l’accusa

Registro opposizioni, le nuove tariffe danneggiano utenti e call center leciti



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Consultare ogni numero nel registro costa ora ai grandi operatori 0,16 euro, tre volte rispetto a prima. Ma così si mettono in crisi le aziende che rispettano le regole del telemarketing

Pubblicato il 25 ago 2023

Eugenio Prosperetti

Avvocato esperto trasformazione digitale, docente informatica giuridica facoltà Giurisprudenza LUISS



registro opposizioni tariffe

Il 20 luglio scorso è stato pubblicato il nuovo decreto del MIMIT che aggiorna le tariffe per il Registro delle Opposizioni.

Gli operatori tenuti a consultare (a pagamento) il Registro, cioè coloro che intendono utilizzare numeri di telefono a scopo di telemarketing o indirizzi postali contenuti nei pubblici elenchi a scopo di invio postale pubblicitario, sono in allarme.

Super rincari nel registro opposizioni

Il decreto, infatti, con il pretesto di introdurre forme di “abbonamento”, contiene in realtà decisi rialzi, suscettibili di mettere in crisi i bilanci di molte aziende del settore, che dovrebbero utilizzare la grandissima parte dei ricavi dalle attività di telemarketing per pagare le consultazioni del Registro, oltre tutto anticipando i relativi pagamenti.

Infatti, mentre con il precedente Decreto dell’agosto 2022, introdotto a stretto giro rispetto alla riforma ed ampliamento del Registro, che è stato esteso ai numeri mobili, le tariffe erano state abbassate, in ragione della necessità per gli operatori di consultare quantità molto maggiori di numeri e portate a 0,00087 per numero consultato, da acquistarsi in pacchetti di almeno 50.000 consultazioni, con il nuovo Decreto c’è pochissima flessibilità: la possibilità di acquistare pacchetti è sparita e sono stati introdotti, come unica forma tariffaria, abbonamenti da 24 consultazioni l’anno: chiunque sia tenuto a consultare il Registro, fosse anche un’agenzia immobiliare che deve chiamare venti persone, deve acquistare un abbonamento in base ai numeri univoci da consultare: il taglio minimo di abbonamento prevede 5000 numeri, consultabili 2 volte al mese per un anno e costa 85 euro… ma non è certo questo livello tariffario il problema (anche se, comunque, si tratta di una imposizione di minimo 85 euro a chiunque voglia fare marketing telefonico o postale).

Il problema è grave soprattutto per i medio-grandi utilizzatori, quelli che hanno da 35.000 a 6.000.000 di numerazioni da verificare (la maggior parte); questi soggetti dovranno pagare importi di circa 20 volte superiori a quelli pagati in precedenza. Non cambia molto il fatto che con l’abbonamento siano possibili 24 verifiche annue, si tratta di un numero eccessivo e non necessario se non in pochi casi.

È come se il prezzo di un quotidiano fosse stato leggermente ribassato per ogni copia, obbligando però  chiunque voglia leggere anche una sola copia a comprare un abbonamento annuale che prevede la consegna di 3 copie al giorno: il ribasso è ovviamente fittizio. In questo caso, se dividiamo per le 24 consultazioni annuali, l’abbonamento da massimo 6.000.000, scopriamo che il prezzo della singola consultazione è di 0,00070 contro i 0,00087 precedenti, sempre che l’operatore abbia effettivamente 6.000.000 di numeri da consultare… se ne avesse 4.000.000 pagherebbe la stessa cifra e avrebbe una tariffa di 0,033 a numero: 40 volte quel che pagava prima.

Lato ministeriale è stato infatti comunicato agli operatori che la nuova tariffa consente 2 consultazioni al mese per l’intero anno e quindi va intesa come un ribasso: ma non è assolutamente detto che un operatore abbia necessità di consultare ogni numerazione 2 volte al mese; si pensi che gli operatori più attenti pongono a riposo per 3 mesi ogni numero che sia chiamato e, dunque, la consultazione non può avvenire oltre 6 volte l’anno. Il rincaro – come dicevo – è ancora più forte se si considera che per la parte eccedente l’abbonamento sottoscritto occorre comunque pagare 0,036 a numero, inasprendo ulteriormente il rincaro.

L’attuale livello del costo di consultazione del Registro potrebbe costringere aziende profittevoli, rispettose della Legge e che danno occupazione ad uscire dal mercato, facendo un grande favore a chi effettua telemarketing illegale.

Perché questi rincari?

Sono necessarie alcune considerazioni a questo punto.

Anzitutto occorre dire che la Legge 5/2018 (il Registro delle Opposizioni) prevede che le tariffe debbano essere studiate per consentire alla Fondazione Ugo Bordoni di rientrare delle spese di gestione del Registro, con espresso divieto di fare lucro dalla gestione. Al riguardo, se si guardano i preventivi di gestione del Registro pubblicati sul sito della Fondazione, non sembra che, rispetto agli scorsi due anni, la Fondazione abbia maggiori spese e, dunque, non si coglie il motivo del brusco aumento di tariffe.

In linea generale, poi, occorre domandarsi quale sia la logica di una sorta di “tassa” che penalizza e rende meno concorrenziali rispetto al c.d. “sottobosco del telemarketing” le aziende che tengono a proteggere il consumatore verificando – come per Legge – il Registro.

Sarebbe più logico che il funzionamento del Registro (circa 1.500.000 di Euro/anno) fosse finanziato con proventi da sanzioni applicate, dal Garante privacy e dal Ministero, a chi viola le norme del telemarketing.

Perché servono tariffe telemarketing eque a tutela di tutti

Le imprese che – come è doveroso sia – hanno l’obbligo di consultare il Registro non dovrebbero, per ciò solo, essere sottoposte a pagamenti perché tale attività è svolta in funzione e a salvaguardia del consumatore.

In ogni caso, se si intende mantenere il sistema corrente, le tariffe non possono essere quelle di cui al Decreto del luglio scorso.

La citata Legge 5/2018, istitutiva del Registro Opposizioni, prevede che il Ministero possa istituire forme di abbonamento per contenere i costi pagati da operatori virtuosi che non sono stati sanzionati (non dunque che le tariffe siano soltanto in abbonamento), una tariffa base, per chi deve effettuare un numero ridotto o incostante di consultazioni, dovrebbe essere sempre prevista e l’abbonamento dovrebbe rappresentare una riduzione rispetto a tale tariffa base.

Con l’attuale Decreto, invece, come dicevo, l’abbonamento minimo, da 5000 consultazioni, è obbligatorio anche per chi faccia dieci chiamate di telemarketing l’anno ed, anzi, secondo l’interpretazione che il Ministero ha comunicato agli operatori nella riunione che ha annunciato il nuovo Decreto, occorrerebbe consultare il Registro due volte al mese per il solo fatto di possedere liste di numerazioni telefoniche “potenzialmente” utilizzabili per telemarketing: se così fosse (e non è logico né plausibile giuridicamente), dovrebbe acquistare l’abbonamento minimo chiunque ha una lista di numerazioni che, anche in astratto, potrebbe utilizzare per commercializzare servizi alla clientela, una sorta di tassa sugli elenchi di dati personali, si tratterebbe di milioni di soggetti tenuti a versare 85 Euro/anno e, con ciò solo, si eccederebbero di gran lunga i costi di funzionamento del Registro.

L’auspicio è che, con la ripresa dell’attività, sia possibile nuovamente discutere le tariffe ed arrivare ad un nuovo Decreto che, senza ingiustamente penalizzare economicamente le aziende del settore, contenga tariffe che consentono di consultare il Registro assicurando piena tutela ai consumatori.

Note


[1] Cifra ottenuta dividendo il costo di 100.000 Euro per l’abbonamento “sino a 6 milioni di numeri” per 6.000.000; va detto che le aziende che devono consultare una quantità di numerazioni eccedente 1.500.000 ma molto minore di 6.000.000 possono arrivare a pagare anche più del doppio per ogni singola numerazione.

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