La capacità di Google di innovare e far evolvere il campo della ricerca online non è una novità. L’ultima frontiera è rappresentata dalla Search Generative Experience (SGE), un nuovo approccio alla ricerca che sfrutta l’intelligenza artificiale per generare risposte più complete e informative alle query dell’utente, piuttosto che attingere semplicemente da un database di contenuti esistenti. Questo significa una rivoluzione nel modo in cui le informazioni vengono cercate e presentate, con potenziali ripercussioni su tutti i settori digitali.
Google e la Search Generative Experience (SGE)
Google ha rivoluzionato il modo in cui facciamo le ricerche online. Da ciò ne è derivato un cambiamento nel modo in cui interagiamo con il motore di ricerca, e, grazie anche alla sua continua evoluzione, siamo in grado di trovare le informazioni di cui abbiamo bisogno in modo più veloce ed efficiente. La Search Generative Experience (SGE), ovvero un sistema avanzato di ricerca generativa che ad ora è disponibile solo negli Stati Uniti per alcune query e per gli utenti che aderiscono alla versione beta, è solo l’ultima delle innovazioni.
In passato, le ricerche erano basate principalmente su parole chiave, con risultati generici per tutti gli utenti, ma col progredire e con l’avanzamento dell’intelligenza artificiale, Google ha iniziato ad offrire risultati pertinenti, cercando altresì di studiare e comprendere le interazioni degli utenti.
Le funzionalità innovative della SGE
Google SGE, essendo una piattaforma innovativa basata sull’AI, consente al motore di ricerca di comprendere in modo più approfondito il significato di una query, e di cogliere il contesto della domanda considerando non solo le singole parole chiave ma anche la relazione tra di esse e il significato della richiesta. Quindi, con l’introduzione della SGE, Google tiene conto di una serie di elementi, come la posizione geografica dell’utente, le ricerche precedenti e le preferenze dell’utente, fornendo risultati basati sui siti web visitati in passato e sulle interazioni con Google.
La finalità della SGE è infatti quella di migliorare l’esperienza di ricerca degli utenti su Google, portando ad una migliore personalizzazione, ad una maggiore pertinenza dei risultati di ricerca oltre ad una ricerca più efficiente aiutando gli utenti a cercare quello di cui hanno bisogno in maniera più veloce. Google SGE, anticipando le intenzioni degli utenti, è in grado di dare risposte più adatte alle loro esigenze comportando una ottimizzazione dei tempi e una semplificazione della ricerca e della fruizione delle informazioni.
Tra le varie funzionalità della SGE, vi è appunto la ricerca predittiva, che suggerisce automaticamente termini di ricerca basati su ciò che è già stato digitato, permettendo infatti agli utenti di risparmiare tempo e di ottenere risultati più pertinenti. Un’altra funzionalità chiave della SGE è la ricerca vocale: in questo caso, gli utenti, grazie ad assistenti virtuali come Google Assistant, possono effettuare ricerche semplicemente parlando al loro dispositivo, facilitando la ricerca e rendendola più agevole.
Google è riuscita a raggiungere tali risultati poiché ha a sua disposizione diverse centinaia di zettabyte di dati che può utilizzare per addestrare modelli di intelligenza artificiale, uno fra tutti l’intelligenza artificiale generativa. Questi modelli sono addestrati per comprendere il contesto dietro la query di un utente, il suo comportamento e altri parametri, e restituiscono risultati adeguati a velocità fulminee.
Google, infatti, utilizza Pathways Language Model 2 (PaLM 2) per potenziare la sua intelligenza artificiale generativa. Questo è il modello che viene utilizzato anche per la funzione “Aiutami a scrivere” di Gmail, ma ulteriormente ampliato per includere il deep learning, l’apprendimento automatico e l’elaborazione del linguaggio naturale. Tutte queste tecnologie combinate offrono alla SGE di Google la capacità, sia di rispondere alla domanda di un utente, sia di elaborare il contesto dietro ad essa, eseguire l’elaborazione del linguaggio naturale e formulare risposte basate sulla sua comprensione.
Pertanto, da un punto di vista pratico, la ricerca generativa sposta i risultati – sia quelli organici che quelli a pagamento – più in basso nella SERP. Le analisi effettuate da BrightEdge, realtà leader che fornisce soluzioni SEO e una piattaforma di content performance marketing, mostrano una situazione abbastanza preoccupante. BrightEdge, infatti, ha svolto uno studio dedicato agli effetti di Google SGE sui risultati forniti in SERP analizzando ben di un miliardo di query in nove settori; e, partendo al contrario, il risultato della ricerca è decisamente evidente: la Search Generative Experience di Google sta avendo un forte impatto sulle query di ricerca di numerosi settori.
La ricerca Google diventa a pagamento?
Il servizio della SGE, che offre la possibilità di rispondere a ricerche più lunghe e in più fasi, restituendo all’utente una serie di informazioni basate sull’intelligenza artificiale, tuttavia è disponibile esclusivamente per un numero ristretto di utenti, in quanto la società non ha ancora implementato lo strumento in maniera stabile e disponibile per tutti nel proprio servizio di ricerca. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che la SGE, pur essendo un servizio utile, rappresenta anche una sorta di arma a doppio taglio: se da una parte offre risposte più adatte alle esigenze degli utenti, semplificando la ricerca e fornendo informazioni nel più breve tempo possibile, dall’altra le stesse funzionalità legate all’intelligenza artificiale potrebbero portare a un calo dei clic degli utenti sui collegamenti ai siti web, con una conseguente riduzione delle entrate derivanti dagli annunci e potenzialmente mettendo a repentaglio il flusso di entrate principale di Google che lo scorso anno ha registrato la cifra di 175 miliardi di dollari derivanti dalle entrate pubblicitarie legate alla ricerca.
SGE e il potenziale impatto sulle entrate pubblicitarie
Infatti, SGE, oltre a rappresentare un cambiamento epocale, avrà un fortissimo impatto su tutte le aziende e sui loro profitti: a fronte di un calo del traffico di ricerca compreso tra il 20% e il 60%, la Search Generative Experience di Google potrebbe comportare una perdita di entrate pubblicitarie per gli editori potenzialmente pari a 2 miliardi di dollari.
Secondo alcuni analisti, il business pubblicitario di Google, che lo scorso anno ricordiamo ha fatturato175 miliardi di dollari, potrebbe soffrirne. Infatti, il motore di ricerca potrebbe fornire risposte più complete generate dall’intelligenza artificiale, non richiedendo più agli utenti di fare clic per raggiungere i siti web dei suoi inserzionisti, provocando una riduzione delle entrate pubblicitarie. Infatti, molti editori online che dipendono da Google per il traffico Internet, hanno il timore che meno utenti possano visitare i loro siti se la ricerca basata sull’intelligenza artificiale di Google estrae informazioni dalle loro pagine Web e le presenta direttamente agli utenti.
L’utilizzo di soluzioni mosse dall’intelligenza artificiale inoltre pone un’ulteriore questione perché Google offre un servizio analogo a quello della concorrenza, ma in forma gratuita, quando altre aziende invece beneficiano di entrate finanziarie dall’offerta dalle loro soluzioni. In parte Google ha già percorso la strada dei servizi in abbonamento, come Gemini Advanced o Google One e, secondo quanto riportato dal Financial Times, un modello simile potrebbe essere esteso anche alla ricerca web.
L’azienda potrebbe quindi predisporre un piano in abbonamento per usufruire di quegli strumenti di ricerca che sfruttano l’intelligenza artificiale, non rinunciando però, a quanto pare, agli annunci pubblicitari che continueranno ad essere presenti sia nella versione gratuita di ricerca che in quella a pagamento. Qualora la notizia venisse confermata, potremmo assistere ad una svolta epocale del motore di ricerca. Ad ora Google è finanziato dalla pubblicità, e la ragione che spiegherebbe l’introduzione dei servizi a pagamento sembrerebbe essere la necessità di reggere la concorrenza di tecnologie quali ChatGPT, ovvero modelli linguistici di AI che consentono agli utenti di trovare risposte immediate alle più disparate richieste. Infatti, da quando nel novembre 2022, OpenAI ha lanciato ChatGPT, Google si è affrettata a rispondere alla minaccia competitiva rappresentata dal popolarissimo chatbot.
Come detto, al momento non c’è nulla di ufficiale tanto che Google ha dichiarato che l’azienda “non sta lavorando o considerando” un’esperienza di ricerca senza pubblicità, e che “continuerà a sviluppare nuove capacità premium e servizi per migliorare le nostre offerte in abbonamento in tutto Google.” L’azienda sostiene inoltre che “Da anni, stiamo reinventando la ricerca per aiutare le persone ad accedere alle informazioni nel modo più naturale per loro. Con i nostri esperimenti di IA generativa nella ricerca, abbiamo già servito miliardi di query e stiamo vedendo una crescita positiva delle query di ricerca in tutti i nostri principali mercati. Stiamo continuando a migliorare rapidamente il prodotto per soddisfare le nuove esigenze degli utenti.”
Questa decisione, d’un lato potrebbe essere vista come un modo per finanziare la ricerca e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, assicurando la sua sostenibilità nel lungo periodo. Inoltre, le funzionalità premium potrebbero offrire agli utenti l’accesso a strumenti più avanzati e potenti, in grado di soddisfare necessità specifiche. D’altra parte, c’è tuttavia il rischio che tale scelta possa limitare l’accesso all’IA per alcuni utenti. Mettere a pagamento determinate funzionalità potrebbe creare disuguaglianze nell’accesso alle tecnologie più avanzate, favorendo coloro con maggiori risorse finanziarie. Ciò potrebbe anche ostacolare l’innovazione e la sperimentazione da parte di sviluppatori e ricercatori.
Gli effetti della SGE sulla SERP e il traffico web
Il tema della pubblicità legato all’AI, ha sollevato vari problemi, tra cui recentemente spicca l’analisi di Marc McCollum,vicepresidente esecutivo per l’innovazione di Raptive, società responsabile della vendita di annunci pubblicitari per titoli come Half Baked Harvest, MacRumors e Stereogum. Un loro recente studio, condotto confrontando le attuali SERP di Google con i nuovi risultati SGE per le prime 1.000 keyword che portano traffico ai loro siti web, ha infatti dimostrato come alcune parole chiave non rientravano nei risultati proposti dalla SGE, mentre altre risposte contenevano collegamenti a siti web gestiti da Raptive, Il loro studio ha dunque portato alla conclusione del calo del traffico di ricerca fino al 25% attraverso la sua rete di 5.000 editori.
I dati, dunque, dimostrano che, dato che sarà l’intelligenza artificiale di Google a decidere cosa mostrare, i SEO specialist e gli esperti di digital marketing avranno sempre meno argine di manovra sia sui contenuti da portare in SERP, sia sul percorso di acquisto del cliente; non solo sarà Google ad avere la parola finale sulla qualità e sulla pertinenza dei contenuti della azienda e su ciò che riguarda il marchio, ma gli utenti potrebbero dedicare sempre più tempo a ottenere informazioni direttamente dalla SERP prima di decidere di visitare un sito web.
Conclusioni
In conclusione, è cruciale trovare un equilibrio tra tutte queste considerazioni e impegnarsi per costruire un futuro in cui l’IA sia utilizzata per il bene comune, sia accessibile a tutti, e soprattutto si riesca a trovare il giusto compromesso tra l’evoluzione tecnologica e lo sviluppo economico.