Dagli anni Ottanta, la “golden age dei videogiochi”, grazie al lancio delle prime console per uso domestico, l’industria del gaming ha ampliato progressivamente la sua portata. Da allora il successo dei videogiochi non si è mai arrestato anzi, quello dei videogiochi è un settore che mobilita su base annua miliardi di dollari investiti in sviluppo, distribuzione, marketing, commercializzazione, fiere ed eventi, riviste di settore, nuove linee di business come gli eSports.
L’industria dei videogiochi ha seguito – ma anche determinato – sviluppi economici e tecnologici, dettando a sua volta le linee di evoluzione di hardware/software e in generale di sistemi e strumenti, come ad esempio le schede video dei personal computer.
Oggi sono presenti videogiochi di ultimissima generazione, consolle che supportano realtà virtuale e aumentata, è possibile giocare nel metaverso; dal punto di vista dell’innovazione tecnologica siamo lontani anni luce dalla golden age; eppure, da qualche anno si assiste ad un fenomeno singolare: il retrogaming.
Cos’è il retrograming
Il retrogaming viene definito anche “gioco vintage” o “retro”; è un fenomeno relativamente recente che consiste nel recupero o riedizione di personal computer, console e videogiochi delle generazioni precedenti, tipicamente degli anni Ottanta.
I retrogame comprendono sia videogiochi originali sia quelli riprodotti su sistemi moderni: vengono creati giochi nuovi ma che hanno uno “stile retrò” che rispettano fedelmente grafica, gameplay, contenuti e meccanica di gioco originari (rappresentato per esempio da grafiche più grezze analoghe a quelle presenti negli anni Ottanta e molto lontane dalla raffinatezza di quelle disponibili oggi).
Un’altra tipologia riguarda invece giochi ibridi che introducono elementi del tutto moderni, come in Pokémon Go uscito nel 2016 che univa la narrativa ed il gameplay classici a elementi di realtà aumentata.
L’aspetto curioso del retrogaming è che, nonostante i giochi attuali siano decisamente più evoluti, rappresenta un ritorno ad esperienze di gioco molto più basilari e essenziali, in un certo senso un’involuzione rispetto alle conquiste tecnologiche del presente (Bownman e Wulf, 2023). E questo è controintuitivo: torneremmo ad usare una mappa cartacea invece di Google Maps? Di solito il percorso evolutivo dell’utilizzo delle tecnologie è lineare e proiettato verso il futuro, difficilmente si torna indietro.
Giocare ad un videogioco che tanto ci era piaciuto quando eravamo piccoli ci riporta indietro nel tempo, ci fa rivivere momenti di leggerezza e divertimento. Che ci sia un ‘effetto nostalgia’ dietro questo successo del retrogaming è indubbio. Ma se la nostalgia è un fattore chiave, non è l’unico.
La nostalgia e i videogame
La nostalgia può essere definita come uno “stato affettivo misto” in cui emozioni positive (calore, gioia, euforia) ed emozioni negative (perdita, paura, tristezza) convivono. Sentimenti di nostalgia possono scaturire da stimoli esterni (come odori, gusti, suoni, oggetti) oppure da stati emotivi associati a specifici contesti. In breve, la nostalgia si riferisce a ricordi, situazioni e relazioni passate (Sedikides et al., 2015b).
Il solo ricordare esperienze di gioco può elicitare sentimenti di nostalgia, come mostrato da Wulf, Breuer, Bowman e Velez in uno studio del 2017.
Questi ricordi sono legati alla propria infanzia, al piacere in sé del gioco e alle sfide per la conquista di nuove competenze, quindi sostanzialmente alla soddisfazione di bisogni psicologici intrinseci: sentirsi autonomi, competenti e socialmente connessi (bisogno di relazione).
Ancora, secondo Wulf e Baldwin (2018) sentimenti di nostalgia a loro volta aumentano la voglia di giocare e, soprattutto, la nostalgia può essere evocata anche solo da alcuni elementi, non necessariamente dalla riproduzione esatta del gioco originale. Gli autori fanno l’esempio di Pokemon Go, rilasciato nel 2016, gioco ha la stessa meccanica di base della prima versione originale del 1996. Scopo del gioco è sempre lo stesso: prenderli tutti (“catch them all“); la versione del 2016 aggiunge l’elemento di realtà aumentata attraverso il quale il giocatore può provare a “prenderli tutti” nel suo ambiente circostante: gli animaletti saranno visibili intorno a lui grazie appunto all’integrazione di realtà aumentata. A suscitare l'”effetto nostalgia” erano payoff (“catch them all”) e meccanica di gioco (vanno catturati, cambia solo l’ambiente), esattamente identici a quelli della prima versione del gioco.
La continuità del sé
Secondo la teoria della discrepanza del sé di Higgins (1987) le persone hanno due rappresentazioni di se stesse: quella con gli attributi che credono di avere (sé reale) e quella con gli attributi che vorrebbero possedere (sé ideale); quando viene avvertita una discrepanza troppo netta fra le due, le persone tendono a mettere in atto strategie per ridurre questo divario. Una delle strategie riguarda proprio l’impatto degli eventi passati e di come ce li ricordiamo (Wilson & Ross, 2003).
La nostalgia infatti può servire ad avvicinarci al nostro sé ideale, a quello che ci piacerebbe essere, perché fornisce un senso di continuità identitaria e di connessione tra il proprio passato e presente.
La nostalgia è anche un antidoto a solitudine ed esclusione sociale: serve anche a rafforzare le connessioni socali (il ricordo di relazioni significative), mitigando sentimenti negativi e spiacevoli, come noia o tristezza; la nostalgia “colora” i ricordi di attributi positivi mettendo da parte quelli più negativi o neutri. In ultimo, ricordando esperienze passate significative, le persone percepiscono che la loro vita ha un senso, sentono la presenza di un ‘filo conduttore’ che lega passato e presente (Sedikides et al., 2015b; Wulf e Baldwin, 2018).
Un passato idealizzato
L’effetto nostalgia può però anche farci sentire frustrati e delusi nel caso in cui giocare di nuovo a qualcosa che ci appassionava in passato ci fa provare emozioni diverse rispetto alle nostre aspettative, quando quindi vi è una discrepanza tra quello che ci aspettiamo di vivere e quella che è l’esperienza reale.
Per esempio, il gioco potrebbe richiedere competenze che oggi ci risultano troppo semplici mentre all’epoca di apparivano stimolanti; viceversa, ci fa sentire frustrati se nel nostro ricordo il videogioco era più semplice e leggero; potrebbe sembrarci più noioso di quando, invece, eravamo piccoli e passavamo ore a giocare. Tuffarsi nel passato con un retrogame, oltre ad essere un divertimento fine a sé stesso, smuove sentimenti ed emozioni più profonde come il confronto tra sé attuale e sé passato, quello che si era quando si giocava a quel videogioco (Sedikides et al., 2015b). Giocare nuovamente ad videogioco che associamo a situazioni, emozioni, vissuti per noi significativi, può portare effetti negativi come farci tornare alla mente qualcosa che rimpiangiamo e non abbiamo più. La nostalgia per definizione non è in fondo il desiderio di qualcosa che non c’è più, qualcosa di passato e lontano?
Da cosa nasce l’effetto nostalgia
Quali sono gli elementi che riescono a suscitare l’effetto nostalgia? Avere tra le mani un controller Atari è sufficiente per farci tornare indietro nel tempo? Oppure sono grafiche e musica?
In due studi pubblicati quest’anno il gruppo di ricerca di Bowman ha mostrato come l’utilizzo di controller originali non abbia alcun impatto; viceversa, anche solo guardare il gameplay fa immergere in ricordi e sensazioni passate.
L’esperienza di gioco diventa una variabile importante quando i soggetti si sentono competenti ed efficaci: insomma, se le loro prestazioni di gioco sono positive sarà valutata positivamente anche l’esperienza di gioco in sé ed i ricordi ad essa associati. In pratica, non sono i controller, le console o in generale gli apparecchi originali a regalare ai giocatori queste esperienze nostalgiche e sognanti: è invece ritornare nello stesso, identico spazio virtuale esplorato in passato che consente di rivisitare e mantenere la propria identità di giocatore.
Piuttosto, l’oggetto in sé, per esempio una console vintage originale, rappresenta una parte della persona con una funzione in un certo senso “identitaria”: esso è talmente legato al “tempo che fu”, e quindi anche a come si era e come si stava, che elicitando l’effetto nostalgia serve anche ad esprimere se stessi (Suominen, 2008). Del resto, i retrograme consentono di vivere un viaggio nel passato lungo più dimensioni: visiva, uditiva, tattile. I videogiochi potrebbero essere considerati veicoli di un passato che vogliono riconsegnarci, un passato idealizzato che può essere rigiocato e rivissuto attivamente. Forse è questa la chiave del perché hanno successo: rivisitare il passato in maniera interattiva e coinvolgente.
Bibliografia
Bownman, N. D., & Wulf, T. (2023). Nostalgia in video games. Current Opinion in Psychology. Volume 49, February 2023, 101544.
Bowman, N. D., Velez, J., Wulf, T., Breuer, J., Yoshimura, K., & Resignato, L. J. (2023). That bygone feeling: Controller ergonomics and nostalgia in video game play. Psychology of Popular Media, 12(2), 147–158.
Bowman, N. D., Yoshimura, K., Bohaty, E., & Condis, M. (2023). “Makes me feel like I was born in the wrong era”: Gamer self-efficacy and appreciation, rather than controller type, correlate with historical nostalgia when playing a retrogame. Psychology of Popular Media. Advance online publication. https://doi.org/10.1037/ppm0000492
Higgins, E. T. (1987). Self-discrepancy: A theory relating self and affect. Psychological Review, 94, 319–340.
Sedikides, C., Wildschut, T., Routledge, C., Arndt, J., Hepper, E. G., & Zhou, X. (2015). To nostalgize: Mixing memory with affect and desire. In Advances in experimental social psychology (Vol. 51, pp. 189-273). Academic Press.
Suominen, J. (2008). The past as the future? Nostalgia and retrogaming in digital culture. Fibreculture, 11. Retrieved from http://eleven.fibreculturejournal.org/fcj-075-the-past-as-the-future-nostalgia-and-retro gaming-in-digital-culture
Wilson, A., & Ross, M. (2003). The identity function of autobiographical memory: Time is on our side. Memory, 11, 137–149. doi:10.1080/74193821
Wulf, T., & Baldwin, M. (2018, January). Me, myself, and Pikachu: Mediennostalgie als Mediennutzungs- und Wirkungsfaktor am Beispiel Pokémon Go [Me, myself, and Pikachu: Media nostalgia as a factor for media use and media effects using the example of Pokémon Go]. Paper presented at the Annual Conference of the division Media Reception and Effects of the German Communication Association (DGPuK) Hohenheim, Germany.
Wulf, T., Bowman, N. D., Rieger, D., Velez, J. A., & Breuer, J. (2018). Video games as time machines: Video game nostalgia and the success of retro gaming. Media and Communication, 6 (2), 60–68.
Wulf, T., Breuer, J., Bowman, N. D., & Velez, J. (2017). Once upon a game: Gaming nostalgia, need-satisfaction, and well-being. Paper presented at the meeting of the Media Psychology division of the German Psychological Society (DGPs). KoblenzLandau, Germany.