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Possibili strategie per frenare l’ascesa cinese nel mercato dei chip



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La produzione dei chip si basa su catene di approvvigionamento specializzate e complesse, distribuite a livello globale. Al momento, il 90% della produzione globale dei chip più avanzati è localizzata a Taiwan, ma Pechino sta attuando una strategia globale per costruire un settore indigeno dei semiconduttori. Come arginarla?

Pubblicato il 11 ott 2023



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Costruire una catena di fornitura di chip internazionale resiliente e affidabile potrebbe contribuire a ridurre il ruolo della Cina, date le sue pratiche predatorie e i rischi politici che si corrono nel fare affari con Xi Jinping. Senza controllo, Pechino farà all’industria dei semiconduttori ciò che ha fatto ai fornitori di telecomunicazioni 4G: utilizzando una combinazione di sussidi, pratiche commerciali predatorie e spionaggio, ha eliminato i concorrenti dal mercato.

Questo obiettivo si può raggiungere con una seria cooperazione USA-UE, riducendo il mercato per i fornitori cinesi, il trasferimento di tecnologia avanzata dei chip (non solo utilizzando i controlli sulle esportazioni, ma limitando gli investimenti cinesi) e riducendo la partecipazione di Pechino nella ricerca e sviluppo (R&S).

Ma il raggiungimento di questi obiettivi non è cosa semplice. Proviamo a fornire allora un quadro del funzionamento della catena di approvvigionamento e una breve analisi del complesso scenario geopolitico creatosi attorno alla produzione di chip.

Le catene di approvvigionamento

I chip a semiconduttore sono un elemento centrale dell’economia digitale. Permettono il funzionamento di molti prodotti: dagli smartphone e dalle automobili alle applicazioni e alle infrastrutture critiche nei settori della sanità, dell’energia, delle comunicazioni e dell’automazione, fino alla maggior parte degli altri settori industriali. I chip, inoltre, sono essenziali per le tecnologie del futuro, quali l’intelligenza artificiale (IA) e le comunicazioni 5G/6G. Senza chip, il “digitale” non esiste.

La produzione dei chip si basa su catene di approvvigionamento specializzate e complesse, distribuite a livello globale che coinvolgono molte fasi della produzione, inclusi materiali specializzati, apparecchiature di produzione, progettazione e relativo software, fabbricazione, test e imballaggio. In alcune fasi della produzione, il costo del lavoro è importante; in altri, ad essere significativi sono i costi di capitale perché un impianto di fabbricazione all’avanguardia, o fab (fabbricazione digitale), può costare più di 12 miliardi di dollari. Taiwan, Corea del Sud, Stati Uniti, Giappone, Singapore e Cina sono le principali nazioni produttrici di chip. Ci sono anche importanti strutture (spesso filiali di un produttore leader) in Europa, Sud-Est asiatico, Sud America e Israele.

Molti segmenti della catena di fornitura sono altamente concentrati, con uno o pochi fornitori che dominano un particolare processo o area di interesse.

Le apparecchiature di produzione

Uno dei settori maggiormente “concentrati” si riscontra nelle apparecchiature per fotolitografia, dove solo l’olandese ASML fornisce apparecchiature EUV e i primi tre fornitori (ASML, Nikon, Canon) rappresentano praticamente tutta la quota di mercato complessiva.

Attualmente, ASML non è autorizzata a vendere alla Cina in base alle restrizioni alle restrizioni sulle esportazioni statunitensi. In particolare, la Cina non può più acquistare le apparecchiature più avanzate, quelle di litografia ultravioletta estrema (EUV) e, da settembre 2023, neppure la seconda più avanzata di ASML, quella ultravioletta profonda (DUV) per immersione in fluoruro di argon (ArFI).

La cinese Shanghai Micro Electronics Equipment (SMEE) non ha ancora lanciato alcuna attrezzatura pronta per la fabbricazione, nonostante anni di clamore, anche se alcuni sostengono che la SMEE lancerà apparecchiature di litografia adatte ai processi a 28 nm il prossimo autunno. Tuttavia, anche se la SMEE riuscisse in questa impresa, sarebbe ancora molto indietro rispetto alla frontiera della tecnologia.

Per quanto riguarda, invece, la deposizione (aggiunta di strati sottili di materiali e quindi di energia per indurre una reazione chimica), ci sono almeno cinque produttori cinesi che, secondo quanto riferito, hanno intrapreso la produzione di massa di apparecchiature: Piotech, NAURA, AMEC, ACMR e Wanye sono i principali venditori. Nel complesso, i fornitori locali hanno conquistato quote di mercato, passando dall’8,5% degli acquisti delle fonderie cinesi nel 2020 al 25% nei primi dieci mesi del 2022.

Douglas Fuller, professore associato presso il Dipartimento di economia, governo e affari, Copenhagen Business School in Danimarca, sostiene che una delle principali preoccupazioni è quella di capire se i controlli americani sulle esportazioni possano accelerare gli input chiave che il governo USA sta cercando di utilizzare come punti di strozzatura, vale a dire quelli riguardanti gli strumenti EDA e i beni strumentali.

“Dal lato dell’EDA”, Fuller afferma che “ci sono concorrenti cinesi emergenti. Tuttavia, hanno una scarsa presenza sul mercato al di fuori della Cina e ci sono vincoli strutturali che impediscono a queste aziende di diventare concorrenti alla pari delle Tre Grandi, cioè Cadence, Synopsys e Siemens/Mentor Graphics.

Per quanto riguarda i beni strumentali, Fuller sostiene che i fornitori cinesi hanno fatto progressi nelle attrezzature per l’assemblaggio e il collaudo, sebbene non rappresentino la causa principale delle strozzature. L’obiettivo principale era, invece, la fabbricazione di beni strumentali. “Qui i progressi sono stati molto più limitati, soprattutto nei nodi manifatturieri avanzati”, ha aggiunto l’esperto.

I quattro tipi più importanti di apparecchiature per la fabbricazione sono: apparecchiature di litografia, deposizione, incisione e controllo del processo (ispezione e metrologia).

Per gli esperti, i produttori cinesi stanno ancora aumentando la loro quota di mercato soprattutto nei processi trailing edge e non critici. Nelle applicazioni critiche e di punta, come la deposizione epitassiale avanzata e la deposizione atomica (ALD), invece, non hanno fatto grandi progressi.

Le apparecchiature di etching (rimozione selettiva dei materiali depositati sul wafer) sono dominate da LAM Research (un’azienda statunitense), seguita dalla giapponese Tokyo Electron e dalla statunitense Applied Materials. Poiché la frontiera tecnologica dei nodi di fabbricazione è passata da 14/16 nm a 5 nm nella logica e da 64L (L sta per layers) a 192L nella NAND, il mercato delle apparecchiature di incisione è raddoppiato. “Pertanto, per gli operatori storici con clienti leader consolidati esiste un vantaggio simile a quello che si è visto per la deposizione”, precisa Fuller.

Le aziende cinesi fanno meglio nel settore dei nodi finali o anche solo maturi (ad esempio, 28 nm) dove le apparecchiature di incisione vengono utilizzate meno frequentemente e quindi c’è una domanda inferiore. NAURA e AMEC sono entrambe entrate in questo mercato. AMEC offre apparecchiature per l’incisione di conduttori e dielettrici a 28 nm per processi non critici e semicritici e apparecchiature non critiche a 5 nm. NAURA offre solo apparecchiature non critiche e semi-critiche a 28 nm per l’incisione dei conduttori.

Le apparecchiature di controllo del processo sono quasi tutte critiche poiché influiscono direttamente sui tassi di rendimento della fabbricazione. Per Fuller, quindi, “gli acquirenti di tali apparecchiature sono molto cauti nel provare nuovi arrivati ​​​​non provati. Quest’area è anche quella con le più alte barriere tecniche all’ingresso. E c’è un nuovo vantaggio in questo settore, poiché l’analisi dei dati che utilizza i dati raccolti dalle macchine operatrici esistenti è diventata sempre più importante per i progressi in questo segmento delle apparecchiature”.

“Considerati questi fattori, non sorprende che, come nel caso della litografia, i fornitori cinesi abbiano fatto pochissimi progressi oltre a quei semplici compiti in cui le barriere non sono elevate, ad esempio l’ispezione dei wafer prima del processo di fabbricazione”.

“Data la mancanza di progressi nei nodi avanzati, la fabbrica avanzata di SMIC è piena zeppa di apparecchiature americane spesso ottenute in modi legalmente dubbi, così come di apparecchiature DUV avanzate olandesi e di apparecchiature giapponesi ottenute prima dell’inizio dei controlli sulle esportazioni dei rispettivi governi”, conclude Fuller.

Le fonderie

Gli Stati Uniti guidano il mondo nella progettazione di semiconduttori fabless, che introduce l’ulteriore vincolo di fornitura dei servizi di produzione in outsourcing. L’80% della quota di mercato della fonderia si trova in Asia, quasi tutta a Taiwan. Quest’ultima ospita il produttore di semiconduttori più avanzato al mondo, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) e il 20% della capacità di produzione globale di semiconduttori. La leadership di TSMC nella produzione avanzata di semiconduttori è attribuibile alla decisione dell’azienda di aprire la strada al modello di fonderia “pure-play” per la produzione. Si tratta di una fonderia che si concentra esclusivamente sulla fabbricazione di dispositivi a semiconduttore, lasciando la progettazione di chip ad altre aziende. Questo modello contrasta con quello del “produttore di dispositivi integrati”, in cui le aziende progettano e fabbricano semiconduttori.

Aziende statunitensi come Qualcomm e Nvidia, sebbene siano specializzate nella progettazione di semiconduttori avanzati, appaltano a fonderie terze la loro produzione, comprese quelle di proprietà di TSMC. Questo perché gli Stati Uniti non hanno la capacità di produrre all’avanguardia. Secondo la Semiconductor Industry Association, la quota statunitense della produzione globale di semiconduttori è scesa dal 37% nel 1990 al 12% nel 2020.

I chip di memoria

Per i chip di memoria, Samsung (KR), SK Hynix (KR) e Micron (USA) controllano oltre il 94% del mercato globale delle DRAM, che nel 2021 ha totalizzato un volume di 96 miliardi di dollari. La DRAM è un prodotto standardizzato che viene scambiato come una merce, e i tre IDM fanno affidamento su economie di scala in un mercato altamente volatile con tassi di crescita che sono passati dal +77% al -37% in due anni. Poiché la maggior parte della produzione di DRAM di Samsung e SK Hynix è in Corea del Sud, questo Paese svolge un ruolo cruciale nella fornitura globale di chip di memoria.

I semiconduttori analogici

Le società europee, statunitensi e giapponesi sono fornitori chiave di semiconduttori analogici. Processori e chip di memoria sono dispositivi puramente digitali, ma i semiconduttori analogici interagiscono con il mondo reale (dai sensori ai controller dei motori o ai chip a radiofrequenza) e sono per lo più prodotti da IDM. Il mercato dei semiconduttori analogici è molto diversificato, con le piccole e medie imprese che spesso si concentrano sui chip per applicazioni molto specifiche.

I processori per uso generico

I processori per uso generico (x86) per laptop, desktop e server sono essenzialmente controllati da Intel (Stati Uniti) e AMD (Stati Uniti). Nel 2020 Nvidia (Stati Uniti) controllava oltre l’80% del mercato degli acceleratori di intelligenza artificiale per cloud e data center.

I maggiori produttori di semiconduttori europei sono la tedesca Infineon, la STMicroelectronics con sede in Svizzera e l’olandese NXP, che si classificano al 9′, 10′ e 12′ posto a livello in mondiale nella vendita. Nel secondo trimestre del trimestre 2023, le vendite di Infineon sono state pari al 35% in più rispetto a quelle del leader del settore Intel.

I processori di fascia altissima

Al momento, la produzione globale dei chip più avanzati è localizzata a Taiwan, dove si stima sia concentrata una quota mondiale superiore al 90%

La statunitense Intel, però, ha annunciato nuove tecnologie di chip che promettono di renderla un futuro concorrente della TSMC di Taiwan e della Samsung Electronics della Corea del Sud, mettendo il processore a 7 nm costruito dalla cinese SMIC per il nuovo smartphone 5G di Huawei in una nuova prospettiva. In un discorso programmatico all’evento Intel Innovation 2023 che si è aperto a San Jose il 19 settembre scorso, il CEO di Intel Pat Gelsinger ha affermato che il processo a 2 nm dell’azienda (20 A, o 20 angstrom, che equivalgono a 2 nanometri) sarà pronto per la produzione nella prima metà del 2024 e il suo processo 18A nella seconda metà dello stesso anno. Il silicio 18A di Intel dovrebbe entrare in produzione nel primo trimestre del prossimo anno, portando a una produzione in grandi volumi nel 2025. Se tutto andasse secondo i piani, segnerebbe il successo della strategia di recupero “5 nodi in 4 anni” di Intel annunciata da Gelsinger nel 2021. TSMC e Samsung Electronics hanno processi a 3 nm in produzione e prevedono di lanciare i chip a 2 nm nel 2025.

Douglas Fuller, professore associato presso il Dipartimento di economia, governo e affari, Copenhagen Business School in Danimarca, spiega le implicazioni del chip da 7 nanometri (nm) presente nell’ultimo smartphone 5G di Huawei. In un’intervista a The Diplomat afferma: “Sapevamo già che il braccio di progettazione Hisilicon di Huawei era molto capace di progettare chip avanzati, soprattutto per gli smartphone. La domanda principale è dove Huawei sarebbe in grado di fabbricare tali chip dal momento che le regole specifiche sulla designazione della Huawei Entity List sono entrate in vigore alla fine del 2020. Le disposizioni della Entity List per Huawei rendono illegale servire Huawei senza una licenza mentre si utilizzano apparecchiature americane. È molto probabile che SMIC [Semiconductor Manufacturing International Corporation, la società cinese che ha realizzato il chip da 7 nm per Huawei] utilizzi apparecchiature americane senza tale licenza, quindi è probabile che violi i controlli sulle esportazioni americane”.

Una catena transnazionale

La catena del valore globale dei semiconduttori è transnazionale. Si basa su un’elevata divisione del lavoro tra aziende e regioni ed è definita da forti interdipendenze e vari punti di strozzatura a livello di fasi di produzione, fornitori e tipi di chip. Ancora più importante, nessuna regione può controllare tutte le fasi di produzione e le forniture necessarie per la produzione di semiconduttori all’avanguardia.

Le fasi di produzione

La produzione di chip si articola in più fasi. La prima è la progettazione che costituisce il passaggio con il valore aggiunto più elevato (50%). La seconda è la fabbricazione dei wafer o lamelle (chiamata anche produzione “front-end”) eseguita in impianti di fabbricazione o “fab”. Oggi la fabbricazione dei wafer dipende da circa 300 sostanze chimiche e da più di 50 diversi tipi di apparecchiature di produzione specializzate e richiede più di 1.000 fasi di processo e più di 12 settimane. La terza e ultima fase di produzione comprende l’assemblaggio, il test e l’imballaggio (produzione “back-end”). Durante questa fase, tutti i singoli circuiti integrati (incisi sul wafer durante i processi di front-end) vengono tagliati a cubetti dal wafer, testati e quindi confezionati per proteggerli dall’ambiente e per poterli saldare nel prodotto finale, ad esempio lo smartphone.

I punti di forza della Cina

I punti di forza della Cina sono:

  • Produzione back-end: assemblaggio, test e confezionamento sono la fase del processo in cui la Cina ha guadagnato la quota di mercato maggiore negli ultimi 15 anni. I tre principali fornitori cinesi di OSAT rappresentano il 35% del mercato globale.
  • Produzione front-end (nodi maturi): sebbene in Cina non ci siano fabbriche all’avanguardia (<10 nm), principalmente a causa delle restrizioni all’esportazione degli Stati Uniti su alcuni tipi di apparecchiature di produzione, Pechino ha una notevole capacità di produzione nei nodi maturi.
  • Progettazione di chip (hyperscaler, elettronica di consumo e dispositivi mobili): la Cina ha un ecosistema di progettazione di chip in rapida crescita che è sempre più competitivo. Simile alle loro controparti statunitensi, gli hyperscaler cinesi come Alibaba e Tencent stanno investendo nelle loro unità di progettazione di chip interne. A causa delle restrizioni all’esportazione degli Stati Uniti, Huawei sta lottando mentre altre società cinesi di telefonia mobile e di elettronica di consumo stanno diventando più forti. Unisoc, una società cinese fabless focalizzata sui chipset mobili, ha guadagnato sostanziali quote di mercato negli smartphone e tablet entry-level, ad esempio da Samsung.

In sintesi, l’industria cinese dei semiconduttori ha sempre più successo in tutte e tre le fasi di produzione, ma lotta nei mercati dei fornitori (IP, EDA, apparecchiature, prodotti chimici e wafer).

Tuttavia, la US Semiconductor Industry Association (SIA) stima che i fornitori di apparecchiature cinesi potrebbero raggiungere l’autosufficienza nelle tecnologie di processo a 40 nm (nanometri) “nei prossimi anni”.

Gli elementi per la fabbricazione

A parte gli input come i wafer e le fotomaschere, la produzione di semiconduttori richiede anche centinaia di sostanze chimiche e decine di gas. Uno studio del 2018 sull’uso di sostanze chimiche in due impianti di fabbricazione di dispositivi di memoria ha rilevato che ciascuno di essi utilizzava oltre 400 prodotti chimici per un peso di oltre 45.000 tonnellate all’anno.

Secondo il National Institute of Standards and Technology (NIST) nella produzione di semiconduttori possono essere utilizzati fino a 49 gas da soli.

Molte di queste sostanze chimiche hanno le proprie catene di approvvigionamento estese che spesso hanno origine in pochi Stati o possono dipendere da sorgenti limitate o singole. Anche fonti sicure di acqua e di energia sono essenziali per la produzione di semiconduttori. Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC) ha recentemente annunciato l’intenzione di costruire un impianto di trattamento delle acque industriali per ridurre il rischio di siccità e di interruzione nella fornitura, con l’obiettivo di soddisfare, entro il 2024, oltre il 40% del suo consumo idrico di 156.000 tonnellate al giorno.

Anche il fabbisogno energetico è elevato. Le strutture possono richiedere fino a 100 megawattora di energia per ogni ora di funzionamento, equivalenti alla quantità di energia consumata dalla famiglia media degli Stati Uniti in nove anni. Con l’elettricità che rappresenta fino al 30% dei costi operativi di fabbricazione, l’accesso ad una fonte energetica affidabile e conveniente è essenziale affinché i produttori siano competitivi.

La politica dell’industria dei chip

La politica dell’industria dei chip è generalmente favorevole agli Stati Uniti, afferma James Andrew Lewis, vicepresidente e direttore del Programma Tecnologie Strategiche del CSIS.

Uno dei principali produttori, la Corea del Sud, è un alleato USA e affronta meno rischi di interruzioni dalla Cina rispetto a Taiwan. Un altro produttore leader, il Giappone, è uno dei più importanti partner per la sicurezza degli Stati Uniti e, con questi ultimi, domina la produzione di apparecchiature per la produzione di semiconduttori (PMI).

Anche ASML, altro produttore di PMI con sede nei Paesi Bassi, è un fondamentale alleato degli USA. Questi Paesi condividono valori democratici e in molti casi sono alleati con trattati. Un altro partner affidabile è Singapore, sebbene preferirebbe non essere coinvolto in una battaglia tra giganti. La distribuzione globale della produzione di chip nei Paesi amici degli Stati Uniti è un vantaggio. I numerosi segmenti della catena di fornitura dei semiconduttori, dai materiali a progettazione, fabbricazione, confezionamento e test, creano opportunità di cooperazione multinazionale.

Non tutti i segmenti devono trovarsi nello stesso Paese. Per molti esperti, però, la lotta per l’autosufficienza negli Stati Uniti e in Europa imporrà seri costi di efficienza e potrebbe portare alla perdita di un vantaggio chiave rispetto alla Cina: partnership già costruite su solide basi commerciali e valori politici condivisi basati sullo Stato di diritto e sulla democrazia.

Il reshoring

Il reshoring contrasta anche con un cambiamento fondamentale nel modo in cui vengono prodotti i chip: il successo del modello di produzione “fabless and foundry”.

Fabless significa che un’azienda progetta e commercializza chip, ma ne appalta la produzione a terzi. La fonderia sostiene l’onere finanziario del mantenimento di fabbriche all’avanguardia. Questa è un’alternativa commercialmente valida utilizzata da molte aziende tecnologiche leader. TSMC ha una quota del 50% nel mercato fabless, tuttavia la sua vicinanza alla Cina, che minaccia regolarmente di invadere e assorbire Taipei, crea un potenziale rischio per la sicurezza.

La più grande vulnerabilità geopolitica in questo settore globale, dunque, è Taiwan. L’isola, dopo decenni di investimenti, domina la produzione dei chip più avanzati, ma affronta maggiori rischi da una Cina sempre più bellicosa che minaccia abitualmente di occuparla. Questo contribuisce all’incertezza, con l’inopportunità di lasciare ad una singola nazione un ruolo dominante in un settore chiave. Per gli esperti, una delle minacce più immediate alla sicurezza globale è un’eventuale occupazione di Taiwan da parte di Pechino, con la forza militare o con provvedimenti normativi.

Controllare l’isola significa dominare l’industria globale dei semiconduttori e dell’elettronica, il che si traduce in un controllo quasi assoluto sul mondo. Per alcuni esperti, gli Stati Uniti dovrebbero fare affidamento su una catena di approvvigionamento transnazionale, piuttosto che puntare sulla produzione indigena di chip, con Giappone, Corea del Sud, Europa ed altri partner. Il problema, dunque, è la Cina con le sue politiche industriali e le sue intenzioni riguardo Taiwan, non la produzione offshore.

Anche l’UE dovrà prendere una decisione riguardo la sovranità tecnologica e l’autonomia, magari attraverso un partenariato con gli Stati Uniti. Se l’UE deciderà di perseguire l’autonomia danneggerà gli interessi degli Stati Uniti e, maggiormente, i propri. Va salutato con favore, dunque, il lancio nel giugno 2021 del Consiglio per il commercio e la tecnologia USA-UE, che si concentrerà sulla lotta al dominio cinese sui componenti delle catene di approvvigionamento tecnologiche vitali e sulla spinta di Pechino nel definire standard globali per le tecnologie emergenti.

Gli obiettivi europei nel settore digitale

Al momento, gli obiettivi europei nel settore digitale sono stati definiti con la Comunicazione “Bussola digitale per il 2030”, cioè con il “modello europeo per il decennio digitale” del marzo 2021, e con la proposta di decisione del settembre 2021 istitutiva del programma strategico per il 2030 “Percorso per il decennio digitale”.

Nel suo discorso sullo stato dell’Unione del 2021, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha definito la visione della strategia europea sui chip, per creare congiuntamente un ecosistema europeo di chip all’avanguardia. Ciò includerà la produzione, nonché il collegamento delle capacità di ricerca, progettazione e sperimentazione di livello mondiale dell’UE. E già nel suo discorso sullo stato dell’Unione 2022 , la von der Leyen ha sottolineato che la prima gigafactory di chip in Europa verrà inaugurata nei prossimi mesi.

La proposta di regolamento sui semiconduttori, il cosiddetto ‘Chips Act’, è stata presentata dalla Commissione europea l’8 febbraio 2022. L’obiettivo primario è rendere l’UE leader nel campo della progettazione, della fabbricazione e dell’imballaggio di chip avanzati per ridurre il suo grado di dipendenza da Paesi terzi. Come affermato dalla Commissione europea, le misure contemplate dalla proposta dovrebbero consentire all’UE di raggiungere il 20% della quota di mercato mondiale entro il 2030 attraverso una quadruplicazione dei volumi di produzione domestica.

La Cina resta al centro della delicata questione dei chip

Al di là di tutto ciò, la Cina resta al centro della delicata questione dei chip. La quota statunitense nella produzione globale di semiconduttori è scesa dal 37% nel 1990 al 12% nel 2019 e si prevede che diminuirà ulteriormente in assenza di una strategia globale a sostegno del settore. Anche l’UE è vulnerabile perché sconta una elevata dipendenza da un numero limitato di fornitori esteri di chip.

Sin dagli anni ‘80, il PCC ha cercato di costruire capacità locali per la produzione di chip. Lo ha fatto fornendo sostegno finanziario alle aziende cinesi, sostenute dallo spionaggio industriale e da pratiche commerciali predatorie.

“Se la Cina competesse in modo equo e se i suoi obiettivi fossero commerciali anziché politici, i Paesi accetterebbero questa nuova competizione. Lo sforzo della Cina nei chip, tuttavia, è distorto dal suo obiettivo strategico di sostituire i fornitori occidentali come parte della sua ricerca di un ordine globale ristrutturato che le dia il dominio”, ha affermato James Andrew Lewis del CSIS.

I continui investimenti di Pechino aumenteranno la sua capacità di produzione e la sua quota di mercato nei prossimi decenni, indipendentemente dalla politica statunitense e giapponese. Tuttavia, la decisione degli USA, dell’UE e di altri Paesi di continuare a limitare l’accesso cinese alla tecnologia dei chip potrà rallentare significativamente questo aumento. Sebbene gli obiettivi della Cina siano di costruire una catena di approvvigionamento indigena e sostituire i fornitori occidentali, gli esperti cinesi ammettono che ci vorrà più di un decennio prima che raggiungano la parità con i fornitori di chip occidentali.

L’attrazione gravitazionale del mercato cinese

Le aziende negli Stati Uniti e in Europa hanno goduto del periodo d’oro della globalizzazione e preferirebbero continuare ad investire e vendere in Cina. Questa, infatti, è una delle principali consumatrici mondiali di tecnologia occidentale, compresi i semiconduttori (anche se spesso utilizzati per prodotti realizzati in casa per poi essere esportati). Come risultato dei suoi piani per costruire un’industria di chip indigena dominante, la Cina è anche il mercato principale per le PMI. L’industria cinese dei chip deve anche acquisire il know-how, le competenze immateriali necessarie per produrre chip su larga scala, comprando società occidentali o assumendo ingegneri; e Taiwan sta facendo uno sforzo concertato per farlo, aggiunge James Andrew Lewis.

La Cina è il principale importatore di semiconduttori di Taiwan, con l’isola che rappresenta il 35,3% (124,1 miliardi di dollari) delle importazioni totali di semiconduttori cinesi nel 2020 (350,8 miliardi di dollari). Tali importazioni sono cresciute da 305,9 miliardi di dollari nel 2019 a 350,8 miliardi di dollari nel 2020, con un aumento del 14,7% su base annua; ciò suggerisce che la Cina sta lottando per raggiungere l’autosufficienza nel settore.

La società di ricerche di mercato sui semiconduttori IC Insights stima che i produttori cinesi di semiconduttori abbiano prodotto solo il 6% di quelli utilizzati dalle aziende cinesi nel 2020. In questo anno, il settore manifatturiero cinese di apparecchiature per la tecnologia dell’informazione e della comunicazione ha generato entrate per circa 1,9 trilioni di dollari, con un totale di attività manifatturiere nel settore pari a 2 trilioni di dollari.

La strategia globale di Pechino per costruire un settore indigeno dei semiconduttori

Pechino sta attuando, dunque, una strategia globale per costruire un settore indigeno dei semiconduttori. I miliardi di dollari in sussidi statali e altri supporti finanziari forniti alle entità nazionali costituiscono il pilastro chiave dell’approccio generale di politica industriale della Cina dal 2014, che mira a nazionalizzare e mettere sotto il controllo o la proprietà statale l’intera catena di fornitura di semiconduttori.

La nuova strategia di sovvenzione, principalmente sotto forma di “investimenti” in azioni del governo, sfrutta in modo aggressivo le aree grigie nelle regole del commercio internazionale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC).

Gli Stati Uniti sono profondamente preoccupati dal comportamento distorsivo cinese nel mercato dei chip. Pechino ha dichiarato il desiderio di costruire un’industria dei semiconduttori domestica autosufficiente e globalmente superiore con la pubblicazione delle Linee guida nel giugno 2014.

Attualmente, nel settore dei semiconduttori la Cina investe in misura notevolmente maggiore rispetto alle precedenti campagne di sviluppo. Pechino ha istituito il National Integrated Circuit Fund, come società di investimento a maggioranza pubblica.

Lanciata nel 2014, la prima fase del National IC Fund ha avuto come principali azionisti il Ministero delle Finanze cinese e la China Development Bank, che detenevano insieme quasi il 60% delle azioni, mentre le imprese statali (SOE) del governo centrale e locale detenevano la stragrande maggioranza delle azioni rimanenti. Secondo il National Enterprise and Credit Information Publicity System cinese, il capitale sociale per la prima fase era di 21 miliardi di dollari. Annunciata nell’ottobre 2019, la seconda fase del National IC Fund include 29 miliardi di dollari e probabilmente aumenterà. Il modello cinese del “capitale di rischio” è progettato per incanalare massicci sussidi statali nell’industria nazionale cinese dei semiconduttori, afferma la Casa Bianca.

Il National IC Fund è stato presentato come un fondo di investimento privato orientato al mercato, libero dall’intervento governativo, ma non è così, perché Pechino non rispetta i requisiti di trasparenza del regime di sovvenzioni dell’OMC. Per gli USA, il gestore di questo fondo (come di altri) funge da delegato del governo per attuare la politica cinese volta a rafforzare l’innovazione indigena, sostituire le importazioni e sostenere la politica industriale nazionale e gli obiettivi di fusione militare-civile.

La Cina ha reagito alle restrizioni sulle esportazioni occidentali creando un “Comitato di lavoro transfrontaliero sui semiconduttori” per invogliare le aziende occidentali ad investire in Cina. Il Comitato continua la politica di lunga data di Pechino volta ad estrarre tecnologia dall’Occidente, come l’uso di misure coercitive ed incentivi per acquisire tecnologia da aziende straniere. La Cina, però, deve affrontare anche seri ostacoli dovuti all’aumento delle restrizioni in USA sul controllo delle esportazioni, che bloccano l’acquisizione di tecnologia dei chip da parte di Pechino.

La Cina si avvicina sempre più al dominio dei chip legacy

Il mondo corre sempre più il rischio di fare affidamento sulla Cina per le sue esigenze di semiconduttori legacy, ha detto China Tech Threat.

A settembre il mondo ha visto Huawei presentare un telefono con un chip da 7 nm realizzato da SMIC: una svolta tecnologica che ha colto molti di sorpresa. La CNBC ha riferito che le entrate dei principali produttori cinesi di apparecchiature per chip sono aumentate nella prima metà dell’anno. E Arrian Ebrahmi ha osservato su The Diplomat che la Cina sta aumentando del 20% il credito d’imposta del Paese per gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo di semiconduttori, incentivando ulteriormente le aziende locali a contribuire nella costruzione di un’industria autoctona di chip.

La maggior parte degli analisti del settore cinese dei chip ritiene che Pechino abbia ancora molta strada da fare per raggiungere il successo e dimostrare la propria leadership con i semiconduttori all’avanguardia.

Detto questo, le notizie su Huawei sono degne di nota dato che Huawei e SMIC sono entrambi nella Entity List e gli Stati Uniti hanno emesso controlli sulle esportazioni lo scorso ottobre, specificamente mirati alle capacità avanzate di chip della Cina.

Ciò che va considerato, aggiunge China Tech Threat, “è che l’azione degli Stati Uniti finora ha ignorato i chip legacy”. Come ha scritto l’analista tecnologico Dan Wangsul New York Times, “…un mondo in cui le aziende cinesi dominano la produzione di chip maturi – guidati direttamente dalla politica americana – difficilmente sembra un risultato vittorioso per gli Stati Uniti”.

In sostanza, “abbiamo contribuito a spingere la Cina a concentrarsi sullo sviluppo del settore dei chip tradizionali”, denuncia China Tech Threat.

All’inizio di questa estate, Pechino ha ampliato i sussidi per la produzione di chip legacy. Recentemente, il consigliere della CTT ed ex vicesegretario per l’industria e l’analisi Nazak Nikakhtar ha dichiarato a EE Times che “SMIC (Semiconductor Manufacturing International Corp.) sta costruendo una maggiore capacità per inondare i mercati con chip economici”.

Il sottosegretario dell’Ufficio per l’Industria e la Sicurezza del Dipartimento del Commercio americano, Alan Estevez, ha precedentemente minimizzato la volontà del Dipartimento del Commercio di affrontare il settore dei chip tradizionali cinesi. Ma questa potrebbe non essere l’opinione condivisa. Il ministro del Commercio Gina Raimondo ha recentemente riconosciuto l’importanza della posizione storica della Cina nel settore dei chip. E secondo Nikakhtar ci sono “attualmente voci nell’amministrazione che vogliono assumere una posizione più dura. Sanno che ci sono lacune nelle leggi che vogliono inasprire”.

Purtroppo, ha commentato Nikakhtar, i produttori americani di apparecchiature per la produzione di chip “vogliono mantenere lo status quo”. I produttori statunitensi di apparecchiature per semiconduttori hanno visto aumentare i profitti realizzati in Cina negli ultimi anni e sono ansiosi di mantenere il rubinetto aperto.

Come documentato da CTT nel suo recente rapporto Cash Over Country , i produttori di chip statunitensi “sono riusciti a fare pressione sul governo statunitense per consentire loro di vendere alcune delle tecnologie più complesse al mondo ad aziende allineate al governo cinese che producono chip legacy”. Le vendite di queste aziende alla Cina minano sia la sicurezza nazionale americana, sia gli interessi economici. E a lungo termine, la vendita a Pechino di strumenti per la produzione di chip, danneggerà anche gli interessi di queste aziende.

Gli Stati Uniti devono giocare sia in difesa che in attacco nell’affrontare il vecchio settore cinese dei chip, dice China Tech Threat. “Una politica di presunzione di negazione per tutta la tecnologia statunitense destinata all’industria cinese dei semiconduttori dovrebbe essere una priorità per i membri del Congresso che recentemente hanno espresso l’allarme per la capacità di SMIC di costruire un chip da 7 nm e hanno avanzato forti raccomandazioni per proteggere la sicurezza nazionale e la competitività americana. Gli Stati Uniti devono inoltre utilizzare i fondi distribuiti ai sensi del CHIPS Act per potenziare la produzione di chip legacy all’interno dei nostri confini. In assenza di questi passaggi, è destinata a verificarsi una dipendenza indesiderata dai chip cinesi”.

Punti di forza e debolezza nella competizione Cina-USA per la supremazia del silicio

I principali punti di forza della Cina sono la grande domanda di mercato di chip, il gran numero di ingegneri qualificati nella progettazione di chip e nella tecnologia dei processi logici e il sostegno del governo. I punti deboli dell’industria cinese sono gli input chiave, l’EDA e soprattutto i beni strumentali. Anche il sostegno pubblico si è rivelata un’arma a doppio taglio poiché ha incoraggiato un eccessivo intervento pubblico nella gestione delle imprese e ha allocato capitali sulla base di parametri diversi dalla performance.

Gli Stati Uniti hanno un vasto numero di aziende nella progettazione di chip (ad esempio Nvidia), nella fabbricazione (ad esempio Intel) e negli input chiave. Tuttavia, più di due decenni di relativa negligenza da parte del governo rispetto alle politiche proattive di Cina, Corea del Sud e Taiwan hanno portato all’atrofia di alcune delle sue capacità. Inoltre, tale negligenza è stata una delle ragioni per cui i chip non sono stati visti come un settore in crescita dai giovani, con molti di essi dedicati al software. Il CHIPS Act statunitense dovrebbe correggere questa negligenza politica.

Per gli esperti, gli Stati Uniti devono, però, affrontare la questione riguardante come finanziare l’innovazione del settore dei chip oltre il periodo di cinque anni previsto dal CHIPS Act. “Il capitale di rischio americano non è interessato a causa degli alti costi iniziali e della bassa probabilità di ritorni derivanti dalla legge sull’energia. L’America non dispone della prodigiosa quantità di capitale paziente della Corea del Sud o, anche se in modo molto più inefficiente, della Cina”, afferma Fuller.

L’impatto della concorrenza Cina-Usa sulle catene di approvvigionamento globali

Le rivelazioni emerse sulla fabbricazione da parte di SMIC del chip Mate 60 Pro di Huawei dimostrano che gli Stati Uniti hanno posto limitazioni blande all’uso della licenza. Nella sua recente testimonianza al Congresso, il Segretario al Commercio degli Stati Uniti, Gina Raimondo, ha infatti dichiarato che il suo dipartimento avrebbe colmato tutte le lacune riscontrate. Se verranno adottate queste misure e la Cina non riceverà più tecnologia DUV avanzata, la sua capacità di aumentare la capacità nei nodi avanzati sarà limitata. Come si è detto, “La Cina potrebbe trovarsi di fronte a un effetto Galapagos, in cui i fornitori di apparecchiature cinesi possono rifornire le fabbriche cinesi in fase di maturazione, mentre il mercato internazionale avanza con fornitori non cinesi saldamente radicati”.

La Cina spera di espandersi rapidamente nei nodi maturi, come i 28 nm, perché molte aree emergenti della domanda, come i chip per i veicoli elettrici, riguardano questi chip. Sfortunatamente per la Cina, l’Europa e il Giappone sembrano molto riluttanti ad accogliere le loro industrie automobilistiche e gli Stati Uniti hanno già imposto dazi. Anche la propensione dei grandi mercati esteri ad accettare una marea di chip cinesi nei nodi maturi è piuttosto limitata, visto il cambiamento degli atteggiamenti geopolitici, sostengono gli analisti.

Quali decisioni politiche adottare?

Un fatto è certo: le decisioni su cosa potrà essere trasferito in sicurezza in Cina plasmeranno il mercato dei chip per anni. Oggi le industrie sostengono che le vendite gli forniscono le entrate necessarie per sostenere la ricerca e sviluppo. C’è del vero in questo e i governi non sono disposti a risarcire le aziende per l’eventuale perdita del fatturato cinese. Tuttavia, l’idea alternativa, secondo cui gli Stati Uniti dovrebbero tagliare tutte le esportazioni in Cina, non ha senso secondo alcuni esperti perché ciò arrecherebbe un danno immenso alle aziende esportatrici.

Le società occidentali, invece, potrebbero continuare a vendere in Cina solo quando le esportazioni non creano un rischio inaccettabile per la sicurezza nazionale dei governi. I chip merce (quelli venduti a milioni e non progettati per scopi specializzati) sono a basso rischio. Serve una politica che sappia bilanciare opportunità e rischi, soppesando quelli per la sicurezza a lungo termine con i benefici di entrate continue a breve termine. Questo non è solo un problema per gli Stati Uniti. Senza restrizioni da parte di Europa, Stati Uniti e Giappone sulle esportazioni e sulle acquisizioni cinesi, qualsiasi sforzo per ricostruire un’industria resiliente dei chip sarà inutile, fanno notare gli esperti.

Ciò è particolarmente vero per l’Europa, la cui industria dei microprocessori non è in grado di competere con la Cina tanto quanto gli USA. Senza controllo, Pechino farà all’industria dei semiconduttori ciò che ha fatto ai fornitori di telecomunicazioni 4G: utilizzando una combinazione di sussidi, pratiche commerciali predatorie e spionaggio, ha eliminato i concorrenti dal mercato. Per i semiconduttori, questo sforzo è stato rallentato dalla reazione occidentale, che include restrizioni all’acquisizione cinese di società occidentali e limiti all’esportazione sulla tecnologia. Bloccare la Cina, però, non può essere l’unico obiettivo della politica perché, nella migliore delle ipotesi, le restrizioni possono solo rallentare la Cina, non fermarla. Secondo alcuni analisti statunitensi, le limitazioni possono concedere all’Occidente al massimo un decennio. L’obiettivo, invece, dovrebbe essere quello di rafforzare l’industria occidentale dei semiconduttori e costruire una nuova catena di fornitura transnazionale indipendente dai fornitori.

Mitigare il pericolo del “trasferimento tecnologico”

Il pericolo del “trasferimento tecnologico” verso la Cina andrebbe maggiormente mitigato con una seria cooperazione USA-UE.

ASML, ad esempio, è una società di fotolitografia olandese che ha sviluppato l’avanzato strumento di litografia ultravioletta estrema (EUV) unico nel suo genere. Il macchinario è costituito da diversi moduli che incorporano centinaia di migliaia di componenti provenienti da più livelli di quasi 800 fornitori globali. I moduli sono costruiti in 60 sedi ASML in tutto il mondo e spediti nei Paesi Bassi per il montaggio. Questa tecnologia è stata sviluppata anche con la collaborazione tecnologica statunitense. Oggi ASML, che ha impiegato 20 anni per produrre il macchinario con investimenti da miliardi di dollari, è l’unica azienda al mondo in grado di impiegare questo strumento. Se l’industria cinese dovesse acquisire tale macchinario, sarebbe in grado di riprodurlo in tre anni, avverte Nazak Nikakhtar, consulente del Dipartimento del Commercio USA. C’è bisogno di una cooperazione politica più formale tra USA ed UE per rafforzare in modo collaborativo la competitività nei rispettivi settori tecnologici.

Come ha evidenziato l’ITIF nel rapporto dal titolo An Allied Approach to Semiconductor Leadership, USA e UE potrebbero coinvestire per risolvere le sfide identificate nel Decadal Plan for Semiconductors statunitense, come l’incorporamento di funzionalità di sicurezza nel chip per ridurre il consumo energetico ed aumentare l’efficienza computazionale. È opportuno che USA e UE cooperino in modo difensivo e offensivo nei confronti della Cina. C’è una battaglia in corso nel sistema economico e commerciale globale e dovrebbe essere un imperativo che le nazioni che la pensano allo stesso modo collaborino per uscirne vittoriose.

Da questo punto di vista, va dunque salutata con favore la decisione di USA e UE, annunciata nel maggio 2022, di sviluppare congiuntamente “un approccio transatlantico agli investimenti nei semiconduttori volto a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ed evitare corse ai sussidi”. La determinazione è stata presa a Parigi nella seconda riunione del Consiglio per il Commercio e la Tecnologia (TTC) USA-UE, un gruppo di lavoro bilaterale istituito nel 2021 per promuovere lo sviluppo congiunto della democrazia e approcci orientati al mercato alla tecnologia e all’innovazione. Le parti hanno anche pubblicato un protocollo che dettaglia gli sforzi per identificare le vulnerabilità nella catena di valore dei semiconduttori, creare un sistema di monitoraggio e di allerta precoce per avvisarsi reciprocamente in caso di carenze incombenti e per attuare politiche di sovvenzioni e incentivi trasparenti e conformi all’OMC.

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