Facebook Ireland è stata condannata al risarcimento del danno per aver cancellato senza motivo il profilo personale e le due pagine ad esso collegate di un professionista bolognese. Scrivono i giudici del Tribunale di Bologna nel provvedimento del 17 marzo: “Facebook non è solo una occasione ludica, di intrattenimento, ma anche un luogo, seppure virtuale, di proiezione della propria identità, di intessitura di rapporti personali, di espressione e comunicazione del proprio pensiero” (Tribunale di Bologna, ord. 0.3.2021).
La sentenza si innesta in un contesto che vede i colossi di internet sempre di più come controparti processuali di singoli utenti, in uno scenario normativo che tende a dare agli utenti una crescente leva per difendere i propri diritti digitali nei confronti delle grandi piattaforme, a partire da un maggiore controllo sui propri dati a loro affidati.
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Il caso: la cancellazione del profilo su Facebook senza valido motivo
Un professionista bolognese si è visto cancellare senza ragione valida un profilo attivo da oltre 10 anni e le due pagine collegate. Dopo 7 mesi dalla cancellazione, non è stato possibile recuperare i dati perché il Social network li ha cancellati, senza possibilità di recuperarli. Chiamata in giudizio, Facebook Ireland è stata condannata al risarcimento della somma di euro 10.000 euro per la cancellazione del profilo e di euro 2.000,00 per ciascuna pagina.
Le ragioni della decisione
Il Tribunale di Bologna ha verificato due presupposti: a cancellazione senza valida ragione di profilo e pagine e la distruzione dei dati in tempi troppo brevi. La conservazione dei dati, peraltro, non viene considerata onere eccessivo per il Social Network che, quindi, avrebbe dovuto evitare di cancellarli. Per la quantificazione del risarcimento del danno, invece, il Tribunale di Bologna ha correttamente utilizzato come parametri il “tempo di vita” del profilo (più di dieci anni) ed il numero di contatti.
Detto altrimenti, un profilo attivo da molto e con numerose “amicizie” vale molto di più di uno recente e con pochi contatti. Per le pagine vale un principio diverso, potendo i contatti essere reperiti tramite “sponsorizzazioni”.
Il danno alla vita di relazione
La decisione è interessante perché imposta la vicenda come danno contrattuale all’ambito relazionale del titolare del profilo cancellato indebitamente.
Non c’è solo l’ovvio danno economico associabile a un profilo, infatti, magari usato a scopo professionale.
Senza tanti tecnicismi, si afferma chiaramente che la sfera di vita virtuale di un individuo è, oggi, una estrinsecazione importante della vita sociale della persona e la lesione di questa sfera cagiona un danno “esistenziale”.
In altre parole: ciò che lede la sfera relazionale di un individuo, anche nel suo spazio virtuale, è un danno risarcibile. Lo spazio virtuale in cui si costruiscono relazioni e si “vive” quotidianamente, quindi, gode di tutele di natura civile sotto il profilo contrattuale con il social network. Questo danno può essere quantificato in via equitativa secondo parametri non tabellari ma “ragionevoli”, come è avvenuto nel caso bolognese.
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Lo scenario verso cui andiamo
Il contesto è cambiato. Si pensi per esempio al recente caso dei genitori dello chef deceduto che hanno chiesto ad Apple i codici di accesso al cloud per recuperare foto e video del figlio o alle cause per deindicizzazione contro Google. La penetrazione dei provider, social e non, nelle vite quotidiane di ciascuno però non rileva solo per profilare l’utente nelle sue scelte di acquisto: il rapporto, ogni giorno di più, sta diventando di stretta reciprocità. Da fornitori di servizi spesso gratuiti (con corrispettivo individuato nell’utilizzo dei dati dell’utente), i provider ed i social network stanno diventando soggetti fornitori di spazi virtuali sostitutivi di luoghi fisici in cui sono responsabili di molti accadimenti.
Nuova norma europea
Per utilizzare un esempio concreto, è come se il social fosse un “parcheggio custodito”, in cui per i danni alle vetture lasciate in custodia (nel caso del profilo bolognese, contatti, post e foto) è responsabile il gestore. A parere di chi scrive, una regolamentazione del settore in un’ottica di servizio semi-pubblico potrebbe profilarsi all’orizzonte della normativa europea, data la rilevanza sempre maggiore, dal punto di vista economico e politico, che la pubblicità effettuata in questi “maxi-parcheggi” riveste oggi e rivestirà in futuro.