C’è un’ondata che sta investendo il mondo del media e dell’advertising. La potremmo definire la terza grande ondata, o cambiamento di paradigma, del mondo digital media dopo il search advertising e dopo il social advertising. È l’ondata più grande mai vista, perché travalica i confini del digital e arriva all’offline, unendo cioè ciò che è digitale con ciò che è fisico. È l’avvento del Retail Media.
Le ragioni per cui sta avvenendo e sta accelerando così rapidamente sono una combinazione di fattori di contesto, macro economici e tecnologici che includono il mutamento delle abitudini di consumo, la deprecazione dei cookie di terze parti, la disponibilità di strumenti e tecnologia per la raccolta e l’utilizzo di dati di prima parte sui vari touchpoint e la crescente adozione dei canali direct-to-consumer.
L’opportunità persa: guardando oltre l’oceano
Negli Stati Uniti, il Retail Media è già una soluzione di advertising consolidata. Grandi retailer come Walmart e Target hanno investito milioni di dollari in tecnologie, risorse e strategie innovative, ottenendo risultati impressionanti. Questi retailer hanno capito che i dati dei loro clienti rappresentano una miniera d’oro per sé stessi e gli inserzionisti (i loro supplier di sempre), permettendo a questi ultimi un accesso protetto ai dati al fine di condurre analisi di business (utile ai dipartimenti trade, marketing ed infine media) e di creare campagne pubblicitarie mirate e misurabili.
Oltre all’indubbio vantaggio economico derivante dalla generazione di questi flussi di entrate supplementari (vantaggio non secondario in questo periodo di iper-inflazione e contrazione delle marginalità), i retailer – in qualità di depositari del contatto e della vendita al pubblico per buona parte dei prodotti CPG – hanno compreso come l’evoluzione dello scenario merci e pubblicitario li pone in una posizione privilegiata che permette di stringere relazioni più forti e durature con i propri clienti.
E in Italia cosa sta succedendo? L’opportunità del retail media rimane purtroppo ancora largamente inesplorata. La maggior parte dei retailer non ha ancora colto questa opportunità. Il motivo? Una combinazione di mancanza di consapevolezza dell’importanza dei dati, la paura di condividere informazioni preziose e la resistenza al cambiamento.
Retail media in Italia: urgente cambiare mentalità
IAB Italia ha istituito un tavolo di lavoro per comprendere il fenomeno e i suoi sviluppi. Il tavolo ha iniziato il proprio lavoro partendo da una survey tra gli operatori del settore: advertiser, agenzie media e creative, concessionarie e tech provider, editori. La survey sottoposta consisteva in 11 domande cui hanno risposto 342 partecipanti. Il quadro che emerge denota che il tema è noto ma che c’è bisogno di una maggiore conoscenza, di approfondire una tematica che risulta ancora confusa per trasformarla in opportunità concreta. Oltre il 60% dei partecipanti alla survey dichiara, infatti, di conoscere poco o nulla il Retail Media.
Questo spiega l’iniziale reticenza all’adozione del Retail Media in Italia che rimane ad oggi un’opportunità poco esplorata e con un sostanziale ritardo di sviluppo rispetto ai nostri corrispettivi europei e internazionali.
Oltre i confini nazionali, i Retailer stanno affrontando la sfida di lanciare network di successo che richiedono competenze di Customer Data Management, Media e Ad tech. Queste competenze non vengono trovate in azienda. E questo comporta la necessità di creare un network
Perché la filiera dovrebbe interessarsi al retail media
Il Retail Media dovrebbe interessare a tutta la filiera che tuttavia non è attualmente pronta a cogliere l’opportunità.
Nonostante i benefici offerti dal Retail Media, molti attori della filiera non sono infatti ancora pronti a fare il salto. Sia lato domanda sia lato offerta permangono molte reticenze. a partire dagli inserzionisti poco inclini a cambiare strategie pubblicitarie che sono poco confrontabili a quelle canoniche (vedi misurazioni come reach in target o GRP), le agenzie esitanti e poco inclini a riconoscere nei retailer come un riferimento strategico, i retailer resistenti al cambiamento di visione relativo ai propri asset di dati. Infine la governance lato inserzionista o retail rappresenta un ostacolo non secondario e spesso non si sa chi debba guidare questo processo di cambiamento e innovazione.
Lato offerta i dubbi più comuni sono:
- limitatezza del potenziale perché si pensa solo ed esclusivamente all’onsite Retail Media (vedi search advertising) che, per quanto rappresenti un canale qualitativo con tassi di rilevanza e conversione altissimi, non permette – visti i volumi ridotti – di apprezzare il nuovo paradigma e ottenere risultati scalabili;
- la cannibalizzazione delle revenue provenienti dal trade marketing; spesso, quando un retailer approccia per la prima volta il Retail Media assume che gli investimenti veicolati dagli inserzionisti abbiano esclusivamente un’origine trade;
- complessità e costo di accesso; in questo nuovo paradigma, la filiera è spesso composta da i) retailer, ii) tecnologia abilitante, iii) concessionaria responsabile della commercializzazione (che potrebbe essere diversa a seconda del canale retail media prescelto) moltiplicando il livello di interlocutori e le complessità sottese;
- impatto negativo sul business retail;
- cannibalizzazioni di altri canali appena consolidati quali ad esempio quelli OnSite come sms e direct marketing che rappresentano il frutto dello sforzo compiuto negli ultimi mesi/anni in ambito marketing dalla maggior parte dei retailer;
- Timori sulla privacy compliance. In generale, la percezione a lavorare con dati così preziosi mette in difficoltà i dipartimenti privacy coinvolti che si trovano in un contesto nuovo cui sono molto poco familiari e di conseguenza ancor meno inclini ad approcciare (prima ancora che ad adottare)
Lato domanda invece, pur non godendo di una trazione maggiore rispetto ai retailer, esistono dinamiche differenti. Gli inserzionisti esitano a investire nel Retail Media, in parte a causa della mancanza di familiarità con questo nuovo strumento (e alla mancanza di guidance di come meglio pianificarlo e misurarlo) e in parte a causa della complessità organizzativa delle poche realtà retail media oggi esistenti. Spesso uno dei motivi maggiori di resistenza lato inserzionista è la mancanza di una chiara governance dell’attività, che viene contesa tra trade marketing e digital marketing. L’assetto cambia da azienda ad azienda, ma il risultato è che spesso questa attività rimane confinata in un limbo speciale, con una competenza contesa o poco definita che preclude quindi una guida strategica e costante di questo processo innovativo.
Nel frattempo anche le terze parti, agenzie e gruppi di consulenza faticano ad approcciare il nuovo paradigma rimanendo vincolati (ci sono obblighi contrattuali che devono rispettare) a metodologie più classiche di planning, buying e misurazione che gli impongono di continuare a seguire la “via nota”, senza sfruttare le opportunità offerte da questa nuova forma di advertising.
Ma perché dovrebbe interessare tutti? Perché il retail media nasce e si sviluppa nel contesto odierno e può rispondere ad alcuni dei nodi più attuali, in particolare:
- Declino post covid
- 3rd party Cookie deprecation e perdita di segnali per marketer utili alla targetizzazzione
- Marginalità ridotte e in diminuzione per i retailer
- Monetizzazione su scala degli asset (dati) già esistenti
- Misurazione puntuale e deterministica dei risultati di business
Il nuovo paradigma che unisce fisico e digitale
Il Retail Media rappresenta un nuovo paradigma nel digital advertising. Mentre i canali addressable rimangono gli stessi (email, sito web, app, social media, ecc.), il modo in cui vengono utilizzati i dati per il targeting e la misurazione cambia radicalmente.
Con il Retail Media, gli inserzionisti possono sfruttare i dati dei clienti dei retailer per creare campagne altamente mirate. Questi dati possono includere informazioni come le abitudini di acquisto, le preferenze dei prodotti e il comportamento online. Questo permette di creare annunci molto più rilevanti e personalizzati, aumentando così l’efficacia delle campagne.
Per favorire la conoscenza dell’argomento e quindi favorire questa terza ondata e per viverla da protagonisti, il tavolo di lavoro IAB ha deciso di pubblicare un libro bianco in cui verranno i analizzati sia i player digitali quali marketplace ed e-tailers, sia il retail media in-store. Un capitolo sarà poi dedicato alla pianificazione e gestione, con approfondimenti su formati e KPI’s.
Le opportunità oltre il grocery
Il Retail Media non è solo per i brand presenti nella GDO o i retailer di generi alimentari. Anche i brand di altre categorie possono approfittare di questa opportunità, targettizzando i responsabili delle d’ acquisto con annunci pertinenti e personalizzati.
Inoltre, il paradigma che rende possibile il Retail Media può essere applicato anche a settori diversi dal “grocery”. Per esempio i cinema potrebbero utilizzare i dati sulle scelte dei loro clienti per somministrare annunci di nuove uscite cinematografiche al target più affine o misurare il contributo di business (aka biglietti venduti) generato nei cinema per inserzionisti theatrical o food (es WarnerBros o TheCocaColaCompany/Pepsico). Analogamente, i rivenditori di automobili potrebbero utilizzare i dati sulle preferenze di marca e modello dei loro clienti per promuovere nuovi modelli o offerte speciali.
Anche il settore Travel può transitare a questo nuovo paradigma con ottime prospettive potendo contare su una gamma molto variegata di dati (hotel, siti di aggregazione offerte, trasporti, noleggi, …) sia in termini di ricerca di insight, sia in termini di costruzione di target mirato, sia per la misurazione del volume di business generato dalle attività pubblicitarie.
Il Retail Media rappresenta quindi un’opportunità enorme per i retailer italiani, che, come anche per le occasioni di cambio paradigma advertising precedenti (vedi ecommerce e social/programmatic advertising), dovrebbero seguire l’esempio dei loro colleghi oltreoceano e sfruttare al meglio i loro dati sui clienti. Allo stesso tempo, agenzie, gruppi di consulenza e brand devono riuscire a vincere l’inerzia iniziale tipica di ogni rivoluzione e abbracciare questo nuovo paradigma dell’advertising digitale attraverso un percorso di education e innovazione. Solo così potranno rimanere competitivi in un mercato sempre più digitale e orientato ai dati.
Allo stato attuale il retail media è principalmente relegato alle declinazioni onsite come search advertising, ecommerce placements (prodotti sponsorizzati all’interno del sito/ecommerce retailer) e il sempre validissimo email/sms marketing. Strumenti importanti, che garantiscono una performance rilevante ma non permettono di raggiungere alcun risultato di business scalabile potendo contare su una reach limitata (sia in termini di momenti di contatto, sia di utenti utili). C’è molto spazio affinché i retailer possano far crescere questo paradigma, La quasi totalità dei retailer italiani ancora non ha ancora piani immediati in ambito offsite…!
I fattori da considerare per cogliere appieno il valore del Retail Media advertising
Tre sono i principali fattori da considerare per cogliere appieno il valore del Retail Media advertising a tutto tondo e dell’opportunità che rappresenta.
Risalire il Funnel
Il Retail media sta già risalendo il funnel muovendo anche verso consideration e awareness tramite l’utilizzo di nuovi formati, e includendo nella propria pianificazione anche siti terzi, social e streaming TV. Naturalmente questo richiede dei tempi di conversione e una customer journey più lunga e strutturata (si veda lo scope di agenzie e gruppi di consulenza).
Attribuzione delle vendite omnicanale
In questo momento, è possibile misurare le vendite online generate dagli annunci online ma questa rappresenta solo una frazione del potenziale del retail media. Mediamente, l’85% delle vendite avviene nei negozi fisici e tramite le Data Clean Room sarà possibile misurarne l’origine e l’attribuzione, creando così lo scenario nel quale si potrà valutare l’intera customer journey del cliente.
In-store media retail e hyperlocal
Gli store fisici diventano sempre più digitali e l’in-store retail media diventa sempre più cruciale per valorizzare il patrimonio già presente: scaffali digitali, schermi TV, schermi video, audio in-store.
Un’occasione per cambiare paradigma
Da grandi poteri derivano grandi responsabilità.
Il Retail Media offre opportunità significative, ma richiede la collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Gli operatori del settore devono unire le loro competenze e superare la resistenza al cambiamento per creare un’offerta di valore per tutti.
Un’offerta pubblicitaria che permette di superare alcuni limiti (vedi il tema cookieless e la sparizione di segnali utili a costruire target di campagna), per creare un nuovo mercato (senza lasciarlo in mano agli unici depositari dei segnali advertising in uno scenario cookieless) e per misurare per la prima volta le campagne digitali anche con metriche di business.
In conclusione, il Retail Media rappresenta un’opportunità straordinaria per il mercato italiano. È giunto il momento di superare le barriere e lavorare insieme per sfruttare appieno il potenziale di questa rivoluzione nell’advertising digitale.