa dei cookie di terze parti porterà anche alla massiccia adozione di tecnologie di intelligenza artificiale e di Large Language Modeling nell’esecuzione delle campagne media.
Conclusioni
L’evoluzione del digital advertising richiede una adattabilità rapida da parte delle aziende. Mentre il futuro post-cookie di terze parti presenta sfide, offre anche opportunità per l’innovazione e la crescita. Le aziende che abbracciano nuovi modelli o esplorano scenari alternativi potrebbero godere di un vantaggio competitivo significativo in questo nuovo scenario pubblicitario.
Il futuro è incerto, ma la creatività e la flessibilità saranno fondamentali per prosperare in questo nuovo capitolo del digital advertising.