Il testo del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021, cosiddetto DDL Concorrenza, è in discussione nelle commissioni parlamentari come ulteriore passo dell’iter legislativo che potrà condurre alla sua approvazione.
In particolare, l’art. 21 del DDL Concorrenza, “Blocco e attivazione dei servizi premium e acquisizione della prova del consenso”, interviene sui servizi premium o a valore aggiunto, in abbonamento e on demand (“VAS – Value Added Services”), fruibili dagli utenti tramite l’addebito sul credito telefonico.
L’articolo prevede l’obbligo per i gestori dei servizi di telefonia e di comunicazioni elettroniche, di “acquisire la prova del previo consenso” espresso dall’utente per l’eventuale addebito del costo dei servizi in abbonamento.
Di seguito le proposte di modifica di AssoCSP, l’associazione che rappresenta i Content Services Provider (CSP), ovvero i soggetti produttori di contenuti a monte della filiera dei VAS.
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Articolo 21 del DDL Concorrenza: la prova del consenso esiste già
In primo luogo, l’art. 21 del DDL Concorrenza non appare di portata “innovativa”.
Infatti, elimina opportunistiche e limitate interpretazioni rispetto a quanto già indicato sia nel Decreto Bersani[1], in particolare art. 1, comma 3 quater, sia nel CASP-Codice di Autoregolamentazione dei Servizi Premium, adottato di concerto tra player del settore e l’AGCOM.
L’obbligo, per gli operatori telefonici, di fornire i servizi in abbonamento con pagamento su credito telefonico ai clienti finali, solo dopo aver acquisto la prova del consenso espresso di cui al Decreto Bersani, infatti, era già stato opportunamente disciplinato, da un punto di vista prettamente tecnico, dal CASP.
In particolare, la prova era costituita da un “doppio click” sui pulsanti adibiti all’attivazione dei servizi, gestita direttamente dagli operatori telefonici e/o dai loro hub tecnici.
In questo senso, l’art. 21 del DDL Concorrenza rischia di apparire finanche superfluo.
Inoltre, l’operatività del mercato dei VAS, i servizi premium in abbonamento con addebito tramite direct carrier billing, è stata soppressa a seguito della Delibera 10/21/CONS dell’AGCOM che, nell’ottica di prevenire attivazioni fraudolente, ha previsto il cd. barring, ossia l’introduzione di un blocco di default sulle SIM, da parte dell’operatore, che impedisce al cliente di attivare tali servizi.
Senza volersi soffermare sulle ben ovvie conseguenze pregiudizievoli di simile soluzione per l’intera filiera dei VAS, appare evidente, che l’art. 21, come strutturato, risulterebbe dunque sostanzialmente inutile, limitandosi a cristallizzare la responsabilità degli operatori in un mercato ormai non più attivo.
Nella formulazione attualmente proposta, l’art. 21 del DDL Concorrenza acquisirebbe una portata precettiva solo qualora si dovesse ritenere che i servizi cd. direct carrier billing non ricomprendano il settore dei VAS.
I VAS, come definiti dal BEREC – Body of European Regulators for Electronic Communications, consisterebbero in servizi offerti tramite telefonate vocali o messaggi di testo[2].
Per “direct carrier billing” si intende la modalità di addebito per l’acquisto di beni o servizi tramite il credito telefonico[3]
Tuttavia, benché il BEREC operi questa distinzione, esistente, in effetti, in diversi paesi europei come, ad esempio, il Belgio e la Francia, in Italia i servizi VAS possono, da almeno dieci anni, essere acquistati direttamente mediante addebito su credito telefonico e dunque senza alcun ricorso a telefonate o messaggi di testo, sovrapponendosi, in toto, alla definizione del BEREC di direct carrier billing.
Chiarito, dunque, anche l’equivoco relativamente al direct carrier billing, oggetto peraltro di osservazioni di WindTre ed Asstel, AssoCSP propone, in sede di discussione del testo finale del DDL Concorrenza, i correttivi di seguito riportati.
DDL Concorrenza: i rilievi di AssoCSP
In primo luogo, l’art. 21 del DDL Concorrenza dovrebbe essere in grado di superare il barring imposto dal regolatore, eliminando il blocco di default. Si consentirebbe, in questo modo, di riattivare la filiera e restituire portata espansiva allo stesso art. 21.
Giova ribadire, infatti, che l’implementazione in Italia del barring, a differenza di quanto avviene nel resto del mondo, proibisce, di fatto, l’utilizzo del direct carrier billing e, di conseguenza, dei VAS.
In secondo luogo, occorrerebbe disciplinare le modalità di attivazione del consenso, riconoscendo – con portata precettiva e generalizzata – le disposizioni contenute nel CASP, codice di condotta troppe volte disatteso dagli Operatori.
Prevedere per legge le misure ivi previste, tra cui il doppio click sui pulsanti per l’espressione del consenso e la costituzione di una società antifrode indipendente, accanto all’introduzione di sanzioni per gli Operatori inadempimenti, potrebbe consentire il rispetto effettivo delle regole e maggiori tutele per gli utenti.
Infine, occorrerebbe chiarire che i servizi in direct carrier billing sono da intendersi come servizi che utilizzano il credito telefonico come forma di addebito, e come tali ricompresi, laddove aventi ad oggetto contenuti premium, nella macrocategoria dei VAS.
In questo modo si affermerebbe, la riconducibilità di entrambe le fattispecie, la cui divisione invero non sussiste di fatto in Italia, alla medesima regolamentazione, evitando il nascere di zone grigie definitorie e la conseguente assenza di tutela specifica.
Non a caso, del resto, lo stesso Garante Privacy, come riportato dal suo giornale il 24 febbraio 2022, ha ritenuto l’art. 21 del DDL Concorrenza “insufficiente”.
Solo un set di regole strutturate ed omnicomprensive, come quelle indicate nel CASP, potrebbe efficacemente prevenire qualsiasi interferenza esterna nelle procedure di attivazione dei VAS.
Art 21 DDL Concorrenza: la nuova formulazione proposta
È da ritenersi, dunque, che l’art. 21 vada rivisto ed implementato con una nuova formulazione, anche mediante un confronto partecipato con tutti i soggetti in campo, tra cui AssoCSP.
Di seguito, una proposta.
Art. 21 (Blocco e attivazione dei servizi premium e acquisizione della prova del consenso)
1. L’articolo 1, comma 3-quater, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, è sostituito dal seguente: “3-quater. È fatto obbligo ai soggetti gestori dei servizi di telefonia e di comunicazioni elettroniche, ai fini dell’eventuale addebito al cliente del costo di servizi in abbonamento offerti da terzi, di acquisire la prova del previo consenso espresso del medesimo. In ogni caso, è fatto divieto agli operatori di telefonia e di comunicazioni elettroniche di attivare, senza il previo consenso espresso e documentato del consumatore o dell’utente, servizi in abbonamento da parte degli stessi operatori o di terzi, inclusi quei servizi che prevedono l’erogazione di contenuti digitali forniti sia attraverso SMS e MMS, sia tramite connessione dati, con addebito su credito telefonico o documento di fatturazione, offerti sia da terzi, sia direttamente dagli operatori di accesso”.
2 Le modalità del “doppio click” sono previste dal CASP al paragrafo 2.2. Come strutturato, tale meccanismo prevede che l’utente esprima il consenso all’attivazione dei servizi mediante click su due pulsanti: “Clicca e abbonati” e “Clicca e conferma” presenti nella landing page del flusso di attivazione senza l’inserimento di ulteriori informazioni lato utente all’interno di tali pagine.
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Note
- Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 ↑
- cfr. “BEREC input on EC request for the preparation of the legislative proposal for the new roaming regulations” ↑
- cfr. “Draft BEREC Report on the handling of third-party payment charges on mobile phone bills”. ↑