Ormai il cellulare è diventato un’estensione al nostro essere. Lo usiamo senza pensarci troppo, riempie i momenti morti in qualsiasi luogo ci troviamo e ci fornisce informazioni ed intrattenimento a non finire. Non si tratta per forza di qualcosa di negativo: se usato adeguatamente lo smartphone può essere uno strumento utilissimo, cruciale per svago e lavoro.
Quello che però si rischia di perdere nel miasma di social e di connessioni è il peso di ciò che avviene intorno a noi. Essere sommersi da notizie su guerra, immigrazione, cambiamento climatico può avere effetti devastanti, e non riuscire ad elaborare argomenti così complessi rischia di portarci all’alienazione totale. Il risultato? Ciò che dovrebbe amplificare le nostre percezioni finisce per atrofizzarci emotivamente, rendendoci insensibili a qualcosa che altrimenti ci starebbe a cuore come esseri umani.
Come possiamo, allora, riacquistare la nostra umanità, usando uno strumento che normalmente contribuisce all’alienazione? Oggi vi parleremo di Papers, Please.
Cos’è Paper, Please
La verità è che certi argomenti non possono essere elaborati nel tempo di un tap: serve prendere coscienza, riflettere, e queste azioni non possiamo relegarle a nessun gadget elettronico. Ma allora come ci si può prendere questo tempo? Esiste un pulsante che possa aiutarci a mettere a fuoco una realtà così problematica e complessa come la nostra?
Ad una domanda così non può esistere una risposta univoca, ma noi crediamo ci sia qualcosa che si può fare per ridurre questo perenne spaesamento. Ed in questo caso sarà proprio con l’aiuto del nostro smartphone che potremmo prenderci il giusto spazio per riflettere. Perché, se da una parte è vero che i nostri cellulari tendono a decentralizzare la nostra attenzione, dall’altra è possibile utilizzarli come strumenti di arricchimento personale.
Papers, Please, un videogioco visionario di Lucas Pope. È uscito nel lontano 2013 su PC, ma da poche settimane è disponibile anche su Android, attraverso un porting magistrale, che converte in maniera perfetta i comandi e lo stile grafico della versione originale per risultare comodo e divertente anche sul piccolissimo schermo.
In Papers, Please dovremo svolgere il “semplice” compito di impiegato presso l’ufficio di immigrazione della fittizia nazione di Arstotzka. Ci ritroveremo in una realtà distopica, in cui le direttive che arrivano dall’alto cambiano da un giorno all’altro e non è possibile discuterle. Anche perché, come in ogni nazione distopica che si rispetti, non solo siamo all’orlo del lastrico, ma non abbiamo quasi nessuna libertà di manovra o parola. E chi crea qualsiasi tipo di polemica, come chi non guadagna abbastanza soldi per sostentare la propria famiglia, viene considerato alla stregua di un traditore.
Le azioni che dovremo compiere nel videogioco di Pope sono elementari: verificare passaporti, carte d’identità e riportare ogni minima discrepanza. Il tutto viene corredato da un’interfaccia semplice ed immediata: avremmo comodamente a portata di mano direttive – aggiornate di giorno in giorno –, consigli per riconoscere dei falsi, mappe e regolamentazioni precise. Il tutto però non si tradurrà in un sistema macchinoso e burocratico (dopotutto siamo in un videogioco). Ogni regola, ogni direttiva, ogni documento d’esempio saranno scritti in maniera tale da essere capiti al volo, e permetterci un’immersione rapida nell’azione. Azione che alla fin fine sarà un semplicissimo controllo, un “trova l’intruso”, ma che dietro nasconde ben di più.
Il nostro ruolo in Papers, Plaese
Nel videogioco gestionale targato Lucas Pope potremo agire come dei veri segugi, ma man mano che andremo avanti nel nostro lavoro ci renderemo conto di avere a che fare con delle persone, con delle storie, con delle emozioni: sarà dura negare il passaggio ad una moglie che sta tornando dal marito per un piccolo errore di stampa, come sarà dura arrestare il pittoresco Jorji Costava che proverà ad eludere i nostri controlli in modi sempre più rocamboleschi. E sarà dura anche non dar retta alle mazzette alla guardia che lavorerà vicino al nostro posto di blocco, che ci proporrà sostanziose mazzette per arrestare il maggior numero possibile di migranti non in regola – anche per una semplice mancanza di documento –. Dopotutto viviamo in una situazione di precarietà e miseria, e non possiamo permetterci di rischiare la nostra vita e quelle della nostra famiglia.
Il nostro compito in Papers, Please è talmente basilare che è lo interiorizzeremo ed automatizzeremo in pochi minuti. Il che non è per niente un qualcosa di negativo: una volta presa dimestichezza con le meccaniche del gioco avremo modo di concentrarci con i volti, le storie delle persone che richiedono di entrare in Arstotzka. E di ciò che potremmo far succedere semplicemente chiudendo un occhio di tanto in tanto. Così avremo la possibilità di recuperare quel tempo perduto, di dilatare quell’istante in cui abbiamo sentito vagamente parlare sui social o sui giornali di un tema delicato come l’immigrazione. Il flusso di migranti, di documenti, richieste d’asilo, timbri, certificati potrà trasformarsi nel nostro personalissimo flusso di coscienza. Un flusso di coscienza che ci invita a riflettere, prendendoci tutto il tempo che ci serve. Per elaborare, per far decantare queste parole e mettere a fuoco la realtà, anche attraverso uno strumento così semplice come può essere un cellulare.
Conclusioni
Papers, Please è un’esperienza unica, dalle potenzialità ricchissime. L’esperienza propostaci da Lucas Pope riesce ad essere da una parte un modo per trovare una “safe zone”, di uscire da quel perenne flusso di informazioni che non riusciamo a digerire, e dall’altra a permetterci di assimilare, riflettere, aprire gli occhi su cosa avviene intorno a noi ogni giorno. A dare il giusto peso, a riprenderci un tap alla volta la nostra umanità. E forse riesce a farlo ancora meglio su smartphone: Papers, Please riesce a trasformare il tempio della frugalità in un luogo onirico, dove ludicità e coscienza si fondono per permetterci di trovare il nostro tempo – non quello dei social – per riflettere.