RETAIL E FILIERA DIGITALE

Retail 4.0: come il digitale ridefinisce il rapporto col cliente



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La rivoluzione digitale sta trasformando in modo sempre più radicale le tecniche e le logiche delle attività relative alla vendita di prodotti o servizi da parte delle aziende, obbligandoci a ripensare la relazione stessa tra retailer e consumatore finale. Come sta evolvendo questa nuova relazione

Pubblicato il 3 giu 2024

Max Bancora

Innovation Manager, ComoNExT – Innovation Hub



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La digitalizzazione del mondo retail sta rivoluzionando l’intera filiera – dall’approvvigionamento dei prodotti alla distribuzione, dalla vendita al servizio post-vendita – e sta ridefinendo il modo in cui le aziende interagiscono con i clienti, gestiscono le operazioni e creano valore. Adottare le tecnologie digitali è sempre più necessario, anche nell’ambito retail, per ottenere un vantaggio competitivo significativo nel mercato in continua evoluzione.

Nuove competenze e professionalità nei retail digitalizzati

La rivoluzione digitale nel retail: una panoramica

A questo tema ComoNExT – Innovation Hub e EY hanno dedicato tre Innovation Talk in occasione dei quali è stata approfondita da diversi punti di vista l’integrazione delle tecnologie digitali in ogni fase della catena del valore nel settore del commercio al dettaglio. In particolare, si è affrontato il tema di come il digitale stia stravolgendo e abbia già modificato il canale impattando sulla relazione cliente-fornitore, si è poi indagato il potenziale che deriva dalla digitalizzazione dei prodotti, ovverosia della trasformazione del bene o del servizio che tramite il canale transita per poi terminare il ciclo interrogandosi sulle nuove competenze e professionalità necessarie nei retail digitalizzati.

L’innovazione tecnologica come abilitatore di nuove relazioni cliente-fornitore

La premessa generale è che la transizione in atto, anche nel mondo retail, incide e ridefinisce in modo radicale le dinamiche generali e la visione d’insieme dell’intero settore: questo perché il digitale ha il valore di abilitatore di percorsi e di possibilità che non sarebbero possibili senza di esso cosa che riposiziona il ruolo della tecnologia da strumento di efficienza a motore generatore di efficacia.

Il ruolo dell’intelligenza artificiale nei servizi di customer care

Questo ruolo è evidente nel modo in cui le tecnologie stanno ridisegnando il rapporto cliente fornitore, ad esempio a partire dalla applicazione di tecnologie di intelligenza artificiale generativa la cui diffusone è in continuo aumento: dalla repulsione del pubblico verso i “vecchi” chatbot, siamo arrivati oggi – a partire dalla diffusione capillare di software come ChatGPT – ad avere la disponibilità di numerose tecnologie in grado di interagire con l’utente utilizzando il linguaggio naturale e offrendo una risposta sempre più soddisfacente, in particolare per quella che possiamo definire interazione di primo livello. A questo proposito, uno dei servizi sempre più diffusi è quello di customer care, attivo 24/7, disponibile in tutte le lingue, in grado di tracciare qualunque ordine e di fornire al cliente tutti i dettagli utili, il tutto utilizzando linguaggio naturale. Già oggi è possibile rilevare che, su 100 richieste ricevute da fornitori che utilizzano queste tecnologie, una percentuale superiore all’80% è gestita con soddisfazione da Chatbot intelligenti. Oltre al customer care (quindi attività di post-vendita) i chatbot intelligenti sono sempre più attivi anche nella fase di prevendita, come commerciali sempre attivi, multilingue e onniscienti.

In quale direzione sta evolvendo dunque la relazione cliente-fornitore? A differenza di quanto accadeva in passato, oggi le aziende non possono più proporsi a partire dal loro prodotto o servizio: a guidare le decisioni aziendali, oggi più che mai, è il cliente. Lo sa bene anche chi si occupa di neuromarketing e che, utilizzando le relative tecnologie, approfondisce i meccanismi di funzionamento del processo decisionale del cliente. Solo un numero: ognuno di noi, ogni giorno, prende in media un numero di decisioni che si stima intorno ai 35.000: alla luce di questo dato, l’obiettivo primo del fornitore deve essere quello di semplificare al massimo la decisione del suo potenziale cliente e, una volta acquisita la sua fiducia, ascoltare (che significa dare valore) a tutte le indicazioni che da lui è possibile raccogliere.

Il prodotto come piattaforma: la nuova frontiera della vendita

Quest’ultima affermazione ci permette di fare un passo ulteriore spostando la nostra attenzione sull’oggetto della vendita: il prodotto. Con la transizione digitale, il prodotto registra quella che possiamo definire una “mutazione genetica” radicale poiché non riguarda solo la sua evoluzione tecnica ma perché ne fa una piattaforma in grado di generare dati (che intrinsecamente, tramite la loro trasformazione in informazioni sono contenitori di valore) che restituisce all’imprenditore, che li traduce in servizi per il suo cliente. Il rapporto cliente-fornitore passa quindi da una relazione di breve durata (la vendita) a una nuova relazione di lunga durata, che genera valore in modo continuato nel tempo e che determina una collaborazione con il cliente. Infatti, se il prodotto diventa un servizio, il cliente diventa un partner del produttore.

In altre parole: se il prodotto si trasforma in una piattaforma di interscambio, la relazione cliente-fornitore si trasforma a sua volta e diventa una partnership basata sulla produzione di dati e informazioni, sul loro scambio continuo e sul conseguente adeguamento del prodotto che incarna il luogo d’incontro e di confronto costante tra i due partner.

La gestione e la protezione dei dati generati dal prodotto-piattaforma

Questo nuovo scenario – sempre più comune – va completato aggiungendo almeno un dato: si stima che l’80% dei dati generati da questa nuova relazione mediante il “prodotto-piattaforma”, oggi giaccia inutilizzato in attesa che qualcuno ne scopra il valore. Un enorme potenziale, forse incommensurabile, che al momento resta inespresso. D’altro lato, al tema del valore di questi dati si lega in modo diretto quello della loro protezione: come proteggere il dato se questo significa limitarne la condivisione? Come, se proprio nello scambio e nella condivisione, si esprime una parte del suo valore?

L’importanza del concetto “human in the loop” nella transizione digitale

La risposta a questa domanda ci porta al ruolo dell’umano nell’interazione con i nuovi strumenti, un ruolo decisivo e, a sua volta, nuovo. In buona parte ancora da definire. Si parla del nuovo “progetto umano nel digitale” facendo anche riferimento alla posizione che l’umano occupa e dovrà occupare nella transizione in atto, un ruolo che non è più “operativo” ma che deve sempre di più essere di governo, di guida e controllo, delle tecnologie e delle loro interazioni. Questa tematica viene affrontata utilizzando diversi punti di vista: uno di quelli prevalenti si focalizza su ruolo e contributo dell’uomo nel processo digitale: “human in the loop” è il concetto che racchiude l’insieme di queste considerazioni e che, sotto il profilo etico, richiede una progettazione a monte ed una considerazione “by design” degli aspetti più rilevanti.

Lo sviluppo delle nuove tecnologie porta con sé, rispetto alla componente uomo, anche il tema delle nuove competenze e professionalità. In questo senso, le tecnologie possono rappresentare delle grandi opportunità non solo per le aziende, ma per singoli: per le competenze nuove che possono mettere a disposizione di quelle aziende che ne hanno bisogno per gestire e governare le tecnologie.

Le nuove competenze e professionalità nel retail digitalizzato

Un processo trasformativo come quello abilitato dal digitale in tutti i settori, ed in particolare in quello del retail, richiede di essere supportato da un insieme di nuove competenze ed abilità espresse dagli operatori. Volendo provare ad utilizzare una metafora quasi visuale immaginiamo le competenze come rappresentate da una lettera maiuscola. Fino a qualche anno fa per eccellere in una determinata funzione era sufficiente conoscere verticalmente in profondità una determinata materia: la forma delle competenze per il successo era quella di una I. L’evoluzione dei modelli di business nella direzione di una sempre maggiore integrazione ha richiesto lo sviluppo di competenze “soft” di carattere organizzativo, per loro natura “orizzontali” rispetto a quelle di materia.

Le competenze hanno quindi assunto una forma che può esser rappresentata come una T: competenza verticale di materia complementata da una competenza orizzontale di carattere organizzativo. L’avvento del digitale e la sua pervasività obbligano oggi ad aggiungere un altro elemento all’equazione. La forma delle competenze oggi necessarie per avere successo è quindi rappresentabile con un π: alle competenze verticali di materia ed a quelle orizzontali “soft” si aggiungono in modo imprescindibile quelle digitali che completano oramai tutti i profili.

Competenze soft, trasversali e umane, la chiave per usare al meglio le tecnologie

Le capacità di innovazione sono pertanto da ricondurre anzitutto a competenze soft, trasversali e umane. Quanto più l’innovazione tecnologica vede un’accelerazione (pensiamo all’Intelligenza Artificiale), tanto più le competenze umane diventano importanti: le capacità di giudizio e di decisione si pongono a monte ed a valle delle tecnologie e ci permettono di progettarle ed utilizzarle nello svolgimento dei compiti quotidiani, nella relazione con gli altri, fino alla scelta della opportunità o meno di utilizzarle.

A differenza delle competenze tecniche e verticali, che si acquisiscono a partire da zero attraverso studi specifici, quelle soft sono già insite nella persona e si sviluppano in base alla vita personale di ciascuno. Abilitare le competenze che le persone hanno nella loro vita personale in funzione delle trasformazioni legate alle tecnologie digitali è certamente ancora un tema di frontiera.

Il miglioramento dell’efficienza non sta nella sostituzione dell’umano, ma nel valorizzare il suo potenziale, anche personale e le nuove aree di efficacia (che corrispondono ad inesplorate opportunità di business) dipendono dal grado di consapevolezza nell’utilizzo delle risorse rese disponibili dall’efficientamento delle attività operative.

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