DL Semplificazioni

PNRR, la nuova cabina di regia per l’innovazione: cosa cambia

Il ruolo della cabina di regia istituita dal Governo con il DL Semplificazioni potrebbe accelerare il potenziamento delle strategie chiave come Transizione 4.0 o digitalizzazione PA senza dover sottostare a troppi diktat politici. Così l’Italia potrà ambire a un ruolo più rilevante anche nelle politiche industriali Ue

Pubblicato il 31 Mag 2021

Giacomo Bandini

Competere

digitalizzazione agenda draghi

L’esecuzione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) passerà per la nuova cabina di regia istituita dal Governo Draghi con il DL Semplificazioni. Comprenderne il funzionamento è necessario per capire quale sarà il metodo utilizzato dal governo per determinare le linee di sviluppo industriale e digitale dell’Italia nei prossimi anni.

Partendo da una certezza: il premier e i suoi uomini più vicini avranno un peso determinante in tutte le decisioni che si allontanano sempre più dalle mani dei partiti. È possibile intravedere una nuova strategia per l’innovazione all’orizzonte?

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Esecuzione del PNRR, la governance è multilivello

La torre di controllo che dovrà gestire circa 200 miliardi di fondi per i prossimi cinque anni è stata disegnata alla perfezione intorno all’autorevole figura del premier. Il punto ti partenza è la governance multilivello: l’indirizzo politico è concentrato nelle mani di Palazzo Chigi (che potrà evitare di passare attraverso le burrascose tempeste partitiche), la fase di controllo e rendicontazione alla Ragioneria generale mentre l’esecuzione “materiale” viene distribuita tra i ministeri, le regioni e gli altri enti locali. La struttura a geometrie variabili è invece prevista per quanto riguarda la partecipazione di ministri e sottosegretari. Essi interverranno quando di stretta competenza anche nella prima fase, quella di impostazione delle policy.

La cabina di regia si presenta come il perno centrale di tutto l’ingranaggio. Risulta chiaro fin dall’articolo 2 della bozza del DL Semplificazioni che definisce in modo specifico le sue prerogative. Si va dal comma a) “elabora indirizzi e linee guida per l’attuazione degli interventi del PNRR, anche con riferimento ai rapporti con i diversi livelli territoriali” fino alla ricognizione sullo stato di avanzamento dei lavori fino all’esame delle criticità segnalate dai ministeri e le relazioni periodiche al Parlamento e alla Conferenza Unificata. Da sottolineare anche la competenza sull’attività di partenariato economico che verranno effettuate con la costituzione di un tavolo ad hoc, il Tavolo permanente per il partenariato economico, sociale e territoriale la cui composizione dovrebbe prevedere la partecipazione di alcuni rappresentanti di interessi nonché degli enti locali. Anche i rapporti con l’Unione Europea, fondamentali per la gestione dei sostegni economici e l’approvazione delle riforme strutturali, sono accentrati presso la Presidenza del Consiglio.

Al premier poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni negligenti

Al fine di accelerare l’attuazione degli interventi, vista anche la pressione di Bruxelles, al premier spettano anche poteri sostitutivi nei confronti delle amministrazioni negligenti. Se, infatti, viene verificata una falla nell’ingranaggio esecutivo che prevede una parte di decentralizzazione, la PA avranno quindici giorni per sbloccare il processo. Nel caso non siano in grado, subentrerà per decisione della cabina di regia un altro soggetto delegato sia esso un altro livello di amministrazione (ad es. nel caso di un comune ritardatario potrebbe essere la regione ad intervenire) oppure un commissario. Interessante anche il passaggio dell’art. 14 dove è prevista la sostituzione “In caso di dissenso, diniego, opposizione o altro atto equivalente proveniente da un organo statale che, secondo la legislazione vigente, sia idoneo a precludere, in tutto o in parte, la realizzazione di un intervento rientrante nel PNRR”.

Grande rilevanza, inoltre, viene conferita ai temi del digitale e della sostenibilità, rispecchiando la gerarchia degli investimenti imposta dall’UE. Il Comitato interministeriale per la transizione digitale e il Comitato interministeriale per la transizione ecologica svolgeranno a loro volta funzioni di indirizzo, impulso e coordinamento tecnico, tenendo informata periodicamente la cabina di regia.

Questo assetto è stato disegnato per gestire una mole di investimenti ingente e una tantum come quella del Recovery. Eppure, sembra ricalcare perfettamente lo stile del Mario Draghi nella gestione della macchina esecutiva fino a oggi. Piuttosto accentrato nel fornire gli indirizzi politici e nelle mani di alcuni nodi chiave, tra cui il MEF e il Ministero per la Transizione Ecologica, da cui poi si ramificano le fasi pratiche.

La governance dell’innovazione

Potrebbe far presumere un passo diverso anche per quanto riguarda la governance dell’innovazione, con particolare riferimento alle politiche industriali e della digitalizzazione dei processi produttivi?

Partendo dalle certezze, sembra chiara la volontà di costruire un ponte molto più ampio rispetto alle esperienze precedenti con l’Unione Europea. La cabina di regia avrà il delicato compito di dialogare continuamente con le istituzioni comunitarie per fornire informazioni sullo stato di avanzamento e attuazione dei progetti finanziati dal Recovery e dal SURE. È un’operazione di importanza forse anche superiore all’atto pratico nell’ottica del governo poiché da essa non dipende solamente il flusso dei finanziamenti, bensì è necessaria a consolidare la fiducia tra Bruxelles e Roma anche nel prossimo decennio. Se la partita viene ben giocata, è possibile sperare per l’Italia un ruolo più rilevante anche nelle politiche industriali europee inclusi i finanziamenti per l’innovazione e la ricerca tecnologica.

Il ruolo della cabina di regia potrebbe poi accelerare il potenziamento delle strategie chiave come Transizione 4.0 o la digitalizzazione della PA, senza dover sottostare a troppi diktat politici. In tal modo si assicurerebbe continuità alle politiche messe in campo e alla destinazione degli investimenti nei progetti chiave, come l’estensione delle infrastrutture BUL e delle reti 5G; veri key enabler di base per colmare il gap che ci separa da molti paesi Occidentali. Si eviterebbe di disperdere il potenziale finanziario nei mille rivoli degli interessi di parte, rendendolo improduttivo. In questo caso sarà da valutare l’azione del Comitato interministeriale per la transizione digitale e il Comitato interministeriale per la transizione ecologica.

Un modello quasi coreano si potrebbe definire quello della cabina di regia per il PNRR, dove però sembrerebbe mancare l’elemento degli advisor per l’innovazione al Presidente del Consiglio. La governance per le politiche tecnologiche e per la digitalizzazione della Corea del Sud prevede che il South Korean National Science and Technology Council (NSTC) e il Presidential Advisory Council on Science & Technology (PACST) svolgano un ruolo guida nel consigliare il Presidente. Draghi, invece, sembra affidarsi particolarmente ai suoi ministri più vicini (due dei quali provenienti dal mondo dell’industria ad alta tecnologia) e alle strutture esistenti. Potrebbe essere uno schema vincente che, però, necessita prima di tutto di chiarezza nella strategia. Fare contenta l’UE è sicuramente importante, ma altrettanto lo è costruire un sistema d’innovazione duraturo ed efficiente.

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