cox vs. warner

Pirateria online: la Corte suprema Usa pronta a ridefinire le responsabilità degli ISP?



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Il caso Cox Communications vs. Warner Music Entertainment, in attesa di giudizio dalla Corte Suprema USA, potrebbe ridefinire i criteri di responsabilità dei fornitori di servizi Internet per violazioni del copyright commesse dagli utenti. La decisione influenzerà la determinazione dei danni e i limiti della responsabilità vicaria degli ISP, con potenziali ripercussioni globali sulle politiche di gestione della pirateria online

Pubblicato il 30 set 2024

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



corte suprema (1)

Il 16 agosto 2024, con due distinti atti di impugnazione della decisione della Corte d’Appello del “Fourth Circuit” degli Stati Uniti d’America[1], le ricorrenti Cox Communication, Inc. e CoxCom LLC e le parti resistenti, le case discografiche capeggiate da Warner Music Entertainment, hanno depositato di fronte alla Corte Suprema le proprie istanze per ottenere una riforma della sentenza di secondo grado che, pur avendo escluso la sussistenza di una responsabilità vicaria da parte del sopra citato fornitore dei servizi telematici, aveva confermato la sentenza di primo grado ritenendo la Cox Communication responsabile a titolo di “Contributory Infringement”[2] per le violazioni del copyright commesse dagli utenti dei suoi servizi di connessione on-line.

Le contestazioni di Cox Communication

La Cox Communication, nel suo Writ For Certiorari[3], contesta fra i vari motivi di appello l’incorretta applicazione da parte dei giudici di prime cure dei criteri con cui si era stabilita la determinazione della misura del risarcimento del danno patito dalle case discografiche, inizialmente quantificato in un miliardo di dollari, fatto di cui avevamo dato notizia in precedente articolo[4].

Ricordiamo in proposito che il calcolo del risarcimento del danno fatto dalla giuria popolare, per determinare quanto fosse dovuto da Cox Communications alle case discografiche a titolo di “Statutory Damages”, era stato effettuato moltiplicando il numero delle opere oggetto di appropriazione e di scambio sulla rete ad alta velocità della Cox, per il numero delle violazioni accertate, attribuendo un valore di stima allo sfruttamento di ognuna di esse, sulla base delle disposizioni del DMCA che prevedono un range minimo e massimo delle sanzioni applicabili in relazione alla gravità del comportamento illecito accertato (Titolo 17 U.S.C. § 504c)(i)[5].

Differenze interpretative con altri circuiti giudiziari

Inoltre, secondo quanto affermano i ricorrenti della Cox, i giudici del “Quarto Circuito” avrebbero stabilito dei criteri di responsabilità in capo ai fornitori di connessione alla rete Internet che risulterebbero in aperta contraddizione con le decisioni di altri tre “Circuiti” – il “Secondo”, il “Decimo” e il “Nono”, quest’ultimo per ragioni differenti rispetto ai primi due.

Infatti, la Corte d’Appello[6] avrebbe attribuito a Cox, confermando su questo punto la decisione di primo grado, la responsabilità di una condotta volontaria, che è fonte di un incremento di cinque volte la misura del risarcimento del danno fissato dalla legge come base, dando per assodato che l’impresa fosse a conoscenza dell’illecito compiuto dagli utenti del servizio, mentre lo stesso ISP si è detto convinto della correttezza del proprio operato.

Le presunte responsabilità indirette della Cox

La Cox avrebbe quindi assunto la responsabilità indiretta (c.d. “Contributory Infringement”) per avere facilitato la violazione commessa da terzi, nonostante essa avesse attuato, come previsto dalla legge e contrariamente a quanto statuito dai giudici dei primi due gradi di giudizio, misure intese a prevenire le violazioni, non essendo inoltre portatrice di un interesse economico nel vederle commesse dai suoi utenti.

Nella fattispecie, a opinione del fornitore di servizi di connessione on-line, non ricorrerebbero nel suo comportamento – definito “volontario” – i requisiti prescritti dai principi di “Common Law” dell’”Aiding and Abetting”[7], termini che – secondo gli avvocati della Cox – andrebbero letti nel significato attribuito loro dalla Suprema Corte nel caso “Twitter”[8] e nel caso “Grokster”[9]: l’intento volitivo della Cox nella prima ipotesi, per essere assoggettata ad una responsabilità per “Contributory Infringement”, avrebbe dovuto tradursi, da una parte, in un “aiuto sostanziale” al compimento dell’illecito dei suoi utenti e, dall’altra, “in una partecipazione conscia e volontaria nel comportamento illecito di un altro soggetto”.

Il ricalcolo del risarcimento del danno

Dal momento che la Cox avrebbe semplicemente fornito le infrastrutture (cioè, la connessione alla rete telematica) che è stata utilizzata da alcuni dei suoi abbonati (57.000, meno dell’1% del totale) per commettere le violazioni dei diritti d’autore appartenenti ai produttori fonografici, essa non avrebbe avuto alcun interesse a che ciò avvenisse e non avrebbe altresì promosso attivamente tali comportamenti.

Secondo la stessa impresa di telecomunicazioni, la decisione impugnata presenterebbe un ulteriore aspetto abnorme: la giuria, sulla base delle indicazioni del giudice di prime cure, avrebbe ordinato il ricalcolo del risarcimento del danno solo per il fatto che sarebbe venuta meno la “responsabilità vicaria di Cox per il fatto del terzo. Questa circostanza non esonererebbe comunque la Cox dal pagamento di una pesante sanzione pecuniaria, in quanto quest’ultima avrebbe contribuito alle violazioni continuando a fornire la connessione alla rete internet ai suoi utenti, pur nella consapevolezza delle violazioni da essi compiute[10].

Dai fatti sopra illustrati, la Cox deduce che il “Fourth Circuit” avrebbe erroneamente attribuito ad essa la responsabilità per i danni causati dagli utenti ai titolari dei diritti, ponendosi di tal guisa in un conflitto interpretativo inconciliabile con quanto stabilito dalla giurisprudenza dell’”Eight Circuit”, la quale pone come condizione per la sussistenza della responsabilità per “Contributory Infringement”, la consapevolezza e la volontarietà dell’illiceità della condotta del soggetto che la pone in essere.

In base alla tesi di Cox Communication, la lettura data ai fatti di causa dai giudici del procedimento d’appello per cui è ricorso, avrebbe avallato la sussistenza dell’automatica volontarietà di tutti gli atti di facilitazione dell’illecito commessi dai suoi abbonati, tanto da elevare per tale ragione da 30.000 dollari a circa 95.000 dollari l’ammontare della sanzione applicabile nei suoi confronti per ogni violazione[11].

In altre parole, il ragionamento dei giudici del “Fourth Circuit” avrebbe desunto dalla presenza della conoscenza dell’illecito da parte del fornitore di servizi on-line e dall’omissione nel porre fine al contratto di servizio con i suoi clienti “pirati”, oltre che la responsabilità per “Contributory Infringement” della Cox, anche la volontarietà del suo comportamento, così da attribuirle una sanzione pecuniaria estremamente elevata.

La tesi delle case discografiche

Entrando nel merito delle questioni oggetto della causa, i produttori fonografici hanno accusato Cox di avere consentito volontariamente a 57.000 dei suoi abbonati, che avevano ripetutamente violato i diritti esclusivi sui brani musicali da essi posti in commercio sulle piattaforme digitali e attraverso gli altri media, di continuare a utilizzare la connessione veloce fornita dall’ISP, al fine di trarre guadagno dagli abbonamenti a detrimento delle case fonografiche del comparto musicale.

Accuse di “Contributory Infringement” e responsabilità vicaria

Tali violazioni, secondo quanto i titolari dei diritti scrivono nel ricorso alla Corte Suprema, costituirebbero, oltre che “Contributory Infringement” anche fonte di responsabilità vicaria per coloro i quali traggono profitto dalle violazioni, esercitando l’attività di intermediari nei servizi di connessione alla Rete forniti agli utenti. L’assunzione di tale responsabilità deriverebbe, secondo gli attori, dal nesso eziologico che lega il fornitore dei servizi ai propri abbonati, i quali operano contra legem. Tale conclusione sarebbe stata raggiunta e fatta propria in casi analoghi dal “Primo”, dal “Secondo”, dal “Terzo”, dal “Settimo” e dal “Nono Circuito” nella giurisprudenza da essi elaborata.

In senso contrario, il “Fourth Circuit” – asseriscono i legali della Warner Music Entertainment. e degli altri attori – avrebbe erroneamente sostenuto nella decisione impugnata che non risultasse provato in base agli atti del processo di primo grado che la Cox avesse volontariamente profittato dalle violazioni altrui assumendo una responsabilità per fatto altrui, tanto da ordinare al giudice di primo grado di fare procedere alla giuria al ricalcolo della misura del risarcimento del danno originariamente liquidato in circa un miliardo di dollari.

Argomentazioni sul profitto derivante dalle violazioni

In particolare, le case discografiche contestano di fronte alla Corte Suprema che i giudici dell’impugnazione abbiano ritenuto che si sarebbe dovuto dimostrare da parte degli attori che l’ISP avesse tratto un guadagno diretto dalle violazioni commesse dai propri abbonati, escludendo una responsabilità vicaria della Cox derivante dall’avere lucrato sugli incassi legati alle sottoscrizioni mensili degli utenti al servizio di connessione veloce alla Rete.

I legali delle case discografiche, partendo da tali considerazioni, sono giunti a un’ulteriore conclusione: la Cox al fine di non perdere il corrispettivo degli abbonamenti che sarebbe venuto meno con la cessazione dei contratti per il servizio di connessione a Internet degli utenti che hanno ripetutamente violato i diritti d’autore, ha tratto profitto da tali attività illecite, proprio mantenendo volontariamente in essere gli abbonamenti, così come emergerebbe dalla corrispondenza interna dell’azienda prodotta in giudizio. Ad opinione di questi ultimi, questo vantaggio economico rappresenta qualcosa di diverso dal ricavo di un profitto scaturente dai singoli atti compiuti in violazione del diritto d’autore, così come il “Fourth Circuit” pretenderebbe nella sua sentenza d’appello, contraddicendo in tale maniera i suoi stessi precedenti che non hanno mai richiesto la prova del profitto del contraffattore ai fini dell’accertamento del danno.

Dati sugli abbonamenti e ricavi di Cox durante il periodo delle violazioni

Secondo la rappresentazione dei fatti offerta dalle case discografiche, la Cox avrebbe ricevuto un corrispettivo equivalente a 208 milioni di dollari dai suoi abbonati nel periodo delle violazioni rilevate (cioè, nel lasso temporale compreso fra il mese di febbraio 2013 e il mese di dicembre 2016), con provenienza da soggetti che avevano commesso almeno tre violazioni ciascuno.

Questi dati, ad avviso degli attori, darebbero contezza che la responsabilità vicaria del service provider deriverebbe dall’incremento dei suoi ricavi proprio con provenienza dai soggetti che si sono avvalsi della connessione veloce, i quali si sono rivelati pronti a corrispondere nel tempo successivo alle violazioni accertate importi sempre più alti alla Cox per ottenere una maggiore velocità di trasmissione dei dati destinata alla commissione di attività di appropriazione e di condivisione dei contenuti protetti dell’industria musicale.

Implicazioni della decisione della Corte Suprema

Da questa sintetica illustrazione delle rispettive posizioni delle case discografiche e del fornitore dei servizi on-line, è agevole comprendere che la decisione che i giudici della Corte Suprema esprimeranno in questa controversia è destinata ad incidere in maniera significativa, non solo avuto riguardo ai parametri di determinazione del danno, ma anche e soprattutto sui limiti entro i quali i fornitori di servizi on-line possono essere ritenuti responsabili per le violazioni commesse dagli utenti, a titolo di responsabilità vicaria.

Confronto con il contesto europeo e italiano

In Italia e nell’Unione Europea i criteri applicati dai tribunali, oltre a non consentire, se non in maniera estremamente limitata, l’accesso alle informazioni personali degli utenti delle reti telematiche che commettono violazioni del diritto d’autore, tendono a escludere che i fornitori dei servizi di connettività possano essere considerati corresponsabili delle violazioni degli abbonati, salvo che se ne dimostri il loro coinvolgimento “attivo”[12].

Per quanto concerne la misura del risarcimento del danno, in assenza di “Statutory Damages”, cioè di una liquidazione del danno prestabilita in base agli importi fissati per legge, così come abbiamo avuto modo di vedere essere accaduto nel caso Cox Communication, i nostri magistrati fanno leva sul principio per cui il danno patrimoniale debba essere accertato in giudizio attraverso evidenze precise ed in base alle norme sulla responsabilità contrattuale e aquiliana.

Approccio alla determinazione del danno in Italia e nell’UE

Alla stregua dell’interpretazione delle norme vigenti in Italia, la determinazione del danno derivante dalla violazione dei diritti d’autore può anche avvenire facendo leva sul criterio della c.d. “retroversione degli utili” prevista dall’art. 158 della legge sul diritto d’autore[13]. Tale disposizione stabilisce che nel caso di violazione del diritto d’autore su un’opera protetta, il danneggiato possa chiedere il risarcimento del danno emergente e del lucro cessante. Interpretando in maniera evolutiva la norma, la Cassazione ha elaborato, anche avuto riguardo alla materia del diritto d’autore, il criterio adottato dal Codice della Proprietà Industriale (Art. 125), che prevede la retroversione degli utili del contraffattore a favore del soggetto danneggiato[14].

Giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE e della Cassazione italiana

A livello comunitario europeo, sul tema del risarcimento del danno da violazione dei diritti d’autore la Corte di Giustizia si è pronunciata in maniera convincente con la decisione del 25 gennaio 2017[15], in applicazione dell’art. 13 della Direttiva 2004/48/CE (c.d. “Direttiva Enforcement” implementata in Italia con il D. Lgs. 16 marzo 2006 n. 140). La C.G.U.E. ha infatti affermato che il soggetto titolare dei diritti può ottenere dal giudice a titolo di liquidazione del danno una somma forfetaria ovvero, senza dimostrare il danno effettivamente patito, una somma che sia equivalente al doppio della remunerazione adeguata che gli sarebbe dovuta a titolo di concessione della licenza di sfruttamento dell’opera di cui trattasi.

In merito al danno non patrimoniale patito dai titolari dei diritti d’autore per effetto di un illecito, la nostra Corte di cassazione ha stabilito che tale pregiudizio “deriva dalla natura stessa del diritto personale d’autore che è stato leso” e la prova della sua sussistenza rappresenta “una soluzione logico-giuridica strettamente dipendente e consequenziale rispetto a quella già data con l’accertamento della sussistenza del danno patrimoniale conseguente a una violazione del diritto d’autore”.[16]

Conclusioni

Tale decisione è stata seguita da ulteriori arresti dei nostri tribunali che sono giunti a riconoscere la liquidazione del danno non patrimoniale anche agli enti esponenziali che rappresentano le associazioni antipirateria[17].

Note


[1] Negli Stati Uniti il sistema giudiziario delle Corti di Appello si suddivide in dodici “Circuiti” (a loro volta suddivisi in “Distretti”) che hanno la sede degli uffici giudiziari secondo il seguente ordine: Primo Circuito (Boston); Secondo Circuito (New York City), Terzo Circuito (Filadelfia), Quarto Circuito (Richmond), Quinto Circuito (New Orleans), Sesto Circuito (Cincinnati), Settimo Circuito (Chicago), Ottavo Circuito (St. Louis), Nono Circuito (San Francisco), Decimo Circuito (Denver), Undicesimo Circuito (Atlanta), Circuito del Distretto di Columbia (Washington D.C.). Tale suddivisione rileva nel nostro caso per associare le diverse linee di giurisprudenza elaborate a livello di Corti d’Appello sulle questioni giuridiche oggetto del giudizio incardinato alla Suprema Corte.

[2] Il c.d. “Contributory Infringement” è una forma di responsabilità indiretta per violazione di un diritto di proprietà intellettuale. Essa non è disciplinata direttamente dal Copyright Act, ma secondo quanto stabilito nelle sentenze Grokster e Sony (di cui si dirà nel seguito), la Corte Suprema ricomprende in tale accezione e attribuisce tale responsabilità a chiunque consapevolmente induca, determini o contribuisca materialmente a una violazione dei diritti d’autore, commesse da altri, pur non avendo il primo commesso o partecipato direttamente alla commissione di detta violazione.

[3] Le parti che intendono impugnare di fronte alla Corte Suprema degli Stati Uniti la decisione di un tribunale di grado inferiore devono presentare una petizione affinché essa esamini il loro caso. Il mezzo principale per presentare un’istanza di revisione di un processo è quello di chiedere alla Corte Suprema di concedere un “Writ of Certiorari” (dal latino “rendere più certo”). Attraverso tale richiesta la Corte Suprema ordina a un tribunale di grado inferiore di trasmettere ad essa gli atti del caso per il suo esame e revisione. La Corte Suprema non ha l’obbligo di giudicare tutti i casi che le vengono sottoposti, ma solamente quelli il cui principio di diritto assume importanza a livello nazionale, armonizzando le decisioni dei tribunali federali fra loro confliggenti. Secondo i dati storici disponibili, la Suprema Corte assume in carico annualmente circa 150 degli oltre 7.000 casi che le vengono sottoposti.

[4] Dei fatti (anche) di questa causa in primo grado vi è una sintetica illustrazione nel seguente articolo: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/gli-isp-favoriscono-la-pirateria-le-cause-aperte-negli-usa-e-perche-in-ue-sarebbero-impraticabili/

[5] Qui si trova il testo della norma citata: https://www.law.cornell.edu/uscode/text/17/504

[6] La Court of Appeals del “Quarto Circuito” ha pubblicato la propria sentenza nella causa in questione sotto il N. 21-1168 il 20 febbraio 2024

[7] “Aiding”, cioè, aiutare, significa fornire sostegno o assistenza a qualcuno, “Abetting” o favorire, vuole dire incoraggiare qualcun altro a commettere un illecito. In questa pagina web il Dipartimento della Giustizia statunitense fornisce l’illustrazione delle condizioni e della casistica giuridica fino all’anno 1998 per la ricorrenza di questa forma di favoreggiamento nel crimine: https://www.justice.gov/archives/jm/criminal-resource-manual-2474-elements-aiding-and-abetting

[8] La decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America nel caso “Twitter” è raggiungibile qui: https://www.supremecourt.gov/DocketPDF/21/21-1496/269371/20230620090219413_EFiling%2021-1496%20Revd%20COSTS%20CA9%206.20.pdf

[9] A questo link si raggiunge la sentenza MGM / Grokster: https://supreme.justia.com/cases/federal/us/545/913/

[10] La difesa della Cox nel ricorso alla Corte Suprema ha speso ripetutamente l’argomento secondo cui la sospensione o la chiusura dei servizi di connessione a Internet per i propri abbonati, da essa negato, avrebbe potuto avere gravi conseguenze per gli utenti che facessero parte di collettività (scuole, servizi di connessione offerti a gruppi ristretti di persone, comunità di anziani o, addirittura, famiglie deprivate dell’uso quotidiano di uno strumento divenuto indispensabile), tanto che questo comportamento omissivo non potrebbe certamente configurarsi come una forma di Contributory Infringement, così come è stata giudicata dal Quarto Circuito. Questi argomenti, cioè quelli del diritto di accesso ad Internet da parte di ogni individuo, sono stati più volte affrontati a livello giuridico in Italia e nell’Unione Europea. Nel nostro Paese sono state elaborate proposte di legge e suggerite modifiche alla Costituzione per consentire a tutti la disponibilità di una connessione digitale adeguata che permetterebbe senza discriminazioni il libero esercizio del pensiero e della comunicazione interpersonale a tutti gli abitanti. Tale diritto, che ci pare sacrosanto, non dovrebbe peraltro pregiudicare l’obbligo per tutti gli utenti di rispettare le leggi e di fare un uso corretto della Rete. Su questo argomento si può leggere questo contributo che riguarda anche l’identificazione fisica dei contraffattori on-line: https://www.forumpa.it/pa-digitale/servizi-digitali/digital-divide-laccesso-a-internet-al-sud-non-per-tutti-il-ruolo-degli-operatori-di-mercato/

A seguito di quanto ivi riportato, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la decisione del 30 aprile 2024 nella causa C-470/21, ha risposto alle questioni pregiudiziali formulate dal giudice del rinvio, interpretando l’art. 15, paragrafo 1, della Direttiva 2002/58/CE, sul trattamento dei dati personali, nel senso che non osta a una normativa nazionale che affidi a un ente pubblico la responsabilità della tutela del diritto d’autore on-line (così come l’Hadopi in Francia o l’Ag.Com. in Italia) di consentire a detto soggetto pubblico di accedere ai dati conservati dai fornitori dei servizi di connessione, relativi all’identità civile e agli indirizzi IP delle persone sospettate di avere commesso un reato, escludendosi peraltro la possibilità per gli organi amministrativi di ricostruire un profilo dettagliato di detti individui da essi identificati per l’esercizio dell’azione sanzionatoria.

[11] Nel proprio ricorso, Cox sottolinea come l’”Ottavo Circuito” avesse deciso altri casi in materia di diritto d’autore e servizi on-line statuendo che l’illiceità del comportamento del terzo non rendesse automaticamente volontario il fatto per la conoscenza della sua illiceità da parte del “Contributory Infringer”, in linea con la dottrina Nimmer, la quale attribuisce al termine “willfully” il significato di “conoscenza che la condotta del convenuto costituisce violazione dei diritti d’autore”. Inoltre, secondo il “Black’s Law Dictionary” (Ed. 2024), “Un atto volontario diviene “willful”” (cioè, voluto, inteso come connotato da “dolosità” nel nostro ordinamento) “solo quando implica un proposito errato o malizioso da parte dell’agente, o almeno un’inescusabile carenza di diligenza, sia che l’atto sia giusto o ingiusto”.

[12] Una panoramica sul tema si trova qui: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/responsabilita-dei-fornitori-dei-servizi-di-hosting-la-sentenza-che-fa-chiarezza/

[13] Si veda sul tema l’ordinanza del 29 luglio 2021, n. 21833/2021 della Sezione I della Corte di cassazione.

[14] Con l’ordinanza del 23 maggio 2023, n. 20800/2023, la Corte di cassazione ha statuito che tale norma attribuisce al danneggiato il diritto al risarcimento del danno ai sensi degli artt. 1223, 1226 e 1227 del Codice civile e il danneggiato ha altresì diritto alla retroversione degli utili realizzati dall’autore della violazione.

[15] Ci riferiamo alla sentenza nella causa C‑367/15 – V Sezione – del 25 gennaio 2017 sulla domanda pregiudiziale sollevata dai giudici polacchi nella controversia fra “Oławska Telewizja Kablowa” contro “Filmowców Polskich”.

[16] Sul danno non patrimoniale si è pronunciata più volte la Suprema Corte. Si leggano: Cass. Civile, Sez. 1, Sent. 14060/2015, Presidente: R. Rordorf, Est. Genovese. In precedenza, la Suprema Corte aveva già ritenuto (con sentenza Cass., n. 12929/2007) di dovere applicare i principi dalla stessa enunciati nelle sentenze n. 8827 e 8828 del 2003 in tema di configurabilità del danno non patrimoniale, estendendone la portata anche alle fattispecie in cui si sia verificata la lesione di un diritto della persona giuridica.

[17] Una nota associazione antipirateria si è vista riconoscere il diritto alla liquidazione del danno morale (o non patrimoniale) causato dalla lesione dei diritti d’autore (e connessi) in una decisione resa dal Tribunale di Viterbo in data 29 marzo 2017 (N. 493 Registro Sentenze – 45/13 RGNR), La motivazione sul punto includeva le seguenti deduzioni “E’ però anche noto come l’Ente sia abilitato a costituirsi parte civile avanzando “iure proprio” la pretesa risarcitoria del danno, patrimoniale o non patrimoniale, consistente nell’offesa all’ interesse perseguito dal sodalizio e posto nello statuto quale ragione istituzionale della propria esistenza ed azione; ciò in quanto ogni attentato a tale interesse si configura come lesione di un diritto soggettivo inerente la personalità o identità dell’ente (Cass. Sez. Un. 38343/2014; Cass. 39010/2013) (… omissis … ).”

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