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Pubblicità online: la “vita” dei cookie e il delicato equilibrio tra privacy e profitto



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Uno studio recente ha valutato che la limitazione a un anno della conservazione dei dati dei cookie ridurrebbe il loro valore del 9%, influenzando i profitti dei rivenditori online UE. Questo potrebbe portare a una riduzione dei servizi o a una concentrazione del mercato. Occorre perciò valutare chi coprirà i costi di una maggiore regolamentazione

Pubblicato il 15 apr 2024

Klaus Miller

Professore assistente di marketing quantitativo presso l'HEC Paris Chairholder presso il Centro per lo Studio dell'Intelligenza Artificiale in Affari e Società di Hi! PARIS



linee guida cookie garante privacy

Tra i negozianti online è in corso un dibattito sui compromessi tra il valore dei cookie di tracciamento e il loro impatto sulla privacy dei clienti. Tuttavia, poco si sa sugli effetti della limitazione della durata dei cookie. Recentemente, in uno studio pubblicato insieme a Bernd Skiera, professore di commercio elettronico presso la Goethe University di Francoforte (Germania), abbiamo esaminato il valore dei cookie nel tempo e le conseguenze per gli inserzionisti e le autorità di regolamentazione.

Cosa sono i cookie di tracciamento e come tornano utili a utenti e negozianti

Il tracciamento sul web ha spesso una connotazione negativa, ma a seconda delle circostanze può essere utile. Ad esempio, dato che risiedo a Parigi, il mio browser utilizza i cookie per mostrarmi il tempo lì piuttosto che la pioggia a Londra. Se metto qualcosa nel carrello di un negozio online ma chiudo il computer senza effettuare l’acquisto, i cookie potrebbero passare informazioni agli inserzionisti, in modo che la volta successiva che mi collego, vedo la pubblicità dello stesso prodotto. Queste stesse informazioni vengono raccolte dai negozianti, che possono utilizzarle – con profitto – per capire le preferenze dei loro clienti.

Uno dei vantaggi del marketing digitale per i negozianti è la possibilità di seguire e “tracciare” la vita online dei loro clienti, per dotarsi di informazioni che possono utilizzare per personalizzare le loro offerte e commercializzare il prodotto giusto al cliente giusto. In questo modo, la pubblicità di un determinato prodotto viene indirizzata ai clienti che hanno maggiori probabilità di acquistare.

Un modo per conservare le informazioni sulla propria base di clienti è quello di obbligarli a effettuare il login, ma spesso i clienti lo trovano fastidioso. Se i negozianti non vogliono insistere sul login, possono seguire gli utenti attraverso i loro siti con i cookie di tracciamento. Si tratta di piccoli file di testo che raccolgono informazioni sul comportamento online dell’utente e forniscono al browser una memoria che viene conservata tra le sessioni.

I risvolti “inquietanti” dei cookie per i consumatori

Per i consumatori, le piccole comodità dei cookie comportano un importante svantaggio: la perdita della privacy. Probabilmente vi sarà capitato di fare un acquisto online e poi scoprire che ogni sito che visitate vi propone una pubblicità per lo stesso articolo. Molti si sentono spiati e alcuni riferiscono di trovare “inquietante” il fatto che un sito web possa mostrare loro annunci basati sul loro comportamento su altri siti.

Dal lato dei negozianti, tuttavia, più informazioni riescono a raccogliere sui gusti e le preferenze dei loro clienti, più possono adattare gli annunci di conseguenza e, nel tempo, più è probabile che traggano vantaggio dagli acquisti di quei clienti.

Le preoccupazioni per la privacy e la regolamentazione sui cookie

I politici si sono sempre più preoccupati del desiderio e della necessità di maggiore privacy degli utenti di Internet e hanno quindi iniziato a regolamentare l’utilizzo dei cookie e di altri dispositivi di tracciamento da parte delle aziende. Finora, tuttavia, tale regolamentazione si è concentrata principalmente sul consenso. Ad esempio, ai sensi del GDPR (Regolamento generale sulla protezione dei dati dell’Unione europea, entrato in vigore nel 2018), un’azienda può installare cookie nel browser di un utente solo se quest’ultimo fa esplicitamente clic su una casella per consentirlo.

Cookie di prima e di terza parte

I cookie sono di due tipi: di prima e di terza parte. I cookie di prima parte sono installati e operano all’interno del sito web che l’utente sta visitando. I cookie di terze parti sono installati da siti esterni e possono “seguire” l’utente in diversi siti web e app. Le preoccupazioni per la privacy e gli sforzi per limitare o controllare l’uso dei cookie si concentrano generalmente sui cookie di terze parti.

Conservazione dei dati dei cookie e diritto all’oblio

Non c’è nulla nelle attuali norme del GDPR o altrove che imponga per quanto tempo un’azienda possa conservare i dati memorizzati in uno dei suoi cookie di tracciamento. Questa mancanza di regole limita la protezione della privacy degli utenti e sembra andare contro un altro dei principi stabiliti dal GDPR: il cosiddetto “diritto all’oblio“. Questa disposizione dà alle persone il diritto, in alcune circostanze, di far rimuovere i dati personali presenti su Internet in modo che non possano più essere rintracciati.

Non sorprende quindi che le autorità di regolamentazione stiano iniziando a studiare come limitare il tempo in cui un’azienda può conservare i dati memorizzati in un cookie: in altre parole, quale dovrebbe essere la durata massima di un cookie. È prevista una regolamentazione a livello europeo, ma gli Stati membri dell’UE hanno opinioni diverse su quale debba essere questo limite. Alcuni hanno già imposto i propri limiti, che vanno dai sei mesi della Francia ai 24 della Spagna.

Limitare la durata dei cookie: qual è il costo?

Le aziende pubblicitarie sono già in ansia per i costi dell’aumento della regolamentazione, che l’Interactive Advertising Bureau ha definito “il più grande cambiamento dell’ecosistema pubblicitario”. Questa preoccupazione ci ha fornito il punto di partenza e lo stimolo per il nostro studio sul valore dei cookie e sui costi monetari della limitazione della loro durata.

I cookie “nascono” quando l’utente fa clic per dare il consenso alla memorizzazione dei dati e “muoiono” a un’ora stabilita o quando gli utenti li cancellano. Abbiamo iniziato con un’indagine sui siti web per vedere quanto a lungo, in pratica, persistono i cookie memorizzati. I più longevi erano quelli impostati su un massimo tecnico che può arrivare a 9.999 anni: in un futuro lontano che nessuno può immaginare. All’altro estremo della scala, molti utenti cancellano i cookie rapidamente, nel giro di pochi mesi, e questo estremo fornisce una proxy per il limite inferiore della durata dei cookie.

In che modo limitare la durata di vita del cookie influisce sul suo valore

Un dato importante che abbiamo rilevato dal nostro ampio campione di cookie è che il cookie “medio” vive per meno di un anno: nello specifico, per circa 280 giorni. Pertanto, le restrizioni di cui parla l’UE – i limiti di 12 e 24 mesi – non inciderebbero affatto sulla maggior parte dei cookie, che verrebbero cancellati dagli utenti prima della data di scadenza.

L’economia della limitazione della durata dei cookie è dominata dai cookie di lunga durata e di alto valore, ma questi sono una minoranza. La nostra simulazione suggerisce che la limitazione della durata di tutti i cookie a due anni ridurrebbe il loro valore complessivo di circa il 5%, mentre la limitazione a un anno lo ridurrebbe di circa il 9%. Quest’ultimo valore inciderebbe sui profitti annuali dei rivenditori di pubblicità online nell’UE, che ammontano a oltre 10 miliardi di euro, ma non è insormontabile: se diviso tra tutti i cittadini europei che, secondo le nostre stime, sono esposti a tali pubblicità, risulterebbe pari a circa 2 euro ciascuno.

Le conseguenze per gli editori

Il costo potrebbe essere esiguo, ma qualcuno dovrà pagarlo, ed è improbabile che si tratti di singoli clienti. È possibile che siano i governi a pagare, ma è più probabile che il costo ricada su coloro che pubblicano i cookie. Questa possibilità solleva la questione se questi ultimi trasferiranno il costo ai loro clienti come riduzione dei servizi. I lettori di giornali elettronici, ad esempio, pagheranno per una maggiore privacy perdendo i contenuti dietro i paywall? Oppure alcuni editori a bassa tiratura abbandoneranno il mercato, provocando una concentrazione del mercato e forse una minore varietà? Riteniamo che queste opzioni debbano essere attentamente valutate prima che intervenga una maggiore regolamentazione.

Applicazione e metodologia dello studio

La nostra ricerca è rilevante per tutta la vendita al dettaglio online ed è importante che i responsabili delle politiche in questo campo prendano in considerazione i nostri risultati. Sebbene limitare la durata dei cookie sembri un passo importante, la questione di chi debba coprire i costi e quali impatti sui consumatori siano accettabili rimane più complessa.

Abbiamo condotto uno studio empirico per osservare un campione di 54.000 cookie, prelevati da un grande ad exchange europeo e rappresentanti circa 130 milioni di impressioni pubblicitarie separate. Abbiamo annotato la loro durata e la variazione del loro valore monetario nel corso del tempo. Utilizzando tali dati, abbiamo simulato l’andamento del valore dei cookie e così previsto la perdita di ricavi derivante dalle limitazioni proposte sulla loro durata.

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