Il pacchetto sui servizi digitali è un’iniziativa legislativa dell’Unione europea per regolamentare le piattaforme digitali online. Se, infatti, appaiono innegabili i vantaggi generati dalla platfom economy anche in Europa, secondo la Commissione, emergono oggi fattori critici e di rischio, che richiedono un intervento specifico. Sul fronte dei vantaggi, la Commissione sottolinea la vasta gamma di efficienze determinate dall’innovazione che ad esempio, facilitano il commercio transfrontaliero all’interno e all’esterno dell’Unione e aprono opportunità commerciali completamente nuove a una varietà di imprese, facilitando così la loro espansione e l’accesso a nuovi mercati.
Sul piano dei rischi, invece, la Ue evidenzia il controllo, da parte delle piattaforme online, di interi ecosistemi, sostanzialmente impossibili da contestare da parte di altri operatori, indipendentemente da quanto innovativi ed efficienti possano essere.
DSA e DMA: l’impatto delle future regole nel sistema europeo, italiano e internazionale
Platform economy, esternalità positive e benefici per l’utente nell’emergenza sanitaria
Quantificarne l’impatto sul sistema economico e sociale non è semplice, anche se la sua diffusione produrrà benefici rilevanti in tutti i settori, con conseguenze positive anche in termini occupazionali nel mondo del lavoro. La tendenza inarrestabile a innovare e all’uso di tecnologie sempre più performanti, in chiave di efficienza e di prestazioni si estende dalla produzione industriale alla customer care, dalla domotica alla gestione delle terapie da somministrare a distanza ai pazienti curati tramite telemedicina, e tanti altri casi di seguito descritti. In tal senso, il crescente utilizzo dei dati e dell’IA si lega non solo alla prospettiva di sostituzione del lavoro umano in vari ruoli e compiti, ma anche in chiave di sviluppo di nuove opportunità. Si prevede infatti che l’IA possa intervenire praticamente in tutte le attività presenti lungo la value chain, con effetti positivi sul fronte occupazionale con i nuovi posti di lavoro creati dalla IA che certamente compenseranno e prevedibilmente supereranno il numero di quelli perduti e resi ridondanti dalla stessa Data Economy, alla cui affermazione le piattaforme qui analizzate hanno fin ora contribuito in maniera rilevante.
Durante la pandemia questo ruolo si è ancora più accentuato accelerando l’evoluzione negli Stati Membri, Italia in primis, all’uso generalizzato delle tecnologie digitali nell’ambito delle attività legate all’educazione/scuola, lavoro e tempo libero /tv e streaming, commercio (con l’esplosione del commercio elettronico). In tal senso, in questa particolare difficile congiuntura storica, le piattaforme online si sono dimostrate fondamentali anche nella resilienza al Covid-19, poiché la pandemia ha reso evidente quanto cittadini, lavoratori, consumatori e imprese dipendano dai servizi digitali e dalle piattaforme digitali online intervenendo e sostenendo settori critici essenziali (salute, infrastrutture, eccetera).
L’attivismo anticovid delle big tech cinesi
Il colosso cinese dell’eCommerce Alibaba, ad esempio, ha sviluppato un nuovo sistema di diagnosi del Covid-19 basato sull’intelligenza artificiale che permette di rilevare – tramite scansioni tomografiche computerizzate (quindi tramite TAC) – nuovi casi di coronavirus con un tasso di accuratezza fino al 96%. Il tutto in 20 secondi, quindi abbattendo notevolmente i tempi d’attesa dei tradizionali tamponi.
Per quanto concerne il controllo sulla corretta osservanza delle misure di contenimento, grazie ad applicazioni che utilizzano i Big Data, il governo cinese ha intensificato il suo sofisticato e criticato sistema di sorveglianza, che vanta circa 200 milioni di telecamere di sicurezza installate in tutto il Paese, per far rispettare la quarantena ai pazienti infetti e per mappare i movimenti del virus. Inoltre, in numerose aree del paese è cresciuto esponenzialmente nella fase acuta della pandemia l’utilizzo di telecamere intelligenti in grado di intercettare le persone che non indossano una mascherina, ma anche di effettuare una scansione termica in tempo reale così da individuare eventuali casi di febbre. SenseTime, una delle principali società di intelligenza artificiale in Cina, ha utilizzato un software di rilevamento della temperatura “contactless” implementato nelle stazioni della metropolitana, nelle scuole e nei centri pubblici di Pechino, Shanghai e Shenzhen. La stessa società ha inoltre sviluppato una piattaforma in grado di riconoscere i volti, anche se i cittadini scansionati indossano le mascherine.
Il dispositivo cardine è stato lo smartphone in quanto principale fonte di dati per alimentare i potenti software delle piattaforme. Alcuni esempi: un’applicazione chiamata Alipay Health Code (sviluppata dal colosso Alibaba) assegna ad ogni cittadino un colore, verde, giallo o rosso che indica chi può essere ammesso negli spazi pubblici, chi ha problemi di salute e chi deve rimanere nella propria abitazione, in quarantena. L’applicazione utilizza i big data in possesso alla Sanità cinese per identificare potenziali portatori di virus ed è stata adottata in oltre 200 città della Repubblica Popolare. Il maggior operatore telefonico del Paese, China Mobile, ha condiviso con alcuni media i dati di spostamento dei suoi utenti affetti da virus: dal treno preso, fino alla metropolitana o al supermercato. E questo è servito a tracciare, in determinate città, le possibilità di contagio.
In definitiva, grazie alle applicazioni innovative suddette, la Cina è riuscita a rallentare con successo il contagio da COVID-19. Tuttavia, permangono pesanti dubbi sugli effetti che questa nuova massiccia raccolta di dati potrà avere sulla privacy dei cittadini cinesi.
Le iniziative di Apple e Google
Sul fronte occidentale, per rendere i dati più ampiamente disponibili e accessibili per i ricercatori, Google ha lanciato il programma COVID-19 Public Dataset Program che consente di eseguire query gratuite sui set di dati relativi al COVID-19, mettendo a disposizione al contempo anche la capacità elaborativa per eseguire query su elevate moli di dati.
Inoltre, lo scorso aprile, nella fase più critica della pandemia in diversi paesi, Apple e Google hanno annunciato un’insolita e rara collaborazione per realizzare un sistema condiviso di tracciamento dei contatti (“contact tracing”) in grado di far dialogare tra loro gli iPhone e gli smartphone Android. Il progetto, piuttosto ambizioso, è stato portato avanti rapidamente offrendo ai governi strumenti e risorse per realizzare proprie applicazioni in grado di fornire notifiche agli utenti nel caso di un prolungato contatto con un contagiato (di solito più di 15 minuti). Il sistema, basato sul Bluetooth, ha reso possibile la nascita di alcune applicazioni gestite a livello nazionale dai governi, come Immuni in Italia. È evidente però che la soluzione funziona solo se impiegata su un numero adeguato di smartphone ed è un problema il fatto che le applicazioni di paesi diversi non dialoghino tra loro; senza contare che molti governi faticano a realizzare proprie applicazioni basate sul sistema fornito da Apple e Google, per mancanza di risorse o di infrastrutture sufficienti. Il nuovo sistema ha dunque semplificato il tracciamento delle eventuali esposizioni al coronavirus, ma senza sostituire le applicazioni già esistenti come Immuni in Italia.
Smart working e didattica a distanza
L’impatto del COVID-19 ha presentato nuove sfide e ha portato all’adozione di nuove modalità di lavoro. In particolare, in ambito smart working, Google Workspace permette di portare facilmente a termine le attività ovunque grazie alle riunioni video, alla chat e alle applicazioni di collaborazione sui documenti. In particolare, Google Meet permette ai dipendenti di connettersi in sicurezza tramite videochiamate e messaggistica di alta qualità per collaborare e lavorare.
In ambito Didattica a Distanza (DAD), sempre l’applicazione Google Meet abilita le riunioni e l’apprendimento online con soluzioni di desktop virtuale, per consentire l’accesso sicuro e scalabile alle risorse aziendali. In questo ambito Google partecipa al progetto Teachfromanywhere in collaborazione con l’UNESCO, per sviluppare uno snodo centrale di informazioni, consigli e strumenti di formazione per aiutare educatori e docenti a raggiungere in modo sempre più efficace e coinvolgente gli studenti.
Un altro impatto rilevante della pandemia è legato alle nuove abitudini in ambito domestico, facendo riscoprire di fatto una nuova dimensione alle abitazioni anche in relazione all’entertainment. In questo ambito, le grandi piattaforme Streaming hanno avuto un ruolo cardine soprattutto durante le fasi più acute dei vari lockdown, consentendo a prezzi gratuiti o comunque più facilmente sostenibili, di accedere a numerosi contenuti adatti per tutta la famiglia.
Il boom dello streaming e la “trappola” dei suggerimenti
Netflix, ad esempio, rappresenta il principale attore mondiale nello streaming video, con importanti investimenti sia in tecnologie, denominate Recommender System, che nella produzione di contenuti originali. Alla base della user experience di Netflix vi sono tecnologie che suggeriscono contenuti all’utente sia comparando le abitudini di ricerca e visione tra utenti simili sia suggerendo film con caratteristiche simili a quelle che l’utente ha valutato positivamente.
Ricerche di mercato e sui consumatori hanno dimostrato che l’utente medio di Netflix perde interesse nei confronti di un contenuto dopo un intervallo di attesa per la scelta che va dai 60 ai 90 secondi, solitamente avendo dovuto scegliere tra 10 o 20 film su uno o due schermi. In questa situazione è auspicabile che l’utente trovi qualcosa di suo gradimento altrimenti il rischio che abbandoni il servizio cresce in modo sostanziale. In questa situazione il recommender system deve produrre suggerimenti tali che sia altamente probabile, o meglio ancora certo, che l’utente trovi un contenuto di interesse. La natura stessa dello streaming dei contenuti abilita la raccolta di una grande quantità di dati che descrive esattamente cosa è visto da ogni utente e come viene visto (su che dispositivo, a che ora del giorno, in quale giorno della settimana, con che intensità, etc. Il recommender system di Netflix capitalizza adeguatamente questo grande patrimonio di dati soprattutto nella costruzione dell’homepage personalizzata per utente. A prescindere dal dispositivo utilizzato, l’homepage è la parte di Netflix che contiene il maggior numero di recommendation dando luogo a oltre i due terzi dei minuti visti dall’utente. Ogni riga della pagina presenta un’etichetta relativa al tema con l’obiettivo di rendere questo trasparente e più intuitivo per gli utenti. Di solito vi sono circa 40 righe nell’homepage e fino a 75 video per ciascuna riga (questi numeri possono variare sulla base delle caratteristiche hardware del dispositivo utilizzato con l’obiettivo di assicurare la migliore user experience possibile). I video di ciascuna riga sono generalmente determinati da uno specifico algoritmo.