Lo ha annunciato pochi giorni fa Amazon agli utenti italiani: “A partire dal 9 aprile 2024 i film e le serie tv di Prime Video includeranno un numero limitato di annunci pubblicitari”.
È la nuova offerta del servizio di streaming video on demand di proprietà della società statunitense Amazon, che prevede l’introduzione graduale di annunci pubblicitari mirati e nuovi modelli di sottoscrizione: la visualizzazione delle inserzioni potrà essere evitata pagando 1,99 euro al mese, in più rispetto all’attuale abbonamento mensile o annuale proposto da Amazon Prime Video.
È solo l’ultimo passo in avanti dell’advertising digitale molto redditizio, che permette agli inserzionisti e alle piattaforme di streaming impiegate di targettizare gli annunci in base a determinati requisiti, convertendo l’interesse dimostrato tramite l’acquisto fatto con il cellulare: pensiamo all’ambito del retail e, in particolare, all’accordo in Francia tra Carrefour e la piattaforma Netflix oppure ancora, guardando agli Stati Uniti, all’acquisizione per 2,3 miliardi di dollari da parte di Walmart della smart tv Vizio. Proviamo a unire i puntini per capire cosa sta succedendo nell’universo dell’advertising digitale, alleato dell’e-commerce.
Amazon Prime Video monetizza i dati come marketplace
Partiamo dall’attualità. Tanti di noi, in questi giorni, hanno ricevuto da Amazon Prime Video questo annuncio: “Ti contattiamo per informarti di una novità relativa alla tua esperienza su Prime Video. A partire dal 9 aprile 2024, i film e le serie tv di Prime Video includeranno un numero limitato di annunci pubblicitari. Questa novità ci permetterà di continuare a investire in contenuti di qualità e di aumentare questi investimenti nel tempo e, di conseguenza, supportare il mantenimento della qualità e quantità dei contenuti inclusi in Prime Video”.
Il servizio di streaming video on demand precisa che non ci sarà alcuna modifica all’attuale prezzo dell’abbonamento Prime: «Offriremo anche una nuova opzione senza pubblicità pagando un supplemento di 1,99 euro al mese».
I clienti di Prime, dunque, vedranno la pubblicità nei film e nelle serie tv, salvo che paghino 1,99 euro al mese per non vederla. Non si sa ancora dove la pubblicità sarà mostrata (se all’inizio e alla fine dei film o delle serie tv), né tanto meno per quanto tempo. Amazon, dal canto suo, punta ad allargare il numero dei clienti con nuovi ricavi: “La strategia di Amazon Prime Video è molto chiara – commenta ad Agendadigitale Mauro Panella, co-fondatore in Italia di Fast Channels Network o FCN, per 13 anni al fianco di Fox – Prevede, infatti, l’introduzione graduale di annunci pubblicitari mirati e nuovi modelli di sottoscrizione. Questa strategia creerà nuovi ricavi per Amazon Prime Video, ma soprattutto sarà finalizzata a espandere la propria base di utenti e monetizzare la enorme quantità di dati a propria disposizione in ottica marketplace“.
È quello che sta facendo Netflix o Disney e, dunque – prosegue Panella – “non mi sorprenderebbe se nel giro di qualche anno sparisse del tutto la possibilità di poter fare abbonamenti senza pubblicità. Quello dell’advertising digitale è potenzialmente un business molto più redditizio di quello dello streaming puro”.
Carrefour e Netflix alleate in Francia per servizi di intrattenimento
Andiamo dai cugini francesi a vedere cosa sta accadendo sul fronte delle vendite online. È di qualche settimana fa la notizia dell’accordo tra Carrefour e Netflix con il lancio dell’abbonamento sperimentale denominato “Carrefour Plus” a Rouen e Bordeaux: 5,99 euro al mese, al momento il suo costo.
Nel resto dell’Europa, dunque, il settore della grande distribuzione sta esplorando le convergenze possibili con le piattaforme di streaming così da offrire servizi di intrattenimento ai propri clienti e sfruttarne i dati per incrementare i ricavi: “Si va nella direzione di una sempre maggiore integrazione tra retail ed entertainment – riflette Panella – Queste sperimentazioni vanno inquadrate in ottica di advertising, un tema che anche nel panorama europeo è in rapida evoluzione”.
Qui, infatti, non parliamo più del semplice spot pubblicitario, ma del fatto che “gli inserzionisti stanno sfruttando le cosiddette “Connected TV” per un pubblico che è già abituato ad acquistare dal telefonino. Quando l’utente è davanti alla tv, nella maggior parte dei casi, ha il cellulare in mano o, al massimo, a portata di mano. Modelli di fruizione e accesso all’intrattenimento SVOD (o Subscription Video on Demand come Netflix o Prime) o FAST (Free Ad Supported Streaming TV) riescono a targettizzare in modo efficace il pubblico di riferimento e, attraverso l’advertising digitale, possono interagire con gli utenti in base ai loro interessi e alle abitudini di visione”.
Walmart acquista Vizio negli Usa: retail e smart tv alleati
Spostandoci dall’altra parte dell’Oceano, Walmart ha messo le mani per 2,3 miliardi di dollari su Vizio, la smart tv di alta qualità. Con la sua vasta rete di negozi fisici e la forte presenza online e media grazie a Walmart Connect (il ramo della catena di negozi al dettaglio dedicato alla vendita di annunci), il noto retailer avrà accesso ai dati dei 18 milioni di account del sistema operativo SmartCast e potrà far leva sul sistema di advertising di Vizio per promuovere i propri brand e i servizi sulle smart tv. In poche parole – fa notare Panella – “sta emergendo un nuovo ecosistema, dove la filiera viene accorciata e l’investitore pubblicitario è proprietario sia della piattaforma di intrattenimento che del sistema operativo, oltre che dell’hardware fisico con cui il contenuto è fruito”. Retail ed entertainment, dunque, sono sempre più alleati per rendere l’advertising più fruttuoso.
Tutto questo non deve stupire, perché negli Stati Uniti il mercato dei canali FAST ha registrato una crescita significativa, con l’aumento dei servizi di streaming gratuiti supportati dalla pubblicità, da Pluto TV a Tubi e Peacock. Questi servizi offrono agli utenti l’accesso a una vasta gamma di contenuti gratuiti, finanziati dalla pubblicità, che spaziano dai film e dalle serie tv ai programmi sportivi, fino alle notizie.
Roku, Apple e Samsung al lavoro per acquisti direttamente dalla tv
Il grande successo che stanno avendo questi servizi di streaming gratuiti negli Stati Uniti è direttamente collegato alla difficoltà che hanno le piattaforme streaming a pagamento nel fare cassa. Come spiega Panella, “il modello subscription-based, che ha rivoluzionato il mercato dell’intrattenimento televisivo premium, richiede alle piattaforme di rimanere costantemente rilevanti, proponendo contenuti sempre nuovi, di qualità elevata e, quindi, molto cari, che fra l’altro, in fruizione on demand, vengono consumati in brevissimo tempo. Il mercato è affollato e il numero di abbonamenti simultanei che un utente può sostenere non è infinito, in media fra i 3 e i 5, dove almeno Prime o Netflix sono sempre presenti. Il modello non è, quindi, sostenibile nel lungo periodo per tutti gli attori. Da qui la stretta sul password sharing, ma soprattutto l’introduzione della pubblicità in un mercato, quello americano, dove gli investimenti sono decisamente interessanti e il tempo di visione e la mole di dati sono enormi”.
Per questo nel 2024 c’è da aspettarsi ulteriori mosse da parte di player come Roku, Apple e Samsung, ma soprattutto “un aumento della tendenza dell’utente ad acquistare direttamente dalla tv”. Tutto questo grazie all’intrattenimento tematico e personalizzato, e, appunto, all’advertising mirato che da strumento di marketing diventa abilitatore di e-commerce.
Advertising digitale e canali tematici FAST opportunità per l’Italia
Torniamo all’Italia da dove siamo partiti parlando di Amazon Prime Video. Quali sono le prospettive sul fronte dei canali FAST e, in particolare, dell’integrazione tra retail ed entertainment promossa in Francia e negli Stati Uniti? Perché questo modello abbia senso – fa i conti Panella – “occorre che ci sia un volume importante. È possibile prevedere in Italia un’ulteriore crescita insieme a una sempre maggiore attenzione all’advertising digitale e alla personalizzazione delle esperienze degli utenti. Si tratta di un ambito nuovo, di sperimentazione, ma che offre enormi opportunità”.
Nel futuro di Fast Channels Network (FCN), ad esempio, c’è il lancio di più canali FAST tematici e riconoscibili, pensati per offrire una varietà di contenuti distribuiti attraverso piattaforme di aggregazione su scala globale: “Vogliamo sfruttare le potenzialità di un modello non ancora completamente sviluppato in Italia – conclude il manager – e posizionarci come punto di riferimento nel mercato dei canali FAST”.