Metaverso

Realtà virtuale: ecco il meeting online targato Facebook

Lo smart working e l’isolamento da pandemia hanno riacceso l’interesse per la realtà virtuale: ad agosto Facebook ha presentato Horizon Workrooms, app con il nuovo visore Oculus Vest 2, che promette di rivoluzionare gli incontri di lavoro online. Ecco il metaverso, come funziona

Pubblicato il 21 Set 2021

Maurizio Stochino

Consulente ICT - Esperto di Sicurezza Informatica

Realtà virtuale e deterioramento cognitivo: la personalizzazione è la risposta giusta

La pandemia globale causata dal nuovo Coronavirus ha cambiato le carte in tavola nel mercato internazionale del lavoro: tra le principali conseguenze dell’emergenza sanitaria, c’è stato un ritorno all’attenzione nei confronti della realtà virtuale.

La più grande azienda di rete sociale al mondo, Facebook, ha colto l’opportunità senza esitare e ha sviluppato innovativo servizio di riunione virtuale, che promette di aprire nuove frontiere per i meeting online e per il lavoro. Primo passo verso quello che il fondatore Mark Zuckerberg già chiama Metaverso, una nuova realtà dove ci vorrebbe tenere tutti incollati per aumentare il suo business.

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Facebook e la realtà virtuale: Horizon Workrooms

Facebook ha infatti recentemente introdotto il nuovo applicativo per la realtà virtuale, denominato Horizon Workrooms, nato per essere utilizzato tramite i visori VR Oculus Quest 2.

La sfida proposta dal colosso di Mark Zuckerberg, fondatore e CEO di Facebook, è quella di consentire a utenti di tutto il mondo di confrontarsi, lavorare, fare riunioni tutti insieme, all’interno di un ufficio virtuale.

All’interno dell’omonimo blog Oculus, presente su Facebook, il social network ha dichiarato che Horizon Workrooms rappresenta il futuro del lavoro. L’applicazione desktop, che sarà resa disponibile sia per gli utenti Windows che per i possessori di Mac made in Apple, promette un grado di interattività e di coinvolgimento eccellente, a livelli mai visti finora. Ad esempio, l’azienda ha dichiarato che durante le riunioni gli utenti potranno fisicamente spostare le proprie scrivanie, i computer di lavoro e altri materiali nell’ambiente virtuale.

Horizon Workrooms consentirà alle persone di prendere note e appunti durante lo svolgimento delle riunioni; sarà possibile spostare i vari file dentro la realtà virtuale, condividendo documenti, foto, video e presentazioni sugli schermi altrui. L’obiettivo di Facebook, ovviamente, non è quello di creare una nuova piattaforma di videoconferenze avanzata, né di mirare a competere direttamente con altri grandi del settore. Secondo quanto dichiarato dai portavoce, infatti, l’applicazione ha lo scopo di creare un nuovo modo di lavorare online. Horizon Workrooms nasce quindi per rivoluzionare le riunioni di lavoro virtuali, rendendole decisamente più simili alla realtà. Una delle funzioni più interessanti è la presenza di avatar personalizzati che rispecchiano l’utente stesso.

Inoltre, l’applicazione di Facebook promette strumenti estremamente avanzati quali una nuova tecnologia sonora spaziale, che regola l’audio e la voce dei propri colleghi affinché sia realistica a seconda della loro posizione all’interno della stanza virtuale.

Facebook ha pensato e progettato Horizon Workrooms in maniera versatile e completa: l’applicazione, ad esempio, non esclude tutte le persone che non hanno accesso alla realtà virtuale. Horizon Workrooms permette ad uno o più utenti, sprovvisti di un visore per la realtà virtuale, di presenziare comunque alla riunione digitale, semplicemente per mezzo di una classica videoconferenza.

Le dichiarazioni di Mark Zuckerberg hanno scosso il mercato: al canale televisivo americano CBS, il CEO di Facebook ha annunciato che l’app Horizon Workrooms garantisce all’utilizzatore “La sensazione di stare insieme come se fossero nella medesima stanza”.

Realtà virtuale e Metaverse, l’Internet del contatto

Il padre di Facebook, inoltre, afferma che Horizon Workrooms sta dando il via all’Internet di nuova generazione, o ‘Metaverse’: si tratta di una sorta di Internet 2.0, un’idea visionaria che Zuckerberg sogna e studia sin da quando era un giovane studente del liceo.

L’idea alla base del Metaverse è quella di rendere possibile alle persone non solo di comunicare, di vedersi, ma anche di stare insieme e vicini (seppur virtualmente) anche a distanza. La pandemia ha rappresentato sicuramente l’occasione ideale per introdurre un concetto tanto forte quanto complesso. Zuckerberg sogna un’Internet dove le persone possano toccarsi e vedersi anche a distanza: mentre giocano, mentre lavorano, mentre studiano o mentre fanno ricerche. Di recente, Zuckerberg ha ribadito il suo concetto di Metaverse, definendolo come l’Internet del quale possiamo fare fisicamente e completamente parte. Un posto quasi fisico, dove possiamo entrare e incontrare persone, senza restare ad osservare qualcosa dagli schermi nostri telefoni cellulari o computer.

Realtà virtuale: qualcosa che abbiamo già visto, ed escluso

Non è la prima volta che la realtà virtuale accende l’interesse dei consumatori: nel 2014 Facebook decise di investire circa 2 miliardi di dollari per inglobare un’azienda produttrice di visori, la Oculus VR. In quel periodo erano note a molti le dichiarazioni del CEO di Facebook: la realtà virtuale avrebbe consentito agli utenti di sperimentare cose fino ad allora impossibili.

Quella strada aveva dato inizio a una serie di acquisizioni, investimenti e finanziamenti sulla realtà virtuale da parte di altri colossi nel mondo della tecnologia: HTC, Sony in quegli anni promisero dei visori VR nell’elettronica di consumo. Microsoft ha realizzato gli HoloLens: un modello unico, simile ad un paio di occhiali, che consentiva di proiettare ologrammi. In tutti questi anni si è a lungo parlato del possibile coinvolgimento di Apple nel settore, finora mai verificatosi ma che potrebbe avvenire nel breve periodo.

Tuttavia, l’interesse verso questa tecnologia si è fatto via via minore, quasi fino a svanire. I prodotti appartenenti alla prima generazione possedevano un hardware VR molto costoso, complesso, pesante e ingombrante. Questo vale anche per il primo prodotto di Facebook, l’Oculus Rift. Praticamente sempre, i dispositivi chiedevano agli utenti un collegamento con un computer, data la potenza di calcolo necessaria. Al tempo non erano disponibili feature o caratteristiche uniche, che potessero attrarre i clienti a provare i vari dispositivi. Inoltre, la tecnologia utilizzata era ancora acerba e alcuni utenti, dopo aver provato i visori, hanno accusato fastidiosi sintomi, come capogiri e nausea.

La generazione successiva di visori VR è stata principalmente incentrata sul ridurre i costi di produzione, la complessità e quindi il prezzo finale. Prodotti come il Gear VR di Samsung, il Google Cardboard e il Google Daydream prevedevano che l’utente indossasse il visore all’interno del quale si sarebbe dovuto inserire il proprio smartphone, vero e proprio schermo per la realtà virtuale. Come i prodotti precedenti, anche questi modelli hanno fallito nell’impresa: lo smartphone non era adeguato a un impiego simile, la potenza non era sufficiente e l’esperienza utente non risultava coinvolgente.

La realtà virtuale, quindi, si è dimostrata una tecnologia dal potenziale immenso, ma è stata selezionata negativamente dal mercato e dai consumatori stessi. Nonostante ciò, non si trattava della sua fine.

Oculus Vest 2: come funziona il visore di Facebook

Dopo i grandi flop del passato, le aziende del settore “realtà virtuale” hanno deciso di adattarsi al mercato, proponendo soluzioni sofisticate rivolte a campi più specifici e ristretti, e non per la massa di consumatori. Magic Leap e Microsoft sono due dei migliori esempi: queste due aziende hanno deciso di puntare tutto sulla vendita di dispositivi VR per altri professionisti e per aziende. Microsoft, inoltre, ha posto molta attenzione ai contratti con l’esercito e le forze militari.

Tornando a Facebook, nel 2017 Zuckerberg ha riconosciuto che Oculus era una scommessa non del tutto riuscita, al momento, e che il progetto necessitava di più tempo e impegno di quanto fosse stato preventivato. La direzione dell’azienda ha speso i successivi anni in un’enorme ricerca e nello sviluppo di un prodotto wireless. Per Zuckerberg era essenziale rimuovere la dipendenza del visore con un cavo che collegasse l’auricolare al computer. L’obiettivo era quello di rendere il più possibile liberi i movimenti dell’utilizzatore, senza però inficiare sulla potenza e sulle prestazioni del prodotto, affinché l’esperienza virtuale fosse sempre coinvolgente, fluida e realistica.

L’azienda ha investito molto sul cosiddetto ‘tracking inside-out’, una tecnologia che permette, una volta indossato, di monitorare la posizione del visore rispetto al suo ambiente. Si tratta di uno strumento complesso che richiede la scrittura di nuovi algoritmi, più efficaci sotto l’aspetto del consumo energetico e che permette una durata prolungata della batteria del dispositivo.
Il capo progetto di Oculus, Atman Binstock, ha dichiarato che sono stati osservati molti aspetti migliorati in termini di localizzazione e di mappatura simultanea. La ricerca ha consentito ai prototipi VR di Facebook di analizzare l’ambiente circostante attorno all’utente, mostrando la posizione dell’utente dentro allo spazio stesso.

Questi studi e processi hanno portato Facebook a presentare un prodotto innovativo, una promessa vera e propria per la rivincita della realtà virtuale: Quest 2. Un modello più interattivo, tecnologicamente avanzato, efficiente e prestante. Oculus Quest 2 è senza cavi, è comodo ed ergonomico, ha uno spazio di archiviazione molto ampio (128 GB) e il prezzo, seppur non esiguo, lo rende accessibile.

Horizon Workrooms: le riunioni con gli avatar

Per sfruttare lo slancio e il ritorno in auge della realtà virtuale, a fine agosto Facebook ha presentato il nuovo servizio digitale denominato Horizon Workrooms. L’applicazione è scaricabile in modo gratuito da chiunque possieda un visore Quest 2. Quest’app promette di cambiare il mercato della realtà virtuale, offrendo delle stanze di riunione virtuali nelle quali gli utenti collegati sono in grado di guardarsi, interagire, parlare e condividere documenti: il tutto proprio come se stessero lavorando in presenza.

Horizon Workrooms consente ai partecipanti di riunirsi nella stanza virtuale sotto forma di avatar animati, dei pupazzi umanoidi del tutto personalizzabili in modo da richiamare sé stessi. Sulle pareti delle stanze sono presenti delle lavagne bianche interattive che allineano i lati della stanza di modo che i colleghi possano appuntare note, disegnare cose o fare grafici come se ci si trovasse dal vivo in ufficio.

Oculus Vest 2 e Horizon Workrooms sono prodotti estremamente evoluti rispetto alle prime generazioni, e si dimostrano come un ulteriore passo in avanti verso l’internet che Zuckerberg sogna da tempo. È chiaro che Facebook vuole proporre una nuova Internet, una forma più solida ed evoluta di unione sociale, da offrire anzitutto ai suoi utenti, che, ricordiamo, sono 3 miliardi e mezzo in tutto il mondo. Mark Zuckerberg è convinto che il futuro sarà composto da una realtà mista, cioè ibrida tra quella che siamo abituati a conoscere e quella virtuale. Sarà davvero così?

Realtà virtuale: il nostro futuro o una tecnologia che abbandoneremo?

Il vicepresidente dei Facebook Reality Labs, nonché sovrintendente della divisione Oculus, Andrew Bosworth, afferma che Facebook ha stanziato decine di milioni di dollari per incentivare gli sviluppatori a realizzare applicazioni e videogiochi usufruibili attraverso la realtà virtuale.

È palese, quindi, che l’azienda di Zuckerberg creda fermamente nel futuro di questa tecnologia. Il CEO stesso ha più volte dichiarato di voler proporre questa soluzione fino a renderla comune e quotidiana, oltre che accessibile a tutti. La realtà virtuale è un’esperienza totale, e così potrà essere il suo successo: l’unica alternativa è il fallimento.

D’altronde, il settore tecnologico non è nuovo a innovazioni proposte come indispensabili e rivoluzionarie che poi, però, sono state accolte con poco interesse oppure si sono addirittura dimostrate poco utili.

Uno degli esempi più eclatanti è sicuramente quello dei televisori con pannello 3D: sono stati inizialmente lanciati sul mercato numerosissimi televisori dotati di questa tecnologia che, però, non è stata apprezzata dagli utenti, vuoi perché non ottimizzata, vuoi per le difficoltà di utilizzo.

Un discorso analogo si può fare per i televisori a schermo curvo: sembravano il futuro, sono stati però presto dimenticati.

Sarà questo il destino della realtà virtuale? Probabilmente no: le potenzialità di questa tecnologia vanno ben oltre il semplice svago. Oltre al mondo dei videogame, che seppur parzialmente sta già sperimentando i visori, la realtà virtuale potrebbe rivelarsi innovativa e sostanziale anche per gli allenamenti intensivi, per esercitazioni professionali, oltre che per il mondo del lavoro – come proposto da Facebook. È quindi probabile che dovremo abituarci a sentir parlare di realtà virtuale: probabilmente, in futuro saremo sempre più coinvolti in un mondo digitale. Che ci renderà tutti più vicini.

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