L’anno appena concluso ha portato ottime notizie per la ricerca e l’innovazione. Il Ministero dell’Università e Ricerca, nel solo mese di dicembre, ha sfornato una serie di provvedimenti grazie ai quali punta a organizzare meglio le risorse pubbliche e a far fare un salto di qualità al settore. Per la ricerca i soldi ci sono e finalmente si sta concretizzando la volontà di investire in modo stabile su scienza e competenze.
Dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza arriva una vera e propria boccata di ossigeno, per un settore in difficoltà da tempo, a causa di tagli cronici ai finanziamenti e pesanti rigidità burocratiche, che nei prossimi anni deve diventare parte integrante e fondamentale della politica di rilancio economico post-Covid.
Non c’è solo il PNRR, con le sue riforme e la pubblicazione dei primi bandi attuativi. Novità importanti sono contenute anche nella legge di bilancio recentemente approvata. Vediamole.
Il futuro oltre il PNRR, con la Ricerca al centro: il modello di sviluppo che ci serve
Legge di Bilancio 2022: ecco le misure per scienza e ricerca
La legge di bilancio ha previsto l’incremento, dopo anni di tagli, di 90 milioni per il prossimo triennio e di 100 milioni a decorrere dal 2025 del Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca (FOE). Parte delle maggiori risorse sono destinate al superamento del precariato (vera piega degli ultimi anni), in aggiunta a una quota da destinare alla promozione dello sviluppo professionale di ricercatori e tecnologi e alla valorizzazione del personale tecnico-amministrativo. Risorse che serviranno a garantire incrementi contrattuali e a dare una spinta motivazionale al personale. Si prevede, inoltre, per la prima volta, che il riparto delle risorse venga fatto tenendo conto dei risultati conseguiti dagli enti pubblici di ricerca nella valutazione della qualità della ricerca.
Nella manovra sono state inserite altre disposizioni. Una norma per sostenere, con agevolazioni fiscali, i “cervelli” rientrati in Italia. Il Fondo Italiano per la Scienza, istituito con il decreto-legge Sostegni-bis, avrà una dotazione di 150 milioni di euro per il 2022, mentre arriverà a 200 milioni nel 2023 e a 250 milioni a decorrere dal 2024. Il Fondo ha riscosso un buon successo, perciò il Governo ha deciso di incrementarlo per promuovere la ricerca fondamentale, puntando soprattutto sui giovani ricercatori, a cui sono destinati il 40% dei finanziamenti.
È stato istituito il nuovo Fondo Italiano per le Scienze Applicate con una dotazione di 50, 150 e 200 milioni rispettivamente per il 2022, il 2023 e il 2024 e di 250 milioni di euro a partire dal 2025. Anche se bisognerà attendere ancora qualche mese per conoscere i criteri e le modalità per l’assegnazione delle risorse, sappiamo che la finalità del fondo è quella di promuovere la competitività del sistema produttivo nazionale, attraverso la valorizzazione della ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale.
Norme specifiche sono state introdotte per rilanciare il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il più grande ente pubblico di ricerca del Paese. Sarà il consiglio di amministrazione del CNR stesso – dopo aver coinvolto anche la propria rete scientifica e la parte amministrativa – ad adottare, entro giugno 2022, il piano di riorganizzazione e di rilancio, che verrà poi approvato con decreto del ministro dell’Università e della Ricerca di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze. Prima dell’approvazione sarà chiamato a fornire il proprio parere il Comitato strategico per il rilancio dell’ente. Una volta che il Piano sarà approvato, l’ente potrà avvalersi dei 20 milioni aggiuntivi stanziati per il 2022. Lo schema stanzia anche 50 milioni, da spendere tra il 2022 e il 2024, per attuare il piano di riorganizzazione e rilancio, a condizione che la riorganizzazione proceda secondo i piani prestabiliti.
Gli avvisi del PNRR per infrastrutture di ricerca e d’innovazione
È stato pubblicato il decreto n. 1314 del MUR (successivamente integrato con il DM 1368 del 24 dicembre 2021) con il quale si è definito il nuovo quadro normativo di riferimento per utilizzare – attraverso l’emanazione di specifici bandi – le risorse della componente “dalla ricerca all’impresa” della missione 4 del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
La novità di dicembre è che sono stati pubblicati i primi bandi. Dal 31 gennaio e fino al 28 febbraio 2022, infatti, potranno essere presentate le proposte progettuali per due avvisi.
Si tratta degli avvisi pubblici per “la presentazione di proposte progettuali per il rafforzamento e la creazione di Infrastrutture di ricerca” e per “la concessione di finanziamenti destinati alla realizzazione o ammodernamento di Infrastrutture tecnologiche di innovazione” e riguardano investimenti per 1,58 miliardi, di cui 1,08 miliardi per le prime e 500 milioni per le seconde.
I progetti dovranno avere una durata di 30 mesi, a partire dalla sottoscrizione dell’atto d’obbligo, con proroghe eventualmente concesse dal ministero ma senza andare oltre il 31 dicembre 2025. Come tutte le iniziative del PNRR, dovranno essere soddisfatti i criteri trasversali del Piano che includono, tra l’altro, il superamento dei divari territoriali, di genere e generazionali, nonché il rispetto del principio del “non arrecare un danno significativo”.
Attraverso questi due bandi, il MUR intende finanziare almeno 30 infrastrutture. Una buona notizia, se si considera che dall’European Strategy Forum on Research Infrastructures (ESFRI, un forum europeo di 44 Paesi) l’Italia ha avuto molti riconoscimenti, così come all’ESFRI l’Italia ha dato figure di rilievo (Carlo Rizzuti prima e Giorgio Rossi poi).
Nell’ultima Roadmap 2021 pubblicata a dicembre, sono stati lanciati 11 nuovi progetti di infrastrutture di ricerca. L’Italia ne coordina 4 e partecipa ad altri 5 (totale 9 su 11, a dimostrazione di un’attiva partecipazione della comunità scientifica italiana). Due guidate dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (il telescopio Einstein e il Plasma Research Accelerator), una dal CNR sui Big Data Analytics (che sarà leva per supportare le comunità dei scienziati sociali, economisti, urbanisti interessati a utilizzare metodi e processi analitici volti alla comprensione di fenomeni complessi a livello sociale e per esplorare il futuro con i big data e l’intelligenza artificiale), e una – Resilience – guidata dalla Fondazione per le scienze religiose (unica a guida italiana nell’ambito delle scienze umane) che riguarda gli studi storico-religiosi.
Infrastrutture di ricerca
La dotazione finanziaria di 1,08 miliardi del bando per “la presentazione di proposte progettuali per il rafforzamento e la creazione di Infrastrutture di ricerca” punta a finanziare almeno 20 infrastrutture ed è stata ripartita nelle seguenti aree tematiche: 400 milioni per le infrastrutture del settore “Scienze fisiche e ingegneria”, 200 milioni a testa per “Ambiente” e “Salute e Cibo”, 100 milioni per “Innovazione sociale e culturale”, 90 milioni ciascuno per “Data, computing e infrastrutture di ricerca digitali” e “Energia”.
Le Infrastrutture di Ricerca coinvolte sono quelle del Piano Nazionale Infrastrutture di Ricerca (PNIR) e potranno presentare domanda di partecipazione i soggetti pubblici, sia in modalità singola che in compagine. Le domande di finanziamento, che non devono essere inferiori a 15 milioni di euro e che possono essere rimborsate fino al 100%, devono riguardare o il potenziamento di infrastrutture di ricerca già presenti nel PNIR e indicate a priorità alta, o la creazione di nuove infrastrutture sempre presenti nel PNIR e indicate a priorità alta e media, o la creazione di reti tematiche o multidisciplinari di infrastrutture di ricerca esistenti, presenti nel PNIR a priorità alta e media.
Infrastrutture tecnologiche di innovazione
Il bando per “la concessione di finanziamenti destinati alla realizzazione o ammodernamento di Infrastrutture tecnologiche di innovazione”, con 500 milioni di euro a disposizione, è destinato a realizzare o ammodernare almeno 10 infrastrutture tecnologiche di innovazione. L’avviso ha come obiettivo il rafforzamento e il completamento della filiera del processo di ricerca e innovazione, potenziando i meccanismi di trasferimento tecnologico, incoraggiando l’uso sistemico dei risultati della ricerca da parte del tessuto produttivo, sostenendo la diffusione di un approccio trasformativo all’innovazione, anche attraverso la mobilitazione di competenze e capitali privati e l’introduzione di modelli gestionali innovativi.
Le Infrastrutture tecnologiche di innovazione – per le quali devono essere presentate domande con costi ammissibili tra i 10 e i 20 milioni di euro nel caso di interventi di ammodernamento e tra i 20 e i 40 milioni se nuove realizzazioni – devono avere preferibilmente carattere multifunzionale. Le proposte progettuali possono essere presentate da enti e istituzioni di ricerca vigilati dal MUR, dai soggetti inseriti nella sezione “Enti e Istituzioni di ricerca” dell’elenco delle amministrazioni pubbliche, da università e scuole superiori a ordinamento speciale che dovranno, però, obbligatoriamente avvalersi del contributo di soggetti privati che cofinanzino l’iniziativa attraverso operazioni di partenariato pubblico-privato: i finanziamenti arriveranno fino a un massimo del 49% delle spese ammissibili.
L’avviso del PNRR per gli ecosistemi d’innovazione territoriali
È stato pubblicato sul sito del MUR il bando per la “presentazione di proposte di intervento per la creazione e il rafforzamento di Ecosistemi dell’innovazione territoriali”, previsto tra le misure di ricerca in filiera del PNRR, con un investimento di 1,3 miliardi.
L’obiettivo è quello di finanziare la creazione di 12 Ecosistemi dell’innovazione a livello territoriale, regionale o sovraregionale, di cui 5 nel Mezzogiorno. Gli Ecosistemi – che dovranno essere organizzati con una struttura di tipo Hub&Spoke, con l’Hub che svolgerà attività di gestione e coordinamento e gli Spoke quelle di ricerca – sono reti di università statali e non statali, enti pubblici di ricerca, enti pubblici territoriali, altri soggetti pubblici e privati altamente qualificati e internazionalmente riconosciuti.
Queste nuove strutture dovranno intervenire su aree di specializzazione tecnologica coerenti con le vocazioni industriali e di ricerca del territorio di riferimento, promuovendo e rafforzando la collaborazione tra il sistema della ricerca, il sistema produttivo e le istituzioni territoriali. Gli Ecosistemi, infatti, per i quali si prevede un finanziamento tra 90 e 120 milioni di euro ciascuno, hanno l’obiettivo di agevolare il trasferimento tecnologico e accelerare la trasformazione digitale dei processi produttivi delle imprese.
Le risorse a disposizione andranno a finanziare attività di ricerca applicata, di formazione (per ridurre il disallineamento tra le competenze richieste dalle imprese e quelle offerte dalle università), di valorizzazione dei risultati della ricerca, con il loro trasferimento all’impresa, di supporto alla nascita e sviluppo di start-up e spin off da ricerca, promuovendo le attività e i servizi di incubazione e di fondi venture capital.
Ecosistemi dell’innovazione territoriali: i requisiti
Le proposte per la creazione degli ecosistemi dovranno soddisfare alcune condizionalità: prevedere che almeno il 40% delle risorse finanziarie sia destinato ad attività realizzate nelle regioni del Mezzogiorno e che almeno il 40% del personale assunto o destinatario di borse di studio o di ricerca a tempo determinato sia donna. È inoltre richiesto che ogni ecosistema si avvalga di almeno 250 persone coinvolte nel programma di ricerca e innovazione e che il numero di Spoke si compreso tra un minimo di 5 e un massimo di 10.
I proponenti potranno presentare le proposte progettuali – che dovranno essere accompagnare da lettere di endorsment da parte dei Presidenti delle Regioni coinvolte come sedi di Hub – esclusivamente attraverso la piattaforma informatica GEA del ministero, a partire dal 24 gennaio e fino al 24 febbraio 2022.
Per definire i progetti finanziabili, sono previste due fasi di valutazione alle quali ne seguirà una negoziale. La valutazione tecnico-scientifica sarà svolta da sei distinti panel, riferiti ai grandi ambiti di intervento del Programma Nazionale per la Ricerca 2021-2027 (salute; cultura umanistica, creatività, trasformazioni sociali, società dell’inclusione; sicurezza per i sistemi sociali; digitale, industria, aerospazio; clima, energia, mobilità sostenibile; prodotti alimentari, bioeconomia, risorse naturali, agricoltura, ambiente), e coadiuvati da 2 esperti dell’Agenzia di Coesione del MISE. La durata del progetto è di 3 anni a partire dalla data che sarà indicata nel decreto per la concessione del finanziamento, con proroghe eventualmente concesse non oltre il 28 febbraio 2026.
Le nuove norme per i dottorati di ricerca e industriali
Sempre a dicembre è stato pubblicato il nuovo regolamento sui Dottorati di Ricerca. Si punta così a rafforzare il pilastro dell’alta professionalizzazione, sempre più interdisciplinare, che dovrebbe accompagnare i giovani laureati durante la carriera scolastica, accademica e lavorativa.
“La formazione per la ricerca è un aspetto fondamentale per l’Italia che ha bisogno di innovazione e di dare spazio a ragazze e ragazzi”. Ha dichiarato la ministra Messa. “I giovani devono poter accedere a corsi altamente qualificati, internazionali, variegati nelle tematiche, acquisendo autonomia scientifica e capacità innovativa da trasferire al mondo del lavoro”.
Questa riforma, prevista anche tra le misure del PNRR, punta a innalzare e potenziare il livello di qualità dei percorsi dottorali, a favorire l’istituzione di nuovi corsi di dottorato di ricerca, aumentandone le tipologie, a semplificare le procedure e a promuovere, grazie al partenariato pubblico-privato, l’istituzione di dottorati di interesse nazionale (tra cui quelli innovativi per la pubblica amministrazione e quelli per il patrimonio culturale).
Di particolare interesse appare il riconoscimento dei dottorati industriali, nei quali deve essere dato un particolare rilievo alla promozione dello sviluppo economico e del sistema produttivo, destinati a contribuire al progresso della ricerca all’interno delle aree prioritarie del Next Generation EU, del Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) e dei suoi piani nazionali. Tematiche innovative, ancora tutte da sviluppare, come l’idrogeno verde, i satelliti spaziali e la scienza dei sistemi di super calcolo, potrebbero trovare terreno fertile in questo nuovo strumento dei dottorati industriali per creare nuove figure professionali e nuovi lavori.
In arrivo il piano strategico di formazione del personale pubblico
Il tema della formazione è al centro anche del progetto ‘Ri-formare la Pa – Persone qualificate per qualificare il Paese’, il piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pubblica amministrazione. Il programma straordinario di formazione, che si snoderà lungo tutto l’arco temporale del PNRR, e che ha come obiettivo la riqualificazione e l’aggiornamento delle competenze dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici, è articolato in due filoni: il primo punta ad accrescere le conoscenze e le competenze dei lavoratori pubblici agevolando, grazie alla collaborazione della CRUI, l’iscrizione a corsi di laurea e master presso tutte le Università italiane; il secondo prevede l’avvio di programmi formativi specifici per sostenere le transizioni previste dal PNRR, a cominciare da quella digitale, con partner pubblici e privati, nazionali e internazionali. E con un’attenzione particolare riservata alla formazione sulla cyber security (che servirà a contrastare le mafie che il loro salto tecnologico l’hanno già fatto), oggetto di un progetto già avviato con il Ministero della Difesa.