Chiunque abbia negli ultimi tempi cercato di acquistare un’auto o un suo pezzo di ricambio particolare, per non parlare di strumenti per la diagnostica sanitaria e ogni altro dispositivo elettronico, ha incontrato un problema: enorme ritardo della consegna (mesi o addirittura un anno).
Lo stesso è accaduto per l’acquisto di qualsiasi tipo di dispositivo computazionale in ogni ambito: dalle varie tipologie di attività industriali al sanitario, all’agricoltura, alla gestione dei sistemi urbani. La causa è sempre la stessa: mancanza di semiconduttori, in termini di squilibrio tra domanda e offerta di chip, elementi essenziali per tutti i dispositivi computazionali che pervadono l’intero globo terrestre (Lombardi, 2021).
Il chip shortage, come viene chiamato a livello internazionale, sta mettendo in luce una serie di aspetti interessanti dell’attuale configurazione di una componente decisiva degli apparati produttivi mondiali. Aspetti che proveremo a esaminare.
Come è nato e perché persiste lo squilibrio tra domanda e offerta di semiconduttori
In un’era caratterizzata dall’Ubiquitous Computing e dall’Ubiquitous connectivity, i processori sono l’ingrediente fondamentale, che consente a tutti i meccanismi in cui sono inseriti di funzionare e interagire scambiando informazioni. È allora importante rispondere all’interrogativo su come è nato e perché persiste lo squilibrio tra domanda e offerta di semiconduttori.
L’inizio vero e proprio può essere fatto risalire al 2020, quando lo scoppio della pandemia e la diffusione del COVID-19 ha costretto alcuni produttori mondiali a ridurre la produzione e l’acquisto di componenti dei chip. Parallelamente, poi, il lockdown esteso in Paesi e Regioni ha causato interruzioni nella sequenza di fasi (supply-chain) fornitrici di parti significative, funzionali al prodotto finale. A tutto questo si è unito l’insorgere di un clima di incertezza, proprio mentre si sviluppava una forte domanda di chip proveniente dalla sfera sanitaria, dall’enorme espansione dello smart working, dal ricorso diffuso a processi apprendimento da remoto, dall’espansione delle richieste di attrezzature per il gaming, dall’estensione delle reti 5G. Il dato indubbio è che a fine maggio 2022 i produttori di chip per auto e tutti gli innumerevoli dispositivi di uso comune avevano una rilevante quantità di ordini arretrati da soddisfare (Moore, 2022), generando una sorta di paradosso: per alleviare lo squilibrio saranno necessari chip ben lontani da quelli di ultima generazione, per cui bisognerà utilizzare chip tradizionali, anche di tipo analogico.
Occorre tenere presente, inoltre, che la scala globale di queste dinamiche ha indotto ripercussioni amplificate di singoli eventi negativi su un numero rilevante di economie. L’innesco contemporaneo di crisi concomitanti (climatica, pandemica, energetica) ha generato feedback cumulativi dirompenti e quindi una situazione di estrema complessità e incertezza, che rende oltremodo difficile immaginare una vita d’uscita in tempi brevi.
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Indicatori di trend generali
In questo scenario le spinte generatrici di caos possono aumentare, perché gli investimenti per la produzione di nuovi chip, inferiori a quelli di 40 nanometri (considerati old technology), hanno un orizzonte di redditività piuttosto distante nel tempo, in quanto occorrono anni per realizzare gli impianti e formare gli operatori. La produzione dei processori molto complessi, su cui si basano gli smartphone (“system-on-chip”), richiede molti anni di lavoro da parte di molte centinaia di ingegneri, per la fornitura in outsourcing di servizi di information processing e design.
Gli interventi delle autorità
Il chip shortage ha già spinto molte autorità nazionali e regionali ad iniziare interventi molto corposi:
1) Gli Stati Uniti hanno deciso interventi straordinari per un valore di 52 miliardi di dollari.
2) La Corea del Sud pensa di impiegare fino a 450 miliardi di dollari in dieci anni nel settore dei semiconduttori.
3) L’Unione Europea potrebbe spingersi fino a 160 miliardi di dollari, sulla spinta del Chip Act approvato nello scorso febbraio.
Bisogna però sottolineare che nell’ultimo periodo la produzione di semiconduttori nel mondo ha effettuato investimenti non irrisori. Secondo la SEMI (Associazione internazionale di imprese appartenenti alla supply-chain dei semicondutori) “Globally, capital equipment for semiconductor production grew 56 percent year-onyear through April 2021”, riportato in Moore (2022).
Una rappresentazione chiara di alcuni macro-indicatori (Fig. 1) indica l’andamento ondulatorio della domanda di chip e al tempo stesso la forte crescita prevista per il 2021 (+26).
Fonte: Euler Hermes (2022)
È interessante notare (Fig. 2) come il mercato dei materiali per la fabbricazione dei wafer di silicio (su cui si costruisce il circuito integrato) e il “packaging” (degli stessi circuiti integrati) abbia avuto una crescita costante negli ultimi anni, a cui si sono unite previsioni di sostanziale regolarità nelle previsioni per il 2022.
Fig. 2
Se guardiamo allo sviluppo della capacità produttiva dei semiconduttori (Fig.3), emerge però un’evidente accelerazione nel 2021-2022, seguita da previsioni di un rallentamento nel 2023 e una successiva ripresa fino al 2025.
Fig. 3
Fonte: SEMI (2022)
Un altro aspetto da mettere in evidenza è il seguente: i chip non sono tutti uguali, in quanto sono previsti particolari standard di sicurezza per determinati impieghi (auto, output militari) e differenze qualitative a seconda di diverse tipologie di prodotti (5G phones, game consoles, datacenters, e così via). Si dovrebbe parlare, quindi, non tanto di uno squilibrio di fondo tra domanda e offerta di chip, quanto di squilibri, il che complica il quadro già piuttosto complesso, come vedremo nel paragrafo seguente.
Alla luce di questi trend e dei disallineamenti tra domande e offerte, non sorprende che le previsioni siano altalenanti come le tendenze indicate. Sulla base di stime di Gartner, Reuters (2022) prevede per l’industria dei semiconduttori una crescita dei ricavi nel 2022 inferiore a quella prevista (+7,4% vs 13,6%), dopo un 2021 esaltante (+23,6%). Questo trend è confermato dalle stime della IDC (2022), anche se non più valori degli indicatori.
Cerchiamo però andare al di là degli indici generali e approfondire l’analisi della configurazione globale dell’industria dei semiconduttori.
L’eco-sistema globale della produzione dei semiconduttori: una gabbia dorata intorno al mondo
Il ciclo economico-produttivo comprende una sequenza molto lunga di fasi, molto differenti tra di loro in base alla “intensità di conoscenza”, alla intensità di capitale (capex) e alla peculiare qualità delle tecniche richieste. La Fig. 4 dà una rappresentazione sintetica della distribuzione globale del numero rilevanti di componenti indicate
Fig. 4
Fonte: SIA (2021)
Emerge un primo dato di grande interesse, cioè la contemporanea distribuzione e concentrazione territoriale delle attività su quasi tutti i continenti. Un secondo elemento su cui riflettere è che ad esse si unisce la specializzazione, per cui gli USA sono leader di mercato nei segmenti ad alta intensità di conoscenza, che richiedono elevati investimenti in R&S e quindi infrastrutture all’altezza:
1) “highly electronic advanced design automation (EDA), software and reusable architectural building blocks (“IP cores”) (SIA, 2021: 16).
2) Attività di creazione dei dispositivi integrati a livello di nanoscala, che sono essenziali per il computing, lo storage, la connettività e il controllo dei flussi elettrici per lo svolgimento delle operazioni logiche.
Per mantenere la leadership in questi segmenti, denominati fabless, le risorse investite negli USA sono il 65% della spesa globale in R&S e il valore aggiunto che viene ricavato è il 53% di quello del settore a livello mondiale. Un tema interessante, che svilupperemo in un prossimo contributo, concerne le strategie e le risorse impiegate nell’industria dei semiconduttori dai Governi di vari Paesi, a partire dagli USA, dove la spesa federale e quella a livello statale svolge un ruolo critico nella ricerca di base, come dimostra il DARPA ha svolto “critical role in development and advancement of semiconductor technology” per 8 breakthrough technologies (SIA, 2020, Appendix C: 12).
Alla leadership USA nella progettazione semiconduttori fa pendant la posizione dominante delle economie dell’Estremo Oriente nel manufacturing, cioè Taiwan, Corea, Giappone e Cina, quest’ultima in sensibile ascesa dopo il cosiddetto “piano quinquennale per i chip”. Occorre enfatizzare che di fatto nel Far East esiste il quasi monopolio della attività di fabbricazione, dopo che l’America del Nord dal 1990 al 2021 ha visto ridursi la sua quota nel manufacturing dal 37% al 12%. Poiché ¾ della produzione è ora nel Far East, mentre la Cina progetta di diventare dominante proprio in questo ambito, crescono le preoccupazioni americane per il futuro, dato che si tratta di industrie di importanza critica e strategica su molti piani, da quello economico a quello sociale, strategico e geo-politico. Nel luglio scorso il Congresso USA ha approvato il “CHIPS for America Act and expanding and enacting the FABS Act”, allo scopo di far riacquisire all’America la leadership, ma più in generale il “CHIPS and Science Act Will Lower Costs, Create Jobs, Strengthen Supply Chains, and Counter China” (White House, Statements and Releases, August 09, 2022, dichiarazione ufficiale in occasione della controfirma del provvedimento). Il Chips and Science Act prevede ingenti risorse finanziarie e incentivi fiscali per stimolare investimenti. Parallelamente Il Dipartimento del Commercio Usa ha rallentato e tenta di bloccare le licenze per l’esportazione al maggiore produttore manifatturiero di semiconduttori (foundry nel gergo internazionale), cioè la SMIC, in modo da ostacolare sia le sue strategie di sviluppo che la realizzazione del 14° piano quinquennale cinese. La SMIC è la quinta al mondo sulle prime 10 per fatturato nel 2020, dopo TSMC e UMC di Taiwan, Samsung (Corea) e Global Foundries (USA), come si vede nella Tabella 1.
Tab. 1
Fonte: TrendForce, 2021
In sostanza, dunque, l’America ha scoperto delle vulnerabilità in un settore produttivo che definire cruciale è un eufemismo, se si pensa che Taiwan domina il “foundry market”, soprattutto con l’impresa TSMC, la quale fornisce i sui output a Apple, Qualcomm, NVIDIA. Secondo TrendForce, centro di ricerca di Taipei, il 60% del fatturato globale del foundry finisce a Taiwan e il 54%, sempre di quel totale, è della TSMC (Fig. 5).
Fig. 5
Fonte: Elaborazione Lee (2022) su dati TensorFlow
L’indicatore economico non fa percepire appieno l’importanza di questa impresa nel ciclo produttivo globale dei semiconduttori, perché la TSMC è quella che ha le risorse materiali e immateriali per produrre chip di 5nm (nanometri), ma è annunciato l’avvio della produzione di quelli di 2 nm, dispositivi che l’America vorrebbe in ogni modo impedire alla Cina di possedere nel futuro più o meno prossimo. Per questi motivi la Cina tenta di raggiungere l’autosufficienza, ma le risorse necessarie sono enormi e l’arco temporale per la realizzazione molto lungo.
Vale allora la pena approfondire ulteriormente l’analisi per rilevare altri elementi importanti.
Uno studio molto interessante è stato svolto da Accenture e GSA (2020), da cui si evince chiaramente che il ciclo tecno-economico della produzione di semiconduttori è costituito da una rete di interdipendenze dispiegate a livello globale. Interdipendenze e partnership diffondono e amplificano segnali e componenti di segno positivo oppure di segno contrario, innescando dinamiche di contrazione, com’è avvenuto nel chip shortage.
Tutto questo accade perché l’intero ciclo produttivo (dal design al packaging specifico dei chip) vede partecipi un numero elevato di imprese e Paesi, per cui tutte le componenti di un chip viaggiano per 25.000 miglia prima che si completi (Fig. 6). Siamo quindi in presenza di molteplici e iterati circuiti di feedback a scala planetaria, con livelli crescenti di complessità sulla base della corsa alla miniaturizzazione estrema e della necessità di risparmiare energia, oltre ai costi.
Fig. 6
Fonte: Accenture e GSA, Fig. 1
È inoltre elevato il numero dei Paesi coinvolti:
Fig. 7
Fonte: Accenture e GSA, Fig. 2
La tipologia, l’entità e la complessità delle risorse materiali e immateriali coinvolte rendono al momento, e almeno nei prossimi dieci anni, impossibile realizzare il ciclo completo in una sola area geografica. La collaborazione internazionale è quindi oggi essenziale per non bloccare una supply chain intrinsecamente globale, che fa pensare a una sorta di Fabric come quella teorizzata per l’universo dal fisico Deutsch (The Fabric of Reality, 1997, Penguin Book), nel senso che siamo in presenza di una enorme trama di relazioni di scambio di input-output e informazioni a livello globale, il cui esito finale sono appunto i chip, che a loro volta costituiscono i nodi infinitesimi (nanoscalari) di un pervasivo sistema di interconnessioni, tramite le quali fluiscono incessantemente informazioni. Si tratta quindi di fronte a un vero e proprio eco-sistema globale, come afferma il Rapporto Accenture-GSA.
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Proprio come in un eco-sistema naturale numerosi aspetti apparentemente contraddittori coesistono e sono attualmente inscindibili:
- da un lato scomposizione e distribuzione a scala globale dei vari segmenti del ciclo, dall’altro concentrazione geografica di agglomerati in base all’intensità di conoscenza e/o di capitale necessaria.
- La scala globale delle operazioni non è ostacolata, anzi è favorita dalla specializzazione molto diversificata territorialmente, dal momento che le strutture connettive, attraversate dalla linfa vitale dei flussi di informazione, consentono di perseguire dinamismo, efficienza, continuo avanzamento tecnico-scientifico e produttivo.
- La supply chain globalizzata conferisce flessibilità, ma al tempo stesso è vulnerabile rispetto a black swan (“cigni neri”, cioè eventi imprevedibili), che possono interrompere flussi e diffondersi repentinamente nelle reti di interdipendenze. Esempi a riguardo sono numerosi: terremoti (Fukushima), pandemia, incendi (USA).
- La cooperazione internazionale così distribuita è un elemento di forza, ma è soggetta all’insorgere di tensioni geo-politiche, che possono introdurre enormi barriere nelle reti di relazioni.
Tale eco-sistema si sta ora rivelando come una sorta di “gabbia dorata”, perché consente rilevanti profitti a oligopoli globali e alla popolazione di tutto il mondo di conseguire miglioramenti da molti punti di vista. Oltre a questo lato positivo vi è però quello negativo, costituito dalle vulnerabilità e dagli effetti negativi, che un mondo fisico-cibernetico può generare per la sua elevata complessità e le difficoltà di tenerlo sotto controllo endogeno, senza cadere in scenari distopici à la Orwell, tanto più che siamo già oltre l’anno 1984 quanto a potenzialità tecnico-scientifiche. Questa affermazione è basata sulla considerazione che l’eco-sistema dell’industria dei semiconduttori è di origine umana e quindi ha un fattore aggiuntivo rispetto alla dinamica spontanea degli eco-sistemi naturali, ovvero la capacità degli esseri umani di formulare strategie, che perseguono interessi e finalità talvolta molto contrastanti, fino a sfociare in guerre, rese oggi pericolose per l’intera umanità dall’esistenza di un potenziale tecnico-scientifico e bellico capace di provocare danni incalcolabili.
Conclusioni
Una suggestione che viene in mente allora è la seguente: poiché perseguire la sovranità digitale è un mito irraggiungibile per qualsiasi Paese e la cooperazione internazionale è essenziale, sarebbe opportuno un profondo cambiamento culturale come quello auspicato da alcuni studiosi per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: cambiare mindset e promuovere a tutti i livelli un progresso tecnico-scientifico con al centro l’umanità e il suo benessere. Concordo con quanto scrive a conclusione di un suo articolo sul Guardian il fisico Carlo Rovelli: “Prioritising individual countries, or groups of countries, over the common good, is a catastrophic error. It leads to the devastation of war and prevents us from addressing the true challenges that all of humankind – a node in nature’s network – faces as a whole”.
Bibliografia
Accenture e GSA (Global Semiconductor Alliance, 2020, Globality and Complexity of the Semiconductor Ecosystem.
Euler Hermes, 2022, Electronics Sector Outlook, Allianz Trade.
Moore S. K., 2022, How and When the Chip Shortage Will End, in 4 Charts, IEEE Spectrum, 27 June.
IDC Worldwide Semiconductor Technology and Supply Chain Intelligence, 2022, Worldwide Semiconductor Revenue to Grow 13.7%, but Supply Chain Remains Selectively Challenging amidst Global Economic Volatility, June 7.
Lee Y., 2022, 2 Charts show how much the world depends on Taiwan for semiconductors, CNBC, March 15.
Lombardi M., 2021, Transizione ecologica e universo fisico-cibernetico, Firenze University Press, (scaricabile liberamente.
Poitiers, N. and P. Weil, 2021, A new direction for the European Union’s half-hearted semiconductor strategy, Bruegel.
Reuters, 2022, Gartner forecasts chip sales growth to …down in 2022, fall next year, July 27.
Rovelli C., 2022, The big idea: why relationships are the key to existence, The Guardian, Sept. 3.
SEMI, 2022, 200mm Fab Outlook Report to 2025 Update, September 1.
SIA (Semiconductor Industry Association), 2020, Sparking Innovation, Report Supplemental: Appendices.
SIA (Semiconductor Industry Association), 2021, The State of the US Semiconductor Industry.
TrendForce, 2021, Top 10 Foundries Post Record 4Q2021, Press Center
https://www.trendforce.com/presscenter/news/20220314-11159.html.