L’intelligenza artificiale è a tutti gli effetti una tecnologia mainstream, con cui entriamo quotidianamente in contatto, senza neppure accorgercene e, non a caso, ormai da un po’ di anni è entrata a far parte del dibattito politico tanto da essere oggetto di molti convegni e articoli.
Ed è proprio in un convegno del 28 gennaio scorso che il Ministro dell’Industria e del Made in Italy Adolfo Urso ha dichiarato che il suo Ministero sta valutando la possibilità di creare un’agenzia per l’indirizzo e il controllo dello sviluppo dell’intelligenza artificiale in Italia. Un’affermazione interessante la cui concretezza ho voluto testare facendo saggio uso delle opportunità di interlocuzione che il ruolo di Parlamentare mi mette a disposizione.
PD (Basso, Nicita): “Ecco l’innovazione che ci serve per le sfide 2023”
In occasione di una recente audizione del Ministro alla Commissione Trasporti e Telecomunicazioni della Camera ho dunque chiesto a Urso quali fossero i progetti per questa Agenzia per l’Intelligenza Artificiale, che ruolo l’ente avrebbe avuto nel sostegno alle imprese (sia in termini di attività formativa che di messa in rete) e se era in previsione una collaborazione con l’Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale che dovrebbe nascere a Torino.
La Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale e le iniziative pregresse
Per chi si fosse perso le puntate precedenti, il 4 settembre 2020 la Presidenza del Consiglio del Governo Conte II aveva deciso che Torino sarebbe stata la sede dell’I3A, il polo di eccellenza nazionale legato a ricerca, sviluppo e disseminazione di saperi nel campo delle applicazioni dell’intelligenza artificiale. A questa decisione, tuttavia non sono seguiti passi concreti, salvo la notizia del giugno scorso che il MEF aveva trovato un’intesa con la Regione Piemonte per la creazione di un Centro italiano di ricerca per automotive e aerospazio dedicato all’intelligenza artificiale, finanziato con un budget di 20 milioni di euro, stanziato con il Decreto Sostegni Bis.
Queste iniziative si inseriscono all’interno della Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale varata nel 2020 proprio dal Ministero dello Sviluppo Economico, all’interno della quale, al punto 6.3 del capitolo Governance, si prevede appunto la creazione di un Istituto Italiano per l’Intelligenza Artificiale. L’istituto, “dimensionato per essere competitivo a livello internazionale e diventare uno degli istituti di ricerca leader in Europa, consisterà in un hub con laboratori centrali e 7 centri specializzati nei settori prioritari individuati dalla Strategia che lavoreranno in connessione con le università o altri istituti già attivi. L’Istituto lavorerà secondo un piano strategico pluriennale con obiettivi aggiornati periodicamente e una governance autonoma ma sincronizzata con le linee strategiche della governance nazionale e con le università e altri centri di eccellenza già attivi anche per poter cogliere opportunità di sviluppo in connessione con altri trend tecnologici (es: 5G, Industria 4.0, cybersecurity, ecc.). Contestualmente alla creazione dell’Istituto, sarà attivato il coordinamento con le strutture italiane di supercalcolo già presenti o in fase di attuazione”.
Ecco perché, di fronte a tanta incertezza, ho ritenuto che questa potesse essere un’utile occasione per fare chiarezza su questi molteplici aspetti anche alla luce di quanto sta accadendo negli altri Paesi europei.
Regno Unito, Francia e Germania si sono già dotati, infatti, di un sistema nazionale di ricerca e formazione sul tema dell’intelligenza artificiale. Il governo britannico ha incluso il tema dell’intelligenza artificiale all’interno del mandato di ricerca dell’Alan Turing Institute, l’istituto nazionale britannico per la data science i cui obiettivi sono promuovere la ricerca e applicarla ai problemi del mondo reale, formare i leader e i ricercatori del futuro e guidare la conversazione pubblica attraverso il coinvolgimento della società e la promozione di idee nuove ed innovative anche per l’industria e il governo. In Francia, il Presidente Macron ha lanciato 5 anni fa un’iniziativa strategica sull’intelligenza artificiale che pone al centro l’Istituto nazionale di ricerca francese per la scienza e la tecnologia digitale (Inria). Infine, uno dei punti centrali della Strategia nazionale per l’Intelligenza artificiale tedesca è stata la creazione di una rete nazionale di centri di eccellenza per la ricerca, mirata allo sviluppo di un “Artificial Intelligence made in Germany” che, tra l’altro, interagisce con le attività di monitoraggio dell’Osservatorio IA del Ministero tedesco del Lavoro e degli Affari sociali.
La (non) risposta del Ministro e il focus sugli aspetti etici
Tuttavia, la risposta che ho ricevuto dal ministro Urso non sembra andare nella stessa direzione dei suoi interventi pubblici. Il Ministro, infatti, ha ribadito che il centro di Torino sarà focalizzato sui comparti automotive e aerospaziale, restando però vago su tutto il resto, dichiarando soltanto, cito testuali parole, l’impegno a “ripens[are] l’attuale assetto delle fondazioni di ricerca e sviluppo sulle quali [il ministero] esercita una vigilanza diretta al fine di orientarle ad un maggior impegno nei confronti di queste tecnologie emergenti tra le quali ricade anche l’intelligenza artificiale, anche garantendo l’interrelazione tra i soggetti e gli istituti che operano nel settore in Italia”.
Insomma, dalla risposta sembra che il Ministero non intenda governare alcunché e sia intenzionato a mantenere lo status quo, impegnandosi al più a mettere in rete i centri di innovazione, le case delle tecnologie e i molti altri hub che a vario titolo sui diversi territori si occupano di tecnologie emergenti, compresa l’intelligenza artificiale.
Sarebbe ingeneroso però asserire che il Governo non ha cuore il tema. Esiste, infatti, un’area di interesse su cui sembra esserci un’attenzione particolare, ovvero quella relativa agli aspetti etici (e forse non è un caso che il convegno di cui ho accennato in precedenza si intitolasse “intelligenza artificiale ed etica” e fosse organizzato dall’Arcidiocesi di Acireale).
Viene quasi da pensare che la maggioranza su questo sia in perfetta sintonia con il proprio elettorato, visto che, come ci ricorda la recente pubblicazione dell’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il 73% degli italiani è preoccupato dagli effetti potenzialmente nefasti che l’intelligenza artificiale e i suoi sviluppi potrebbero avere sul mercato del lavoro, ignorandone di fatto gli enormi potenziali benefici.
Tuttavia credo che le riflessioni dovrebbero essere di tipo non meramente speculativo, almeno sul modello di quanto fatto dall’Unione Europea, che con il suo Artificial Intelligence Act si spinge oltre le pure considerazioni etiche. La Commissione ha quindi stilato una lista di applicazioni di intelligenza artificiale il cui rischio è considerato inaccettabile e, pertanto, non sono ammesse in Europa, e una lista di applicazioni ad alto rischio che vengono sottoposte e controlli preventivi prima di essere immesse nel mercato europeo. Queste ultime dovranno per esempio prevedere adeguati sistemi di valutazione e mitigazione dei rischi; assicurare un flusso di dati di alta qualità per la costruzione dei propri algoritmi, al fine di ridurre al minimo i rischi e gli esiti discriminatori; registrare le attività per garantire la tracciabilità dei risultati; fornire documentazione dettagliata sul sistema e sul suo scopo affinché le autorità possano valutarne la conformità; dare informazioni chiare e adeguate all’utente; prevedere adeguate misure di supervisione umana per ridurre al minimo i rischi.
Questo genere di approccio è interessante perché declina gli aspetti etici in modo concreto, con degli obblighi che – almeno nelle intenzioni – dovrebbero favorire uno sviluppo sano del mercato dell’intelligenza artificiale in Europa in linea con i valori europei e mantenendo gli utenti al sicuro.
Come dovrebbe agire il legislatore italiano
Premesso dunque che a Bruxelles è già stato fatto un ampio lavoro di copertura degli aspetti etici, con una normativa che funge da quadro generale, ritengo che a livello nazionale i singoli Paesi si dovrebbero concentrare soprattutto su come capitalizzare i benefici che l’intelligenza artificiale potrebbe avere sulle economie nazionali, incentivando l’uptake nei mercati locali, oltre che lo sviluppo di aziende che localmente forniscano questo genere di tecnologia. Un ruolo da facilitatore oltre che da controllore.
È un discorso che vale anche per l’Italia, visto che nel nostro Paese il mercato dell’intelligenza artificiale sta crescendo in modo alquanto deciso, nonostante – o forse grazie – alla poca intrusione del regolatore. Secondo dati del già citato Osservatorio Artificial Intelligence, infatti, nel 2022 il mercato italiano dell’intelligenza artificiale ha toccato i 500 milioni di euro (si tratta dell’insieme della prospettiva del fatturato generato de aziende operanti nel nostro paese specializzate nell’intelligenza artificiale), registrando una crescita del 32% rispetto al 2021 (380 milioni di euro), di cui più del 73% realizzato in Italia mentre il restante 27% è rappresentato dall’export.
L’auspicio è dunque che il Governo riesca a impostare, seguendo le ottime indicazioni contenute nella strategia per l’intelligenza artificiale italiana, una solida governance oltre che un sistema di accompagnamento e incentivi alle aziende che volessero utilizzare o sviluppare una tecnologia che non è più oramai un sogno futuro ma una realtà presente.