I podcast hanno ottenuto negli ultimi anni un gran riscontro da parte del pubblico, soprattutto di giovanissimi. Ma, esclusi informazione e intrattenimento, in molti ambiti il loro potenziale è ancora tutto da esplorare. Parliamo della didattica o della crescita personale o professionale.
L’industria dei podcast in Italia: i numeri del fenomeno e il profilo dei creatori
Podcasting, i numeri di un mercato in espansione
“Podcasts aren’t a bubble, they’re a boom —and that boom is only getting louder”– Miranda Katz su Wired
Secondo il report Ipsos Digital Audio Survey, pubblicato a ottobre 2022, gli ascoltatori di podcast in Italia nel mese di settembre sono stati circa 11,1 milioni (il 36% della popolazione). Una crescita significativa rispetto al 31% registrato dall’omonima indagine nell’anno precedente. Parliamo di un aumento netto di 1,8 milioni di utenti. Incrociando i dati, in valori assoluti, dei report Ipsos degli ultimi quattro anni, emerge una crescita progressiva che va dai 7 milioni di ascoltatori nel 2019 agli 11.1 milioni nel 2022.
In questo sviluppo, le piattaforme di riferimento per i consumatori italiani sono state Apple Podcast, Audible, Google Podcasts, Spotify e Spreaker. A queste si affiancano poi piccole piattaforme indipendenti come storielibere.fm e Piano P. (Fonte: Osservatori.net Digital Innovation). La fascia d’età predominante, come emerso dall’indagine Ipsos, è quella under 35 che compone il 43% del bacino degli ascoltatori. Millennial e Gen Z sono di fatto i maggiori fruitori di podcast a livello nazionale. A tal proposito, emerge un dato interessante anche dallo studio “Culture Next 2021” condotto da Spotify: il 36% dei giovani nutre maggiore fiducia nei podcast che nei media tradizionali (telegiornali, giornali e radio nazionali). Dati importanti, che fanno comprendere come il podcast sia considerato uno strumento di approfondimento e non solo d’intrattenimento.
Le tematiche più ascoltate
Quali sono le tematiche maggiormente ascoltate dagli utenti?
Secondo lo stesso studio condotto da Spotify, a farla da padrone sono le questioni sociali. Tra le motivazioni che spingono le nuove generazioni a tenersi aggiornati e a documentarsi tramite il formato del digital audio, c’è anche la necessità di prendersi una pausa dalla sovraesposizione di video e immagini generata dai social media.
È in questo contesto che si inserisce la svolta strategica che i podcast possono offrire ai professionisti che desiderano diffondere le proprie competenze e attività formative.
Fenomeno podcasting
La parola podcast nasce dall’unione di pod, “baccello, contenitore”, e [broad]cast, “diffusione, trasmissione”. A coniare il termine, il giornalista Ben Hammersley in questo articolo pubblicato sul The Guardian. A un anno dalla pubblicazione di questo testo, ecco che il termine “podcast” viene scelto dall’American Dictionary come “parola dell’anno”. Il suo vero successo, però, lo dobbiamo a Steve Jobs che nel 2005 integra il modello del podcasting nel sistema di iTunes. Il fondatore di Apple, infatti, cavalcava già venti anni fa l’onda di questo strumento e, per oltre un decennio, vi associò un suo prodotto di punta: l’iPod. Dopo un’iniziale ed esclusiva diffusione negli USA, il podcast esce dai confini statunitensi e da fenomeno tecnologico si delinea sempre di più come fenomeno culturale.
Podcast e formazione
La rivoluzione del podcasting, e la sua chiave di volta rispetto all’orizzonte formativo, è rappresentata dalla democratizzazione dello storytelling: chiunque può misurarsi con questo mezzo e rendere disponibili i propri contenuti a un vasto numero di utenti.
Ci sono poi altri due fondamentali vantaggi:
- la semplicità di realizzazione
- l’economicità produttiva.
La realizzazione di video è infatti più dispendiosa e richiede un ampio ventaglio di abilità e conoscenze tecniche. Per un podcast invece possono bastare un telefono, un paio di cuffiette e una stanza senza troppo riverbero in cui registrare.
Altro aspetto è il valore immaginativo ed evocativo del formato audio e della sua serialità. L’uso sapiente di una combinazione di suoni e parole è capace di generare suggestioni narrative che, puntata dopo puntata, si legano in una vera e propria esperienza immersiva capace di incuriosire e stimolare il bisogno di approfondire.
Il punto di forza principale per il podcast però resta indubbiamente la possibilità dell’ascolto “on demand” da qualsiasi supporto mobile e in qualsiasi momento. Dagli spostamenti in auto al tempo libero, la filosofia è “everytime and everywhere”. La flessibilità del mezzo è perciò la chiave del suo risvolto didattico: educazione erogata seguendo il ritmo e la disponibilità del discente.
Podcast nella didattica: ampliare lo spazio formativo
Durante la pandemia, coach e docenti hanno dovuto riprogettare e potenziare la propria offerta formativa misurandosi con la necessità di integrare (o sostituire) la didattica in presenza con forme di interazione a distanza e apprendimento autonomo.
Quest’accelerazione repentina verso la digitalizzazione dei processi formativi ha portato con sé la prospettiva della didattica digitale integrata, una metodologia innovativa di insegnamento-apprendimento complementare a quella tradizionale dove ai corsi in aula si affianca la frontiera digital.
I podcast, in questo caso, rappresentano un’ottima risorsa.
L’insegnante, ad esempio, potrebbe predisporre un podcast di “guida allo studio” che segua il percorso del ciclo di lezioni, riassumendo i concetti essenziali di quanto già spiegato.
Si può puntare però anche su una serie tematica d’approfondimento che offra contenuti extra rispetto a ogni modulo del programma del corso.
Per la formazione asincrona, infine, si possono progettare podcast Q&A in cui ogni puntata risponde ad una o più domande frequenti che i corsisti pongono su uno specifico argomento.
Come produrre un podcast per l’eLearning
Come avevamo già visto in un precedente articolo, per creare un podcast dobbiamo sempre tener presente le caratteristiche del nostro pubblico di riferimento, i requisiti necessari per comprendere il contenuto da ascoltare ma anche e soprattutto la necessità di sollecitare attenzione e motivazione all’apprendimento. Dobbiamo puntare quindi a costruire un percorso che sappia stimolare riflessioni e che, tramite l’impiego di inserti audio e musiche, dia coerenza e continuità allo script. I tempi e il ritmo di narrazione sono due aspetti cruciali per l’ideazione del contenuto. La durata ideale di un podcast di apprendimento è paragonabile a quella di una qualsiasi attività di microlearning, tra i 12 e i 18 minuti. La scrittura per il parlato inoltre è diversa da quella orientata alla lettura. La struttura deve essere chiara e ben schematizzabile.
I podcast per la Sanità: come usarli per rafforzare autorevolezza, credibilità e fiducia
Essenzialmente, devono essere presenti sezioni identificabili quali:
- Intro (presentazione del tema)
- Corpo (sezione contenutistica più ricca e potenzialmente intervallata da inserti audio)
- Riepilogo (sintesi in concetti chiave)
- Outro (chiusura e saluto con possibile link ai prossimi episodi).
È fondamentale quindi enfatizzare i passaggi cruciali del discorso tramite ripetizioni, esempi evocativi e incisi di spiegazione. Per citare Glen Weldon per NPR:
“We want to feel like we’re in the room with you. So by all means, prepare, and think about phrasing. But plan ways to say things that will open the discussion, not shut it down”.
Corporate podcast: cultura aziendale audio-only
Uno studio della Deloitte University Press ha rilevato che l’87% delle grandi organizzazioni cita il coinvolgimento dei dipendenti come una delle sfide principali dell’ambito produttivo. Nel periodo di inserimento molti faticano ad orientarsi e a sviluppare una connessione con la mission aziendale.
Per colmare questo gap è utile partire dalla comunicazione ed è possibile farlo anche tramite un corporate podcast, meglio noto come podcast aziendale o podcast interno. A differenza del branded podcast, che si rivolge ai consumatori con l’obiettivo di promuovere la brand image d’impresa, il corporate podcast ha infatti applicazioni più funzionali.
Gli HR Manager possono infatti adottarlo come strumento di training B2E (business to employee) per creare momenti di informazione e formazione utili alla costruzione della cultura aziendale e alla crescita professionale, personale e collettiva del team.
Questa tipologia di podcast è spesso impiegata per creare engagement, fornire aggiornamenti su strategie e obiettivi e trasferire messaggi e informazioni sull’onboarding o su competenze preziose come il time management.
In generale i corporate podcast possono essere prodotti dal settore della comunicazione interna ma si può affidare il servizio anche ad enti terzi.
Un podcast aziendale privato sarà fruibile esclusivamente attraverso canali riservati quali l’intranet aziendale, le piattaforme proprietarie o piattaforme di e-learning. Ne è un chiaro esempio l’innovativa piattaforma Podlearn di Vois.fm, podcast creator company italiana.
L’esempio di American Airlines e Allianz Spa
“Tell Me Why” di American Airlines è invece un ottimo modello di podcast aziendale autoprodotto e autogestito. Disponibile su Apple Podcast e arrivato ormai alla sua quinta stagione, “Tell Me Why” è un progetto di grande successo che racconta il “perché” e i retroscena delle più importanti decisioni della compagnia di volo statunitense. L’host è Ron DeFeo, vicepresidente delle comunicazioni globali dell’impresa.
Ci troviamo quindi in presenza di un chiaro (e ben congeniato) tentativo di avvicinare i dipendenti alla leadership e farli sentire parte del processo evolutivo dell’azienda.
Allianz Spa, noto gruppo assicurativo, si è invece speso per dar vita ad una ricca produzione di contenuti podcast per l’aggiornamento del personale. I temi cardine sono quelli legati ai trend di rischio su tematiche specifiche. In questo caso quindi il livello di expertise richiesto all’ascoltatore è elevato.
C’è infine chi, come la multinazionale PWC, commissiona corporate podcast con l’obiettivo di migliorare la comunicazione della brand identity aziendale verso gli stakeholder interni ed esterni. Argomenti chiave in questo caso sono legati ai core themes aziendali: tecnologie emergenti, digital e accounting.
Crescita personale e podcasting: esempi e benefici
Si stanno sperimentando, e si vanno via via a consolidare, anche contenuti audio originali pensati per l’apprendimento autonomo. Non si parla quindi solo di docenti che affiancano questo strumento ad un corso o a un ciclo di lezioni, e neanche ad una fruizione strettamente connessa all’ambito lavorativo. Il campo della crescita personale fonde questi due aspetti e li declina in un contesto di self-paced learning, dando la possibilità al partecipante di immedesimarsi al meglio con ciò che sta ascoltando. Ecco, quindi, che i podcast si rivelano particolarmente utili per imparare una lingua, scoprire storie di business motivazionali o approfondire temi legati alle proprie passioni.
Per lo studio dell’inglese in particolare questo formato era già molto in voga negli anni ‘80. Basti pensare alle storiche audiocassette de “L’Inglese per tutti”. Nella vasta offerta di podcast in lingua possiamo orientarci e distinguere i contenuti più adatti a noi sulla base del nostro livello di competenza (base, intermedio o avanzato) e selezionare contenuti che, mentre affinano il nostro listening, ci diano la possibilità di immergerci nella cultura dei locals o di spaziare tra gli argomenti più disparati: storytime, notizie di attualità, ricette di cucina, recensioni di film o libri. Il format del podcast, infatti, non è necessariamente quello della lezione, si può coniugare il miglioramento delle skills linguistiche all’apprendimento di nuovi topics di cultura generale.
Per chi invece è alla ricerca di consigli per la carriera e vuole approfondire le sue conoscenze in ambito business due ottimi esempi sono HBR IdeaCast, un podcast della Harvard Business Review con le ultime novità dal mondo economico, e The McKinsey Podcast, una serie ideata da una delle più prestigiose società di consulenza strategica come guida sul management ed il mondo degli affari.
Altro esempio di podcast di successo che fa da raccordo tra il mondo dell’economia e quello del marketing è sicuramente quello di Marco Montemagno, imprenditore che si è fatto conoscere per il suo stile dinamico e informale ma soprattutto per la sua capacità di intercettare trend e dar modo al grande pubblico di conoscere il “dietro le quinte” dei percorsi professionali di personaggi di spicco del panorama mediatico. Passando da Nicola Farinetti, CEO di Eataly, a personalità come Claudio Bisio e Maccio Capatonda, il suo format “quattro chiacchiere” intrattiene e offre importanti spunti di riflessione.
Diverso il caso di Max Corona che, con il suo “Storie di brand”, fa viaggiare gli ascoltatori indietro nel tempo, contestualizzando la nascita e l’evoluzione dei marchi più popolari e famosi al mondo. I suoi approfondimenti più noti sono quelli dedicati a Levi’s, Fanta, Lamborghini, Red Bull e alla storica rivalità tra Adidas e Puma.
Altro esempio è “Hacking Creativity” un podcast che parla a chi, professionalmente o per puro spirito di scoperta, è alla ricerca di nuove originali strategie per produrre idee. Con interviste a pubblicitari, sceneggiatori, autori e imprenditori il tema della creatività trova spazio in ogni sua forma, stimolando l’ascoltatore a guardare il mondo con occhi diversi.
Nuove frontiere dell’audio
In questa panoramica abbiamo avuto modo di capire come il podcasting stia progressivamente colmando un’esigenza latente, quella della “formazione on demand”, ampliando come medium la propria risonanza e la propria platea di riferimento.
I podcast non sono uno strumento di ascolto passivo e per aziende e professionisti questo formato si sta affermando come una soluzione agevole, personale e personalizzata alla crescente domanda d’apprendimento e informazione online.
Se le loro potenzialità didattiche ad oggi restano in buona parte ancora inesplorate, c’è però un ampio margine di crescita e un vasto orizzonte per la sperimentazione attraverso i podcast. In definitiva, tutto si potrebbe riassumere con un’efficace citazione che ho letto tempo fa su Twitter: “La comunicazione parte non dalla bocca che parla ma dall’orecchio che ascolta”.